Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
All'istituto appartengono missionarie e familiares
Le
missionarie sono donne consacrate mediante i voti di povertà castità, obbedienza, ma loro abbandonate la loro condizione di membri la povertà di Dio. Vivono in gruppi di vita fraterna o nella famiglia di origine o da sole.
News
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14 / 05 / 2021
SOLENNITA\' DEL SACRO CUORE DI GESU\'
Venerdì 11 giugno 2021...

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14 / 05 / 2021
SOLENIDADE DO SAGRADO CORAÇÃO DE JESUS
Sexta-feira 11 de junho de 2021...

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14 / 05 / 2021
SOLEMNIDAD DEL SAGRADO CORAZÓN DE JESÚS
Viernes 11 de junio de 2021...

l'amore infinito di dio
«E io, quando sarò innalzato da
terra, attirerò tutti a me»
(Gv 12,32)
Carissimi/e,
siamo immersi gioiosamente nel tempo pasquale continuando
a tenere fisso lo sguardo su Gesù autore e perfezionatore della fede. La gioia
del Risorto vivente in mezzo a noi ci comunica la speranza che non delude e che
si manifesta nella preghiera e dell’incontro con gli altri con i quali
condividiamo il cammino della vita. La prova e le situazioni difficili non
possono rubarci questa gioia profonda che scaturisce dalla certezza che il
Signore della vita è con noi sempre.
Stiamo vivendo anche gli ultimi mesi che ci separano
dalla nostra IX Assemblea Ordinaria CM che celebreremo dal 19 al 28 luglio
prossimi. Un tempo prezioso per prepararci a questo evento che richiede di
ripensare il cammino della nostra famiglia nel contesto attuale. Si intensifica
la preghiera ed il confronto/dialogo tra noi perché possiamo vivere questo
avvenimento con il cuore e la mente aperte/i alle sorprese di Dio, ai suoi
disegni di amore e di misericordia.
La prossima solennità del Sacro Cuore di Gesù centro e
apice della nostra spiritualità ci chiede di continuare ad accogliere l’amore
infinito di Dio nelle nostre vite per essere accoglienti e misericordiose tra
di noi e con tutti coloro che fanno parte del nostro quotidiano. E’ Lui che ci
attira a sé e ci fa sperimentare il dono prezioso di un cuore che sa ascoltare
la sua voce, sentire e vivere immersi nella sua misericordia infinita.
Riconosciamo che le nostre scelte necessitano sempre di un discernimento autentico e che non sempre siamo
pronte a riconoscere i nostri peccati e limiti, ma possiamo avere fiducia
che, ricominciare con il perdono
reciproco ed il perdono di Dio è sempre possibile.
Siamo anche immersi nel nostro tempo e nelle
contraddizioni ed ambiguità che ci interrogano e ci pongono dubbi. Li viviamo
con le tante persone che incrociamo sulle nostre strade e riconosciamo che il
bene è sempre nascosto e presente anche se non evidente. E qui dobbiamo avere
un occhio speciale per vedere al di là delle apparenze sia nel bene che nel
male. Vedere in profondità è un dono che possiamo chiedere al Signore perché i
nostri rapporti siano davvero più attenti e conformi alla sua volontà. Il grano buono e la zizzania convivono in noi e ci chiamano continuamente a
verificare con onestà la nostra vita davanti al Signore.
Continuiamo a lavorare su noi stesse perché siamo
chiamate alla santità, come ci indica P. Albino e Papa Francesco. Continuo
a vederli vicini nel richiamarci a
vivere, realisticamente ed autenticamente, la nostra vocazione. Il cammino è
lungo ed entusiasmante perché ci manteniamo dinamiche e sempre vigilanti
nell’attesa perseverante di Colui che ci attira a sé con il suo dono senza
limiti.
In comunione.
Martina

la grazia delle origini
“La nostra
spiritualità scaturisce dalla contemplazione di Cristo nel mistero del suo
Cuore trafitto (cfr. Gv. 19,37), segno di amore totale per il Padre e per gli
uomini, sorgente di vita ecclesiale, strumento di universale redenzione” (Statuto
CM n. 5).
“…Fa o Signore, che
il nostro impegno nel mondo non ci ostacoli nel cammino verso il tuo Figlio, ma
la sapienza… ci guidi alla comunione con il Cristo”.
Per ciascuno di noi la vita di adesione alla CM, scrive
le pagine di una storia: pagine che partono dalla grazia delle origini e si
arricchiscono di tutto quanto la Chiesa, illuminata dallo Spirito, scopre continuamente nel tesoro della sua
fede.
Ora, anche per la Compagnia Missionaria. l’impegno è
quello della strada: camminare, secondo le indicazioni che ci vengono dai “segni dei tempi”, senza però mai
dimenticare la grazia delle origini, perché questa rappresenta il servizio specifico che noi
siamo chiamati a rendere alla Chiesa. Questo è per ciascuno di noi l’ ”unico
necessario”.
