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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
Compagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia Missionaria
Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
 La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
  • 14 / 05 / 2021
    SOLENNITA\' DEL SACRO CUORE DI GESU\'
    Venerdì 11 giugno 2021... Continua
  • 14 / 05 / 2021
    SOLENIDADE DO SAGRADO CORAÇÃO DE JESUS
    Sexta-feira 11 de junho de 2021... Continua
  • 14 / 05 / 2021
    SOLEMNIDAD DEL SAGRADO CORAZÓN DE JESÚS
    Viernes 11 de junio de 2021... Continua
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tempo e umiltà per pregare
 
Era l’ anno 1970 quando p. Albino ebbe l’idea di scrivere alcune  riflessioni sullo Statuto della Compagnia Missionaria del S. Cuore. Un impegno che continuò per alcuni anni e che aiutò l’ Istituto a dare solidità e concretezza al suo cammino. Penso di mettermi in contatto con voi, quest’anno, anche a mezzo di questo foglio. Vi arriverà senza uno stretto impegno di periodicità: ogni volta che mi sarà possibile, cogliendo i momenti di particolare disponibilità a Dio e approfittando dei ritagli di tempo, tra un’opera e l’altra di apostolato. Il numero 1 dello Statuto ci offre, a mio parere, una panoramica completa della nostra Famiglia. Nata piccola, come un tenero germoglio, lentamente la Provvidenza ha introdotto, la nostra Famiglia, su nuove strade di progresso di testimonianza mai pensate prima. “La Compagnia Missionaria del Sacro Cuore è un Istituto secolare di diritto pontificio che trova nella spiritualità d’ amore e di oblazione, colta dalla Sacra Scrittura ed espressa in modo culminante dal mistero del Cuore trafitto di Cristo, l’alimento della sua vita interiore e della sua missione…”. Canto di riconoscenza Un grazie sincero al buon Dio. Riconosciamo che la sua mano ci ha condotti ben oltre i nostri meriti e le nostre capacità. Un grazie altrettanto caldo di affetto e di riconoscenza alla Madonna. Ha fatto, con evidente impegno, la parte di direttrice. Ma è più esatto dire: la sua parte di madre. Non trascuriamo di invocarla così, come abbiamo cominciato ad invocarla sul nascere della nostra Famiglia: “O Maria, madre, guida e custode della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore, prega per noi!” Possiamo proseguire tranquilli il nostro cammino se ci accompagna, per ogni passo, la preghiera e la benevolenza di Maria. Un grazie vivissimo anche a tutti voi che, nel corso di questi anni, avete dato un contributo così generoso di pensiero e di opere per l’affermazione materiale e per lo sviluppo della nostra Famiglia. Ma questo forse è il meno, perché molte volte la vostra parola e il vostro esempio mi sono stati luce allo spirito per tracciare con più concretezza e con più evidenza le linee del nostro servizio a Dio e ai fratelli. Manteniamoci in questa affettuosa ed operosa “comunione”. È l’amore e l’interesse di Cristo che ci ha riuniti e che ci mantiene solidali nel lavoro, nella preghiera e nella speranza, Cristo sarà con noi e costruirà con noi. “Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (cfr. Matteo 18,20). Una realtà: l’amore e l’imitazione di Gesù si stabiliscono nelle abitudini della nostra vita soprattutto con la preghiera. La preghiera comunitaria e liturgica presuppone la preghiera personale e in essa trova alimento e contenuto. È indispensabile, dunque, che anche noi e i giovani che incontriamo siano avviati con coraggio alla contemplazione che è preghiera necessaria ad ogni vita cristiana e tanto più all’anima consacrata per la quale costituisce l’atteggiamento tipico della sua verginità. Non si dimentichi tuttavia che unico maestro nella vita di preghiera è lo Spirito Santo, il quale si nasconde ai superbi e si rivela ai piccoli e solo a questi si concede come spirito di filiazione, nel quale gridiamo: Abba, Padre. Accanto allo Spirito, un compito misterioso e irrinunciabile spetta a Maria. La sua presenza silenziosa e materna ci aiuterà a conservare la “semplicità dei più piccoli del vangelo”, ci difenderà dal pericolo di entrare nel numero di quei saggi e abili che non capiscono le cose del Regno, ci farà veramente poveri, miti, affamati di santità, misericordiosi, puri di cuore, quelli ai quali, concederà la pace di Dio. È importante trovare tempo e umiltà di pregare. Se la preghiera ha tanto valore, se è, in definitiva, la strada necessaria per incontrare Cristo ecco alcune riflessioni su questo tema scaturite da Marco 1, 29-39. Un autore dei nostri giorni, proprio su questo brano evangelico, ha detto: “Gesù fa i primi passi del suo ministero: insegna e guarisce con un successo tale che potrebbe oscurare il significato della sua missione. Per questo