Logo
COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
Compagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia Missionaria
Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
 La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
  • 14 / 05 / 2021
    SOLENNITA\' DEL SACRO CUORE DI GESU\'
    Venerdì 11 giugno 2021... Continua
  • 14 / 05 / 2021
    SOLENIDADE DO SAGRADO CORAÇÃO DE JESUS
    Sexta-feira 11 de junho de 2021... Continua
  • 14 / 05 / 2021
    SOLEMNIDAD DEL SAGRADO CORAZÓN DE JESÚS
    Viernes 11 de junio de 2021... Continua
grazie, san giuseppe
 
Con la lettera apostolica “Patris Corde”  Papa Francesco ha annunciato uno speciale anno dedicato a S. Giuseppe ( 8 dicembre 2020 – 8 dicembre 2021). Al termine di questo cammino proponiamo una riflessione di p. Albino sulla figura di questo Santo che la Compagnia Missionaria invoca e venera come Protettore dell’Istituto. Ritengo espressione di una magnifica intuizione quanto proposto da Anna Maria, la nostra Presidente nella “Lettera Programmatica” : prepararci alla celebrazione del Giubileo della Compagnia Missionaria(2007), condotti per mano dai santi Protettori dell’Istituto, perché le riflessioni dettateci dal loro esempio ci aiutino a rinnovarci nella “grazia delle origini”, aprire l’animo al ringraziamento e guardare con sicura speranza ai giorni futuri. Quest’anno lo vogliamo dedicare allo studio di S. Giuseppe. Le linee che inquadrano la sua grandezza e la sua azione: Giuseppe è il servitore esemplare di Cristo e della sua santissima Madre “i tesori più preziosi di Dio Padre”. S. Giuseppe continua questa missione di sostegno e di aiuto per tutta la Chiesa e per la particolare porzione della Chiesa che è la nostra Famiglia: la Compagnia Missionaria del S. Cuore. L’ “annunciazione” di S. Giuseppe Quale fu la strada che condusse S. Giuseppe alla porta dell’evento redentore? Una notte egli dormiva. Forse il suo animo stava incontrando una pausa di sollievo nell’angustia che da qualche tempo lo tormentava. Maria, la “sua” promessa sposa, era incinta. Come mai non aveva retto la sua fedeltà e si era lasciata sedurre? Così Giuseppe aveva deciso di licenziarla in segreto perché il suo animo profondamente buono non voleva esporre al pubblico disprezzo colei che egli amava intensamente e che riteneva intaccabile anche dalla più forte emozione. Giuseppe, dunque, dormiva e gli si accostò un angelo del Signore che gli disse:”Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quello che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati”(Matteo 1, 20 - 21). Che mistero di luce e di grazia si apriva allo sguardo di Giuseppe! Il Vangelo non dice che egli sia rimasto abbagliato o sconvolto. Dice semplicemente che “destatosi dal sonno, Giuseppe “fece” come gli aveva ordinato l’angelo del Signore”. Questa fu l’ “annunciazione” di Giuseppe. Si accostava a quella avuta da Maria, per l’immediata e totale accoglienza della volontà del Signore, nella fede e nella fiducia più aperta e luminosa. Ma mentre Maria aveva espresso con la parola la disponibilità piena nell’animo, dichiarandosi la “serva” che volentieri accettava quanto le era proposto, Giuseppe tacque e “fece”. Meraviglioso silenzio di chi sa solo adorare il dono splendido, unico, irraggiungibile che Dio stava facendo all’umanità. Una via difficile… La vita che gli si apriva davanti sarebbe stata per Giuseppe difficile e grande. Egli, infatti, ha fatto della sua vita un servizio e un sacrificio continuato al mistero dell’Incarnazione e alla missione redentrice congiunta. Ha usato della autorità legale che gli spettava, non come di una superiorità che gli permetteva di imporsi, ma come di una prerogativa che gli chiedeva il dono totale di sé, della sua vita, del suo lavoro. Egli ha saputo convertire la sua umana vocazione all’amore domestico, nella sovrumana oblazione di sé, del suo cuore, di ogni capacità nell’amore posto al servizio di Gesù e di Maria. S. Giuseppe è il modello degli umili che il cristianesimo solleva a grandi destini. S. Giuseppe è la prova che per essere buoni e autentici seguaci di Cristo non occorrono grandi cose, ma si richiedono solo virtù comuni, umane, semplici, ma vere e autentiche. … e grande Però nel silenzio e nella umiltà più