Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
All'istituto appartengono missionarie e familiares
Le
missionarie sono donne consacrate mediante i voti di povertà castità, obbedienza, ma loro abbandonate la loro condizione di membri la povertà di Dio. Vivono in gruppi di vita fraterna o nella famiglia di origine o da sole.
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Viernes 11 de junio de 2021...

essere tutta di dio
INTERVISTA A TERESA POZO
Teresa
missionaria cilena: per conoscerci un po’ di più presentati: la tua vita, famiglia, la tua cultura, l’ambiente in cui
sei cresciuta…Mia mamma mi raccontava che
aveva scelto per me il nome di Teresa, perché ero nata il 15 ottobre, giorno di
santa Teresa D’Avila. Ho sempre pensato e ancora penso che questo gesto è stato
molto bello, un primo segno di predilezione del Signore nei miei confronti.
Sono nata e cresciuta in una famiglia semplice, molto cattolica, originari di
Puente Alto ( cittadina vicina a Santiago , capitale del Cile). Mio papà
lavorava come operaio in una fabbrica, mia mamma casalinga con tre figli: un fratello, io e
una sorella. Mio fratello il maggiore, ora è deceduto. Io sono la seconda con
una differenza di dieci anni da Sonia mia sorella minore. Ringrazio di cuore il
Signore per aver ricevuto il dono della fede e questo lo devo in modo speciale
a mia mamma per avermi trasmesso il suo amore alla Vergine, alla recita del
rosario. Ricordo ancora con profonda devozione i pellegrinaggi che facevamo nel
mese dedicato a Maria … Ho studiato a Puente Alto poi a Santiago all’Università
Cattolica. Ho scelto la professione di infermiera per poter essere a
“servizio”degli altri, anche perché ammiravo e ancora ammiro molto una zia,
anche lei infermiera. Da tre anni sono
pensionata. Ho dedicato questi ultimi anni ad assistere la mia mamma, morta il
20 ottobre 2017. Ringrazio molto il buon Dio per aver potuto accompagnarla da
vicino in tutto questo tempo, fino alla sua partenza per il cielo. Chiamata,
discernimento, decisione: tre parole che guidano ogni vocazione, anche la tuaSono tre parole che, senza
rendermi conto, sono state presenti nella mia scelta. La prima inquietudine il
Signore me l’aveva messa nel mio cuore, attraversodomande e interrogativi sul
senso della vita, ecc. Queste, sono state la spinta, la porta per chiedere
aiuto, per discernere quanto stavo vivendo e scoprire poi che era il Signore che stava “bussando alla porta del mio cuore”, con una chiamata
speciale e concreta. Devo confessare che, al momento mi ero spaventata e
cercavo di allontanare l’idea... poi, poco a poco mi sono arresa … In questo
tempo mi sono state di aiuto le circostanze che stavo vivendo. Stavo studiando
di infermiera e questa professione mi portava a contatto con tanta sofferenza,
con la morte … Tutto questo mi aveva impressionato molto … in questo contesto
ho capito che la vita era un dono di Dio e che anch’io dovevo donarla in
qualche forma e dovevo vivere ogni giorno con profondo senso di responsabilità
e di impegno … Come fare questo? Mi sembrò possibile solamente una forma:
consacrarmi a Dio. Non capivo molto di quanto mi stava succedendo, però sentivo
solamente una grande necessità di amare e di consacrarmi all’Amore. Come è
nata la tua vocazione?Come ho già detto prima, stavo
studiando e frequentando il Corsi di infermiera all’Università Cattolica di
Santiago già da tre anni. Per raggiungere l’Università che era molto lontana da casa, dovevo fare
lunghi viaggi in pullman e quindi alzarmi molto presto. Una mattina, si sedette
accanto a me un giovane. Durante il viaggio osservai che, dopo qualche minuto
prese un libretto nero dalla sua cartella e cominciò a leggere. Mi resi conto
che stava pregando … in quel momento sentii una grande voglia di
chiedergli cosa stava leggendo e lo feci
(mi meravigliò questa mia curiosità perché di carattere sono molto timida). Lui
mi rispose che stava pregando, che apparteneva a un movimento di giovani
cattolici e se ero interessata a saperne di più, mi avrebbe spiegato
meglio in un altro momento. Mi chiese
quindi l’indirizzo di casa mia. A un certo punto del viaggio, mi resi conto che
ero arrivata a destinazione, al posto di lavoro (ricordo ancora quel giorno: dovevo fare pratica in un
consultorio) per cui scesi dal pullman in fretta. La giornata passò rapida per
il molto lavoro che dovetti affrontare e la preoccupazione per lo studio. Mi
dimenticai totalmente di questo incontro, però il giovane no. Arrivò a casa mia
nel pomeriggio insieme a sua sorella per spiegarmi come fare per entrare a far
parte di questi gruppi giovanili che frequentava. Lo considerai un vero apostolo! Ricordo ancora il suo
sorriso ed entusiasmo nel parlarmi della fede, di Dio … io l’ascoltavo
affascinata. Fu così che cominciai a