egli si riserva uno spazio di tempo per mettersi in contatto con la volontà del Padre nella preghiera e nel ritiro. Questa volontà non muta le sue linee direttive: Gesù deve andare verso il più gran numero possibile di uomini. Così Gesù lascia i suoi concittadini per percorrere tutta la Galilea”. Se qualche volta rileviamo degli sbandamenti nella nostra vita, ci sentiamo irrealizzati e irrequieti; non sarà perché interessi, vedute nostre, il gioco delle circostanze ci hanno portato fuori dalla strada che Dio aveva tracciato per noi? Forse perché non abbiamo saputo trovare il tempo e l’umiltà per metterci in ascolto di lui, per pregare. Statuto n. 18 e n. 68 “Ci lasceremo guidare da Maria perché ovunque ci troviamo e lavoriamo, possiamo essere testimoni credibili della missione salvifica di Cristo… Uno spazio di tempo vissuto in comunione con Maria per esprimere il nostro amore e rinnovarle la nostra consacrazione…”. Maria è modello di quell’amore materno di cui devono essere animati quanti, nella missione apostolica della Chiesa cooperano alla rigenerazione degli uomini” (L.G. n° 65). Aggiungerei una parola sulla recita del Rosario. È una preghiera antica, ma sempre nuova. Quando lo si recita pare essere trasportati ed elevati a meditare, con l’aiuto di Maria, i misteri della vita di Gesù che disse: ”Quello che ho fatto io fatelo anche voi”. I misteri gaudiosi sono i misteri della fede che nasce dall’umiltà di Maria e dalla sua carità verso Elisabetta, dalla povertà del presepio, dalla ricerca di Simeone ed Anna, dal tempio dove si prega. I misteri dolorosi sono i misteri della speranza: non vi è speranza dove non vi è dolore. Se il seme non marcisce, non germoglia e non fiorisce. Nell’abbandono di Gesù nel Getsemani, nel suo corpo flagellato, nel suo capo coronato dalle spine dell’umiliazione e della ingratitudine, sulla via del Calvario, nella sua morte in croce, la nostra speranza diventa certezza di eterna beatitudine. I misteri gloriosi sono i misteri dell’amore: nella risurrezione di Gesù, inseriti nella sua umanità con infinito amore, siamo divenuti figli di Dio e fratelli di tutti gli uomini; nell’Ascensione abbiamo udito la nostra vocazione all’apostolato, apostolato dell’amore; nella Pentecoste lo Spirito Santo ci rende ardenti come il fuoco e risonanti come il tuono nel mondo, nell’Assunzione di Maria pensiamo alla sua morte d’amore e alla sua glorificazione in paradiso dove ci aspetta per godere con Lei l’eterna beatitudine dell’amore. Il Rosario non è una devozione individuale: nel Pater e nell’Ave si prega per noi e per tutti. È una liturgia che trova nella famiglia (e quindi anche nei nostri gruppi) il luogo più conveniente per la sua recita. (Dagli scritti di p. Albino Elegante)
"ballerine" contente e disponibili
 
Intervista a Bianca Iacchelli Più che intervista è il risultato frutto di chiacchierate fatte con Bianca. Incontri registrati in diversi momenti, a più riprese, ripercorrendo alcune tappe della sua vita, senza sapere dove saremmo arrivate. Una storia la sua per noi importante perché appartiene alle fondamenta, alle radici della Compagnia Missionaria. Ho cercato di raccogliere e di riunire i pezzi raccontati, anche se l’ordine degli avvenimenti e del tempo, alle volte si confondono. Ho rispettato il modo e la vivacità del suo stile per non sciupare la freschezza e la ricchezza del racconto. Grazie Bianca: ce l’abbiamo fatta!!! Bianca ti va di raccontare un po’ della tua vita? Cominciamo dalla tua famiglia. Sono nata in una famiglia composta dal padre, madre e un fratello. Mia madre era originaria della provincia di Bergamo, nord Italia. Mio padre non l’ho conosciuto perché è morto prima che io nascessi. La mamma poi si è risposata così è nato mio fratello Guido che ora abita a Bologna e ogni tanto viene a trovarmi. Sono dell’anno 1931 e ho già 92 anni; nata a Santa Maria di Labante, una località di Castel D’Aiano delle colline bolognesi a 600 metri sul livello del mare. Gli abitanti si consideravano montanari, e queste origini mi hanno sempre fatto sentire che anch’io, come loro, potevo considerarmi una montanara. Conducevamo una vita normale di una famiglia comune. Da giovane sono andata a servizio in una Famiglia a Bologna con la quale ho sempre mantenuto i contatti. Devo riconoscere che nonostante la mia età, grazie a Dio sto bene, non ho dolori; invece, la memoria è quella che è. Ed a parlare della famiglia sento che i ricordi sono sbiaditi … 29 settembre 1961, prima consacrazione delle prime otto missionarieBianca è la seconda da sinistra, in prima fila Allora parliamo della mamma? Bianca non mi lascia terminare la domanda e risponde prontamente in dialetto bolognese “El so me” = lo so io com’era! Una cosa ho chiara: mia mamma me le avrebbe “suonate” anche a 90 anni se le avessi dato delle risposte in qualche modo!!! Per dire che aveva sempre ragione lei ... la mamma era una donna forte, in casa ha sempre dominato, anche se dava l’impressione di lasciarci liberi di fare quello che volevamo però, tutto doveva essere sotto la sua direzione, sotto il suo controllo. Se avessimo chiesto una spiegazione ci avrebbe risposto: “arrangiati”, però dovevi dirle chiaro che cosa volevi fare. Siccome lei non aveva studiato e noi un po’ si, ci rispondeva: “ visto che abbiamo speso i soldi a farvi studiare adesso lavorate!”