profonda, Giuseppe è stato chiamato da Dio al compimento di una grande missione. Ne rileviamo tre aspetti. Il primo è tutto personale, ma forse il più espressivo della sua generosità. Egli venne informato dall’angelo che quanto si è compiuto in Maria è “opera dello Spirito Santo” e che quindi non deve temere di prenderla come sua sposa. Non bisogna forse pensare che anche l’amore d’uomo di Giuseppe sia stato rigenerato dallo Spirito Santo? E che, in forza di tale rigenerazione, egli per tutta la vita, sia stato capace di rispettare l’esclusiva appartenenza a Dio di Maria . Un secondo aspetto è ancora legato alla persona di Giuseppe, alla sua carne e al suo sangue. Egli, secondo la rappresentazione evangelica è un discendente della dinastia davidica. “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato il Cristo” (Mt. 1,16). Dunque, Giuseppe, attraverso la sua realtà “biologica” di discendente davidico, prepara il terreno storico entro cui si inserirà Gesù, presenza perfetta di Dio in mezzo a noi…. Un grazie anche a Giuseppe di questo dono della presenza di Dio tra noi… Il terzo aspetto ritorna all’apparizione dell’angelo a Giuseppe. Questo tocca il vertice della grandezza nella consegna della missione che l’angelo fa a Giuseppe.”Tu lo chiamerai Gesù” (nel linguaggio israelitico Yehossuà = Dio salva). Il nome per il semita non era, come per noi, una pura espressione verbale. Sono parecchie le testimonianze della Bibbia che ci dicono come il nome stesse invece ad indicare la missione di una persona nella storia. Giuseppe è perciò il primo precursore, il profeta, l’annunciatore al mondo della realtà profonda del figlio della sua sposa. “Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt. 1,21). Vogliamo dire la nostra riconoscenza a Gesù per averci restituito all’amicizia di Dio a prezzo del suo sangue. Ma vogliamo dirla anche a Giuseppe, la cui adesione fiduciosa alla parola di Dio l’ha fatto apostolo della “lieta notizia” che, ancora una volta, la bontà di Dio stava chinandosi sulla nostra povertà. S. Giuseppe e noi Ma in tema di povertà, sollevata dalla provvidenza di Dio per la mediazione di S. Giuseppe, ne ha fatto esperienza, per suo verso, anche la Compagnia Missionaria. Era appena nata la CM . E si sa che tutti gli inizi delle opere di Dio navigano nei desideri di grandi ideali, ma nella ristrettezza pronunciata delle risorse economiche. A lui parlavamo e affidavamo la soluzione di alcuni casi difficili…Diverse vicende lo potrebbero testimoniare. Che alcuni di questi casi siano stati un vero e proprio miracolo della provvidenza, personalmente mi sentirei di affermarlo. Comunque, oggi rinnovo il mio “grazie” e il “grazie” di tutta la Compagnia Missionaria all’assistenza vigile di S. Giuseppe e concludo con la supplica che Anna Maria ci ha consegnato per la recita quotidiana di quest’anno: S. Giuseppe, sempre ci hai aiutato nelle nostre urgenze di vita. Dacci un cuore fiducioso, libero, aperto per servire innanzitutto il Regno di Dio. Amen! (dagli scritti di P. Albino Elegante)
partire dalla realtà
 
Siamo già nel mese di settembre e mi rendo conto di come stia passando in fretta anche quest’anno! Condivido con voi quanto abbiamo vissuto come Paese durante questo tempo,  un tempo difficile però riconosciamo che nonostante tutto “stiamo camminando”, con l’aiuto di Dio. Rifletto sull’elevato numero di persone che hanno avuto la possibilità di vaccinarsi e proteggersi dal Covid e con questo poter avere un poco più di libertà di movimento. Nel campo educativo ora c’è già la possibilità, per i bambini che lo desiderano, di partecipare di presenza alle lezioni, tenendo presente le varie precauzioni e attenzioni richieste. Questo ritorno ha permesso a noi insegnanti di renderci conto delle condizioni reali che stanno vivendo questi bimbi. Ci siamo accorte che il percorso scolastico ha subito un rallentamento e quindi i programmi pedagogici sono in ritardo e che in ogni modo dobbiamo supplire con i mezzi a disposizione. Rientrare in classe è stato per la maggior parte dei bambini un incontro che aspettavano con ansia ed è bello vederli contenti. Anche nella parrocchia ora si può celebrare la messa con un gruppo più numeroso di persone, comunque sempre prenotandosi prima per non