frequentare i loro incontri. In questo ambiente di fede è nata la mia
vocazione, in un gruppo di vita cristiana. In tutto questo ha avuto molta
importanza anche la mia professione di infermiera. In mezzo a tanti malati sono riuscita a trovare la risposta di Dio
alle mie inquietudini. Così passarono due anni, fin tanto che presi la
decisione di consacrarmi in un Istituto dove rimasi per 8 anni. In seguito
lasciai questo Istituto perché avevo capito che non era
qui il mio posto e il Signore (così ho sentito e capito) mi portò direttamente
a conoscere la Compagnia Missionaria, dove ora mi trovo e sono contenta. La
cosa più bella è stato scoprire l’immenso amore di Dio per me, sua piccola
figlia, piena di limiti, però molto amata. Questo amore si risvegliò in maniera
molto forte in me e l’unica cosa che volevo era rispondere a Lui con la mia
vita e imparare ad amare. Perché nella Compagnia Missionaria?Come ho raccontato uscita dal
primo Istituto mi sono messa a lavorare come infermiera sempre con
l’inquietudine dentro di me di voler incontrare la maniera e il posto giusto
per vivere una vita tutta di Dio … non sapevo come e dove. Dopo circa un anno, con l’aiuto di una suora ho conosciuto Cecilia
Benoit ( oggi fa parte anche lei della Compagnia Missionaria). Cecilia mi parlò
in maniera molto semplice perché anche lei conosceva ben poco di questo
Istituto. Sapeva però che in marzo (1987)sarebbe venuta in Cile la Presidente
dell’ Istituto. Cecilia mi suggerì che nel frattempo, se mi interessava capire
qualcosa di più, potevo partecipare al gruppo che stava nascendo in San
Bernardo, cittadina vicino a Santiago. Tutto questo avvenne mi pare nel mese di
novembre. La spiegazione che mi era stata data da Cecilia era molto vaga e
direi anche poco attraente … però rimasi e cominciai a partecipare al gruppo
(eravamo in cinque). La Presidente della Compagnia Missionaria in quel tempo
era Marta Bartolozzi; l’incontro con lei è stato moto bello. Lei parlava solo
italiano e noi castigliano, ma ci siamo capite ugualmente. Sicuramente lo
Spirito Santo era vicino a noi, in abbondanza. Io credo e sono sicura che in
realtà, devo la mia vocazione a Marta. La sua accoglienza, le sue parole, la
sua capacità di valorizzare la mia storia personale, la sua fiducia in me, mi
diedero le ali per azzardarmi a continuare la storia di amore che Dio in quel
momento e ancora adesso sta scrivendo in me, nella CM. Insieme a questa
straordinaria accoglienza, mi aveva attratto anche la spiritualità
dell’Istituto e la sua presenza in mezzo
al mondo. Sentivo chiaro che avevo incontrato il luogo per vivere la mia
consacrazione appartenendo a Dio e ai fratelli in mezzo al mondo, nella mia
famiglia, nella mia professione. Ringrazio ancora il Signore per questo
meraviglioso invito che mi ha fatto e continua a farmi nella CM. Hai
lavorato professionalmente come infermiera: quali valori o aspetti più arricchenti
hai vissuto? Ho lavorato 30 anni in questa
professione: due anni in ospedale e 28 anni nella Sanità pubblica
nell’Università Cattolica. Ho sempre sentito che mi accompagnava la presenza di
Maria Santissima. A Lei ho consacrato tutto il mio lavoro, le mie mani perché
Maria lavorasse accanto a me. In sintesi: è stata un’esperienza molto ricca;
l’ambiente è sempre stato rispettoso nelle scelte che facevo e con il tempo la
mia presenza è stata colta come un valore per chi lavorava al mio fianco. La cosa
che mi ha arricchito di più in questa professione è stato il contatto con le
persone che si realizzava in situazioni di carenza e fragilità. Sono riuscita a
costruire legami molto gratificanti con i miei ammalati e loro mi hanno dato la
possibilità di servirli come fratelli in Cristo, specialmente i più bisognosi.
Insieme abbiamo condiviso la nostra vita. Nel mio lavoro ho potuto vivere la
mia consacrazione secondo la spiritualità CM. E questo avveniva attraverso
piccoli gesti concreti della nostra vita diaria, dal semplice saluto
all’attenzione personale per alcune terapie, all’educazione, accompagnamento
ecc. Inoltre avevo la possibilità di pregare e offrire la vita dei miei
ammalati e colleghi di lavoro a Dio, in forma permanente. In mezzo a tanto dolore
sentivo la responsabilità di pregare e offrire per loro. Il mio lavoro
infermieristico è stato svolto soprattutto in reparti dove si accoglievano
persone soggette a dipendenze: psicologiche, psiquiatriche, droga e salute
mentale. Ho partecipato e assunto la parte direttiva del Centro Medico negli
ultimi 6 anni di lavoro. E’ stato molto faticoso, però con molta pazienza ho
capito che era proprio lì, in mezzo agli ammalati e ai vari funzionari, che si
faceva presente la misericordia di Dio. Il
viaggio di Papa Francesco in Cile e Perù dell’anno scorso … nonostante le varie
sfide incontrate è stato definito “un viaggio della speranza e profezia”.