. Alle volte quando la facevamo disperare ci rimproverava dicendo che ci avrebbe picchiato … ma erano solamente minacce perché nella realtà non ci ha mai toccato. Facciamo un salto in avanti e raccontaci come hai conosciuto la Compagnia Missionaria. Prima vorrei comunicare alcune mie impressioni su p. Albino Elegante, nostro Fondatore. Padre Albino l’ho incontrato molto presto nella mia vita cioè quando non ero ancora nella CM perciò a questi tempi ero giovane. E come dicevo ero a servizio in una famiglia cioè non andavo a giornata ma ero proprio presso la famiglia, abitavo con loro come se fossi una di loro. E sono stata fortunata perché era una famiglia molto buona, amica. Non era di quelle famiglie pretenziose che ti mettono sotto i piedi, si viveva alla pari. Lavoravo per loro, mangiavo con loro e qualche volta si andava anche a spasso con qualcuno di loro. Ricordo che il papà era una persona molto silenziosa, però si faceva sentire in alcuni momenti decisivi. Con loro mi sono trovata bene. Da qui ho conosciuto p. Albino in via Nosadella. P. Albino Elegante SCJ direttore dell’Apostolato della Riparazione (movimento di spiritualità nato negli anni ’45 – ‘46) ) l’ho incontrato nel 1944 in occasione di una missione parrocchiale al mio paese di S. Maria di Labante. Vennero precisamente i missionari: p. Agostini e p. Montrasio Sacerdoti del Sacro Cuore di Bologna detti dehoniani. Alla conclusione venne anche p. Elegante, ma non avemmo un incontro personale. In quella circostanza i padri fecero ad alcune persone giovani la proposta dell’iscrizione all’Apostolato della Riparazione. Io accettai la proposta. Alla vigilia del mio diciottesimo compleanno, la divina provvidenza mi diede la possibilità di partecipare a un corso di esercizi spirituali organizzati dall’Azione Cattolica, a Bologna. In quella occasione chiesi al Signore la grazia di incontrare un bravo confessore. Come dicevo avevo cominciato a lavorare a Bologna presso una famiglia. Una domenica, mi recai nella chiesa della Madonna dei poveri, in via Nosadella, sede dei Sacerdoti del S. Cuore, a cercare p. Elegante, perché mi era stato consigliato da una persona di fiducia, come confessore. Non fu facile trovarlo quel giorno perché era sempre fuori per incontri e predicazioni. Una bella domenica lo trovai. Mi presentai a lui dalla porta della sacristia, dicendo che lo cercavo da tempo. Alzando il dito e senza parlare mi indicò il confessionale, poi andò in confessionale. Non è che io m’incontrassi tutti i giorni... però a un certo punto mi decisi di fargli una “dichiarazione” (diciamo così), dirgli che avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse a vivere la mia vita con un indirizzo diverso dai soliti. Padre Giuseppe, - così si chiamava allora – era di poche parole, severo e deciso, ma anche paterno e comprensivo in confessione. Questo era un po’ il suo stile nelle relazioni. Con il passare del tempo poi migliorò molto il suo modo di relazionarsi. Ricordo che era una persona di guida, perciò, mi piacque perché potevo avere qualcuno a cui fare riferimento. Mi confessavo da lui, sapevo l’ora della messa e quando potevo, andavo alla messa che lui celebrava. Avevo chiaro che volevo una vita di consacrazione e ne ho parlato con lui. Cioè sentivo che in quel momento il matrimonio era già fuori dalla mia mente, non pensavo di sposarmi e neanche ragionavo per dirmi: allora cosa farò? Che tipo di consacrazione? Poi con lui ho chiarito e sono andata avanti… E la mia formazione comincia da qui. Bianca, allora parliamo di formazione. Ricordi la formazione dei primi tempi … il clima che si viveva? Per aiutarti nel pensiero ti leggo una frase trovata su un documento formativo della CM di oggi. Era proprio così anche all’inizio? “La formazione è stato un impegno che ha caratterizzato sempre dai primi anni il giovane Istituto, ma ha anche caratterizzato un grande desiderio di evangelizzazione e un forte anelito missionario. In questa formazione hanno collaborato diversi Padri Dehoniani, facendo lezioni di teologia, di filosofia, di liturgia ... .in via Guidotti… più tardi alcune missionarie hanno frequentato la scuola di teologia allo Studentato delle missioni”. (cfr. 