Dunque, camminare, avanzare, mantenendo fede, anzi
sviluppandola maggiormente, immergendoci sempre più profondamente nel carisma
specifico che Dio ci ha affidato, nello scopo originario, caratteristico della
CM, perché in questo è riassunto il servizio che siamo chiamati a rendere alla
Chiesa. Guardiano quindi anche con profonda simpatia alla nuova stesura dello
Statuto. E’ espressione del cammino della CM in continuità con la grazia delle
origini. Abbiamo bisogno però dell’aiuto dello Spirito Santo perché: “Nessuno può dire il Signore è Gesù, se non
sotto l’azione dello Spirito” (1Cor 12,3).
E’ lo Spirito che accende nei nostri cuori il sigillo
indelebile dell’amore di Dio e dei fratelli. E’ lui che ci aiuta a penetrare
nella grazia della fede e ne abbiamo molto bisogno per illuminare il nostro
modo di pensare e di agire affinché sia secondo Dio.
Questa fede deve comandare tutta la nostra vita (1Cor
2,13-16), perché tutto quello che sentiamo, pensiamo, viviamo sia secondo il
criterio di Dio e del suo Vangelo.
Ma in
concreto:
- Dinanzi alla prove della vita, ad esempio, di qualunque
genere, come ci comportiamo? Leggevo su un cartoncino questo messaggio: “Fasciamo i nostri ostacoli di silenzio e di
preghiera”.
Di qualunque ostacolo si tratti. Ma per questo occorre molta
fede, perché significa ripetere l’atteggiamento di Cristo che, dinanzi allo
stesso Pilato, ricoperto di accuse, taceva, parla solo quando nota che il suo
silenzio avrebbe compromesso la verità: “Tu
non avresti nessun potere se non ti fosse dato dall’alto…” Ma per quanto
riguarda se stesso non dice una parola.
- Nella vita di carità che è l’essenza della nostra
fede, perché dinanzi a Dio poco importa che io partecipi alla Messa o canti il
vespro, se tutto questo non lo so calare in una profonda vita di carità.
L’apostolo Paolo, a questo proposito, ci dice: “ Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra
bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per la necessaria
edificazione, giovando a quelli che ascoltano. E non vogliate rattristare lo
Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione”
(Ef 29,30).
Contristo lo Spirito quando non
vivo nella carità.
L’apostolo passa ad indicarci le espressioni concrete di vita che sono secondo
lo stile di Dio.
“Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con
ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri,
misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi ” (Ef
4,31-32).
Ognuno di noi deve compiere il
cammino senza distaccarsi mai dalla grazia delle origini. E questa grazia è
illuminata proprio da quanto ci dice l’apostolo Paolo: “La vita che vivo nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio che
mi ha amato, e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20).
L’espressione più evocatrice
dell’amore di Cristo per il Padre e per noi è: il suo costato aperto e il
cuore ferito. “…avendo amato i suoi
che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (Gv 13,1). La manifestazione
più alta di questo amore di Cristo è proprio il cuore trafitto, cioè Cristo non
ha risparmiato veramente nulla, ha dato tutto.
La grazia delle origini, per
noi, sta proprio nella capacità di guardare a questo cuore ferito, espressione
suprema dell’amore. La grazia delle origini è tutta qui, e ogni membro CM vive
veramente in conformità a quanto Dio vuole nella misura in cui è capace di
contemplare questo cuore trafitto.
Le conseguenze
Dalla contemplazione del cuore
di Cristo nasce la riconoscenza, la lode, Dio non ci ha amato per scherzo, ha
dato veramente tutto. “Ci ha amati fino
alla fine”. Io che ho la vocazione
all’amore, devo alimentare la fiamma dell’amore proprio nella contemplazione
del cuore ferito di Cristo. Sarà proprio questa contemplazione a provocare
in noi:
*Il dono di noi stessi.
Guardando in faccia questo cuore ferito io mi arrendo in ogni aspetto del mio
essere. Mi restituisco a lui in tutto ciò che sono, perché lui mi renda
strumento di pace. Tento di ritirare il mio senso di possesso e supplico
che sia lui a possedermi e a vivere in me e attraverso me.
*Abbandono le preoccupazioni
ed affanni: cresco nella certezza che se la mia fede e la mia speranza in
lui sono vere, non vi è motivo di ansietà e tensioni.
*Abbandono tutte le difese
del mio cuore, dei miei sentimenti. IL mio cuore non ama più con il suo
proprio amore. E’ lui che ama in me”.
*L’impegno a fare qualcosa
per corrispondere a questo amore. Questo fare qualcosa una volta era inteso
come “riparazione”. Oggi ci si esprime in termini diversi, ma il contenuto è lo
stesso. Non perdiamoci in distinzioni inutili. Anzi questo fare qualcosa deve
portarci a:
a) Un impegno personale che consiste:
- nell’apertura allo Spirito
che ci guida sul cammino di Dio, proprio per vivere lo spirito di fede. E
questo spirito di fede consiste nel pensare ed amare con gli stessi sentimenti
di Cristo. Questo avverrà in noi se ci lasceremo guidare dallo Spirito. E ciò
che possiamo fare oggi non lo rimandiamo a domani. Facciamo il bene ogni volta
che ci si presenta l’occasione, non perdiamo il passaggio di Dio.
