Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
All'istituto appartengono missionarie e familiares
Le
missionarie sono donne consacrate mediante i voti di povertà castità, obbedienza, ma loro abbandonate la loro condizione di membri la povertà di Dio. Vivono in gruppi di vita fraterna o nella famiglia di origine o da sole.
News
-
14 / 05 / 2021
SOLENNITA\' DEL SACRO CUORE DI GESU\'
Venerdì 11 giugno 2021...

-
14 / 05 / 2021
SOLENIDADE DO SAGRADO CORAÇÃO DE JESUS
Sexta-feira 11 de junho de 2021...

-
14 / 05 / 2021
SOLEMNIDAD DEL SAGRADO CORAZÓN DE JESÚS
Viernes 11 de junio de 2021...

nuove case... nuove storie... nuove esperienze
E’ quasi un anno che ho cambiato casa. Dove vivo ora è un edificio a tre piani con 21 stanze e a questo indirizzo: Jalan Bangau No. 42
Palembang. E’ un edificio grande che appartiene alla Fondazione Xaverius di Palembang ed è vicinissima al mio lavoro. La finalità di questa casa è quella di ospitare ragazze e donne che
lavorano come dipendenti della Fondazione Xaverius e non hanno
un luogo dove vivere. Queste persone occupano le stanze del primo e secondo piano, mentre il terzo piano è riservato per altri che non fanno parte della Fondazione. Ogni
piano ha la sua cucina. Insomma è un tipo di pensionato nel quale io ho la
responsabilità della gestione. In questo momento ci sono 10 persone provenienti da varie isole, tribù e
lingue indonesiane. Alcune di loro lavorano come insegnanti, lavoro d’ufficio nella parte amministrativa e altre studiano.
Sabato 14 luglio 2018 la casa è stata inaugurata e benedetta dal presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione
Xaverius. Erano presenti tutti i presidenti delle
scuole di Palembang, la nostra “comunità di base” Santa Rosa e la vicina comunità del seminario. Un momento molto importante è stata l’apertura, quando Padre
Priyo SCJ, direttore della Fondazione, mi ha raccomandato di svolgere questo lavoro con responsabilità e ha comunicato ai presenti il mio compito. Padre Koro e tutti i partecipanti hanno accolto la notizia con gioia e hanno concordato.
Abitare una nuova casa, occupare un posto nuovo porta sempre con sé una certa novità
nella propria vita, insieme all’incertezza di fronte a qualcosa di estraneo. Significa cioè che devi
aggiustare la tua vita, la tua situazione a quel posto. Questo è quello che ho vissuto e sentito quando ho cominciato a vivere in questa nuova casa . Il tempo è
trascorso in fretta e oggi mi pare di aver già svolto un sacco di cose. Ecco alcuni
aspetti concreti e pratici che ho dovuto affrontare:
Y Pensare alle strutture domestiche
Y Decidere quali spazi lasciare liberi per renderla piu comoda
Y Piantare fiori nel cortile per renderla più
accogliente
Y Controllare l’acqua e l’elettricità in modo che l’utilizzo venga fatto con responsabilità, così che la spesa sia meno costosa
Y Fare attenzione alle persone che abitano la casa
Y Tenere in ordine tutto cio che fa parte della casa, in
modo da rendere la permanenza serena e comoda.