60 anni di storia sulle strade del mondo) Bianca si fa seria e mi risponde così: Sì era proprio così! La CM nasce nel 1957 e p. Elegante era il fondatore, direttore dell’apostolato della riparazione, professore di spiritualità e datore di lavoro. Le giornate erano impegnative: preghiera, lavoro, studio… Una costante nel pensiero del Padre, così chiamavamo p. Albino, è sempre stata quella della nostra preparazione a tutti i livelli: professionale, culturale, morale, spirituale, teologale e missionaria … I temi prioritari del primo anno furono la spiritualità e la morale con la partecipazione dei Padri dehoniani professori allo Studentato e con vari incontri con Padri missionari e i Vescovi di passaggio. La nota dominante delle nostre giornate era: la preghiera, la gioia, il silenzio. Solo le ricreazioni giocando a palla volo, erano rumorose!!! Però prima di arrivare a tutto questo, c’è stato un periodo pre CM molto importante, che ci ha aiutato a vivere insieme, a chiarire meglio ciò che volevamo in futuro. Cercavamo una vita di consacrazione ma non in convento, si pensava a qualcosa d’altro, a una consacrazione secolare, nel mondo. Io sono stata una delle prime quattro che hanno cominciato a ritrovarsi insieme. Io, Bruna, Cesarina, poi è arrivata anche Irene. Altre quattro ci frequentavano. 1974. A Bagnaia (VT) All’inizio ci siamo messe a collaborare con la Pia Opera, che era un’attività dei dehoniani. La Bruna ci lavorava a tempo pieno … in seguito io sono stata inserita nella libreria dehoniana, io che in quel tempo avevo solo le elementari (Bianca fa una risata) (ho fatto poi più avanti la terza media). Ho quindi collaborato con la libreria dehoniana, dovevo almeno saper leggere e me la cavavo bene perché mi piaceva leggere … Mi piaceva il lavoro in sé e quando non c’era nessuno leggevo le recensioni delle novità che arrivavano perché così, se fosse venuto qualche cliente avrei potuto spiegare e dare consigli. E poi sapevo come fare per accogliere le persone. Ero giovane e sveglia anche se non avevo studiato! Però questo non lo dicevo a nessuno quando venivano in libreria. Ero intelligente e sapevo gestire la situazione …e ripeto questo lavoro mi piaceva proprio … praticamente io ero anche presuntuosa, perché mi davo importanza, non l’avevo ma io me la davo (risata!) . Sentivo la responsabilità di questo lavoro che i padri dehoniani mi avevano affidato ed io l’ho preso a cuore. Ripensando oggi a quel che ho fatto debbo dire che me la sono cavata bene nell’assumere una tale responsabilità. La Cesarina e la Bruna lavoravano alla Pia Opera. Cesarina era un po’ come la “capa”, era l’unica che aveva studiato. Lavorare alla Pia Opera ci aveva aiutato anche dal punto di vista economico. Eravamo proprio all’inizio e non sapevamo esattamente come sarebbe stata questa Compagnia Missionaria del S. Cuore, non sapevamo se la strada ci portasse a un istituto religioso o secolare. Però fin dall’inizio avevamo chiaro che non volevamo essere religiose ma secolari…ma di questa realtà ancora non si sentiva parlare, era una realtà conosciuta da pochi. Però con l’esperienza, confronti , riflessioni, vari studi e pregando siamo diventati Istituto Secolare della Compagnia Missionaria del S. Cuore, ed era quello che volevamo… Questo cammino di chiarifica ci ha coinvolto un po’ tutte e anche alcuni padri dehoniani che ci hanno appoggiato e accompagnato. Alcuni però non capivano questo nostro modo di essere ci trattavano come religiose … e per noi non era facile condividere questo modo di vederci .… Ne parlavamo tra noi e lavoravamo come si dice, sottosotto, inizialmente non ci capivano e pensavano che fossimo suore... poi si sono ricreduti e ci hanno capite e hanno cominciato a chiamarci per nome o signorine. Comunque, dobbiamo riconoscerlo che con il passare del tempo le cose sono cambiate e siamo state comprese e valorizzate! Come dicevo c’era anche la Bruna pero lei aveva un carattere diverso dal mio. Un po’ timida e la sua timidezza alle volte la esprimeva in durezza, si difendeva ... però e questo l’ho capito dopo, usava queste maniere perché lei si credeva incapace di determinate cose, allora prendeva questo atteggiamento. Ricordo che in quel tempo lei aveva in mano anche la parte economica del gruppo nostro e c’è stato un periodo che Bruna cucinava per noi. Era una persona buona come il pane, però voleva essere lei la padrona e avere la responsabilità interna alla casa. Molto disponibile per le cose di casa, meno per gli incontri fuori. La Bruna aveva il complesso di dover parlare, ma quando parlava, parlava proprio, nel senso che non si fermava. Poi c’era anche la Cesarina, aveva fatto le magistrali, ma non aveva mai insegnato… era un po’ come la direttrice e ci teneva anche a