- Nella vita di unione.
La preghiera di offerta “Mio Dio ti offro la mia giornata, questo mio gesto… in
unione a Gesù per mezzo di Maria in spirito di amore”. Valorizziamo il più
possibile questo piccolo mezzo che ci può aiutare moltissimo nel nostro cammino
di amore.
- Nella vita di offerta:
“Nell’Ecce venio di Cristo e nell’Ecce ancilla di Maria è
compendiata tutta la nostra vocazione e il nostro fine, il nostro dovere, le
nostre promesse” (P. Dehon). Ora questo vale anche per tutti i membri CM.
Il cuore ferito di Cristo provoca la mia offerta quale
risposta d’amore. E quale offerta? Tutta la mia giornata come il Signore me la
offre, soprattutto i momenti difficili che ci capitano: in famiglia, in gruppo,
sul lavoro… Sono diamanti che non dovremmo sciupare mai. Cerchiamo di essere
attenti a scoprire tra le foglie morte del nostro cammino la perla preziosa
dell’offerta e dell’accettazione serena della volontà di Dio.
b) Impegno apostolico: la contemplazione del cuore
ferito dovrebbe farci diventare anche più uomini e più donne, cioè capaci di
vedere e contemplare quei tanti nostri fratelli, spesso vicini, dal cuore ferito:
ferito per le calamità naturali (terremoti), ferito dalla disoccupazione, senza
casa e con la disperazione nel cuore; fratelli feriti dalla droga,
dall’emarginazione, dalla malattia, dalla solitudine…
Io credo che se ci abituassimo a contemplare il Cristo Uomo,
ferito dalla nostra cattiveria, ci sentiremmo più invogliati ad essere uomini e
donne in senso pieno in mezzo ai fratelli che soffrono. Dunque la contemplazione del Cuore di Cristo deve
portarci ad avere espressioni di profonda umanità, di comprensione, di
solidarietà, di amore, di misericordia…
Noi vogliamo essere degli apostoli verso questi fratelli
e far capire loro che l’amore di Cristo merita qualche piccolo sforzo anche da
parte nostra. E nell’esercizio della nostra attività, apostolato, impegno,
lavoro… la preferenza nostra vada per i poveri e gli umili proprio come ha
fatto Cristo, che ha privilegiato chi era povero, ferito a causa della
malattia, del disordine, dell’ingiustizia… E
noi, per essere sulle orme di Cristo, siamo chiamati a fare altrettanto.
(Riflessione tolta dagli scritti di p. Albino)

la roccia della sorgente
Entro
nel silenzio: del corpo
(cerco una posizione in cui stare comoda, ma concentrata e ferma), della mente,
del cuore, della bocca.Prendo
consapevolezza della presenza di Dio, che vuole parlarmi e invoco lo Spirito
Santo.Leggo
attentamente il brano. Gv 7, 37-39 Alcuni
spunti per meditare.
Nell’ultimo
giorno, il grande giorno della festa - Quando
Israele, dopo 40 anni nel deserto, giunge alla Terra Promessa, cessa il dono
quotidiano della manna e il popolo comincia a mangiare i frutti della terra.
Ogni anno, in settembre, al termine della stagione dei frutti, Israele celebra
la festa delle Capanne: una settimana di festa per ricordare il viaggio nel
deserto, culminato nella Terra dove scorre latte e miele, e il miracolo
dell’acqua che Dio fece scaturire dalla roccia: l’acqua, elemento fondamentale
per la vita dell’umanità e di tutta la creazione. E proprio perché essenziale alla vita, nella
Scrittura l’acqua è simbolo dello Spirito di Dio.
«Ogni giorno della settimana delle Capanne si riempiva una coppa
d’oro, attingendo dalla piscina di Siloe, e la si portava in processione
cantando “Attingete con gioia acqua alle sorgenti della salvezza” (Is 12,3). La
folla in festa agitava il lulab (un mazzetto di rami di palma, salice e mirto e
un frutto di cedro) e entrava per la porta della fonte, cantando l’Hallel a
ricordo della liberazione d’Egitto (Salmi 113-118). Entrati nel tempio, il
sacerdote saliva all’altare e spargeva l’acqua al suolo […] L’ultimo giorno
della settimana il sommo sacerdote la versava oltre le mura di Gerusalemme, come
segno della benedizione che da Israele si riversava su tutti i popoli, secondo
la promessa fatta ad Abramo (Gen 12,3). […] Durante la festa si leggeva Ez 47,
che parla della sorgente che esce dal tempio e diventa un grande fiume di acqua
vivificante […] Il tempio era visto in relazione alla roccia che Dio spaccò,
facendo scaturire acque come dall’abisso […] si leggeva pure Zc 13, con la
promessa che in Gerusalemme sarebbe zampillata una sorgente per lavare peccato
e impurità» (FAUSTI S., Una comunità legge
il Vangelo di Giovanni I, pp. 183-184)
La sete – C’è una sete della gola e del corpo, una sete di acqua che, se non
soddisfatta, uccide. C’è una sete della mente e del cuore: sete di vita, di
conoscenza, di senso, di amore, di gioia, di pace. Anche questa sete chiede
assolutamente di essere soddisfatta, pena l’inaridimento della vita, la
disperazione, la morte interiore… che può condurre anche alla morte fisica, per
tante strade.