Il programma giornaliero per ora è questo: dal lunedi al sabato tutte lavoriamo, al pomeriggio o verso sera torniamo a casa. Le ragazze
sanno che sono una missionaria CM. Se ci sono attività nella “comunità di base” Santa Rosa, che è il quartiere dove abitiamo, anche noi partecipiamo. Alle volte ci
troviamo anche per pregare… Vivere insieme così in tante, e diverse tra noi, non è sempre così comodo e facile come quando si vive da sola nella propria casa. I nostri giorni poi non sono
sempre uguali, a volte devo sentire lamentele, ascoltare urla
improvvise quando per esempio viene a mancare l’elettricità o non c’è più acqua …
Il momento della giornata che più mi piace è la sera. Perche? Perchè di sera dopo il lavoro ci ritroviamo tutte. Difficilmente
usciamo, quindi possiamo avere il tempo a nostra disposizione per condividere il nostro vissuto, soprattutto quanto ci ha fatto bene e quanto ci ha
infastidito nella giornata trascorsa; condividiamo la stanchezza e anche un po’
di nostalgia. E’ uno spazio che in maniera spontanea diventa quasi una
valutazione del nostro quotidiano; ci comunichiamo anche le piccole cose che sono successe al lavoro. Queste ore diventano preziose per tutte, perché a volte la fretta che
abbiamo non ci permette di trovare tempo per guardarci in faccia. Sono momenti
che ci aiutano anche a conoscerci meglio. Cerchiamo inoltre, di vivere insieme
anche le feste. Se c’e un compleanno, collaboriamo tra noi, condividiamo con gioia la festa e la gioia di stare insieme. Non manca la creatività
come l’altra notte quando alle ore 24 siamo andate a svegliare Mareta perché
era il suo compleanno! Una bella sorpresa per la festeggiata. Da parte mia
cerco di dare il meglio di me stessa, di essere attenta a quanto le giovani
hanno bisogno. Mi sento come una mamma che fa di tutto per vederle serene, per il loro bene. Grazie .

voglia di scrivere
Questo pomeriggio mi è stato ricordato da Santina di
scrivere qualcosa sulla pastorale nella scuola, luogo e ambiente dove svolgo il
mio lavoro.
In questo periodo la
mia testa è piena di idee, con tanta voglia di scrivere libri per bambini. Sono
anche ansiosa di conoscere i risultati di alcune riflessioni che ho proposto ai
ragazzi della mia scuola. Le loro risposte mi aiuteranno a scrivere qualcosa
sulla figura della madre oppure raccontare il tipo di relazione che hanno con
la mamma o col papà. Naturalmente prevedo già che le loro risposte saranno
molto varie, perché ogni bambino ha un’esperienza diversificata sia con la
madre sia col padre. Non tutti hanno relazioni normali, affettuose… forse la
maggior parte di loro ha relazioni molto difficili e tristi, fragili. E’ così
che questo pomeriggio, con questi pensieri e la testa un poco confusa, prima di
scrivere le mie idee pastorali sulla scuola, sono stata costretta a scaldarmi un po’ d’acqua
sul fornello e preparare un buon caffè, per svegliare e ordinare le idee che ho
in testa.
Ho camminato avanti e indietro per capire il filo giusto
per cominciare. Ho aperto un libro e ho trovato un foglio scritto di Elisabetta
Todde, una preghiera: riflessione sui doni dello Spirito Santo. Elisabetta era
una sorella che amava molto scrivere su Vinculum… Ritrovando un suo ricordo, ho
pensato alla mano di Dio che mi veniva offerta per scrivere le mie idee.
“Vieni Santo Spirito e donaci la Sapienza. La
Scienza e la tecnica umana non sempre bastano: abbiamo bisogno di Sapienza per
gustare la nostra vita. La tecnica ci dice quello che è possibile fare, la
Sapienza quello che è lecito. La tecnica prepara cuori artificiali, la Sapienza
cuori saggi. La tecnica ci rende potenti, la Sapienza ci fa uomini…”
Grazie Elisabetta sei stata una
cara sorella. Anch’io sento di avere una certa passione per scrivere… un
sentimento vivo, come se fossi innamorata di quest’arte. Quando le persone si
innamorano sentono dentro di sé una grande energia che vorrebbero comunicare
agli altri. Qualche tempo fa oltre a scrivere per Vinculum, ho trovato un'altra
maniera per esprimere questo mio desiderio. Nel periodo 2001-2004 sono stata
insegnante e guida degli studenti che venivano alla Casa di ritiro Rumah Retret
di Palembang. Ricordo che in quel periodo ho scritto molto: poesie e
riflessioni, materiale vario, che ho già pubblicato in quattro libretti insieme
ad altre insegnanti che hanno la stessa sensibilità. Adesso mi piacerebbe
annotare le molte idee e i sogni che appartengono a studenti, pensieri che
possano favorire l'entusiasmo, sviluppare i talenti e gli interessi degli
studenti stessi. Sono contenta perché quest‘arte dello scrivere può contribuire
a lavorare di più sulla crescita e sullo sviluppo della vita dei ragazzi e dei
giovani. A volte mi viene il desiderio di inventare cose nuove, metodi nuovi di
insegnamento per la scuola, per gli studenti.
