Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
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14 / 05 / 2021
SOLENNITA\' DEL SACRO CUORE DI GESU\'
Venerdì 11 giugno 2021...

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14 / 05 / 2021
SOLENIDADE DO SAGRADO CORAÇÃO DE JESUS
Sexta-feira 11 de junho de 2021...

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14 / 05 / 2021
SOLEMNIDAD DEL SAGRADO CORAZÓN DE JESÚS
Viernes 11 de junio de 2021...

camminare insieme
Carissime/i,
stiamo
concludendo questo anno con esperienze vissute come famiglia CM, piene di
crescita a partire dalle gioie e dai dolori che ci hanno unito e ci hanno dato
maggiore forza. Abbiamo celebrato con cuore grato i 60 anni di vita consacrata
di Irene, Cesarina, Bruna e Bianca.
La
dipartita della nostra cara Irene alla Casa del Padre ci ha portato a fare
memoria ed a ricordare tutta la sua vita consacrata piena di ardore missionario
per l’evangelizzazione e la promozione umana. Un invito a guardare le nostre
vite di missionarie e familiares chiedendoci qual è la nostra presenza
incarnata nella storia. Nella Lettera Programmatica abbiamo segnalato: “Essere presenza
incarnata nella storia esige la disponibilità a lasciarsi trasformare dallo
Spirito Santo, essere attente al mondo che ci circonda, leggere gli avvenimenti
alla luce della Parola di Dio, vedere la bellezza e la bontà delle creature”.[1] Siamo chiamate a vivere la missione con cuore accogliente e
misericordioso e ad autentificarla con la testimonianza.[2] Ringraziamo
il Signore per la vita di Irene che l’ha donata con questo spirito.
Con il tema “Per una Chiesa sinodale: comunione,
partecipazione e missione” lo scorso 10 ottobre abbiamo iniziato il cammino
sinodale convocato da Papa Francesco. Ci invita a camminare insieme e ci
chiede: come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello
universale) quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il
Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo
Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?[3].
È un’opportunità per partecipare a livello locale (parrocchia/diocesi) però
anche come istituto, attraverso la CMIS, e per questo abbiamo formato un’Equipe
che ci aiuterà a lavorare sui documenti ed a riunire i suggerimenti di ciascun
gruppo. Ringrazio Lucia Capriotti, Teresa Pozo, Gabriela Sitoe e Mudji
Marcellina per la loro disponibilità per questo servizio.
Nel CC abbiamo iniziato la preparazione della Consulta
delle Responsabili di Gruppo che si realizzerà il prossimo anno a Bologna dal
10 al 13 luglio 2022. Come primo passo abbiamo chiesto alle Responsabili
suggerimenti, temi essenziali da considerare, e per questo le ringraziamo per
le loro risposte. Invito tutte ad accompagnarci con la preghiera affinché la
stessa sia uno spazio di partecipazione e di comunione che aiuti a
rivitalizzare la nostra famiglia CM.
Si avvicina il tempo di Avvento nell’attesa della
celebrazione del Natale, il mio augurio è quello che lo viviamo con molta fede
e nella docilità allo Spirito Santo affinché i nostri cuori ricevano le grazie
del Bambino Gesù e festeggiamo con molta gioia e gratitudine un nuovo
anniversario della nostra CM.
In
comunione, ricevete un grande abbraccio.
Graciela
Auguri per un Santo Natale !!!!
[1] Lettera
Programmatica. 9.1.pag.23
[2] Ibidem,
p. 20
[3]
Documento Preparatorio Sinodo n. 2

grazie, san giuseppe
Con la lettera apostolica
“Patris Corde” Papa Francesco ha
annunciato uno speciale anno dedicato a S.
Giuseppe ( 8 dicembre 2020 – 8 dicembre 2021). Al termine di questo cammino
proponiamo una riflessione di p. Albino sulla figura di questo Santo che la
Compagnia Missionaria invoca e venera come Protettore dell’Istituto.
Ritengo espressione di una magnifica intuizione
quanto proposto da Anna Maria, la nostra Presidente nella “Lettera Programmatica” : prepararci alla celebrazione del Giubileo
della Compagnia Missionaria(2007), condotti per mano dai santi Protettori
dell’Istituto, perché le riflessioni dettateci dal loro esempio ci aiutino a
rinnovarci nella “grazia delle origini”, aprire l’animo al ringraziamento e
guardare con sicura speranza ai giorni futuri. Quest’anno lo vogliamo dedicare
allo studio di S. Giuseppe.
Le linee che inquadrano la sua
grandezza e la sua azione: Giuseppe è il servitore esemplare di Cristo e della
sua santissima Madre “i tesori più preziosi di Dio Padre”. S. Giuseppe continua
questa missione di sostegno e di aiuto per tutta la Chiesa e per la particolare
porzione della Chiesa che è la nostra Famiglia: la Compagnia Missionaria del S.
Cuore.
L’ “annunciazione” di S. Giuseppe
Quale fu la strada che condusse
S. Giuseppe alla porta dell’evento redentore? Una notte egli dormiva. Forse il suo
animo stava incontrando una pausa di sollievo nell’angustia che da qualche
tempo lo tormentava. Maria, la “sua” promessa sposa, era incinta. Come mai non
aveva retto la sua fedeltà e si era lasciata sedurre? Così Giuseppe aveva
deciso di licenziarla in segreto perché il suo animo profondamente buono non
voleva esporre al pubblico disprezzo colei che egli amava intensamente e che
riteneva intaccabile anche dalla più forte emozione.