farlo… Irene era la più giovane, in seguito ha studiato con me e la Bruna per prepararci alla terza media. Irene ha poi continuato gli studi per diventare infermiera e altre specializzazioni a livello sanitario. Poi in seguito è partita per il Mozambico. Io ero più portata per le cose pratiche .... devo riconoscere che eravamo quattro persone diverse con caratteri diversi e ogni tanto sorgevano delle difficoltà nelle relazioni tra noi. Però eravamo state abituate fin dall’inizio a chiarire sempre e subito le cose e ... dopo si riprendeva a vivere in comunione. All’inizio eravamo come “ballerine”, dove c’era bisogno si andava un po’ di qua un po’ di là, sempre pronte, contente e disponibili, pur di andare avanti. 1976. A San Benedetto del Tronto (AP) Vorrei tornare ancora sulla formazione a p. Albino e il suo modo di essere … In quel tempo era lui che ci faceva la formazione. Era un tipo deciso e alle volte sembrava anche austero, però quando ti mettevi in confidenza con lui era di una dolcezza straordinaria, mite, non contraddiceva mai. Quando si parlava personalmente però prolungava poi il discorso con la sua sapienza … Io mi trovavo bene con lui perché mi aiutava a pregare senza darsi importanza (adesso lo capisco meglio) guidava i miei passi. A un certo punto ho capito che guidava oltre a me, a noi, parecchie altre ragazze. Arrivò il momento in cui ci propose di vivere come gruppo… Ricordo che prima di tutto era un tipo esigente e come primo avvio di una formazione ci fece riflettere sui comandamenti e lo fece per parecchio tempo… lui ci dava domande e risposte, poi quando ci incontravamo noi dovevamo dare le risposte giuste. Ma non dovevano essere solo formule o parole dovevano esserci anche i fatti, dire cioè come ciascuna si era comportata in questa o quella situazione e ci interrogava. La formazione che ci dava era ben concreta, come una correzione, una verifica del comportamento tra noi, con la famiglia, con coloro che frequentavamo… E aveva il suo modo di farti un’osservazione perché quando ci parlava ci portava degli esempi per farci capire dove avevamo sbagliato… io avevo imparato quando ogni tanto si andava per un colloquio, a chiedergli spiegazioni di quello che non capivo. Lui teneva conto delle osservazioni che facevamo e poi delle volte anche lui mi faceva domande per conoscermi di più: come vivere questo, come fare quello… e mi dava consigli. Adesso pensandoci, io mi sentivo sempre un asino di fronte a lui… ma capivo l’importanza dei suoi interventi e richiami. Capivo che era una maniera per conoscermi, ma anche per raddrizzare il mio cammino di formazione… CONTINUA...
intervista a elisabeth
 
Raccontaci un po’ di te ... dove sei nata ecc. Rileggi la tua vita e fai memoria dei doni che Dio ti ha fatto. Mi chiamo Elisabeth sono nata nella zona nord del mio Paese dove comincia il Cile, nella città di Arica, confinante con il Perù e la Bolivia. La mia famiglia è di origine Aymara, con i suoi costumi e tradizioni. Mio papà si chiama Arsenio e la mia mamma Marcelina ed è deceduta da tanto tempo; precisamente l’anno scorso sono stati quaranta anni dell’anniversario della sua morte. Da questo matrimonio siamo nate due sorelle e altri due fratelli avuti da mio papà da un’altra unione. Ricordo di aver trascorso il periodo dell’ infanzia con momenti belli insieme a mia mamma e sorella. Una vita anche di sforzi e difficoltà, però il fatto di essere insieme era già sufficiente. Ringrazio mia mamma per l’esempio che mi ha dato: lavoratrice, ottimista, impegnata con la sua famiglia, per l’affetto che aveva verso il suo popolo e i suoi costumi. Ho svolto i miei primi studi in una scuola semplice poi ho continuato con il liceo pubblico, che mi hanno dato la possibilità di vivere diverse realtà. Ricordo con affetto anche la presenza dei miei nonni paterni che ci hanno accolte quando la mamma morì. In questa casa abbiamo trascorso anni molto belli inserite in una famiglia grande dove zii, cugini e vicini venivano a trovarci. Voglio ricordare anche alcuni zii paterni e sono grata a loro per l’ospitalità e la pazienza con cui ci hanno accompagnato. Questo tornare al passato mi fa ricordare anche i primi anni che ho cominciato a vivere da sola, i lavori e gli studi affrontati, dove ogni esperienza mi ha aiutato a crescere ed a maturare. Per quanto riguarda il mio cammino di fede ringrazio la mia mamma che ha pensato di prepararmi alla Prima comunione, ed è stato il primo avvicinamento a Dio. In seguito, arrivando il periodo dell’adolescenza, io stessa ho voluto cercare gli approcci con il mondo giovanile così come la preparazione alla Cresima, dove ho incontrato amici e amiche con cui condividere la vita piena di sogni e di energie. Non posso dimenticare anche il mio inserimento con