Nel 2011, dopo essere tornata da Bologna, sono
stata inserita in una scuola unica e piccola dove ora sono vice preside. Qui ho
trovato un’altra realtà: bambini, ragazzini di 11-14 anni alcuni un po’
fragili, un po’ carenti per la mancata attenzione dei loro genitori. Tra di
loro alcuni hanno grandi problemi: feriti, scoraggiati nell'apprendimento, non
si sentono accettati in famiglia. Qualche insegnante si lamenta perché questi
bambini, oltre ad essere difficili da seguire, faticano a stare attenti. Sono
molto distratti e per questo non seguono bene le lezioni. Noi non possiamo
cambiare il materiale didattico che ci viene consegnato. Ma possiamo adattarlo
alle varie situazioni in maniera che i ragazzi siano educati al senso etico e
religioso. Mi dispiace vederli così disorientati, ma anche da parte delle insegnanti
alle volte vedo una certa insofferenza e incapacità di gestire le varie
situazioni. Perciò spesso, li invito a praticare la meditazione per liberare la
mente, per fare sogni per il futuro e insieme trovare maniere diverse, nuove e
anche rilassanti.
In questo terzo millennio, in cui
si usa Whatsapp, ci troviamo invasi da messaggi - video musicali, corti e brevi
che trasmettono anche la parola del Papa. Mi piace usare questo mezzo e spesso
mi ritrovo in classe ascoltandoli insieme agli studenti. Secondo me il Papa,
nel suo
parlare, è molto vicino alla lingua dei giovani. Molti messaggi di papa
Francesco hanno toccato il mio cuore di insegnante e anche quello dei bambini.
Alle volte sono messaggi semplici che riportano alcune sue indicazioni: come
essere santi nel quotidiano, attraverso piccoli gesti, come salutare amici e
parenti, dire grazie per le piccole cose, sorridere e scusarsi se abbiamo torto
ecc. All'inizio per i ragazzi tutto questo sembrava difficile, ma poco a poco
hanno provato a fare piccole cose, salutarsi, dire grazie, scusarsi, sorridere,
tutto con amore. Il mio desiderio è quello di farli crescere, poter far capire
che attraverso questi gesti quotidiani possono sentire l'amore dei genitori per
loro finalmente concretizzato.
Adesso ho tra le mani le loro
risposte al mio questionario, mi piacerebbe raccogliere in un piccolo libro il
loro lavoro. Ciascuno ha creato una storia semplice, breve, di soli tre
paragrafi, ma sono scritti toccanti che commuovono. E’ una maniera per
esprimere il loro semplice amore ai loro genitori. Degli 80 ragazzi che hanno
scritto, ho già scelto 35 idee da proporre loro. Sento che questo potrebbe
diventare un piccolo libro, una piccola loro storia con la mamma o il papà.
Alcuni sono messaggi da consegnare ai loro genitori, eventi di vita semplice, a
volte messaggi molto duri e tristi. Ma in fondo c’è sempre una parola di
gratitudine perché vivono in attesa dell’amore della madre e del padre.
La Chiesa cattolica dal Concilio
Vaticano II fino ad oggi ha pubblicato vari documenti riguardanti l'educazione
cattolica come istruzione. Io, missionaria, che lavoro come
insegnante in una scuola cattolica, sento la responsabilità di aiutare gli
studenti cattolici a crescere e svilupparsi nella loro fede e a praticarla.
Quindi, ovviamente, il mio primo compito è quello di conoscere questi documenti
e impostare il mio lavoro sulle linee che vengono date. Mi sento pienamente
coinvolta nelle direttive della Chiesa, per svolgere il mio lavoro come un
servizio e assistere gli studenti in cose pratiche e semplici.
Concretamente collaboro con i
gruppi del coro di studenti, con gli accoliti; nella catechesi per i giovani,
li seguo nella partecipazione all'Eucaristia, nella processione all'offertorio.