Giuseppe, dunque, dormiva e gli si accostò un angelo del
Signore che gli disse:”Giuseppe, figlio
di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quello che è
generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo
chiamerai Gesù: egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati”(Matteo
1, 20 - 21).
Che mistero di luce e di grazia si apriva allo sguardo di
Giuseppe! Il Vangelo non dice che egli sia rimasto abbagliato o sconvolto. Dice
semplicemente che “destatosi dal sonno, Giuseppe “fece” come gli aveva ordinato l’angelo del Signore”.
Questa fu l’
“annunciazione” di Giuseppe. Si accostava a quella avuta da Maria, per
l’immediata e totale accoglienza della volontà del Signore, nella fede e nella
fiducia più aperta e luminosa. Ma mentre Maria aveva espresso con la parola la
disponibilità piena nell’animo, dichiarandosi la “serva” che volentieri accettava quanto le era proposto, Giuseppe
tacque e “fece”. Meraviglioso
silenzio di chi sa solo adorare il dono splendido, unico, irraggiungibile che
Dio stava facendo all’umanità.
Una via difficile…
La vita che gli si apriva
davanti sarebbe stata per Giuseppe difficile e grande. Egli, infatti, ha fatto
della sua vita un servizio e un sacrificio continuato al mistero
dell’Incarnazione e alla missione redentrice congiunta. Ha usato della autorità
legale che gli spettava, non come di una superiorità che gli permetteva di
imporsi, ma come di una prerogativa che gli chiedeva il dono totale di sé,
della sua vita, del suo lavoro. Egli ha saputo convertire la sua umana
vocazione all’amore domestico, nella sovrumana oblazione di sé, del suo cuore,
di ogni capacità nell’amore posto al servizio di Gesù e di Maria.
S. Giuseppe è il modello degli umili che il cristianesimo
solleva a grandi destini. S. Giuseppe è la prova che per essere buoni e
autentici seguaci di Cristo non
occorrono grandi cose, ma si
richiedono solo virtù comuni, umane, semplici, ma vere e autentiche.
… e grande
Però nel silenzio e nella
umiltà più profonda, Giuseppe è stato chiamato da Dio al compimento di una
grande missione. Ne rileviamo tre aspetti.
Il primo è tutto personale, ma
forse il più espressivo della sua generosità. Egli venne informato dall’angelo che quanto si è
compiuto in Maria è “opera dello Spirito
Santo” e che quindi non deve temere di prenderla come sua sposa. Non bisogna forse pensare che anche l’amore d’uomo
di Giuseppe sia stato rigenerato dallo Spirito Santo? E che, in forza di tale
rigenerazione, egli per tutta la vita, sia stato capace di rispettare
l’esclusiva appartenenza a Dio di Maria .
Un secondo aspetto è ancora
legato alla persona di Giuseppe, alla sua carne e al suo sangue. Egli, secondo
la rappresentazione evangelica è un discendente della dinastia davidica. “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria,
dalla quale è nato Gesù chiamato il Cristo” (Mt. 1,16). Dunque, Giuseppe,
attraverso la sua realtà “biologica” di discendente davidico, prepara il
terreno storico entro cui si inserirà
Gesù, presenza perfetta di Dio in mezzo
a noi…. Un grazie anche a Giuseppe di questo dono della presenza di Dio tra
noi…
Il terzo aspetto ritorna
all’apparizione dell’angelo a Giuseppe. Questo tocca il vertice della grandezza
nella consegna della missione che l’angelo fa a Giuseppe.”Tu lo chiamerai Gesù” (nel linguaggio israelitico Yehossuà = Dio
salva). Il nome per il semita non era, come per noi, una pura espressione
verbale. Sono parecchie le testimonianze della Bibbia che ci dicono come il
nome stesse invece ad indicare la missione di una persona nella storia.
Giuseppe è perciò il primo precursore, il profeta, l’annunciatore al mondo
della realtà profonda del figlio della sua sposa. “Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt. 1,21).
Vogliamo dire la nostra
riconoscenza a Gesù per averci restituito all’amicizia di Dio a prezzo del suo
sangue. Ma vogliamo dirla anche a Giuseppe, la cui adesione fiduciosa alla
parola di Dio l’ha fatto apostolo della “lieta notizia” che, ancora una volta,
la bontà di Dio stava chinandosi sulla nostra povertà.
S. Giuseppe e noi
Ma in tema di povertà,
sollevata dalla provvidenza di Dio per la mediazione di S. Giuseppe, ne ha
fatto esperienza, per suo verso, anche la Compagnia Missionaria. Era appena
nata la CM . E si sa che tutti gli inizi delle opere di Dio navigano nei
desideri di grandi ideali, ma nella ristrettezza pronunciata delle risorse
economiche. A lui parlavamo e affidavamo la soluzione di alcuni casi
difficili…Diverse vicende lo potrebbero testimoniare. Che alcuni di questi casi siano stati un vero e proprio miracolo
della provvidenza, personalmente mi sentirei di affermarlo. Comunque, oggi
rinnovo il mio “grazie” e il “grazie” di tutta la Compagnia Missionaria
all’assistenza vigile di S. Giuseppe e concludo con la supplica che Anna Maria
ci ha consegnato per la recita quotidiana di quest’anno:
S.