il gruppo missionario, il quale marcherà significativamente la mia vita. La mia vocazione ... il mio inserimento nella CM Si, la mia vocazione si va sviluppando attraverso i misteri di Dio. Più che cercarlo, è Lui che mi ha incontrato quando stavo “riflettendo e meditando le mie inquietudini”. Inquietudini che fioriscono nella mia adolescenza con le mie amiche che partecipano in parrocchia. Vado così conoscendo poco alla volta Gesù che mi invita a vivere i valori come l’amore, la compassione, la giustizia, l’impegno. Mi sento attratta da questa figura trascendente nel pieno della nostra vita ordinaria e di quanto come Paese stavamo vivendo, la dittatura. E con questo impeto giovanile, che ci butta a giocarci la vita, cerco sempre di più esperienze che mi avvicinano a Dio, che aspetta di essere conosciuto e amato. Che fare con questa vita che Dio mi ha regalato? Dove potrei servirlo meglio? È vero che già partecipo alla parrocchia ma senza un impegno pastorale. Conosco così un’amica che mi racconta del gruppo missionario nel quale è inserita. Dopo la sua insistenza decido di partecipare per conoscere meglio di cosa si tratta. Questo gruppo era organizzato da una suora di Sant’Anna e un padre gesuita. Concretamente si trattava di collaborare per svolgere “le missioni al popolo” che abitava nella pre – Cordigliera di Arica, durante il tempo natalizio e il mese di gennaio. La preparazione impegnava tutto l’anno, un’esperienza molto bella e piena di Dio. Ho trascorso tante feste di Natale e vacanze con questi popoli, gente che abitava in piccoli e semplici villaggi, però persone piene di sincretismo religioso, di tradizioni “aymaras” e della nostra fede cattolica. Da queste esperienze sorse in me un’inquietudine vocazionale più seria. Decisi di entrare in un istituto religioso dove rimasi alcuni anni. Finita questa esperienza e con l’aiuto ed accompagnamento dei fratelli gesuiti mi inserii nell’ambiente di lavoro e ricominciai a studiare. Dopo alcuni anni, capendo che tuttavia continuavo a sentire la chiamata di Dio, faccio un cammino di discernimento spirituale che mi porta a prendere contatto con alcuni Istituti Secolari, senza tuttavia arrivare ad alcuna conclusione. Finalmente un giorno leggendo il foglietto domenicale usato per seguire la celebrazione eucaristica, oltre allo schema liturgico trovo una breve nota dove viene presentato l’Istituto Secolare della Compagnia Missionaria. Senza tanta aspettativa decido di scrivere per chiedere alcune informazioni. È così che arrivo a conoscere l’Istituto e scoprire che possedeva diverse caratteristiche che potevano dare un senso alla mia vita: la sua missione, le varie possibilità di vita, in famiglia, vita fraterna o sola e la spiritualità del Cuore Trafitto, ecc. In seguito, presi contatto con Teresa Pozo (missionaria cilena) che mi presentò l’Istituto, dandomi così un’altra opportunità di risposta alla chiamata di Dio, che mi affidava questa nuova forma di vita consacrata secolare. In quel tempo grazie a Dio viaggiavo ogni estate da Arica a Santiago per incontrare la mia famiglia e questo mi facilitava il contatto con Teresa che mi avrebbe seguita nella formazione, che subito iniziai . Mi sentivo incoraggiata dal testo di Luca 5,4: “Quando Gesù fini di parlare disse a Simone: “Prendi il largo e getta le reti”. Ecco stavo per buttare nuovamente le reti nella mia vita ... nonostante il tempo ... nonostante la notte ... Solamente nel nome di Gesù iniziai questo cammino nella CM. Nella Compagnia Missionaria si parla spesso di comunione e missione ... come declineresti concretamente questi valori importanti ... La spiritualità dell’amore e del Cuore Trafitto che propone il nostro Istituto, è una sfida per questo mondo carente di amore, di comunione, di pace. Per questo è necessario trasmettere il regno di Dio come Chiesa e come società, e riusciremo solo se lo faremo con gli altri, con le altre, se creiamo la comunione in diversi ambienti. Vivremo anche questa comunione solamente se costruiremo la comunione con questo Cuore di Gesù, se ci disponiamo al suo ascolto e assumiamo tutti i sentimenti che da lui sgorgano. Al di là del fatto che in Cile siamo poche sento di essere accompagnata in questo vivere la comunione in senso più ampio; a tutte/i noi pur essendo di paesi e culture diverse, ci viene data la possibilità di condividere la missione, il senso della consacrazione e approfittarne, quando è possibile di incontrarci di presenza, arricchendo così i lacci della comunione fraterna. In questa maniera sento che la realtà della CM cilena ha avuto la ricchezza di crescere e formarsi insieme al gruppo dei familiares e questo ci aiuta ad appoggiarci e condividere insieme spazi che ci permettono di vivere questa comunione. Io vedo e sento