Accompagno i ragazzi in questo cammino di fede: con loro preparo l'Eucaristia
ogni primo venerdì del mese, insegno loro il raccoglimento, e insieme viviamo
il mese della Bibbia a livello nazionale (in Indonesia è il mese di settembre),
il Rosario in ottobre e maggio, il tempo della Quaresima, l'Avvento. Cerco il
metodo per presentare gli orientamenti della Chiesa locale e universale in
maniera semplice ma incisiva.
Rimane aperta la sfida per
continuare questo cammino:
Ø come dare una formazione/istruzione in
Indonesia nelle scuole cattoliche, una formazione dinamica che faccia crescere
e maturare le persone?
Ø E noi missionarie, con compiti
specifici ed ecclesiali nell’ambiente dove lavoriamo, come possiamo sviluppare
nei giovani il senso di appartenenza al mondo e alla Chiesa, ovunque siamo?
Ø Cosa abbiamo seminato? E cosa
raccoglieremo?
Sono domande che ritengo
importanti per prepararci al futuro della scuola e al futuro della nostra CM.
Questa è la mia piccola
esperienza che ho voluto condividere con tutti voi nella speranza che aiuti a
rinnovare la nostra fede e il nostro amore in Gesù Cristo Signore, nostro
Salvatore, che ci è guida nell’inserimento di questo mondo anche come
consacrate secolari.

mozambico italia
“Noi missionarie, scelte da Dio, vogliamo
scegliere Dio come pienezza delle aspirazioni della nostra vita”(Est. Nº 2).
Cosa vuol dire scegliere Dio come pieneza
delle propria vita?
Essere di Dio per me ha voluto dire
accettare di fare le esperienze più impensate nei momenti meno previsti – Dare
nella propria vita delle sterzate improvvise per entrare in strade sterrate o
in autostrada a secondo del momento.
Vi racconto la penultima sterzata per
giungere a quest’ultima.
Nel 2010 ero in piena attività progettuale
della commissione di giustizia e pace dell’Archidiocesi di Nampula – Progetto
di formazione per i giudici dei Tribunali Comunitari e monitoraggio del
rispetto minimo dei diritti umani nei carceri situati nel territorio della
archidiocesi, ma un grave incidente stradale che mi lasciava schiacciata tra
l’automobile e la parete, fece in modo che rimanessi immobile in un letto a
Nampula e di li continuare a lavorare facendo riunioni con i miei collaboratori
e poi altri tre mesi in Italia per la riabilitazione . Tornata in Mozambico con
difficoltà di deambulazione riprendo il progetto e il lavoro della commissione
giustizia e pace a livello diocesano, intanto a livello di gruppo va avanti la
riflessione di aprire un’altra casa a causa dello sviluppo che la CM sta avendo
nel centro-nord. Andare Martina con un gruppo a Quelimane? E’ l’ipotesi più
viabile già che abbiamo una casa vuota di nostra proprietà in questa città; ma,
guidate da Dio, la riflessione del gruppo prende un’altra piega. Sollecitate
dal vescovo e da alcuni sacerdoti diocesani del Gurue, il gruppo sceglie di
costruire una casa ad hoc a Invinha e a questo punto già non è Martina, ma è
Mariolina che deve andare... La strada si spiana improvvisamente.
Compriamo il terreno dalla Diocesi,
Mariolina lascia Nampula e va al Gurue dove a causa del terreno disconnesso
deve chiedere l’ausilio ad un bastone già che camminando ancora come un robot,
le è facile prendere delle cadute. Undici ragazze sono pronte prima che la casa
sia pronta. Cosa facciamo? Proposta: per quest’anno aspettate nelle vostre
case. Risposta: Mariolina noi siamo abituate – anche nelle nostre case viviamo
come possiamo – vogliamo vivere con te comunque sia – e allora via, poche
chiacchiere, si comincia. Ospiti in una casetta della diocesi, ammassate in due
stanze ci prendiamo in giro dicendo che stiamo facendo il servizio militare. Le
ragazze si alzano alle tre di notte per fare la doccia a turno nell’unico bagno
della casetta. Sarebbe da scrivere un
libro ma tutte insieme ci diamo forza e in quei mesi abbiamo fatto un’unica
assenza a scuola a causa della batteria del fuoristrada che di colpo una
mattina ha deciso di salutarci. Normalmente alle sei del mattino senza fiatare
eravamo tutte pronte per partire per Invinha, situata a 18 chilometri, loro per
la scuola ed io per dirigere i lavori di costruzione.