Giuseppe, sempre ci hai aiutato nelle
nostre urgenze di vita.
Dacci
un cuore fiducioso, libero, aperto
per
servire innanzitutto il Regno di Dio. Amen!
(dagli scritti di P. Albino Elegante)

partire dalla realtà
Siamo già nel mese di
settembre e mi rendo conto di come stia passando in fretta anche quest’anno!
Condivido con voi quanto abbiamo vissuto come Paese durante questo tempo, un tempo difficile però riconosciamo che
nonostante tutto “stiamo camminando”, con l’aiuto di Dio.
Rifletto sull’elevato
numero di persone che hanno avuto la possibilità di vaccinarsi e proteggersi
dal Covid e con questo poter avere un poco più di libertà di movimento. Nel
campo educativo ora c’è già la possibilità, per i bambini che lo desiderano, di
partecipare di presenza alle lezioni, tenendo presente le varie precauzioni e
attenzioni richieste. Questo ritorno ha permesso a noi insegnanti di renderci
conto delle condizioni reali che stanno vivendo questi bimbi. Ci siamo accorte che il percorso scolastico ha subito un
rallentamento e quindi i programmi
pedagogici sono in ritardo e che in ogni
modo dobbiamo supplire con i mezzi a disposizione. Rientrare in classe è stato
per la maggior parte dei bambini un incontro che aspettavano con ansia ed è bello vederli contenti.
Anche nella parrocchia ora
si può celebrare la messa con un gruppo più numeroso di persone, comunque
sempre prenotandosi prima per non creare situazioni di assembramento. A poco a
poco si stanno riprendendo anche le altre attività.
Come sta succedendo in
altri paesi, anche da noi continuano ad arrivare migranti provati dalla fatica del viaggio,
rischiando alcune volte la loro vita ... questo diventa un problema per le
autorità ma per loro è speranza per il futuro. Un’altra situazione che è aumentata è la violenza nella zona
sud, chiamata “conflitto mapuche”, con
la perdita non solamente dei beni materiali, ma anche di vite umane sia civili che militari. Una situazione che permane e si vive da diversi anni.
Come non parlare del
periodo attuale di campagna politica presidenziale dove i candidati propongono le loro “proposte popolari” nonostante il disincanto e la poca
credibilità di fronte agli elettori.
In questo tempo è stato
rilevante ciò che è avvenuto riguardo “alla Convenzione Costituzionale”. In
giugno il paese ha deciso di rivedere la Costituzione e questo per noi è stato
un avvenimento storico, perché si è visto in questo passo un’opportunità per
creare qualcosa di nuovo e rappresentativo con nuove norme per il paese.
Un altro evento importante
è stato quello di vivere in maniera urgente la problematica relativa all’ambiente,
accompagnato dalle ultime notizie sul cambio climatico. Questo tema rilevante
del cambio climatico ci ha sorpreso e impressionato in maniera negativa, perché
il riscaldamento globale si prospetta peggiore e rapido più di quanto si pensi.
Si dice che attorno al 2030, dieci anni prima di quanto stimato, si potrà
raggiungere la soglia del +1,5°C, con rischi disastrosi “senza precedenti” per
l’umanità, già scossa da eventi e
inondazioni. A meno di tre mesi dal vertice del clima COP26 in Glasgow (Regno
Unito), gli esperti delle Nazioni Unite (IPCC) hanno responsabilizzato gli
esseri umani su queste alterazioni ed hanno avvisato che non c’è altra scelta
se non quella di ridurre drasticamente le emissioni di gas che producono
l’effetto serra. Fonte: Emol.com
- https://www.emol.com/noticias/Tecnologia/2021/08/09/1029078/calentamiento-global-acelera.html
A proposito di questa
situazione, nel nostro paese già si stanno facendo passi a livello legislativo,
anche se si dovrebbe fare di più. Vari movimenti e organizzazioni stanno
trattando questo argomento per aiutare la gente a coscientizzarsi ed educarsi
di più; molta gente giovane sta
partecipando. Questo è quanto ho potuto
osservare partecipando ad incontri e
iniziative varie.
Nel mondo
ecclesiale abbiamo l’enciclica “Laudato SI’”, che propone l’urgenza del tema
ambientale: «Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che
verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo? Questa domanda non
riguarda solo l’ambiente in modo isolato, perché non si può porre la questione
in maniera parziale. Quando ci interroghiamo circa il mondo che vogliamo
lasciare ci riferiamo soprattutto al suo orientamento generale, al suo senso,
ai suoi valori. Se non pulsa in esse questa domanda di fondo, non credo che le
nostre preoccupazioni ecologiche possano ottenere effetti importanti. Ma se
questa domanda viene posta con coraggio, ci conduce inesorabilmente ad altri
interrogativi molto diretti: A che scopo passiamo da questo mondo? Per quale
fine siamo venuti in questa vita? Per che scopo lavoriamo e lottiamo? Perché
questa terra ha bisogno di noi? Pertanto, non basta più dire che dobbiamo
preoccuparci per le future generazioni. Occorre renderci conto che quello che
c’è in gioco è la dignità di noi stessi» (N. 160).