creare situazioni di assembramento. A poco a poco si stanno riprendendo anche le altre attività. Come sta succedendo in altri paesi, anche da noi continuano ad arrivare migranti provati dalla fatica del viaggio, rischiando alcune volte la loro vita ... questo diventa un problema per le autorità ma per loro è speranza per il futuro. Un’altra situazione che è aumentata è la violenza nella zona sud, chiamata “conflitto mapuche”, con la perdita non solamente dei beni materiali, ma anche di vite umane sia civili che militari. Una situazione che permane e si vive da diversi anni. Come non parlare del periodo attuale di campagna politica presidenziale dove i candidati propongono le loro “proposte popolari” nonostante il disincanto e la poca credibilità di fronte agli elettori. In questo tempo è stato rilevante ciò che è avvenuto riguardo “alla Convenzione Costituzionale”. In giugno il paese ha deciso di rivedere la Costituzione e questo per noi è stato un avvenimento storico, perché si è visto in questo passo un’opportunità per creare qualcosa di nuovo e rappresentativo con nuove norme per il paese. Un altro evento importante è stato quello di vivere in maniera urgente la problematica relativa all’ambiente, accompagnato dalle ultime notizie sul cambio climatico. Questo tema rilevante del cambio climatico ci ha sorpreso e impressionato in maniera negativa, perché il riscaldamento globale si prospetta peggiore e rapido più di quanto si pensi. Si dice che attorno al 2030, dieci anni prima di quanto stimato, si potrà raggiungere la soglia del +1,5°C, con rischi disastrosi “senza precedenti” per l’umanità, già scossa da eventi e inondazioni. A meno di tre mesi dal vertice del clima COP26 in Glasgow (Regno Unito), gli esperti delle Nazioni Unite (IPCC) hanno responsabilizzato gli esseri umani su queste alterazioni ed hanno avvisato che non c’è altra scelta se non quella di ridurre drasticamente le emissioni di gas che producono l’effetto serra. Fonte: Emol.com - https://www.emol.com/noticias/Tecnologia/2021/08/09/1029078/calentamiento-global-acelera.html A proposito di questa situazione, nel nostro paese già si stanno facendo passi a livello legislativo, anche se si dovrebbe fare di più. Vari movimenti e organizzazioni stanno trattando questo argomento per aiutare la gente a coscientizzarsi ed educarsi di più; molta gente giovane sta partecipando. Questo è quanto ho potuto osservare partecipando ad incontri e iniziative varie. Nel mondo ecclesiale abbiamo l’enciclica “Laudato SI’”, che propone l’urgenza del tema ambientale: «Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo? Questa domanda non riguarda solo l’ambiente in modo isolato, perché non si può porre la questione in maniera parziale. Quando ci interroghiamo circa il mondo che vogliamo lasciare ci riferiamo soprattutto al suo orientamento generale, al suo senso, ai suoi valori. Se non pulsa in esse questa domanda di fondo, non credo che le nostre preoccupazioni ecologiche possano ottenere effetti importanti. Ma se questa domanda viene posta con coraggio, ci conduce inesorabilmente ad altri interrogativi molto diretti: A che scopo passiamo da questo mondo? Per quale fine siamo venuti in questa vita? Per che scopo lavoriamo e lottiamo? Perché questa terra ha bisogno di noi? Pertanto, non basta più dire che dobbiamo preoccuparci per le future generazioni. Occorre renderci conto che quello che c’è in gioco è la dignità di noi stessi» (N. 160). Credo che, anche se l’impatto delle azioni che facciamo a livello sociale non siano tanto incisive ed il fatto di riciclare sia qualcosa di piccolo ... il nostro esempio servirà per camminare verso una “conversione ecologica “e diventa solidarietà verso le prossime generazioni. Un esempio viene dai miei bimbi della scuola che hanno già imparato a riciclare i loro residui. E come non assumere la realtà, quella che viviamo nel quotidiano, già che è proprio da qui che possiamo vivere la nostra missione e consacrazione CM in mezzo al mondo: «Seguendo la via tracciata da Cristo, vogliamo ovunque elevare e risanare la dignità della persona; immettere nel lavoro quotidiano un più profondo significato; contribuire a rendere più umana la famiglia degli uomini e la sua storia (cf. CFL n.36)» (RdV n. 14).