Bene andiamo avanti, a Pasqua ci
trasferiamo nella casa che è ancora un rustico, ma per lo meno ha le pareti, il
tetto, le finestre con le sole grate di ferro e le uscite con le porte per così, poter dormire tranquille. Continua
il servizio militare, ma con tante risate e tanta gioia. Personalmente comincio
a notare nel mio corpo un segnale chiaro negativo... comunico tutto al gruppo
delle consacrate ma, riempiendomi di limone vado avanti. Assemblea CM: viene
scelta Martina... Momento di panico, di confusione, non capisco più nulla. Ci
siamo stirate moltissimo, molte ragazze tra Nampula e Gurue poche missionarie
ed ora anche Martina viene meno. Io devo venire in Italia, sono cosciente della
mia autodiagnosi: Tumore al seno che poi si rivela non dei migliori –
operazione, terapia, permanenza in Italia per un anno. Non voglio fare solo
questo: chiedo a P. Marcello se posso andare con lui a conoscere la realtà
carceraria italiana. Chiusa questa fase sono di ritorno al Gurue. Anche
l’Università Cattolica del Mozambico vuole la mia collaborazione. Mi inserisco
anche lì come insegnante e come membro amministratrice e dell’equipe di
direzione. La vita continua. Unico problema ogni anno devo tornare in Italia
per controllare se il tumore accetta di chiudere la porta e andarsene
completamente. Settembre 2017 ritorno in Italia con la valigia vuota,
programmata a riempirla al ritorno – Ci servono molte cose. I controlli vanno
bene a luglio 2018 dovrò tornare per l’ultimo controllo e chiudere il processo
sanitario. Sto preparando il rientro, ma dico al medico di base di sentire
della fitte alle spalle, cose che mi porto già dal Mozambico. Radiografia
urgente... Stoppata – Macchie ai polmoni. Per qualcuno è già chiaro ma i medici
chiedono di conoscere esattamente la natura di questo macchie – noduli –
vogliono conoscere il nome, il cognome e anche il codice fiscale dei miei
noduli polmonari... Biopsie, radiografie, tac, pet… chi più ne ha più ne metta…
dopo sette mesi arriviamo all’intervento chirurgico che tanto ho temuto e
tentato di evitare: con la taglia e cuci mi prendono il pezzo del polmone col
nodulo da analizzare. Ora è chiaro, in gergo popolare sono metastasi partite
dal seno e passate ai polmoni. Niente di tragico, la scienza oggi ha terapie sperimentali
che danno dei grandi risultati – Unico problema: bisogna trattarla come
malattia cronica. Per me è chiarissimo, devo girare pagina. In Mozambico non
sono convinti, continuano a pregare, mi vogliono di ritorno all’Università. Per
me c’è già qualcosa che brucia nel cuore. Personalmente stavo già accompagnando
il sogno della fraternità con i vari intoppi e peripezie e mi ero detta; se non
riesco a tornare in Mozambico mi piacerebbe inserirmi in questo progetto. Così
quando la situazione per me è stata chiara ho chiesto al Consiglio di aderire
come elemento CM a questa proposta che come CC stava già accompagnando
dall’inizio.
Ora sto vivendo un’esperienza di
rinnovamento. Sento che il Signore mi aspettava all’angolo. Era il momento di
riprendere a vivere in profondità dando più peso all’essere che al fare. Vivere
nella novità di vita mostrando l’allegria di vivere la fraternità nella nuova
forma qual è la mia consacrazione – Vivere tra fratelli che non hanno problemi
a mostrarsi per quello che si è: fragilità alla ricerca di autenticità. Vivo
una condivisione attenta e sincera, nell’ accoglienza per quello che si è, ma
provocandoci a migliorare ogni giorno, a vivere nell’accoglienza di Dio, nella
novità dell’essere.