Secondo te, quali segni di speranza, germogli di novità sono cresciuti, dopo
questo avvenimento? La
visita di un Papa è sempre un regalo e una speranza! Il suo motto è stato “Vi
lascio la pace”. La sua presenza è stata molto positiva nonostante le polemiche
sorte dovute alla situazione della Chiesa cilena in relazione agli abusi, tema
che ancora non è sufficientemente affrontato da parte della gerarchia
ecclesiastica. Però la polemica ha portato frutti, perché adesso si sta
riflettendo direttamente con Papa Francesco il quale ha assunto in prima
persona la situazione, per cercare di trovare la maniera migliore di sanare
questo problema nella Chiesa, così da farla crescere … e poter diventare un
luogo di speranza per tutti. Tutti i vescovi cileni sono stati convocati a Roma
per incontrarsi con il Papa. Tutti hanno
dato le dimissioni affinché il Papa potesse nominare con libertà il Vescovo di
ogni diocesi. Di fronte alla dolorosa realtà degli abusi sessuali su minori,
abusi di coscienza e di potere siamo chiamati - così scrive in una lettera Papa
Francesco al popolo cileno - a lavorare per cambiare questa cultura dell’ abuso
in una cultura del rispetto della vita e della dignità di ogni persona. Il Papa
ha già accettato la rinuncia di cinque Vescovi, ed ha ricevuto a Roma tre dei
principali laici che hanno subito questi abusi e in seguito ha ricevuto anche
un gruppo di sacerdoti e altri laici. Due inviati del Papa sono tornati in Cile
per continuare il compito di verificare i vari casi e ascoltare altre denuncie.
In questo momento il Papa, la Chiesa accoglie, ascolta, ringrazia per la buona
disposizione con la quale stiamo accompagnando questa situazione e allo stesso
tempo continua ad informarci ed a renderci partecipe del delicato lavoro che
sta facendo per trovare la soluzione migliore a questa situazione che tanto ci
fa soffrire . La Chiesa popolo di Dio continua il suo pellegrinaggio con
preoccupazione ma con tanta speranza e buona disposizione. Si prega molto per
la nostra chiesa cilena in ogni parrocchia, comunità e famiglia. Amiamo la
nostra Chiesa e vogliamo che i fratelli che si sono allontanati a causa di questo
problema ritornino e possano incontrare una Chiesa Madre, aperta alla speranza,
all’accoglienza, centrata nell’unica persona che è Cammino, Verità e Vita:
Gesù. Il popolo continua pregando e rimanendo fedele a Gesù Cristo. Questi sono
i principali segni di speranza: la presenza fedele del popolo e il lavoro della
base che continua preoccupata per i giovani e le famiglie. Nel
mese di ottobre si vivranno due eventi in linea tra di loro: il Sinodo dei
vescovi e la giornata missionaria mondiale. I temi che verranno affrontati
rivolgeranno l’attenzione alla realtà giovanile. Nella tua cultura cilena come
vedi il futuro dei giovani cileni?Come in tutte le parti del
mondo il lavoro con i giovani chiede molta energia. L’ambiente in cui vivono e
i pochi valori che li circondano sono molti forti e influenzabili. In Cile, in
particolare si continua riflettendo e lavorando. Speriamo che questo lavoro sia
ogni volta più profondo e sia svolto con impegno per offrire ai giovani cammini
nuovi di crescita personale e di crescita nella fede. Gli sforzi si fanno
soprattutto nelle comunità locali però ci accorgiamo che ancora c’è bisogno di
persone che aiutino, persone che abbiano apertura di cuore che sappiano
accogliere e che preghino. Speriamo pure in un profondo rinnovamento nella
gerarchia della nostra Chiesa, per rinnovarci anche in una autentica e attiva
opzione della realtà giovanile. Il tuo
messaggio per i giovani …Ho scoperto la mia vocazione
quando ero giovane, avevo 21 o 22 anni. E’ importante avere il cuore aperto
quando sentiamo interrogativi che ci rendono inquieti, che ci interpellano sul
senso della vita, sul cammino che ci aspetta. Non dobbiamo avere paura, avere
timore a concretizzare i sogni che abbiamo dentro nel nostro cuore. Chiediamo
aiuto a Dio e Lui si prenderà carico di tutto il resto. La mia esperienza mi
dice che è il Signore che chiama, in maniera forte e Lui rimane fedele a questa
chiamata perché fatta con amore. E’ una chiamata che ci rende felici in
qualunque posto Dio ci voglia. La chiamata può essere diversa (consacrazione,
matrimonio …) però è sempre una chiamata verso la pienezza in Dio.Concludo dicendo grazie a Dio
per il dono della vita e della consacrazione nella Compagnia Missionaria.

racconto di una conversione
Festività dell’EPIFANIAScrivo perché, mentre leggevo
un saggio sui profeti di Israele, riflettendo su me stessa mi sono accorta che
la memoria della mia vita spirituale si sta rarefacendo. Da qui il bisogno di
fissare un’esperienza che, credo, valga non per me sola, ma come dono di Dio
per tutti gli uomini e donne assetati di Bene. Cagliari
1964 Buon Compleanno!A te,
Bambina mia, affinché ti sia di guida e aiuto per vivere santamente. MamminaA Maria
Grazia per il suo dodicesimo anno. È la dedica sul libricino,
sopravvissuto ai miei tanti traslochi e che conservo accanto al mio letto,
«TUTTO PER GESU’», libricino che mia mamma mi aveva spedito per i mie dodici
anni quando ero in Collegio a Savona, come aspirante presso le Suore di Santa
Maria Giuseppa Rossello. L’iniziazione
al mistero di CristoL’iniziazione cristiana nella
mia vita è iniziata nel cuore di mia
madre, confermata nella scelta del nome: Maria Grazia, perché aveva voluto
consacrarmi alla Madonna delle Grazie in Bologna. Rileggendo da adulta, anziana
meglio, i racconti che mia mamma mi ha fatto, capisco di condividere uno
speciale privilegio: come Samuele, come il Battista, come… (le bibliste
completino l’elenco), come Geremia, “consacrata
a Dio nel grembo materno”. Vocazione all’amore che mia madre “si è portata nel grembo finché Dio non si è
piegato sulle sue pregherie”.Sopra il letto dei mie genitori
c’era un quadro in rilievo col Sacro Cuore, e un Crocifisso. Le mie prime
immagini sacre che hanno nutrito la mia fede “affettiva”. Non ho mai visto in quelle immagini, come oggi alcuni
dicono, il segno sanguinario di una religione crudele. Era il “mio Gesù”: nella manina del Sacro Cuore
mia mamma mi faceva trovare al mattino una ciambella di pastafrolla, ma le mie
preferenze, soprattutto quando potevo stare nel letto dei miei genitori perché
avevo la febbre, non erano per l’immagine consolatoria e generosa del Sacro
Cuore, quanto per il piccolo crocifisso di metallo che mi teneva compagnia.