così questa nostra realtà. Questa esperienza di comunione tra noi ci chiama a vivere la missione, che per noi è rendere visibile il senso dell’Amore in mezzo al mondo. Missione allora è quanto ciascuna realizza nelle diverse realtà in cui vive. Attualmente per me è il mio lavoro nel collegio, la pastorale della parrocchia, la vita familiare e anche la vita di preghiera, dove ciascuna recita il suo Eccomi. La tua esperienza con i giovani ... quali sfide si presentano nel tuo ambiente ... Non ho propriamente esperienza con i giovani, però posso parlare di adolescenti e bambini del collegio dove lavoro. Ho capito che questi bambini si sentono molto soli, soprattutto dopo la pandemia, succede che alcune famiglie delegano molta responsabilità al collegio. Per questo noi che insegniamo dobbiamo farci carico non solo della parte pedagogica, ma anche dell’aspetto emozionale, della famiglia, della convivenza e situazioni di violenza dentro e fuori dall’ambiente della scuola. In questi aspetti sono in atto diverse iniziative, anche da parte del governo, però se non contiamo con l’appoggio e collaborazione della famiglia e dell’adulto responsabile di questo bambino/a è difficile poter migliorare la situazione. I miei sforzi e il mio compito sono rivolti ai bambini della scuola elementare con i quali lavoro abitualmente. Per me è importante che nel collegio si sentano a loro agio, protetti, voluti bene così da poter imparare bene e sentirsi responsabili del loro processo educativo. I tuoi sogni futuri ... il tuo augurio per questo anno appena iniziato In quanto ai sogni che ho sono molti e diversi, per esempio: sogno che arrivi il momento per la Chiesa del mio paese in cui riconosca le sue fragilità e la necessità di ritornare al Vangelo. Una Chiesa dove i pastori camminino insieme alla loro gente. Sogno, come diceva il Cardinale Raul Silva Henriquez “Che i bimbi abbiano la possibilità di studiare, che gli ammalati possano accedere facilmente all’assistenza sanitaria. Che ogni capo famiglia abbia un lavoro stabile che gli dia la possibilità di sostenere la sua famiglia”. Sogno che il nostro Istituto possa crescere con vocazioni missionarie e familiares, stare in mezzo al popolo della nostra America Latina tanto necessaria di amore e di consolazione da parte del Cuore Trafitto di Gesù. Desidero per ciascuno/a molto amore, pace e salute. Che possiamo vivere soprattutto la PACE nel nostro mondo e che il Cuore di Gesù ci regali per questo anno, quanto di più ci è necessario. Elisabeth Tiayna Mollo - Cile
camminare e condividere
 
Al termine di quest’anno 2022 ho sentito la necessità di fare una sintesi sui nostri ritiri svolti durante l’anno,  riflettere sui contenuti ma soprattutto su quanto hanno provocato nella mia vita. Ho preso coscienza che è stato un cammino molto positivo. In questa condivisione cerco di far emergere alcuni aspetti che mi hanno stimolato e che devo tenere presenti per il futuro. Devo dire che ogni ritiro mensile mi ha sollecitato a trovare la maniera di come concretizzare il contenuto del tema soprattutto nel mio quotidiano. Anche l’aspetto del clima contemplativo che si è vissuto lo sento come richiamo a rivedere la mia vocazione, cioè a come vivo la realtà di essere compagna di viaggio con Gesù, facendogli spazio nel mio cuore. È un cammino con Lui attingendo forza dalla sua Parola e anche su quanto ci chiede il nostro Regolamento di Vita al n. 72: “… trovare la nostra realizzazione di donne e di consacrate nel dono progressivo di noi stesse nella vita dell’amore oblativo”. Le varie riflessioni mi hanno portato a riflettere e rivedere il mio cammino vocazionale, sia scoprendo i miei punti di forza che quelli di debolezza. Su come elaboro questi aspetti nella lotta quotidiana della vita, sia a livello personale che comunitario; a come accogliere l’altra perché ogni persona ha le sue qualità ed i suoi limiti. Per cui è importante riflettere anche sulle relazioni che abbiamo. Spero che in ogni mia relazione ci sia sempre una benedizione, anche piccola, perché anche la più piccola benedizione è sempre importante. Essere capace anche di dire poche parole ma che siano di speranza, che non feriscano le persone. Cercare di essere persone la cui presenza è sempre positiva, che sa ricominciare perché la relazione è come una pianta che va coltivata… In questo impegno che ciascuna prende a cuore è importante anche la condivisione, cioè prendersi tempo per comunicarci le gioie e le speranze che abbiamo in cuore, in modo che si rafforzi la comunione, sia che si tratti di condividere esperienze di formazione, esperienze nella comunità, esperienze nel lavoro dove siamo impegnate. Tutto questo ci aiuta ad imparare gli uni dagli altri, a riconoscere la novità che ciascuno possiede. Possiamo