E’ possibile vivere da fratelli? Si. E’
possibile vivere volendo il vero bene dell’altro? Si. Ciascuno mette in comune
le capacità che ha, le forze che ha, il tempo che ha, la sensibilità che ha
mettendosi allo scoperto sicuri comunque di essere accolti con amore e
comprensione prolungamento dell’amore di Dio, tanto da poter dire noi e gli
altri, come è bello che i fratelli stiano insieme.
Comunque anche qui non sto con
le mani in mano; oltre la vita normale di fraternità mi sono inserita nel
carcere e cerco di essere presente in ogni momento importante nel carcere e
nell’accoglienza dei detenuti in casa. Nella parrocchia sta aumentando sempre
più l’inserimento e oltre le liturgie quotidiane mi è stato affidato un
gruppetto di 7 giovani donne del Bangladesh perché apprendano l’italiano. E’
un’esperienza bella, mi fa sentire ancora cittadina del mondo; per cui per tre
volte la settimana immersione totale nel gruppo di gioventù internazionale che
gradatamente sta apprendendo ad aver fiducia in se stessa e nel frattempo si
apre alla relazione interpersonale e alla conoscenza reciproca. Rimaniamo
aperte alle novità di Dio e accogliamo quello che viene dalle sue mani.

l'esperienza del roveto
Festa dell’ ECCOMI nel Sud-Italia, 24 marzo
Il 24
marzo scorso, la Compagnia Missionaria del Sud-Italia, insieme con tanti amici,
ha ricordato l’ECCOMI di Gesù e di Maria
a Dio, dal quale prende vita il nostro ECCOMI.
Abbiamo
vissuto l’incontro nella parrocchia di Gesù Buon Pastore di Castellammare di
Stabia.
Il
parroco don Antonio Santarpia, con dolcezza e accoglienza di padre, ci ha fatto
sentire il suo calore e affetto, come se fossimo di famiglia.
Il clima familiare ci ha
predisposto ad aprire il nostro cuore e ad accogliere la Parola che, con tanta
delicatezza, il nostro caro p. Antonio Carapellese ci ha sminuzzato, aiutandoci
a cogliere, attraverso l’ECCOMI di Mosè, aspetti significativi in essa custoditi.
L’esperienza
del “roveto ardente”, nel farci cogliere la premura, la sollecitudine,
l’ardore, la passione del Dio che salva, allo stesso tempo ci ha spinti a
metterci in discussione sul nostro lasciarci coinvolgere in questo progetto di
salvezza, che il Signore compie in nostro favore. Ci ha presentato la figura di
Mosè e come la sua fiducia nel Signore ha stravolto, positivamente, la sua
vita. E noi?
Abbiamo
poi partecipato all’Eucaristia della comunità del luogo dove ci trovavamo. È
stato bello condividere il pane eucaristico con tanti fratelli e sentirsi una
grande famiglia.
Quindi
la pausa pranzo in cui abbiamo condiviso quello che avevamo portato, con gioia
e in fraternità. Nel pomeriggio abbiamo fatto un momento di condivisione sul
passo dell’Esodo che avevamo meditato e sulle sollecitazioni di p. Antonio, e
molti hanno dato il loro contributo arricchente. Abbiamo ringraziato il Signore
per quanto vissuto in questa giornata e anche per i tanti doni che elargisce a
ognuno ogni giorno.

a cuore aperto
Festa dell’ ECCOMI a Brugherio (MB), 6 aprile
L’Eccomi comincia
nelle nostre case: la preparazione, le partenze, gli arrivi. Ma è subito
famiglia quando arriviamo, il venerdì sera, felici di rivederci tutte insieme
dopo quasi un anno. Siamo accolte da Lucia Maistro, Orielda e Cecilia.