Cosa che neppure i soldati hanno fatto, sono riuscita a spezzare le ginocchia
al povero Gesù crocifisso, rimasto nella casa paterna con quelle sue gambe
ballerine, che bisognava sempre mettere a posto, e che io da bambina avevo
rotto. Ma quello è stato “il primo amore
per Gesù”. Poveretto! Dovevo essere molto piccola,
sono immagini legate ai miei primi ricordi: Gesù e il mal d’orecchie!Questo affetto mi portava a
essere molto preoccupata per la salute di Gesù, e quando mia mamma mi
accompagnava a visitarlo nell’immagine della deposizione (dovevano essere i
famosi sepolcri quaresimali), volevo
lasciare le mie scarpette rosse al povero Gesù, tutto nudo e al freddo.I primi anni della mia infanzia
sono trascorsi in questa vicinanza col mistero di Cristo. Le lezioni di
catechismo, fatte prima privatamente, perché mia mamma voleva essere sicura su
ciò che mi avrebbero insegnato, e poi in parrocchia in preparazione alla Prima Comunione. Forse ho un intelletto
scarso, ma l’insegnamento che ci davano, sul catechismo da studiare a memoria, era per me uno stimolo
profondissimo a cercare l’infinito:
la mia vita aveva un significato, ci insegnavano, conoscere, amare e servire Dio! Sì, le mie prime domande
sull’esistenza, sull’essere dell’uomo e sull’essere di Dio, nascevano in quella
testolina di sei anni, liberavano il mio pensiero in spazi e tempi infiniti. La nostra testa è proprio strana. Per alcuni
quegli anni sono stati vissuti come l’oscurantismo del pensiero. Per me sono
stati l’aprirsi del pensiero!Una fede da bambina, ma forte,
viva, vitale nell’ascolto della messa domenicale, nutrita dell’eucaristia, con
lo sguardo all’esempio dei Santi, San Domenico e Santa Caterina da Siena.
Diventare santa, come loro, è il
desiderio che nasceva partecipando al gruppo dei Rosarianti nella Chiesa di San Domenico a Cagliari.Non certo l’unico desiderio,
iniziava la pubertà e l’adolescenza: insieme ai desideri di santità c’era posto
per i cantanti, per le vanità, le ambizioni, il desiderio di studio e il “ballo del mattone” (una canzone di Rita
Pavone, idolo delle ragazzine degli anni ’60).
Il “primo battito del cuore: sono fritta”Il 1964, l’anno in cui mia
mamma mi ha regalato il libricino «TUTTO PER GESU’», l’ho trascorso a Savona in
collegio. Non era una scelta vocazionale, mia mamma voleva per me una profonda
educazione cristiana, qualsiasi fosse stata la mia scelta, ma anche darmi una
possibilità di studiare, infatti i miei non avevano i mezzi per farmi fare le
scuole superiori. Avevamo una vita di piccole
suorine: messa quotidiana, preghiera a pranzo e a cena, pranzi e cene in
silenzio nell’ascolto delle letture sacre (di cui non ricordo un bel niente, se
non un racconto ambientato in Africa e dai colori romanzeschi), preghiere
serali, silenzio allo spegnersi della luce, e insieme gli impegni di un’alunna
di seconda media.Eppure di quell’anno
(conclusosi a maggio perché non avevo la vocazione) mi sono rimasti incisi
profondamente due momenti:
L’immagine di una suora,
piccola, piegata, con le grandi ceste di roba da lavare. Forse era la
responsabile della lavanderia, ma per me era la suora: semplice, radiosa, umile.
La cerimonia della “prima professione”: noi ragazzine
assistevamo dal coro della
Chiesa; dall’alto vedevo queste sposine
accostarsi all’altare. Lì, per la prima volta, ho sentito il colpo al cuore dell’innamoramento!
Inutile dire che non era la mia
vocazione, ho cominciato a diventare insofferente della disciplina, a voler
affermare la mia personalità. «Se resto qui, mi faccio suora. Sono “fritta”».
Un mese dopo ero nuovamente a casa dai miei.