Credo che, anche se
l’impatto delle azioni che facciamo a livello sociale non siano tanto incisive ed il fatto di
riciclare sia qualcosa di piccolo ... il nostro esempio servirà per camminare
verso una “conversione ecologica “e diventa solidarietà verso le prossime
generazioni. Un esempio viene dai miei bimbi della scuola che hanno già
imparato a riciclare i loro residui.
E come non assumere la
realtà, quella che viviamo nel quotidiano, già che è proprio da qui che
possiamo vivere la nostra missione e consacrazione CM in mezzo al mondo: «Seguendo la via tracciata da Cristo,
vogliamo ovunque elevare e risanare la dignità della persona; immettere nel
lavoro quotidiano un più profondo significato; contribuire a rendere più umana
la famiglia degli uomini e la sua storia (cf. CFL n.36)» (RdV n. 14).

la responsabilità sociale del cristiano
Come CM del Cile ci siamo proposte di fare insieme una riflessione
mensile per crescere nella comunione e nella nostra identità CM cilena. Questo
è il tema della nostra prima riflessione preparata previamente e condivisa poi
in un incontro online nel mese di agosto
2021. A questo incontro hanno partecipato Elisabeth e Teresa, missionarie
cilene.
In Cile, il mese di agosto è dedicato alla figura di Sant’Alberto
Hurtado, gesuita cileno (22.01.1901 – 18.08.1952). In sua memoria, la Chiesa
cilena, ha dedicato questo mese alla solidarietà.
Attualmente, la maggior parte delle riflessioni che si realizzano per
aiutare a capire cosa significa responsabilità sociale sono focalizzate sulla
Responsabilità Sociale Impresaria (RSE) e sulla Responsabilità Sociale
Corporativa (RSC). In questa prospettiva vengono elaborate proposte dirette all’attività produttiva di entità private e pubbliche, con la
raccomandazione di lavorare in questo ambito. Il problema che emerge è che
queste riflessioni fanno poco riferimento alle
persone integrate all’impresa, offuscando così la responsabilità personale,
mettendo invece in evidenza la responsabilità sociale di un ente comunitario
che, paradossalmente per sé stesso è carente di responsabilità.
Il termine “responsabilità sociale” è molto più ampio e profondo di
quello che si usa e si intende nel campo ristretto alle imprese, all’economia e
al socioeconomico.
Alberto Hurtado aveva capito
questa visione ristretta che circolava in quell’ epoca. Per questo ha dato un significato diverso al termine
“Responsabilità Sociale”, partendo dal Vangelo.
Come Compagnia Missionaria abbiamo una visione molto aperta e profetica in questo aspetto. La
troviamo chiaramente nel Capitolo II del nostro Statuto dove presenta “La
Nostra Fisionomia” sviluppando la Spiritualità e la Missione.
La Nostra fisionomia, il nostro essere e la missione, la nostra fonte di
vita, la nostra responsabilità di amore e di salvezza per il mondo. La nostra
responsabilità sociale evangelica che ci rende trasparenza dell’Amore del Cuore
di Gesù in mezzo ai nostri fratelli e sorelle con i quali condividiamo la vita.
E’ molto bello rileggere sotto quest’ottica di “responsabilità sociale” i
termini “Evangelizzazione e promozione umana”, le attitudini che caratterizzano
la nostra missione: la comunione, l’oblazione, la semplicità, la capacità di
condividere e lo spirito missionario...
Condividiamo ora alcuni pensieri di P. Hurtado che fanno riferimento al
tema che stiamo riflettendo.
ü “La parabola dei talenti
(Matteo 25,14-30) è la parabola della responsabilità sociale e dovrebbe essere
spiegata spesso, presentando anche tutto il panorama delle realtà sociali che i
nostri giovani dovrebbero cambiare, attraverso il loro esempio, le loro parole,
azioni, e preghiere”.
ü “Essere Cristo! Il mio problema
è tutto qui. La ragione di essere della creazione. Tutto il mondo è stato
creato per la gloria del Figlio di Dio, ed io mi unisco al Figlio di Dio
attraverso il mio battesimo, che mi fa Figlio di Dio e mi vincola ancora di più
ogni volta che faccio la comunione”.
Per il gesuita cileno, il
desiderio di diventare un altro Cristo è l’attitudine che dovrebbe incendiare
la vita di ogni credente, con il fuoco della carità, che rinfresca la vita
dell’umanità assetata di amore e di comprensione. Per questo è necessario stare
uniti a Cristo e questo si realizza
attraverso il sacramento del Battesimo; questa unione si fa più solida e si
approfondisce accostandoci quotidianamente al sacramento dell’Eucaristia. Tutti i sacramenti sono veri canali che dirigono la
vita divina e l’esistenza dei credenti e gli permettono di svolgere la missione
alla quale sono stati chiamati: l’amore a Dio che si manifesta nell’amore al
prossimo.
ü “Ogni cristiano per il
battesimo acquista una responsabilità personale e sociale. Responsabilità
personale per applicare alla sua vita la verità che possiede: il corso (di
religione) deve essere una chiamata continua a superare la mediocrità.
Responsabilità sociale, che esige la donazione della sua vita al servizio degli
altri”.