aprirci all'opera di Dio a partire dalle esperienze di vita che viviamo, perché la presenza di Dio in noi è anche chiamata. Dio ci chiama non solo a riceverlo, ma anche a “essere come lui”con l’aiuto degli altri. Dio non smette mai di amarci, anche quando commettiamo errori e peccati. Anche se alcune volte siamo state infedeli, Dio ci mostra ancora la Sua misericordia. La presenza di Dio nel mondo è un segno del suo amore e della sua fedeltà per salvare l'umanità. Noi siamo segno della presenza salvifica di Dio; come esseri umani amati da Dio, dovremmo amare Lui e gli altri con tutto il cuore in modo buono e saggio. Il segno della presenza di Dio che ama l'uomo, in realtà non ha bisogno di essere notato solo in grandi opere, ma si può vederlo anche attraverso piccole e semplici azioni. Gli amici sono importanti e necessari nella nostra vita. Spesso, quando viviamo problemi di sofferenza, di dolore, abbiamo davvero bisogno che gli amici ascoltino quanto abbiamo nel nostro cuore. Se quando soffriamo per un lutto o siamo nei guai e un amico viene a confortarci, entra in empatia, la sua attenzione è vera amicizia. Un vero amico è tale quando è capace di comprendere la nostra situazione che stiamo vivendo. Come per gli apostoli che si sentivano persi, confusi come i discepoli di Emmaus, quando Gesù era morto. La notizia della risurrezione di Gesù che poi è stata diffusa e loro hanno creduto, il loro dolore si è trasformato in gioia, perché Gesù era tornato in mezzo a loro. Il senso di dolore e delusione chiude gli occhi del cuore alla presenza di Dio. Quando siamo in difficoltà, addolorati, profondamente delusi, gli occhi del nostro cuore non sono più in grado di vedere chiaramente la realtà. Attraverso il racconto del cammino dei due discepoli verso Emmaus, siamo invitati ad essere sensibili alla presenza di Dio in ogni evento della nostra vita. Nel nostro viaggio della vita, potremmo sentirci ansiosi, confusi, tristi o forse anche senza speranza. Anche così, dovremmo cercare di sentire la presenza di Dio, che viene come amico per confortarci, aiutarci e stare con noi. In ogni evento della nostra vita, ricordiamoci sempre di includere Dio. Egli ci guiderà sulla via della luce e ci libererà dalle catene della delusione o della disperazione. È importante testimoniare in ogni evento della nostra vita la presenza di Gesù. Egli è un fedele compagno del nostro cammino. Gesù non vuole che attraversiamo da soli questo traguardo verso la santità. Perciò «Gesù mandò i suoi discepoli a due a due» (Mc 6,7), come compagni di viaggio. Ha dato loro il potere dello Spirito Santo in modo che potessero controllare i desideri disordinati e scacciare gli spiriti maligni. Per questo c’è lo Spirito Santo che ci rende sempre consapevoli che apparteniamo a Dio per lodare la sua gloria (Ef 1,14). Essendo inviati a due a due, abbiamo dei compagni e a vicenda ci sosteniamo e ci incoraggiamo nei nostri impegni missionari. Gesù ha dato un messaggio, in modo che "non prendiamo nulla per strada tranne un bastone" in modo che sia più facile per noi sperimentare le "benedizioni spirituali" e la provvidenza di Dio. È una meta che ci aiuta a vivere il NOI CM ... è una grazia e un dono di cui sono molto grata, perché questa appartenenza mi aiuta a crescere, a sentire, vivere e attuare le dinamiche della vita , sia le dinamiche nella comunità in cui vivo, la comunità di lavoro e la comunità CM. Entrare ed essere coinvolti nelle dinamiche della vita come CM, mi fa riconoscere la bellezza della vocazione come dono, attraverso un processo di comunione che ci aiuta a collaborare per costruire insieme il progetto di Dio. Come Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, e considerandoci le prime missionarie (in Indonesia), ci viene chiesto anche di essere testimoni della risurrezione come ha fatto Maria Maddalena: una testimonianza di gioia e di fede, che devo comunicare a coloro che mi sono vicini. Questa comunione che viviamo diventa forza per la mia vocazione e mi aiuta nei momenti difficili a cambiare la mia prospettiva sul processo di risposta alla chiamata nella CM. Io penso che per fare questo viaggio e arrivare a questa meta sia importante anche la formazione continua, una guida continua, una costante ricerca e allenamento del cuore, in modo da costruire la vita con saggezza e fedeltà. La domanda che dobbiamo tenere presente in questo cammino è: che tipo di vita costruisco? Spero con l’aiuto di Dio, che ha iniziato a seminare questa vocazione nella mia vita come opera molto buona, mi aiuterà a portarla a termine. Grazie mio Dio per la grazia della chiamata, concedimi la grazia della fedeltà. Lucy, quarta da sinistra, con le colleghe di lavoro
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