la responsabilità sociale del cristiano
 
Come CM del Cile ci siamo proposte di fare insieme una riflessione mensile per crescere nella comunione e nella nostra identità CM cilena. Questo è il tema della nostra prima riflessione preparata previamente e condivisa poi in un incontro online  nel mese di agosto 2021. A questo incontro hanno partecipato Elisabeth e Teresa, missionarie cilene. In Cile, il mese di agosto è dedicato alla figura di Sant’Alberto Hurtado, gesuita cileno (22.01.1901 – 18.08.1952). In sua memoria, la Chiesa cilena, ha dedicato questo mese alla solidarietà. Attualmente, la maggior parte delle riflessioni che si realizzano per aiutare a capire cosa significa responsabilità sociale sono focalizzate sulla Responsabilità Sociale Impresaria (RSE) e sulla Responsabilità Sociale Corporativa (RSC). In questa prospettiva vengono elaborate proposte dirette all’attività produttiva di entità private e pubbliche, con la raccomandazione di lavorare in questo ambito. Il problema che emerge è che queste riflessioni fanno poco riferimento alle persone integrate all’impresa, offuscando così la responsabilità personale, mettendo invece in evidenza la responsabilità sociale di un ente comunitario che, paradossalmente per sé stesso è carente di responsabilità. Il termine “responsabilità sociale” è molto più ampio e profondo di quello che si usa e si intende nel campo ristretto alle imprese, all’economia e al socioeconomico. Alberto Hurtado aveva capito questa visione ristretta che circolava in quell’ epoca. Per questo ha dato un significato diverso al termine “Responsabilità Sociale”, partendo dal Vangelo. Come Compagnia Missionaria abbiamo una visione molto aperta e profetica in questo aspetto. La troviamo chiaramente nel Capitolo II del nostro Statuto dove presenta “La Nostra Fisionomia” sviluppando la Spiritualità e la Missione. La Nostra fisionomia, il nostro essere e la missione, la nostra fonte di vita, la nostra responsabilità di amore e di salvezza per il mondo. La nostra responsabilità sociale evangelica che ci rende trasparenza dell’Amore del Cuore di Gesù in mezzo ai nostri fratelli e sorelle con i quali condividiamo la vita. E’ molto bello rileggere sotto quest’ottica di “responsabilità sociale” i termini “Evangelizzazione e promozione umana”, le attitudini che caratterizzano la nostra missione: la comunione, l’oblazione, la semplicità, la capacità di condividere e lo spirito missionario... Condividiamo ora alcuni pensieri di P. Hurtado che fanno riferimento al tema che stiamo riflettendo. ü “La parabola dei talenti (Matteo 25,14-30) è la parabola della responsabilità sociale e dovrebbe essere spiegata spesso, presentando anche tutto il panorama delle realtà sociali che i nostri giovani dovrebbero cambiare, attraverso il loro esempio, le loro parole, azioni, e preghiere”. ü “Essere Cristo! Il mio problema è tutto qui. La ragione di essere della creazione. Tutto il mondo è stato creato per la gloria del Figlio di Dio, ed io mi unisco al Figlio di Dio attraverso il mio battesimo, che mi fa Figlio di Dio e mi vincola ancora di più ogni volta che faccio la comunione”. Per il gesuita cileno, il desiderio di diventare un altro Cristo è l’attitudine che dovrebbe incendiare la vita di ogni credente, con il fuoco della carità, che rinfresca la vita dell’umanità assetata di amore e di comprensione. Per questo è necessario stare uniti a Cristo e questo si realizza attraverso il sacramento del Battesimo; questa unione si fa più solida e si approfondisce accostandoci quotidianamente al sacramento dell’Eucaristia. Tutti i sacramenti sono veri canali che dirigono la vita divina e l’esistenza dei credenti e gli permettono di svolgere la missione alla quale sono stati chiamati: l’amore a Dio che si manifesta nell’amore al prossimo. ü “Ogni cristiano per il battesimo acquista una responsabilità personale e sociale. Responsabilità personale per applicare alla sua vita la verità che possiede: il corso (di religione) deve essere una chiamata continua a superare la mediocrità. Responsabilità sociale, che esige la donazione della sua vita al servizio degli altri”. Padre Hurtado, nel restituire la responsabilità sociale all’ambito personale stimola ogni essere umano ad impegnarsi per costruire una società migliore e un futuro migliore per la sua dignità. Con questo suo pensiero afferma che nessuno viene escluso dall’impegno di sviluppare una condotta socialmente responsabile. Non è necessario essere un rappresentante economico importante per prendere coscienza della responsabilità sociale delle azioni che ognuno ha da svolgere. In questo senso, si può affermare che, rispetto alla responsabilità sociale, Sant’Alberto Hurtado è un prisma che permette di ampliare e diversificare lo spettro delle realtà umane che questo concetto presenta nelle riflessioni che oggi si svolgono attorno a questo tema. Per il santo cileno la responsabilità sociale è fare il bene e lavorare per un mondo migliore, dove si cerca di proteggere e dare risalto alla dignità della persona, alla sua vita comunitaria, per la quale è imprescindibile un’attitudine di fraternità e partecipazione che manifesti la piena integrazione del cristiano alla vita sociale. Da questa riflessione fatta insieme, sottolineiamo alcune idee centrali che ci hanno particolarmente colpito, coscienti che la riflessione è molto ampia e profonda e che offrirebbe anche di più. ü La comunione con Cristo ü Essere Cristo ü La dignità umana ü La fraternità universale ü Le parole chiavi della nostra spiritualità, RdV n. 11 ü La responsabilità sociale e il Battesimo... ü La mancanza della meditazione profonda, la superficialità ü L’importanza e l’essenziale dell’interiorità ü Il problema dell’individualismo, l’attitudine di non coinvolgersi, non interessarsi dell’altro ü Rendere trasparente nella vita il Vangelo e lo Statuto ü Fare opzioni coerenti, per diventare realmente persone di “lideranza”, essere testimoni credibili. Terminiamo con l’impegno che permanentemente troviamo nel nostro Statuto: n. 11: La nostra missione come la spiritualità, nasce e si alimenta al Cuore di Cristo...” n. 12: Chiamate da Dio a collaborare al piano di redenzione del Padre, ci impegniamo a svolgere la nostra missione di amore e di servizio nella Chiesa e nel mondo mediante la nostra vita di consacrate secolari attraverso l’evangelizzazione e la promozione umana”.