Padre Hurtado, nel restituire
la responsabilità sociale all’ambito personale stimola ogni essere umano ad impegnarsi
per costruire una società migliore e un
futuro migliore per la sua dignità. Con questo suo pensiero afferma che nessuno
viene escluso dall’impegno di sviluppare una condotta socialmente responsabile.
Non è necessario essere un rappresentante economico importante per prendere
coscienza della responsabilità sociale delle azioni che ognuno ha da svolgere.
In questo senso, si può
affermare che, rispetto alla responsabilità sociale, Sant’Alberto Hurtado è un
prisma che permette di ampliare e diversificare lo spettro delle realtà umane
che questo concetto presenta nelle riflessioni che oggi si svolgono attorno a
questo tema. Per il santo cileno la responsabilità sociale è fare il bene e
lavorare per un mondo migliore, dove si cerca di proteggere e dare risalto alla
dignità della persona, alla sua vita comunitaria, per la quale è
imprescindibile un’attitudine di fraternità e partecipazione che manifesti la
piena integrazione del cristiano alla vita sociale.
Da questa riflessione fatta
insieme, sottolineiamo alcune idee centrali che ci hanno particolarmente
colpito, coscienti che la riflessione è molto ampia e profonda e che offrirebbe
anche di più.
ü La
comunione con Cristo
ü Essere
Cristo
ü La
dignità umana
ü La
fraternità universale
ü Le parole chiavi della nostra
spiritualità, RdV n. 11
ü La responsabilità sociale e il
Battesimo...
ü La mancanza della meditazione
profonda, la superficialità
ü L’importanza
e l’essenziale dell’interiorità
ü Il problema
dell’individualismo, l’attitudine di non coinvolgersi, non interessarsi
dell’altro
ü Rendere trasparente nella vita
il Vangelo e lo Statuto
ü Fare opzioni coerenti, per
diventare realmente persone di “lideranza”, essere testimoni credibili.
Terminiamo con l’impegno
che permanentemente troviamo nel nostro Statuto:
n. 11: La nostra missione come la
spiritualità, nasce e si alimenta al Cuore di Cristo...”
n. 12: Chiamate da Dio a
collaborare al piano di redenzione del Padre, ci impegniamo a svolgere la
nostra missione di amore e di servizio nella Chiesa e nel mondo mediante la
nostra vita di consacrate secolari attraverso l’evangelizzazione e la
promozione umana”.

guardare la creazione con gli occhi di dio
“Quando
leggiamo nel Vangelo che Gesù parla degli uccelli e dice che «nemmeno uno di
essi è dimenticato davanti a Dio» (Lc 12,6), saremo capaci di maltrattarli e
far loro del male?
Invito
tutti i cristiani a esplicitare questa dimensione della propria conversione,
permettendo che la forza e la luce della grazia ricevuta si estendano anche
alla relazione con le altre creature e con il mondo che li circonda, e susciti
quella sublime fratellanza con tutto il creato che san Francesco d’Assisi visse
in maniera così luminosa”. ( Laudato
Sì n. 221 ss.)
Ultimamente il Papa ha mostrato
la sua grande preoccupazione per il degrado del nostro pianeta Terra, con la
distruzione di tante foreste, animali selvatici… tutto nella raccolta dei
profitti e l'uomo non conta, spesso è costretto a dislocarsi in altre città o
Nazioni per cercare mezzi di sopravvivenza. È un fenomeno non solo individuale,
ma anche collettivo.
Nell’intero ambiente che ci
circonda, forse per mancanza di conoscenza o perché è sempre stato così, molte
persone non sono sensibilizzate ad alcuni cambiamenti al fine di creare un
ambiente più sano, nel rispetto della natura, prendersi cura delle cose create
e amate dal Creatore. Ciò esigerebbe da parte di ogni persona, un modo nuovo di
comportamento e di rispetto del creato, una vera conversione.
Quante meraviglie
possono contemplare i nostri occhi circondati da una così meravigliosa e
incredibile bellezza. Indubbiamente non si può rimanere indifferenti a certi
attacchi alla natura, all'uso inadeguato del suolo… Con piccoli gesti che
possono sembrare insignificanti ma che crediamo, saranno di grande valore ed
espressione di amore per il creato,
Noi: un
gruppo di Operatori presenti qui ad Invinha, abbiamo dato vita ad un progetto
che sta dando i suoi frutti. Abbiamo
iniziato a coinvolgere le famiglie che hanno accettato di aderire e collaborare
alla proposta di un cambiamento di stile
di vita e di un modo di lavorare.
Abbiamo voluto collaborare con le
donne madri di famiglia, di questa località, iniziando dalla costruzione di
piccoli orti, e far loro conoscere il grande vantaggio che possono avere con i
propri prodotti:
- Una alimentazione più sana e varia,
molto importante per la crescita dei bambini soprattutto dove esiste la
malnutrizione.
- È possibile anche abbassare il livello di povertà, per le famiglie che non hanno
alcun reddito. Questi ortaggi, quando sopravanzano al fabbisogno della famiglia
si possono vendere, così possono generare un piccolo potere economico per affrontare
ulteriori spese e superare altre eventuali difficoltà.