Le
domande esistenziali senza rispostaSono iniziati gli anni degli
interrogativi, senza risposta. Non coi Focolarini,
non nelle Eucarestie della domenica, non nelle questioni poste ai confessori.Nessuno mi aveva mai parlato
della dottrina sociale della Chiesa, né del Concilio Vaticano II, anche se
avevo assistito ai primi cambiamenti, dalla messa in latino alla messa con le
chitarre. Non mi bastava più sentirmi
ripetere che la fede viene messa alla prova, che è la croce, che il Signore si
siede a tavola con noi quando ti capitano le disgrazie più terribili. Un
mistero della croce senza la luce della Risurrezione, senza l’intelligenza e
l’amore per l’uomo (fatto per i beni
ultimi, cioè senza pene). Pover uomo che, davanti alle ingiustizie, non
doveva preoccuparsi dei beni penultimi, ma si doveva rallegrare come partecipe
della croce di Cristo.Il mio povero Gesù dalle gambe spezzate era relegato ormai
alla mia infanzia. In questi interrogativi di “senso” sono approdata alla contestazione sessantottina.Né esauriva la mia tensione la vita politica dei giovani
contestatori, di cui coglievo l’incoerenza, pur condividendo il bisogno di una vita di giustizia. Ho iniziato a
occuparmi delle religioni orientali, delle pratiche dell’Hatha Yoga, di
tecniche di meditazione. Pensavo, non può il mio cervellino accogliere l’infinito,
devo rovesciarmi, essere accolta dall’infinito: così potrò percepirlo, quando
tange i miei confini. Poi mi soccorreva la memoria del salmo: Vedete e gustate quanto è buono il Signore;
il Signore si fa trovare da chi lo cerca con cuore sincero. “Vedere”,
“gustare”: sono verbi che rimandano ai nostri sensi: non vuol dire chiudere Dio
nel mio cervellino, ma la possibilità di assaggiare
la sua presenza. Se lo cerco con sincerità si fa trovare. Era la risposta ai miei
interrogativi: ore di sedute in posizione del loto per incontrare il divino.
Per fortuna abbiamo l’illuminazione elettrica. A me non è capitata la fortuna
del Budda!E proprio in quegli anni,
quando cercavo lontano ciò che mi era vicino, ero svegliata la notte da un
sogno ricorrente: la Chiesa dei miei dodici anni. Ho combattuto con tutte le
mie forze questi richiami. Era stato l’indottrinamento ricevuto da piccola. Era
l’oppio dei popoli. «Prega, Maria Grazia, Prega!». Nel sonno una voce mi sollecitava, e
mi dicevo «Chi prego? Io non credo in niente». E sempre nel sonno, ma in un
sonno vigile, una voce rispondeva forte «Osanna
al Signore, re degli eserciti», mentre il mio essere si metteva in ginocchio.Ricordo quel
sonno/sogno/visione come momento della mia conversione,
misteriosa, profonda. Si imponeva come un imperativo nella mia vita. Era quella
la strada.A vent’anni ho incontrato Santa
Teresa D’Avila e San Giovanni della Croce. Ho bevuto le loro biografie e le
loro opere cui sono continuamente tornata: mi rivelavano ciò che cercavo
assetata.
Il
ritorno nel grembo della ChiesaNelle letture di Santa Teresa e
di S. Giovanni della Croce maturava la mia sete di eucaristia, il bisogno di essere Chiesa. Ma come, la Chiesa colpevole di persecuzioni, corruzioni,
avarizia. La mia testa non riusciva a conciliare. Fede e Chiesa? Ma no, non
devono necessariamente andare insieme. La sete dell’Eucaristia si faceva esigenza prepotente
nella mia vita di giovane donna, ora incinta di quattro mesi. A
Torrazzetta, nel pavese, seguo un corso di meditazione buddista nella casa per
ritiri “Oasi Mistica”. Ci accoglievano due Suore Francescane di Clausura, Sr.
Mariangela e Sr. Ancilla, che in quegli anni del dopo concilio si aprivano ad
esperienze di accoglienza fuori dalle mura del convento. Seguivo in modo ligio tutti i
dettami per le meditazioni: il Signore si
fa trovare da chi lo cerca con cuore sincero, ero lì per quello, cercare il Signore.Mi ero accorta che gli esercizi
di meditazione mi riuscivano più
facilmente in cappella, lì il cuore si raccoglieva in silenzio senza fatica.ETERNA E’ LA SUA MISERICORDIAETERNA E’ LA SUA MISERICORDIAETERNA E’ LA SUA MISERICORDIAETERNA E’ LA SUA MISERICORDIALe suore avevano iniziato la
preghiera della liturgia, il versetto del salmo penetrava nel cuore e lacrime
scioglievano la mia durezza…Lì ho scelto Cristo e la
Chiesa!Nel ’90, a 38 anni, Gesù, che
già si era manifestato nella mia infanzia e nella mia prima adolescenza, non
tenendo conto del rifiuto, mi ha ancora chiamato a sé, gettandosi alle spalle
tutto il mio passato.E io ho detto SI’, per sempre!

venite e vedete
Vi descrivo ciò che ho vissuto
in questo periodo (fine 2018 e inizio 2019), sin dalla mia andata per gli
esercizi spirituali nella casa del noviziato dei Sacerdoti del Sacro Cuore di
Gurue. Erano presenti tutte le missionarie del Mozambico. Orientava il ritiro
il vescovo ausiliario di Nampula D. Ernesto Maguengue. Abbiamo cominciato la
sera del mercoledì 29 dicembre fino al primo gennaio del 2019.Sono partita con un obiettivo:
ritirarmi nel deserto, riposare con
Gesù, assaporare la sua Parola, lasciarlo regnare in me. Veramente, sono rimasta
contenta di aver accettato l’invito di Gesù di uscire e andargli incontro,
stare con lui, dialogare, ascoltare, contemplare, credere, amare, testimoniare
e fare la sua volontà.