Per la sete del corpo, il Creatore fa sgorgare acqua dalle rocce
montuose e fa scorrere fiumi e fa piovere acqua dal cielo. Per la sete del
cuore ci offre un’altra acqua, più preziosa. Divina. Che mai asciuga, ma che
diventa sorgente gorgogliante nella vita stessa di chi se ne disseta.
Dal suo grembo
sgorgheranno fiumi - Nel giorno della grande festa, mentre il
popolo va al Tempio a ricevere l’acqua, perché secondo la profezia di
Ezechiele, l’acqua sgorga dal Tempio di Dio che è in Gerusalemme, Gesù si
rivela come il nuovo Tempio. Già alla donna di Samaria aveva detto che ormai non
è più il tempio di Gerusalemme o il monte Garizim il luogo dove adorare Dio,
perché Dio vuole essere adorato in Spirito e Verità. Gesù è la Verità. Lui è il
vero, unico e indistruttibile Tempio, non costruito in 46 anni, ma distrutto
dagli uomini e risorto il terzo giorno.
La condizione per riconoscere il vero tempio, la vera roccia da
cui sgorga l’acqua che disseta in eterno è la fede. Chi crede è chiamato e
invitato da Gesù a bere da lui, dal suo grembo, dal suo Cuore. Sulla croce quel
Cuore sarà aperto dalla lancia del soldato e ne sgorgheranno sangue e acqua. La
nuova roccia da cui sgorgherà la sorgente della vita è il Cuore di Cristo
Crocifisso.
Ma, ascoltando attentamente ciò che Gesù grida, ci accorgiamo che,
forse, il grembo-cuore di cui Egli parla non è solo il suo Cuore. Forse ci sta
gridando che il cuore stesso di chi crede e beve da Lui diventa sorgente da cui
sgorgano fiumi di acqua viva. Aveva detto la stessa cosa alla donna di Samaria.
Gesù, ritto in piedi, grida. Ci fa davvero
sussultare questo grido. È il grido dell’Amore. Il grido di chi conosce la
nostra sete e la facilità con cui ci lasciamo distrarre e incantare da false
fontane o da cisterne screpolate da cui raccogliere solo un po’ di fango.
L’Amore grida, perché lui ha ciò di cui abbiamo disperato bisogno per non
morire… di nulla. Grida perché vuole assolutamente che quei fiumi che sgorgano
dal suo Cuore, anche attraverso chi crede e beve, si moltiplichino e diffondano
a dissetare e salvare il mondo intero.
Lo Spirito Santo
– Cristo è la roccia. Lo Spirito è
l’acqua. I discepoli che ascoltano il grido di Gesù nel giorno della festa,
non possono ancora comprenderlo a pieno. Lo comprenderanno quando Egli sarà
glorificato, cioè quando si rivelerà pienamente sulla Croce. Cristo Crocifisso
è la gloria di Dio. È la rivelazione piena e insuperabile di Dio che è Amore. È
la rivelazione piena e insuperabile del senso e della
sete della vita umana. Da Lui sgorgherà la vera acqua, quella che sola può
dissetarci, che può rigenerarci alla vita piena, la vita divina. Lo Spirito
Santo. Il Dono. Per offrirci questo Dono, questa Acqua, Gesù sacrifica se
stesso sulla croce. Lo Spirito che lo ha generato come uomo nel grembo di
Maria, lo Spirito che riposa su di Lui dal momento del battesimo al Giordano,
lo Spirito che lo unisce indissolubilmente al Padre per l’eternità, lo Spirito
che respira nel suo Cuore e che dà potenza di vita alla sua Parola e gli ha
fatto operare meraviglie, quello Spirito sgorga dal suo grembo. Quello Spirito
ci dona per sempre, perché tutto ciò che l’Amore ha operato in Lui, avvenga
anche in noi. E come Gesù, anche noi possiamo diventare fontane che dissetano
l’umanità assetata di vita.
Ma solo se ci avvicineremo al Crocifisso, l’Umiliato, l’Assetato,
dal Cuore trafitto, e lo contempleremo con gli occhi e il cuore colmi di fede,
potremo “riconoscerlo” come Dio Amore, unica sorgente di vita. E saremo
dissetati di Spirito Santo.
FRANCESCO VANNI, Santa Caterina da Siena beve il sangue dal costato di
Cristo, 1594

alcune notizie da porto
Prima di parlare
di qualche piccolo avvenimento del nostro gruppo, mi piacerebbe presentarlo per
lo meno nella forma esteriore, già che è difficile esprimere tutto ciò che è e
ciò che vive ogni una persona.