guardare la creazione con gli occhi di dio
 
“Quando leggiamo nel Vangelo che Gesù parla degli uccelli e dice che «nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio» (Lc 12,6), saremo capaci di maltrattarli e far loro del male? Invito tutti i cristiani a esplicitare questa dimensione della propria conversione, permettendo che la forza e la luce della grazia ricevuta si estendano anche alla relazione con le altre creature e con il mondo che li circonda, e susciti quella sublime fratellanza con tutto il creato che san Francesco d’Assisi visse in maniera così luminosa”. ( Laudato Sì n. 221 ss.) Ultimamente il Papa ha mostrato la sua grande preoccupazione per il degrado del nostro pianeta Terra, con la distruzione di tante foreste, animali selvatici… tutto nella raccolta dei profitti e l'uomo non conta, spesso è costretto a dislocarsi in altre città o Nazioni per cercare mezzi di sopravvivenza. È un fenomeno non solo individuale, ma anche collettivo. Nell’intero ambiente che ci circonda, forse per mancanza di conoscenza o perché è sempre stato così, molte persone non sono sensibilizzate ad alcuni cambiamenti al fine di creare un ambiente più sano, nel rispetto della natura, prendersi cura delle cose create e amate dal Creatore. Ciò esigerebbe da parte di ogni persona, un modo nuovo di comportamento e di rispetto del creato, una vera conversione. Quante meraviglie possono contemplare i nostri occhi circondati da una così meravigliosa e incredibile bellezza. Indubbiamente non si può rimanere indifferenti a certi attacchi alla natura, all'uso inadeguato del suolo… Con piccoli gesti che possono sembrare insignificanti ma che crediamo, saranno di grande valore ed espressione di amore per il creato, Noi: un gruppo di Operatori presenti qui ad Invinha, abbiamo dato vita ad un progetto che sta dando i suoi frutti. Abbiamo iniziato a coinvolgere le famiglie che hanno accettato di aderire e collaborare alla proposta di un cambiamento di stile di vita e di un modo di lavorare. Abbiamo voluto collaborare con le donne madri di famiglia, di questa località, iniziando dalla costruzione di piccoli orti, e far loro conoscere il grande vantaggio che possono avere con i propri prodotti: - Una alimentazione più sana e varia, molto importante per la crescita dei bambini soprattutto dove esiste la malnutrizione. - È possibile anche abbassare il livello di povertà, per le famiglie che non hanno alcun reddito. Questi ortaggi, quando sopravanzano al fabbisogno della famiglia si possono vendere, così possono generare un piccolo potere economico per affrontare ulteriori spese e superare altre eventuali difficoltà. - Abbiamo anche un pollaio per le galline ovaiole, esso contribuisce al cibo quotidiano e anche alla vendita. Ma la grande sfida è coltivare senza prodotti chimici, né per concimare il terreno né per distruggere i parassiti. Abbiamo iniziato a fare i nostri fertilizzanti, con paglia, erba, cenere e altro… dopo due mesi si può già concimare la terra e così gli ortaggi sono biologici, ciò contribuisce notevolmente a un'alimentazione sana e contrasta un'altra abitudine non buona, di bruciare la paglia e aumentando la povertà del suolo. - La dedizione ai giardini, alle piante, ai fiori… sta generando il gusto per il bello; La varietà dei fiori e i diversi colori suscitano il desiderio e la curiosità di conoscerne i nomi, si sviluppa così anche la conoscenza… Piccoli ma significativi passi come ancora: - la raccolta differenziata dei rifiuti - il modo di trattare gli animali e le piante... - coltivare sentimenti di generosità e tenerezza per proteggere questo mondo che Dio ci ha affidato. «Questa esaltante missione a voi affidata: essere modello di incessante slancio per la nuova relazione che la Chiesa cerca di incarnare davanti al mondo e al servizio del mondo». (Statuto cap. 3) Tenendo conto della dimensione sociale che ci caratterizza come C.M. e come chiesa, siamo chiamati ad agire in fedeltà allo Statuto nell'attenzione e nella dedizione al servizio a favore dei più svantaggiati e lo facciamo lavorando con loro. La figura di San Giuseppe, uomo umile, fedele, laborioso… insegnaci a curare e ad operare con generosità e tenerezza per proteggere questo mondo che Dio ci ha affidato. 