Nel
giorno 1 di gennaio di quest’anno, ho avuto l’opportunità di concludere gli
esercizi spirituali con una grande festa alla Vergine Santa Maria e con la mia
incorporazione perpetua nella Compagnia Missionaria. Mi sono commossa, nel
momento della mia donazione a Dio e alla Chiesa, con la formula della
incorporazione perpetua e con l’impegno della mia vita al servizio del Vangelo.Erano presenti: sacerdoti
dehoniani e diocesani, suore, novizi, seminaristi, il diacono, le nostre
ragazze che sono nel periodo di formazione, il gruppo corale della parrocchia,
i miei genitori, i vari parenti, gli anziani della mia comunità di Lusa e due vescovi:
Monsignor Francesco Lerma, della mia diocesi del Gurue e Monsignor Ernesto
Maguengue. D. Ernesto dirigendomi la
parola mi ha esortata ad avere coscienza della mia condizione di missionaria
consacrata nel mondo e a vivere con gioia il Vangelo, la mia appartenenza a Dio
e alla Compagnia Missionaria del Sacro Cuore.Esprimo, piena di gioia,
animata dallo Spirito Santo che mi guida, il mio profondo sentimento di
gratitudine per l’incorporazione perpetua e che per grazia di Dio vivo come
passo indispensabile in questo cammino
di configurazione a Cristo al servizio dei fratelli e sorelle e della Chiesa. Grazie Gesù, per i benefici che
mi hai concesso e per la mia permanenza nel cammino della Compagnia
Missionaria.Ringrazio con profondo affetto
la Presidente e il suo Consiglio, le formatrici, le responsabili e tutte le
missionarie dell’istituto per l’affetto, il sorriso, l’accoglienza che sempre
mi hanno dato, per avermi condotto alla ricchezza di questa vita di
consacrazione nella Chiesa e nel Mondo e per sorreggermi nelle mie debolezze.
Grazie Vergine Maria che mi accompagni in questo cammino di offerta “fate tutto
ciò che Lui vi dirà”.

chi abbraccia la fede...
Chi abbraccia la fede, non
cammina da sola.(Cf:Mt. 14,22-33). Aver fiducia in Gesù è la nostra maggior
ricchezza. Lui è il segno per eccellenza dell’amore di Padre. Legate a lui,
incontreremo mezzi capaci di trasformare il nostro carisma e la nostra
spiritualità CM nella realtà concreta al servizio della chiesa e dei fratelli.
Questa citazione mi aiuta a capire che la nostra testimonianza di vita come
missionarie CM non ha frontiere.Gesù ci chiama a espletare un
determinato servizio e assumere liberamente una missione! Chi dice “si” alla
sua chiamata si impegna a spendere la vita perché gli altri abbiano più vita!
E’ importante scoprire quale è il nostro impegno come CM, nella società! La
vocazione ci orienta al servizio, a essere costruttori di un regno di giustizia
e di pace: nella famiglia, nella comunità e nella società, in generale.Come missionaria Mozambicana,
residente a Nampula ho avuto l’opportunità di ravvivare la mia fede e vocazione
conoscendo un po’ di più le origini della CM, in Italia. La mia permanenza è
stata di quasi due mesi, dal 6 Dicembre ‘18 al 29 Gennaio del 2019. E’ stato un
tempo molto fecondo, infatti ho potuto conoscere le radici della CM. L’impegno
missionario nelle comunità di Bologna, Monguelfo, e Napoli. Questa volta non mi
è stato possibile visitare la comunità di Brugherio. La certezza che Gesù non si allontana mai da
noi, ci incoraggia nella Missione, ci toglie dalla riva e ci fa avanzare per
una donazione totale al servizio le une delle altre, nonostante i
condizionamenti dovuti alla salute e alla età. Sono
rimasta abbastanza colpita dal lavoro portato avanti a Monguelfo da parte di
Fiora, Cecilia e di tutta la sua Equipe di collaboratori. Mi è piaciuta
l’esperienza vissuta più da vicino, è una realtà che esige fede, disponibilità
e molto amore al servizio. Ho avuto
l’opportunità di passare lì il Natale e il fine anno. La casa era piena di
famiglie, giovani e bambini di tutte le parti del mondo, con diversità di
cultura, ma tutti si sentivano bene, si vedeva sul viso delle persone la gioia
di stare in un luogo di riposo e di festa, dove si sentivano ben accolte. Lì ho
capito che la gioia e la felicità degli altri ci riempiono di grande valore e
stima in quello che Dio opera in noi, a servizio degli altri, però esige da noi
molta semplicità, apertura, umiltà e molto esercizio di ascolto perché Dio
operi in tutto e in tutti. Come una missione profetica che Lui affida a
ciascuna delle missionarie della CM; in luogo si incontrino.L’esperienza vissuta più da
vicino, in Bologna, mi ha commossa vedere quanto passano rapidamente le nostre
forze e la salute, E’ una comunità nella quale la maggior parte delle
missionarie ha un’età avanzata e alcune hanno molto bisogno dell’aiuto delle
altre. Come dice la sacra scrittura accoglietevi
gli uni gli altri con amore fraterno. Ho scoperto un tesoro grande
nella comunità di Sant’Antonio Abate –Napoli.Mi sembrava una comunità molto
piccola formata da appena due persone: Lucia Capriotti e Luisa Chierici, ma in
fondo esiste una grande ricchezza che è il gruppo delle missionarie che vivono
in famiglia, dei familiares e degli amici della CM. Ho avuto l’opportunità
d’incontrare anche Marinella Martucci che è la responsabile del gruppo misto,
missionarie di vita fraterna e missionarie di vita in famiglia. E’ un gruppo
ben formato e solido. Tutti lavorano e condividono per la formazione della personalità
umana e cristiana. Ho apprezzato molto
il gesto di accoglienza e con fraternizzazione che hanno fatto per me. E’ una
comunità con un forte senso di coinvolgimento pastorale: la condivisione della
Parola di Dio nei vari gruppi a livello parrocchiale ed extra, nella catechesi
e nella comunione fraterna con tutti coloro che le circonda.