Il
nostro è un gruppo misto: due elementi di vita fraterna e undici di vita in
famiglia o da sole. Sono convinta della positività e della ricchezza che sempre
hanno costituito le differenti modalità di appartenenza, nell’istituto; questo
è una caratteristica che fa parte del DNA della CM e nonostante i cambiamenti
numerici dell’uno o dell’altro elemento nel decorrere del tempo, è importante
averlo come orizzonte per non perdere qualcosa di essenziale. In questo momento
la vita fraterna all’interno del gruppo è diminuita, ma continua ad essere un
“segno” e anche più che un segno, è la possibilità di fare della casa del
gruppo un luogo di incontro e di accoglienza.
Parliamo del gruppo di Porto, ma è
importante notare che il gruppo ha un membro a Lisbona (che dista 317 km dalla
città di Porto) e un altro in Penamacor, provincia di Castelo Branco (a 261 km dalla sede del gruppo). Gli altri
membri, pur non vivendo nella città sono a una distanza tra i 10 e i 40 km.
Il ritmo degli incontri è mensile: ci
incontriamo nel secondo fine settimana del mese. Gli arrivi cominciano
normalmente il venerdì sera e quasi sempre qualcuno rimane fino al lunedì
mattina, questo proporziona un buon tempo di incontro e di vita insieme.
Notizie, programmazione, riflessione, liturgia, preghiera e convivialità sono
gli aspetti che riempiono i due giorni di incontro. Il gruppo sta sempre al
completo tranne se c’è qualche ragione di forza maggiore.
Gli incontri del
mese di marzo
“Un anno non
consiste solo nelle sue stagioni, non si definisce solo in funzione del ciclo
che comincia con la primavera, con i prati verdi e la tosatura delle pecore
passando dal calore bruciante dell’estate e il tempo del raccolto, le prime
piogge e le nuove semine per finire con la neve e la gelata notturna alle quali
seguirà, ancora una volta, il tono rosato del fiore di tamerice. No, tutto
questo non è che la cornice della definizione dell’anno; un anno è in verità una immensa filigrana di vita e di avvenimenti
intrecciati, un oceano al quale andiamo a bere.”(Thomas Mann Giuseppe e i suoi fratelli).
Ho
trovato suggestivo cominciare a parlare degli incontri del mese di marzo con
questa bellissima citazione di Thomas Mann. In verità un anno è una immensa
filigrana di vita, una immensa filigrana di avvenimenti intrecciati, un oceano
al quale andiamo a bere. Penso che il corso di formazione permanente realizzato
dal 2 al 5 marzo, è stato uno di questi avvenimenti che anche nella sua
discrezione e semplicità, ha fatto crescere il tale oceano al quale possiamo
andare a bere.
Il
programma era semplice: leggere e riflettere insieme (in due gruppi), il
documento ”vino nuovo in otri nuovi” ci eravamo dati due percorsi di lettura:
Che cosa troviamo
di più importante
nel documento e che cosa questo implica per noi CM: tempo permettendo avremmo
potuto prendere anche il testo “le nostre assemblee” per rileggerlo, ma il
tempo non è bastato; è rimasto l’invito di rivederlo singolarmente. Perciò
questa volta non c’era nessun conferenziere. E’ da far notare che ci è piaciuto
lavorare in gruppi, forse perché essendo un gruppo numeroso, non lascia molto
tempo per ciascuna di noi parlare ed esprimersi. Nelle sere di sabato e
domenica abbiamo visto due film. Domenica, lunedì e martedì abbiamo avuto anche
la celebrazione della Eucaristia. A celebrare è venuto, Domenica il vescovo
dimissionario di Porto Joao Miranda nostro amico di lunga data; il lunedì un
giovane padre dehoniano, ordinato l’anno scorso e che già avevamo invitato da
molto, aspettando solo il momento opportuno per concretizzare l’invito e il
martedì un padre diocesano amico di alcune del gruppo. E’ anche questo un
momento per concretizzare ed esprimere quella convivialità , caratteristica che
ci piacerebbe mantenere nel gruppo ma che il ritmo della vita e le nostre forze
non sempre ci permettono di realizzarla nella intensità desiderata.
Per
non moltiplicare le date, avevamo deciso di fare il pellegrinaggio in
preparazione all’assemblea, nello stesso periodo. Per questo avevamo scelto un
santuario vicino: Il Monte della Vergine, in una collina della città di Gaia
che è situata dall’altro lato del fiume Douro, di fronte a Porto. Il giorno
scelto era stato il lunedì nel pomeriggio. In questo giorno era venuto a celebrare
il padre Nuno, Dehoniano delle Azorre, che vive nella comunità di Coimbra.
Siamo andate con i mezzi pubblici e l’ultima parte in salita l’abbiamo fatta a
piedi. In cima, nel piccolo eremo abbiamo recitato il rosario, fatto alcune
fotografie e già è arrivato il momento di tornare a casa. E’ stato bello anche
perché il p. Nuno è riuscito a venire con noi; un momento per concretizzare ed
esprimere la Famiglia Dehoniana che vogliamo costruire.