- Abbiamo anche un pollaio per le galline
ovaiole, esso contribuisce al cibo quotidiano e anche alla vendita.
Ma la grande sfida è coltivare
senza prodotti chimici, né per concimare il terreno né per distruggere i
parassiti. Abbiamo iniziato a fare i nostri fertilizzanti, con paglia, erba,
cenere e altro… dopo due mesi si può già concimare la terra e così gli ortaggi
sono biologici, ciò contribuisce notevolmente a un'alimentazione sana e contrasta un'altra abitudine non buona, di
bruciare la paglia e aumentando la povertà del suolo.
- La dedizione ai giardini, alle piante, ai fiori… sta generando il gusto per
il bello; La varietà dei fiori e i
diversi colori suscitano il desiderio e la curiosità di conoscerne i nomi, si
sviluppa così anche la conoscenza…
Piccoli ma significativi passi come
ancora:
- la raccolta differenziata dei rifiuti
- il modo di trattare gli animali e le
piante...
- coltivare sentimenti di generosità e
tenerezza per proteggere questo mondo che Dio ci ha affidato.
«Questa esaltante
missione a voi affidata: essere modello di incessante slancio per la nuova
relazione che la Chiesa cerca di incarnare davanti al mondo e al servizio del
mondo».
(Statuto
cap. 3)
Tenendo conto della dimensione
sociale che ci caratterizza come C.M. e come chiesa, siamo chiamati ad agire in
fedeltà allo Statuto nell'attenzione e nella dedizione al servizio a favore dei
più svantaggiati e lo facciamo lavorando con loro.
La figura di San Giuseppe, uomo
umile, fedele, laborioso… insegnaci a curare e ad operare con generosità e
tenerezza per proteggere questo mondo che Dio ci ha affidato.

ricordo di irene ratti
Cenni biografici presentati
durante la celebrazione del funerale,
nella
chiesa di S. Giuseppe Sposo in Bologna,
il 9 ottobre 2021.
Irene nasce a Monza il 12
ottobre 1935.
Già nell’adolescenza comincia
a porsi domande sul valore e sul senso della sua vita. Prima dei vent’anni,
mentre lavora in fabbrica, invitata da alcune colleghe, inizia a frequentare
incontri di preghiera, soprattutto nell’adorazione silenziosa. E un giorno, in
un santuario mariano, incontra p. Albino Elegante che è in procinto di fondare
la Compagnia Missionaria del sacro Cuore. L’Istituto è appena nato, nel Natale
1957, quando Irene viene accolta il 20 gennaio 1958.
Il 29 settembre 1961,
insieme con altre sette aspiranti, Irene emette i primi voti di consacrazione a
Dio. Resta una decina d’anni nel gruppo
di Bologna e intanto consegue il diploma di infermiera e ostetrica. Il suo
desiderio è la missione ad gentes.
Finalmente nel 1969 arriva
in Mozambico e si inserisce nel gruppo delle missionarie di Namarroi. Sono gli
anni in cui il movimento Fronte di Liberazione del Mozambico (FRELIMO) lotta
per l’indipendenza dal Portogallo, che ottiene nel 1975. Il FRELIMO assume il
potere come unico partito al governo. Si ispira al socialismo reale dell’Unione
Sovietica e non vede di buon occhio la Chiesa, i missionari, i cristiani
impegnati in attività di apostolato. A causa della politica coloniale prima e
della lunga guerra per l’indipendenza poi, il Paese si trova in grave crisi
economica e con mancanza di manodopera soprattutto nel settore sanitario.
L’identità secolare e la disponibilità delle missionarie a inserirsi in vari
settori delle attività produttive governative, oltre che nell’apostolato,
permette loro di restare a fianco della gente e condividerne la difficile
situazione sociale, economica e politica.
Nel 1976 Irene, d’accordo
con il gruppo, accetta di essere assunta nella sanità a Pemba, dove resterà da
sola per dodici anni, mentre appartiene al gruppo di Quelimane. In questo
periodo, oltre al lavoro in ospedale, è responsabile della formazione delle
ostetriche, e a livello ministeriale dei settori maternità e infanzia e del
settore malati di AIDS. Nel frattempo si costituisce l’esercito di liberazione
RENAMO che combatte contro il governo e il Mozambico precipita nella guerra
civile che si concluderà con la pace solo nel 1992.
Mentre è a Pemba, Irene
scrive:
Faccio una vita semplice, il più possibile come
quella del popolo… ma tutto con la volontà di trasfondere negli altri un po’ di
speranza. È un rapporto semplice, come semplice è l’amore che mi anima… la mia
casa è centro di incontri… Poi ho un po’ di attività parrocchiale e qui mi
sento a mio agio. È il luogo di completamento della mia missione… ho
l’opportunità di lavorare per una maggiore coscientizzazione dei cristiani… Qui
non sono la “grande missionaria” che ero in Zambesia, sono una semplice
cristiana, che porta nel cuore grandi desideri, ma che vive l’esperienza dura
di una diocesi provata e povera.
Terminata l’esperienza di
Pemba, nel 1989 si trasferisce a Maputo, dove è incaricata, a livello
nazionale, della Commissione episcopale per i rifugiati e dislocati. Si tratta
delle popolazioni fuggite a causa della guerra civile ancora in corso. Irene
svolge il suo servizio fino al 1994, quando rientra in Italia.