ricordo di irene ratti
 
Cenni biografici presentati durante la celebrazione del funerale, nella chiesa di S. Giuseppe Sposo  in Bologna, il 9 ottobre 2021. Irene nasce a Monza il 12 ottobre 1935. Già nell’adolescenza comincia a porsi domande sul valore e sul senso della sua vita. Prima dei vent’anni, mentre lavora in fabbrica, invitata da alcune colleghe, inizia a frequentare incontri di preghiera, soprattutto nell’adorazione silenziosa. E un giorno, in un santuario mariano, incontra p. Albino Elegante che è in procinto di fondare la Compagnia Missionaria del sacro Cuore. L’Istituto è appena nato, nel Natale 1957, quando Irene viene accolta il 20 gennaio 1958. Il 29 settembre 1961, insieme con altre sette aspiranti, Irene emette i primi voti di consacrazione a Dio.  Resta una decina d’anni nel gruppo di Bologna e intanto consegue il diploma di infermiera e ostetrica. Il suo desiderio è la missione ad gentes. Finalmente nel 1969 arriva in Mozambico e si inserisce nel gruppo delle missionarie di Namarroi. Sono gli anni in cui il movimento Fronte di Liberazione del Mozambico (FRELIMO) lotta per l’indipendenza dal Portogallo, che ottiene nel 1975. Il FRELIMO assume il potere come unico partito al governo. Si ispira al socialismo reale dell’Unione Sovietica e non vede di buon occhio la Chiesa, i missionari, i cristiani impegnati in attività di apostolato. A causa della politica coloniale prima e della lunga guerra per l’indipendenza poi, il Paese si trova in grave crisi economica e con mancanza di manodopera soprattutto nel settore sanitario. L’identità secolare e la disponibilità delle missionarie a inserirsi in vari settori delle attività produttive governative, oltre che nell’apostolato, permette loro di restare a fianco della gente e condividerne la difficile situazione sociale, economica e politica. Nel 1976 Irene, d’accordo con il gruppo, accetta di essere assunta nella sanità a Pemba, dove resterà da sola per dodici anni, mentre appartiene al gruppo di Quelimane. In questo periodo, oltre al lavoro in ospedale, è responsabile della formazione delle ostetriche, e a livello ministeriale dei settori maternità e infanzia e del settore malati di AIDS. Nel frattempo si costituisce l’esercito di liberazione RENAMO che combatte contro il governo e il Mozambico precipita nella guerra civile che si concluderà con la pace solo nel 1992. Mentre è a Pemba, Irene scrive: Faccio una vita semplice, il più possibile come quella del popolo… ma tutto con la volontà di trasfondere negli altri un po’ di speranza. È un rapporto semplice, come semplice è l’amore che mi anima… la mia casa è centro di incontri… Poi ho un po’ di attività parrocchiale e qui mi sento a mio agio. È il luogo di completamento della mia missione… ho l’opportunità di lavorare per una maggiore coscientizzazione dei cristiani… Qui non sono la “grande missionaria” che ero in Zambesia, sono una semplice cristiana, che porta nel cuore grandi desideri, ma che vive l’esperienza dura di una diocesi provata e povera. Terminata l’esperienza di Pemba, nel 1989 si trasferisce a Maputo, dove è incaricata, a livello nazionale, della Commissione episcopale per i rifugiati e dislocati. Si tratta delle popolazioni fuggite a causa della guerra civile ancora in corso. Irene svolge il suo servizio fino al 1994, quando rientra in Italia. Si inserisce nel gruppo di Lombardia-Liguria, nella fraternità di Milano. Resta in Italia fino al 2000: fa animazione missionaria, lavora nelle Commissioni Vocazionale e Missionaria; consegue il baccalaureato in catechetica presso l’Università Urbaniana di Roma. Ma la passione per l’Africa non la abbandona. Torna in Mozambico nel 2001 e si inserisce nel gruppo di Guruè fino al 2003: è impegnata nella promozione delle donne e nel sostegno alle famiglie soprattutto per l’alimentazione dei bimbi denutriti; si occupa anche della formazione dei catechisti. Poi torna nel gruppo di Maputo. Irene è sempre stata una donna capace di vedere le necessità del popolo e di cercare risposte concrete. Sa anche coinvolgere tanti amici e conoscenti che si impegnano a sostenere i suoi progetti, sia economicamente, sia andando periodicamente ad aiutarla nel suo lavoro. Riesce a realizzare una scuola per l’infanzia, il Centro infantil Esperança. Grazie anche alla sua carica missionaria, nella Compagnia Missionaria nasce l’associazione GUARDARE LONTANO che si impegna anche a sostenere economicamente molte famiglie i cui bimbi frequentano questa scuola e anche alcuni che già sono passati nella scuola elementare statale, ma