Nel
programmare questi giorni avevamo messo come obiettivo: Tentare di vivere questi giorni con impegno e relax e penso di
esserci riuscite. Il gruppo era presente quasi nella totalità, mancava solo una
per problemi di salute. Come ho detto prima siamo un gruppo numeroso, il che
vuol dire anche esigenza di organizzazione e di lavoro, soprattutto quando sono
molti giorni e ci sono anche altri ospiti. Penso comunque che il clima è stato
di tranquillità e addirittura condito da una certa dolcezza. Ci sentiamo nella
nostra casa, una casa ampia, bella e luminosa che ci piace godere e ci
piacerebbe trasformarla sempre più in centro di convergenza dentro e fuori
della CM.
La festa delle Famiglie
Avremmo
potuto chiamarla la festa dell’ ”Eccomi”, ma quest’anno avevamo pensato di
riattivare un’antica tradizione degli inizi del gruppo di Porto, che era la
festa dei genitori. Nell’invito dicevamo così: “Una volta come Compagnia Missionaria facevamo la festa dei genitori. Era un momento bello, d’incontro, di
conoscenza, dove s’intrecciavano legami di affetto e di comunione. Dopo i
genitori quasi tutti sono andati alla casa del Padre… e si lasciò di fare la
festa. Quest’anno vorremmo, per così dire, riproporla, già non con i genitori,
ma con le nostre famiglie – fratelli, sorelle, nipoti cognatie- allargando
anche ai nostri amici e amiche.”
Quando
progettavamo queste cose, con l’entusiasmo si mischiava un certo timore. Come
organizzare? Saranno molte le persone che aderiranno? Saremo capaci di
accogliere e di proporre qualcosa d’importante. Invitarli solo per il
pomeriggio o per tutto il giorno? Con quest’ultima ipotesi era da preparare il
pranzo. Dopo uno scambio di opinioni
vinse l’idea del giorno pieno. Noi offrirci di preparare una minestra calda e
le persone portare qualcosa da mettere in comune.
Justina,
Gloria e Teresa Castro hanno il compito di preparare il tema da presentare ai
più giovani; Lùcia e Laura per i più attempati. I più giovani nella biblioteca,
gli altri nel salone. Amelia e Margherita hanno la logistica: preparare la
minestra, ricevere ciò che le persone portano, preparare i tavoli, sistemare le
stoviglie, ciò che hanno fatto con l’aiuto di una o dell’altra persona
presente.
La lista di iscrizione era arrivata a più
di 50 persone, ma dopo con gli imprevisti siamo arrivati in realtà a 40.
Comunque si è formato un bel gruppo, molto vario e possiamo dire che è stato un
successo.
Padre
Antonio Loureiro, superiore del Seminario P.Dehon, sito nei dintorni di Porto.
Per l’animazione liturgica è venuto ad aiutarci il nostro amico, Joaquim
Marçal, professore di musica e che per tutto l’anno, quando ci riuniamo viene
ad aiutarci a preparare la liturgia del giorno successivo. Cosi abbiamo cercato
di coinvolgere i partecipanti alla liturgia scegliendo tra di loro i lettori, i
partecipanti alla processione offertoriale e alla preghiera dei fedeli,
Dopo
la celebrazione eucaristica delle 15.30 abbiamo fatto merenda e festeggiato il
professore Marçal che compiva gli anni il giorno dopo. Poi i saluti, anche
perché c’era chi era venuto da Coimbra e dai dintorni di Guimarães e era necessario tornare a casa con
tranquillità.
Non
contando la festa di inaugurazione della casa e del cinquantesimo, questa è
stata la convocazione più numerosa in questa casa; non vi nascondo che avevo un
certo timore, ma devo dire che, sorvolando alcuni particolari(che cercheremo di
prendere in considerazione la prossima volta) tutto è andato abbastanza bene.
In Marzo (come festa dell’Eccomi) o in giugno (In occasione della festa del
sacro cuore)? Ancora non sappiamo, ma a suo tempo faremo discernimento e penso
che questa sarà una festa a cui dare continuità.
Io
sempre difendo l’idea che dove la CM stà radicata, è bene che ci sia uno spazio
grande o piccolo che possa essere considerato un Centro CM. Non vogliamo togliere il risalto che diamo alla casa di
Via Guidotti, ma proprio perché sentiamo l’importanza che lei ha, desideriamo
che ci siano altri spazi, sparsi nel corpo dell’istituto, che siano punto di
convergenza, di irradiazione, di radicamento storico nel corpo della CM. Penso
che la casa di Porto è uno di questi Centri
CM carico di una storia che è importante conoscere. Mi piace finire ancora
con una citazione di Tomas Mann, nello stupendo romanzo sopracitato,Dice
parlando di Giacobbe e delle sue avventure: “…
le storie che viviamo in un determinato luogo sono come radici che affondiamo
nel terreno di questo mondo.” Anche in questo spazio abbiamo vissuto molte
storie: storie belle e storie dolorose, ma sono tutte storie che danno
sicurezza e consistenza alla nostra vita, perché si inseriscono in una vita più
ampia e più profonda, la propria storia di salvezza di Dio. E per questo che
lancio un appello e un invito: venite a conoscere questo centro CM, venite ad arricchirlo con la vostra presenza e le vostre
storie.