Congratulazioni Lucia e Luisa perché
avete una buona capacità di accogliere tutto il gruppo CM di Napoli. L’esperienza che ho vissuto
durante la mia permanenza in Italia, mi chiama ad una disponibilità e donazione
a Dio, al servizio dei fratelli, che deve essere con una fede viva e sicura,
con radici profonde per poter vivere bene la vocazione e la missione, infatti
la risposta alla chiamata è un esercizio di fede e di amore.Ringrazio il Signore per il
dono della vita e della vocazione nella CM e gli chiedo che aiuti ognuna di noi
a vivere con amore e fede la missione che lui stesso ci affidato nei diversi
punti dove ci troviamo. Per finire preghiamo per le
vocazioni per la CM.“Signore della Messe, Pastore del Gregge, fa risuonare nelle
nostre orecchie il tuo forte e soave invito:” Vieni e seguimi!” Effondi su di
noi il Tuo Spirito, perché ci dia sapienza per vedere la strada e generosità
per seguire la tua voce! Signore che la messe non si perda per mancanza di
Operai! Risveglia le nostre comunità alla Missione. Insegna la nostra vita a
essere servizio! Fortifica coloro che vogliono dedicarsi al Regno nella vita
consacrata(…)Signore della Messe e Pastore del Gregge, chiamaci a servire il
tuo popolo. Maria, Madre della Chiesa, modello dei servitori del Vangelo,
aiutaci a rispondere: “SI” – Amen.”(Cf. Preghiera dell’anno per le vocazioni)

un grande viaggio... a piccoli passi
E’ cosi che definisco il mio
viaggio fatto in Mozambico dal 11 gennaio al 16 febbraio. E’ una frase detta
non so da chi ma è vero, anche un grande viaggio comincia con un piccolo passo. La
motivazione del viaggio, visto che sono ancora l’amministratrice centrale, e
ovvio che riguardi aspetti economici, problemi di natura contabile e
amministrativi, gestione di case e attività, ma questo aspetto del mio lavoro lo lascio da
parte, già la dovrò relazionare al CC. Il ViaggioRicordo un'altra storia che
dice: “ il viaggio può essere lo stesso, ma il racconto è diverso a seconda
della persona che lo racconta, quindi condivido con voi alla mia maniera questi
piccoli passi che hanno fatto parte di questo cammino.La partenza da Bologna,
comincia già con imprevisti, a causa di scioperi il mio volo che doveva andare
a Francoforte è cancellato e vengo dirottata prima a Lisbona, e poi a Luanda in
Angola, e poi a Johannesburg in Sud Africa e dopo una lunga attesa tocco
finalmente terra mozambicana dove mi accoglie l’abbraccio caloroso di Leonia,
Giannina e Irene e la temperatura di 40 gradi. Si ancora una volta sono in
Africa. La permanenza Nei nostri gruppi CM l’accoglienza che ricevo è molto fraterna, i miei giorni passano condividendo
il loro quotidiano, vissuto in realtà molto diverse. A Maputo il mio impegno
principale è a fianco di Julieta, che sta assumendo la direzione della scuola ”Nossa
Senhora das Vitorias”. Visito Alice sempre molto cara, che convive con i limiti
della sua malattia, sempre molto presente alla vita della CM, e riesce sempre a
non farci mancare i suoi dolci . Ritaglio un pomeriggio di relax con Pe. Carlos
dehoniano che mi porta ad attraversare il nuovo ponte che congiunge la città
all’altra parte della baia, e non manca un giretto in vespa con fratel Meoni. I
giorni passano mi aspetta un altro viaggio in aereo per spostarmi a Nampula,
viaggio con Helena che si
trova in visita alla sua famiglia. All’arrivo a riceverci c’e Anna Maria, e dopo alcuni giorni sono di nuovo in viaggio con lei( Super
autista) per Invinha... In questi due gruppi rivedo con piacere le sorelle
mozambicane che già sono state in
Italia, Helena, Gabriela Dalaina e Isabel e mi ritrovo anche con Bina che non
vedo da tempo. Conosco poi tutta la
schiera delle giovani in formazione e in discernimento vocazionale. Una realtà
che da speranza ma anche molto impegnativa, da accompagnare con cura, come
germogli da coltivare perche poi diano fiori e frutti se il Signore vorrà.
Oltre alla realtà CM, soprattutto al Gurue incontro le persone con cui ho
camminato insieme: il gruppo donne “Mulher vida e paz”, mi fa una festa davvero
emozionante, e non è di meno anche l’incontro con gli operai del Centro Polivalente.