Si inserisce nel gruppo di
Lombardia-Liguria, nella fraternità di Milano. Resta in Italia fino al 2000: fa
animazione missionaria, lavora nelle Commissioni Vocazionale e Missionaria;
consegue il baccalaureato in catechetica presso l’Università Urbaniana di Roma.
Ma la passione per
l’Africa non la abbandona. Torna in Mozambico nel 2001 e si inserisce nel
gruppo di Guruè fino al 2003: è impegnata nella promozione delle donne e nel
sostegno alle famiglie soprattutto per l’alimentazione dei bimbi denutriti; si
occupa anche della formazione dei catechisti.
Poi torna nel gruppo di
Maputo. Irene è sempre stata una donna capace di vedere le necessità del popolo
e di cercare risposte concrete. Sa anche coinvolgere tanti amici e conoscenti
che si impegnano a sostenere i suoi progetti, sia economicamente, sia andando
periodicamente ad aiutarla nel suo lavoro. Riesce a realizzare una scuola per
l’infanzia, il Centro infantil Esperança.
Grazie
anche alla sua carica missionaria, nella Compagnia Missionaria nasce
l’associazione GUARDARE LONTANO che si impegna anche a sostenere economicamente
molte famiglie i cui bimbi frequentano questa scuola e anche alcuni che già
sono passati nella scuola elementare statale, ma hanno sempre bisogno di aiuto.
Ci sono poi altri enti che collaborano per sostenere la scuola. Ma Irene, ormai
ultraottantenne, non perde la sua capacità di “guardare lontano”. Lavorando con
i bambini lei guarda lontano, verso il loro futuro e decide che c’è bisogno di una
scuola per quando cresceranno, una scuola che li prepari adeguatamente ad
affrontare il loro sviluppo culturale e lavorativo. C’è chi generosamente le
permette di acquistare il terreno e fare il progetto per una nuova scuola.
Intanto esplode la
dolorosa situazione della pandemia con la grande crisi economica in cui
sprofondano tante famiglie, non solo quelle dei bambini della scuola. C’è
bisogno di aiuto alimentare. I tanti benefattori rispondono alla sua richiesta
di aiuto e comincia a visitare e a ricevere le famiglie – sono soprattutto
nonne di bambini orfani o abbandonati – a cui distribuisce pacchi con generi di
prima necessità.
Nonostante si manifestino
problemi preoccupanti di salute e faccia sempre più fatica, nonostante un ricovero in ospedale, continua
ad occuparsi della scuola e delle famiglie più povere… finché è costretta a
rientrare in Italia, all’inizio di settembre, con una diagnosi drammatica.
Si prepara con sofferenza
e serenità a incontrare quel Signore Crocifisso e Risorto in cui ha sempre
creduto e che, fin da giovanissima, l’ha affascinata col suo amore e attirata a
seguirlo nella Compagnia Missionaria per donare la vita al servizio dei poveri
e sofferenti. Attraverso una videochiamata, partecipa come può alla preghiera
di ringraziamento per il 60° anniversario della sua prima consacrazione.
È quasi la mezzanotte del 6
ottobre 2021, quando lo Sposo viene a chiamarla per condurla alle nozze eterne.
A nome della sua famiglia,
a nome della Compagnia Missionaria e di tutti coloro che Irene ha amato e
servito, a nome dei tanti benefattori, a nome dell’Associazione Guardare
Lontano che è stata affascinata e coinvolta dal suo spirito missionario,
diciamo:
GRAZIE, IRENE, PER LA TUA FEDELTÀ A DIO AMORE E AI
POVERI. PREGA PER NOI.
Lucia Capriotti
Messaggio della Presidente
Carissimi fratelli e sorelle,
anche se lontana ho voluto essere presente in questo momento nel quale stiamo pregando per
la nostra cara Irene nella sua Pasqua verso la Casa del Padre.
Il 29 settembre, ultimo scorso, abbiamo celebrato
con lei il 60° di vita Consacrata. Lei era una delle prime otto missionarie che
hanno dato inizio alla Compagnia Missionaria, sotto la guida del nostro
fondatore, P. Albino Elegante scj.
Ringraziamo il Signore per la sua vita e la sua
fedeltà al nostro carisma che ha ispirato ed ha motivato altre missionarie a
far parte della CM.
Ciascuno dei presenti ha conosciuto Irene, così
che non dirò niente di nuovo e, sicuramente non potrò esprimere tutto quello
che ci ha regalato, è stata la sua, una testimonianza di vita donata sempre con
gioia, senza stancarsi mossa dal suo grande ardore missionario. Per lei non c’erano ostacoli ma solo opportunità per avanzare e
trasformare la realtà per il bene dei più poveri, degli ammalati e bisognosi
cercando specialmente di favorire la promozione umana e spirituale dei bambini,
delle mamme e delle famiglie. Sempre disponibile non solo ad accompagnare ed
animare le giovani vocazioni che sono sorte come anche promuovendo i laici ad
assumere le loro responsabilità per un cambiamento della realtà. Il suo grande
amore al popolo mozambicano l’ha portata ad essere parte del suo cammino e
delle sue lotte e speranze lungo i 50
anni vissuti in questa terra.