trasparenza e libertà
Intervista a Maria da Gloria Neto
Uno
sguardo alla tua vita: presentati... la tua famiglia… le tue prime
esperienze... l’ambiente portoghese dove hai vissuto… il tuo primo lavoro…ecc.
Sono nata in un piccolo
paese di campagna, nel comune di Santo Tirso appartenente alla città di Porto
(Portogallo). Sono cresciuta in una famiglia abbastanza povera, che riusciva ad
alimentarsi, curarsi e vestirsi attraverso il piccolo salario di mio papà, però
questo ci aiutava a vivere. Ero la più grande dei miei fratelli perciò dovevo
aiutarli e inoltre dovevo anche aiutare nei lavori di casa. Ho imparato a
leggere e scrivere le prime parole in una piccolissima scuola di paese, seguita
da un’eccellente e giovane maestra. Dopo avere terminato le scuole elementari,
sono entrata immediatamente, con appena dodici anni, nel mondo del lavoro. Ho
ripreso a studiare solamente quindici anni dopo! Come già detto, con appena
dodici anni ho cominciato a lavorare in una fabbrica dove si confezionavano
camicie da uomo. Il mio compito era quello di chiudere i bottoni alle camicie.
Un lavoro molto facile e adatto ad una bambina, ma che procurava ferite alle
dita. Nonostante questo era un tipo di lavoro che mi piaceva molto. Mi sentivo
bene. Ero orgogliosa di potere in questa maniera aiutare la mia famiglia. Mi
faceva provare il gusto della condivisione. Il mio primo salario era di
“diciassette scudi e cinquanta centesimi” che oggi in euro corrisponderebbero
a otto centesimi!
Tutto questo mi faceva
sentire felice perché facevo parte del mondo del lavoro, il mondo degli adulti.
Mi ha aiutato a crescere nella maturità umana e a sentirmi responsabile di
tutto quello che facevo.
La tua
vocazione: come è nata? Perché nella Compagnia Missionaria? Ricordi persone
significative o fatti che ti hanno aiutata a fare questa scelta?
La mia vocazione è nata in maniera molto
delicata, soave...avevo appena quattordici anni, ero molto giovane, quando ho
cominciato a partecipare alle attività nella mia parrocchia come catechista e a
leggere la parola di Dio..
Ho sempre avuto una buona vita di preghiera,
mi piaceva leggere e meditare la Parola di Dio. Con frequenza mi ritrovavo a
riflettere e a interrogarmi su quale poteva essere il cammino della mia vita.
Nonostante questi interrogativi, ho avuto e vissuto la mia gioventù come
qualsiasi
giovane del mio tempo, innamorandomi,
partecipando a feste, lavorando...
A un certo momento mi è capitato di leggere
con “occhi nuovi”il secondo capitolo del Vangelo di Giovanni: “Le nozze di
Cana”dove Maria rivolgendosi ai discepoli di suo Figlio raccomanda loro di:”fare quello che Lui gli dirà”. In quel
momento anch’io feci a me stessa in maniera più incisiva la stessa domanda :
che cosa Gesù mi sta dicendo? Che cosa vuole da me?
Pensai di farmi suora Benedettina di
clausura, ma molto presto scoprii che non era lì che il Signore mi chiamava. Il
mio posto era quello di rimanere nel mondo. Sì volevo qualcosa di simile, ma
ancora non sapevo dove e come.
Un
giorno, il mio parroco Padre Mario, professore nella scuola media a Paços de
Ferreira (collega di Serafina) invitò la missionaria CM a fare un incontro con alcune ragazze catechiste della
parrocchia. Serafina accettò, eravamo in poche: solo quattro ragazze. Dopo
questo incontro si programmò una “tre
giorni” nella casa della Compagnia Missionaria di Rua Miguel Bombarda a
Porto. A questo incontro partecipai io e Justina, anche lei ora missionaria
della CM. E’ stato in questo incontro che per la prima volta ho conosciuto la
Compagnia Missionaria. Pur non avendo capito bene cosa voleva dire Istituto
Secolare e vocazione secolare l’esperienza rimase nel mio cuore. Dopo circa
quattro anni, cercando dentro di me di chiarire cosa fare della mia vita, mi
arrivò un altro invito aspettato da tempo: partecipare ad un ritiro organizzato
dalla Compagnia Missionaria. Era quello che aspettavo! Ricordo che questo
incontro aveva la finalità di rivedere lo Statuto dell’Istituto: partecipai in
silenzio. Però è stato un momento molto importante perché fu proprio in questo
incontro che capii che questo era il luogo dove volevo e desideravo realizzare
la mia vita.
La Compagnia Missionaria fin dal primo
momento in cui l’ho conosciuta mi ha lasciata libera di vedere, sentire,
provare se veramente questo era il posto che desideravo, e libera anche di non
continuare, nel caso capissi che questa scelta non era per me. E’ stata proprio
questa trasparenza e libertà che mi ha permesso di comprendere veramente che
era qui il mio posto! Dei tanti Istituti che ho conosciuto credo che la mia
carissima Compagnia Missionaria sia l’Istituto che ti lascia libera nel
prendere decisioni. Per questo l’amo!