hanno sempre bisogno di aiuto. Ci sono poi altri enti che collaborano per sostenere la scuola. Ma Irene, ormai ultraottantenne, non perde la sua capacità di “guardare lontano”. Lavorando con i bambini lei guarda lontano, verso il loro futuro e decide che c’è bisogno di una scuola per quando cresceranno, una scuola che li prepari adeguatamente ad affrontare il loro sviluppo culturale e lavorativo. C’è chi generosamente le permette di acquistare il terreno e fare il progetto per una nuova scuola. Intanto esplode la dolorosa situazione della pandemia con la grande crisi economica in cui sprofondano tante famiglie, non solo quelle dei bambini della scuola. C’è bisogno di aiuto alimentare. I tanti benefattori rispondono alla sua richiesta di aiuto e comincia a visitare e a ricevere le famiglie – sono soprattutto nonne di bambini orfani o abbandonati – a cui distribuisce pacchi con generi di prima necessità. Nonostante si manifestino problemi preoccupanti di salute e faccia sempre più fatica,  nonostante un ricovero in ospedale, continua ad occuparsi della scuola e delle famiglie più povere… finché è costretta a rientrare in Italia, all’inizio di settembre, con una diagnosi drammatica. Si prepara con sofferenza e serenità a incontrare quel Signore Crocifisso e Risorto in cui ha sempre creduto e che, fin da giovanissima, l’ha affascinata col suo amore e attirata a seguirlo nella Compagnia Missionaria per donare la vita al servizio dei poveri e sofferenti. Attraverso una videochiamata, partecipa come può alla preghiera di ringraziamento per il 60° anniversario della sua prima consacrazione. È quasi la mezzanotte del 6 ottobre 2021, quando lo Sposo viene a chiamarla per condurla alle nozze eterne. A nome della sua famiglia, a nome della Compagnia Missionaria e di tutti coloro che Irene ha amato e servito, a nome dei tanti benefattori, a nome dell’Associazione Guardare Lontano che è stata affascinata e coinvolta dal suo spirito missionario, diciamo: GRAZIE, IRENE, PER LA TUA FEDELTÀ A DIO AMORE E AI POVERI. PREGA PER NOI. Lucia Capriotti Messaggio della Presidente Carissimi fratelli e sorelle, anche se lontana ho voluto essere presente in  questo momento nel quale stiamo pregando per la nostra cara Irene nella sua Pasqua verso la Casa del Padre. Il 29 settembre, ultimo scorso, abbiamo celebrato con lei il 60° di vita Consacrata. Lei era una delle prime otto missionarie che hanno dato inizio alla Compagnia Missionaria, sotto la guida del nostro fondatore, P. Albino Elegante scj. Ringraziamo il Signore per la sua vita e la sua fedeltà al nostro carisma che ha ispirato ed ha motivato altre missionarie a far parte della CM.  Ciascuno dei presenti ha conosciuto Irene, così che non dirò niente di nuovo e, sicuramente non potrò esprimere tutto quello che ci ha regalato, è stata la sua, una testimonianza di vita donata sempre con gioia, senza stancarsi mossa dal suo grande ardore  missionario. Per lei non c’erano ostacoli ma solo opportunità per avanzare e trasformare la realtà per il bene dei più poveri, degli ammalati e bisognosi cercando specialmente di favorire la promozione umana e spirituale dei bambini, delle mamme e delle famiglie. Sempre disponibile non solo ad accompagnare ed animare le giovani vocazioni che sono sorte come anche promuovendo i laici ad assumere le loro responsabilità per un cambiamento della realtà. Il suo grande amore al popolo mozambicano l’ha portata ad essere parte del suo cammino e delle sue lotte e speranze  lungo i 50 anni vissuti in questa terra. In questi ultimi anni ha dedicato molto impegno e sforzi per accompagnare l’Associazione Mozambicana S. Francesco di Assisi  che tanto aiuta i bambini e le loro famiglie anche grazie ai contributi del Centro Missionario di Carpi e della nostra Associazione Guardare Lontano che la stanno finanziando. Auguro che la stessa continui a dare frutti ed a crescere. Nella celebrazione del suo 50° anniversario di consacrazione nel biglietto/invito di ringraziamento, scriveva:  Noi, popolo delle strade, crediamo che questa strada, e questo mondo, dove Dio ci ha collocate, è per noi il luogo della nostra santità. Madaleine Debrêl Questa frase riassume la sua vita di consacrata secolare. Accompagno con la preghiera sua sorella Lucia e tutti i suoi familiari in questo momento di dolore e di distacco. Desiderio ringraziare le nostre amiche Giulia e Goretti, il gruppo delle missionarie del Mozambico e le missionarie del gruppo di Bologna per aver accompagnato  Irene, in questi ultimi tempi, con molto amore e disponibilità. A te, cara Irene, a nome di tutta la CM: GRAZIE, GRAZIE per tutto! Intercedi per tutti noi assieme a P. Albino, alle missionarie ed ai familiares che già godono la presenza del Signore. In comunione.  