Davanti a tutto questo io dico loro che la mia allegria è cominciata a Maputo
toccando terra mozambicana, è aumentata arrivando in Zambezia ma ha raggiunto
il massimo arrivando a Invinha.Dove sono passata ho incontrato
anche i padri dehoniani e diocesani di vecchi data e quindi anche con loro
viviamo l’allegria di rincontrarci e raccontarci i ricordi comuni. E’ bello
sentire che le relazioni costruite con le persone si mantengono nonostante le
distanze, e sono proprio quelle che ci rallegrano il cuore e danno leggerezza
ai nostri piccoli passi. Il ritorno La domanda che la gente che mi conosce mi
rivolge è sempre la stessa “sei tornata per rimanere?”E qui mi viene in mente
un’altra frase “resta se puoi, se è necessario parti” E si ci resterei ma… Restare
e partire dinamiche che fanno parte del camino della vita.Quindi eccomi di nuovo in
partenza, nella valigia ho messo il riso e i fagioli, dono delle donne,
coltivato nei loro campi. Il volo Johannesburg/ Monaco è lungo occorre tutta la
notte per sorvolare l’Africa. Come non pensare a chi su questa terra immensa è
in cammino, fuggendo da situazioni invivibili e rischiando la vita per
raggiungere un'altra terra che li accolga, e a chi come me dopo tutta
l’accoglienza ricevuta percorre questo stesso cammino comodamente in aereo per
arrivare dove loro non saranno certo i benvenuti, anzi troveranno muri, rifiuti
e addirittura porti chiusi.A Monaco di Baviera i controlli
sono serrati e non riesco a prendere l’aereo previsto, devo attendere altre
ore, in compenso l’aereo successivo parte a mezzogiorno e visto che è una
giornata limpida e serena godo lo spettacolo delle Alpi innevate, si sono in
Europa, in Italia, all’aeroporto Paola mi aspetta, si sono a Bologna.

tempo di ascolto
Carissime/i,
ho pensato di iniziare questa lettera
con una introduzione che ci interpella e ci chiama ad aprire il cuore.
“Chiediamo
anche noi la grazia di un cuore docile all’ascolto. Vorrei dire ai giovani, a nome di tutti noi adulti: scusateci se spesso
non vi abbiamo dato ascolto; se, anziché aprirvi il cuore, vi abbiamo riempito
le orecchie. Come Chiesa di Gesù desideriamo metterci in vostro ascolto con
amore, certi di due cose: che la vostra vita è preziosa per Dio, perché Dio è
giovane e ama i giovani; e che la vostra vita è preziosa anche per noi, anzi
necessaria per andare avanti” (Omelia conclusiva Sinodo Giovani – 28-10-18 Papa
Francesco).
Siamo coinvolte/i in questo nuovo
atteggiamento di ascolto non solo dei giovani ma anche di tutte le persone che
ci circondano. Ci sentiamo in cammino e riconosciamo che abbiamo bisogno di
aprirci ad un ascolto più attento e disponibile all’altro/a.
Riconosciamo che la riflessione
ecclesiale in atto ci porta ad una conversione sempre più attenta e ci consegna
una modalità da vivere con un atteggiamento aperto al confronto sincero con la
Parola: “Infatti la parola di Dio è viva,
efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al
punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle
midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che
possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui
al quale noi dobbiamo rendere conto” (Eb 4,12-13). Non solo: ci chiede anche un serio
confronto con gli altri e le altre in un clima di apertura creativa. Questo non è facile nel concreto
delle nostre relazioni ma ci sentiamo chiamate a realizzare il Vangelo
dell’ascolto per cogliere ciò che il Signore, nella sua misericordia, ci
concede di sperimentare di bene, di bello e di buono.
Penso che ciascuna ed in tutti i gruppi CM si stia riflettendo e portando avanti il
dialogo sul lavoro in preparazione alla nostra Assemblea 2019. Un lavoro che ci
impegna prima di tutto a livello personale per poi convergere e confrontare nel
gruppo quanto lo Spirito ci suggerisce per il bene della nostra famiglia, della
chiesa e del mondo. Chiedo questo impegno a ciascuna perché ognuna di noi è
portatrice di qualcosa di importante per il bene della CM.
Questo ultimo numero di Vinculum vi giunge
tra il mese di ottobre dedicato alla missionarietà e l’approssimarsi dell’Avvento
e del Natale. Camminare nella fede ci chiede, di essere dinamiche e flessibili,
per cogliere le nuove sfide e le nuove possibilità, che la vita e la Parola di
ogni giorno ci indicano attraverso un serio discernimento delle nostre scelte
personali e di CM.
Colgo l’occasione per augurarvi di
vivere il prossimo tempo di Avvento in
atteggiamento di ascolto. Maria è
diventata la Madre di Dio perché ha vissuto il suo “si” con l’ apertura
continua ai passaggi di Dio nella sua vita.
Con questa disponibilità del cuore che sa
cogliere ogni occasione di bene e sa valorizzare ogni incontro e soprattutto
l’incontro con Colui che viene nel mistero di Gesù piccolo e povero, vivo in
mezzo a noi e nelle nostre persone sempre bisognose di Lui e dell’amore comprensivo
degli altri/e
Mi affido alle vostre preghiere
per la mia prossima visita in Guinea
Bissau. Che il Signore mi e ci doni di ascoltare con il cuore sempre.
In
comunione.
Martina