A un
certo punto hai deciso di partire per il Mozambico: perché? Racconta… Il
ritorno… E’ stato faticoso l’inserimento? Paure, dubbi, gioie…?
Ho sempre desiderato partire per l’Africa,
precisamente per il Mozambico. Non so esattamente spiegare il perché; era un
qualcosa di profondo che sbocciava nel mio cuore. Sentivo dentro di me il
desiderio di condividere il Vangelo con altri fratelli nella fede. Dopo gli
anni di formazione sono partita con gioia. Non sapevo ciò che mi aspettava, ma
avevo la certezza che avrei incontrato qualcosa di nuovo che mi avrebbe dato
cento volte di più di quanto potevo offrire.
La separazione dalla famiglia è stata una
vera sofferenza, però il desiderio di partire, superava tutto. E’ stato
veramente un vero dolore per i miei genitori e mi mettevano in discussione
dicendo: perché tu e non altre? Io non rispondevo loro, rimanevo in silenzio.
Lasciavo il posto a Dio.
La Compagnia Missionaria in Mozambico mi
accolse con una grande tenerezza, mi sentii subito in casa, nel mio paese.
Ricordo con gioia il modo con cui sono stata accolta dal gruppo di Maputo
allora composto da: Anna Maria, Giannina, Elvira, Isabel, Emilia e Alice.
Dopo ho condiviso il mio cammino con Edvige,
una gioia offertami da Dio, una persona che mi ha molto aiutato, perché in
seguito abbiamo vissuto insieme. Anche Gina, Santana, Mariolina e Irene, sono
state altre gioie per il mio cammino...e tante altre.
Il Mozambico è stato una terra di calore
umano, di vita, amore e passione. Un tempo fecondo in tutti i sensi. Il mio
inserimento è stato molto semplice e naturale. Non ho avuto grande difficoltà,
sono stata abbastanza serena. La maggior difficoltà l’ho sentita quando da
Quelimane abbiamo dovuto
trasferirci al Gurue, ma è stata una difficoltà passeggera. E’ stato un tempo
d’oro. In Mozambico ho lavorato la maggior parte del tempo in una scuola dei
padri dehoniani al Gurue, e in attività parrocchiali. Ambedue spazi di crescita
umana e spirituale, come pure la permanenza di un anno in Quelimane, città che
è rimasta nel mio cuore.
Sono poi rientrata in Portogallo dopo tre
anni per problemi di salute. Pur piacendomi il clima questo però, non era
favorevole per la mia bronchite.
La tua
vita oggi: lavoro... inserimento nell’ambiente, nella parrocchia. Come vivi il
tuo quotidiano, la tua appartenenza a un Istituto Secolare?
Attualmente la mia vita ha questa
impostazione.
La mia professione è quella di cuciniera in
un Centro Sociale della parrocchia di Sanfins de Ferreira che si trova a un
chilometro da casa, per cui posso fare ogni giorno una bella camminata a piedi.
E’ un centro diurno che accoglie persone
anziane e gestisce anche un asilo nido per bambini da zero a tre anni e dà un sostegno a casi domiciliari. In tutto sono circa un centinaio di
persone che vengono assistite. Lavoro in queste attività da dieci anni.
Condivido questo lavoro con sedici colleghe tutte sposate.
In parrocchia collaboro nella pastorale con
l’annuncio della Parola di Dio, attraverso la catechesi agli adolescenti e
giovani, visito gli ammalati, leggo la parola di Dio nelle varie liturgie e
cerco di essere una testimonianza viva con la mia vita.
Vivo con la mia famiglia formata da mia madre
che ha 78 anni, un fratello di 47 anni e un giovane nipote. Partecipo
pienamente della vita famigliare in tutte le varie situazioni diarie: piccoli
gesti, condivisione dei problemi di malattia, momenti di allegria, difficoltà e sofferenze. Di tutto faccio una
preghiera continua. Tutto quello che faccio è vita della Compagnia Missionaria,
perché io sono Compagnia Missionaria e questa è la mia vita.
Cerco di rispondere alle necessità
dell’Istituto con quello che ho e posso, sia nella gioia che nella sofferenza.
Sento che la CM è il centro della mia vita, è stato per mezzo di questa
famiglia che mi sono avvicinata di più a Dio. Molto di quanto sono oggi lo devo
alla Compagnia Missionaria. Sento che la mia vita scorre con serenità e pace,
dono il tempo necessario a ogni cosa, senza dimenticare in tutto questo di
trovare anche il tempo per un meritato riposo.
Dove
trovi la forza per continuare questa tua missione?
La forza sgorga dalla Contemplazione del
Cuore trafitto di Gesù, dalla Compagnia Missionaria, dalla vita sacramentale,
dalla preghiera e amicizia.
Anche
la tua vita è un intreccio di avventure … con una parola come la definiresti?
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