Graciela Magaldi Eccomi, manda me!Omelia al funerale «Venite benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo ».   Non è difficile applicare a Irene queste parole di Gesù, il Maestro che lei ha incontrato e seguito per tutta la sua vita. È giunto per lei il momento di ammainare le vele, dopo un lungo viaggio, e approdare al porto tanto desiderato del Regno di Dio, origine e meta della sua e nostra vita. Ancora ventenne, Irene aveva ascoltato le parole del profeta Isaia e aveva sentito sgorgare subito nel cuore – scrive lei stessa – «la dimensione della missione. Dentro mi ardeva l’invito di Dio al profeta Isaia... e anch’io come lui rispondevo: eccomi, manda me !» Possiamo utilmente chiederci: che cosa porta una persona a dichiarare questa pronta disponibilità alla causa del Regno di Dio? Scopriremmo che la risposta di Irene è analoga a quella che ha mosso ciascuno di noi: una risposta radicata nell’amore di Dio Padre e nella sua volontà di partecipare a tutti i suoi figli il suo Spirito Santo, la sua stessa vita.             Ma, in ordine a una risposta più personale all’interrogativo di prima, la lettura del profeta Isaia ci indica qualcosa di più radicale e strutturale che, immagino, ha colpito anche Irene, portandola a consacrare a Dio la propria vita. Isaia ce lo presenta in modo chiaro: «Ohimè! Io sono perduto, poiché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito». Queste parole indicano in modo esauriente la qualità creativa della grazia di Dio, la sua misericordia che si fa perdono capace di rigenerare ognuno di noi alla libertà di amare come ama Lui. Quando una persona si rende conto di questo dono non può restare indifferente, poiché immediatamente nasce dentro il desiderio di condividere con altri questa scoperta e il dono vitale che racchiude.              La vita ci insegna che possiamo arrivare a donare la nostra vita a Dio solo perché Lui per primo l’ha donata a noi. E c’è un aspetto di enorme importanza in questa scelta di Dio: il nostro andare nel suo nome ci rende sua presenza! Non siamo noi che facciamo il Bene, che annunciamo la Verità di Dio, che esprimiamo Misericordia... è Lui che si consegna a noi, che si affida alla nostra libertà di fidarci del suo Spirito e scoprire che da noi può uscire una forza che supera di gran lunga le nostre forze e la nostra genialità. È la forza di riconoscere e far vivere nelle relazioni una misericordia ricevuta gratuitamente, senza calcoli né a motivo di particolari convenienze, ma... solo per amore.             Credo che sia stata proprio la meravigliosa scoperta di questo amore divino che ha guidato la vita di Irene, e l’ha portata a condividere con i fratelli e le sorelle tutto di sé, a partire dalle proprie fragilità e dalla propria povertà di creatura visitata costantemente dalla misericordia e dal perdono di Dio.             Prendere coscienza della nostra vulnerabilità di creature ci fa sentire fratelli di tutti, ultimi che si trovano a essere primi non a motivo delle proprie conquiste o dei propri meriti, ma unica-mente per la misericordia e l’amore salvifico di Dio, che noi abbiamo contemplato nel volto e nel cuore trafitto di Gesù.             Proprio perché abbiamo contemplato l’amore di Dio nel cuore aperto di Cristo, noi vogliamo condividere questa esperienza trasformante con tutti coloro che incontriamo, poiché in essa trova radici sicure la stessa libertà di amare di Dio, che tutti noi cerchiamo e che Irene ha cercato di vivere durante tutta la sua esistenza di missionaria, condividendola con tutte le persone che ha incontrato. Ora Irene contempla l’Amore non più in figura, per mezzo di simboli o mediazioni ma, finalmente, nel volto stesso di Dio... P. Enzo Brena Superiore provinciale ITS Sacerdoti del Sacro Cuore 
1 . 2 . 3 . 4 . 5 . 6 . 7 . 8 . 9 . 10 . 11 . 12 . 13 . 14 . 15 . 16 . 17 . 18 . 19 . 20 . 21 . 22 . 23 . 24 . 25 . 26 . 27 . 28 . 29 . 30 . 31 . 32 . 33 . 34 . 35 . 36 . 37 . 38 . 39 . 40 . 41 . 42 . 43 . 44 . 45 . 46 . 47 . 48 . 49 . 50 . 51 . 52 . 53 . 54 . 55 . 56 . 57 . 58 . 59 . 60 . 61 . 62 . 63 . 64 . 65 . 66 . 67 . 68 . 69 . 70 . 71 . 72 . 73 . 74 . 75 . 76 . 77 . 78 . 79 . 80 . 81 . 82 . 83
Logo
COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE
Via A. Guidotti 53, 40134 - Bologna - Italia - Telefono: +39 051 64 46 472

Follow us on Facebook