In questi ultimi anni ha dedicato
molto impegno e sforzi per accompagnare l’Associazione Mozambicana S. Francesco
di Assisi che tanto aiuta i bambini e le
loro famiglie anche grazie ai contributi del Centro Missionario di Carpi e
della nostra Associazione Guardare Lontano che la stanno finanziando. Auguro
che la stessa continui a dare frutti ed a crescere.
Nella celebrazione del suo 50° anniversario di
consacrazione nel biglietto/invito di ringraziamento, scriveva:
Noi, popolo delle strade, crediamo che questa
strada,
e questo mondo, dove Dio ci ha collocate,
è per noi il luogo della nostra santità.
Madaleine Debrêl
Questa frase riassume la sua vita di consacrata
secolare.
Accompagno con la preghiera sua sorella Lucia e
tutti i suoi familiari in questo momento di dolore e di distacco.
Desiderio ringraziare le nostre amiche Giulia e
Goretti, il gruppo delle missionarie del Mozambico e le missionarie del gruppo
di Bologna per aver accompagnato Irene,
in questi ultimi tempi, con molto amore e disponibilità.
A te, cara Irene, a nome di tutta la CM: GRAZIE,
GRAZIE per tutto! Intercedi per tutti noi assieme a P. Albino, alle missionarie
ed ai familiares che già godono la presenza del Signore.
In comunione.
Graciela Magaldi
Eccomi, manda me!Omelia al funerale
«Venite benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato
per voi fin dalla creazione del mondo ».
Non è difficile applicare a Irene queste parole di Gesù, il Maestro che
lei ha incontrato e seguito per tutta la sua vita. È giunto per lei il momento
di ammainare le vele, dopo un lungo viaggio, e approdare al porto tanto
desiderato del Regno di Dio, origine e meta della sua e nostra vita. Ancora
ventenne, Irene aveva ascoltato le parole del profeta Isaia e aveva sentito
sgorgare subito nel cuore – scrive lei stessa – «la dimensione della missione.
Dentro mi ardeva l’invito di Dio al profeta Isaia... e anch’io come lui
rispondevo: eccomi, manda
me !»
Possiamo utilmente
chiederci: che cosa porta una persona a dichiarare questa pronta disponibilità
alla causa del Regno di Dio? Scopriremmo che la risposta di Irene è analoga a
quella che ha mosso ciascuno di noi: una risposta radicata nell’amore di Dio
Padre e nella sua volontà di partecipare a tutti i suoi figli il suo Spirito
Santo, la sua stessa vita.
Ma,
in ordine a una risposta più personale all’interrogativo di prima, la lettura
del profeta Isaia ci indica qualcosa di più radicale e strutturale che,
immagino, ha colpito anche Irene, portandola a consacrare a Dio la propria
vita. Isaia ce lo presenta in modo chiaro: «Ohimè! Io sono perduto, poiché un
uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io
abito». Queste parole indicano in modo esauriente la qualità creativa della
grazia di Dio, la sua misericordia che si fa perdono capace di rigenerare ognuno
di noi alla libertà di amare come ama Lui. Quando una persona si rende conto di
questo dono non può restare indifferente, poiché immediatamente nasce dentro il
desiderio di condividere con altri questa scoperta e il dono vitale che
racchiude.
La vita ci insegna che possiamo arrivare a
donare la nostra vita a Dio solo perché Lui per primo l’ha donata a noi. E c’è
un aspetto di enorme importanza in questa scelta di Dio: il nostro andare nel suo nome ci rende sua
presenza!
Non siamo noi che facciamo
il Bene, che annunciamo la Verità di Dio, che esprimiamo Misericordia... è Lui
che si consegna a noi, che si affida alla nostra libertà di fidarci del suo
Spirito e scoprire che da noi può uscire una forza che supera di gran lunga le
nostre forze e la nostra genialità.
È la forza di riconoscere e far vivere
nelle relazioni una misericordia ricevuta gratuitamente, senza calcoli né a
motivo di particolari convenienze, ma... solo per amore.
Credo che sia stata proprio la meravigliosa
scoperta di questo amore divino che ha guidato la vita di Irene, e l’ha portata
a condividere con i fratelli e le sorelle tutto di sé, a partire dalle proprie
fragilità e dalla propria povertà di creatura visitata costantemente dalla
misericordia e dal perdono di Dio.
Prendere coscienza della nostra
vulnerabilità di creature ci fa sentire fratelli di tutti, ultimi che si
trovano a essere primi non a motivo delle proprie conquiste o dei propri
meriti, ma unica-mente per la misericordia e l’amore salvifico di Dio, che noi
abbiamo contemplato nel volto e nel cuore trafitto di Gesù.
Proprio perché abbiamo contemplato
l’amore di Dio nel cuore aperto di Cristo, noi vogliamo condividere questa
esperienza trasformante con tutti coloro che incontriamo, poiché in essa trova
radici sicure la stessa libertà di amare di Dio, che tutti noi cerchiamo e che
Irene ha cercato di vivere durante tutta la sua esistenza di missionaria,
condividendola con tutte le persone che ha incontrato. Ora Irene contempla
l’Amore non più in figura, per mezzo di simboli o mediazioni ma, finalmente,
nel volto stesso di Dio...
P. Enzo Brena
Superiore provinciale ITS Sacerdoti del Sacro Cuore