Graziella è un po’ più curva, ma sempre attiva in cucina a preparare il cibo
per la festa. Lucia Capriotti, Luisa e l’amica Rosetta ci portano il respiro e
la generosità del gruppo di S. Antonio Abate. Maria Grazia è accompagnata da
una nuova amica, Vilma, che viene dal Perù, e subito si ambienta nella nostra
casa che “ha allargato i paletti della tenda” per farci posto. Naturalmente il
dopo-cena è tempo di ascolto e condivisione, che va in profondità. E pensavo,
quando ci lasciamo guardare, nel dialogo fraterno, il cuore si apre a rivelare il mistero
della persona. Così Dio, rivelandosi ha
aperto il suo cuore, dove contempliamo il suo mistero. Ha aperto il suo cuore per non chiuderlo più! E
veramente si vede, anche nei gesti del quotidiano, questo vivere a cuore aperto che ci fa missionarie.
Il sabato mattina, finalmente ci siamo tutte: Franca
Gherardi e Rita arrivano in mattinata. Stiamo preparandoci all’accoglienza
degli Amici. L’appuntamento è per le 14.30. Arrivano, alla spicciolata, e
rivediamo volti noti, qualcuno nuovo, e subito si vive la cordialità
dell’incontro. Nella cucina dell’Oratorio intanto si completano i vassoi per la
merenda: ognuno ha portato qualcosa da condividere per far festa. Nell’attesa
che inizi la meditazione di Lucia C., ci scambiamo ricordi, ci presentiamo,
ripercorriamo la vita CM rileggendo, sui cartelloni che sono stati preparati,
la nostra storia. Ci siamo tutti, non
molti: la data scelta coincide con molte attività programmate dalla Parrocchia,
e ciò ha imposto una scelta a tanti amici che hanno dovuto rinunciare a questo
incontro.
E’ il tempo dell’Ascolto.
Dopo le parole di accoglienza di Orielda, Lucia C. ci fa camminare, sui
sentieri della Parola, per scoprire quell’ECCOMI di Dio e dell’uomo. Il tema: L’Eccomi di Maria nel quotidiano. Alla
conclusione ho ringraziato Lucia perché, le ho detto, ci hai portato un po’ qui, un po’ lì, restando qui: sembrerebbe un
enigma. Ma Lucia ci ha fatto sentire quell’Eccomi
per te pronunciato da Dio nella Creazione, ripetuto nella Alleanza, e
infine riflesso, come in uno specchio, da Maria: DONNA, UMANITA’.
Era davvero un invito a una
festa nuziale: la commozione profonda di essere presenti a questa unione sponsale tra Dio e l’umanità che
in Maria trova il suo compimento,
grazie al suo Eccomi. E l’Eccomi di Cristo ha preso carne. Lucia ci ha fatto cogliere questo grande respiro
della vita dell’uomo, amato da Dio,
dall’Eden, a Nazareth, a Brugherio: per vivere da UMANITA’ che dice SI’ a Dio
che l’invita: Rallegrati, donna! Xaire, Maria!
E ora è il tempo della condivisione e della festa. Si
comunicano le risonanze, il cuore si allarga ad accogliere l’oggi nella sua concretezza, là dove
siamo, attenti a discernere e ascoltare quella voce del Dio AMORE, quella voce
del Pastore bello, che è
inconfondibile: Eccomi, sono qui per te! Rallegrati!
Ed ECCOMI per vivere la festa: la bella e buona merenda
preparata da tante mani. l’ascolto reciproco si srotola tra dolcetti e
salatini, ECCOCI, insieme, a Brugherio, nel rallegrarsi di Maria, nella
Speranza dell’umanità, Donna in dialogo con Dio.
Grazie Lucia, Grazie Orielda e Lucia Maistro. Grazie P.
Albino per questa Famiglia che hai generato nella fede!

all'alba del primo giorno
Liberazione della luce
La nuova
creazione nel tempo della grazia
Ci sono giorni in cui devo pregare il Signore che mi restituisca
l’udito, altri in cui la Parola fa
breccia nel cuore, e non vorrei perderne una sola.
Così, per fare memoria della mia fede, sto ripercorrendo, alla lettura
del Vangelo, quelle parole che hanno
segnato la mia vita, cambiandomi.
Ma il Signore fa nuove tutte le cose, e vedo e ascolto come per la
prima volta parole già udite e conosciute. Come mai non le avevo sentite prima?
E in questa riscoperta e nuovo ascolto
si sono fatte spazio le parole di Matteo che racconta la Pasqua di Gesù.
All’alba del primo giorno
Il racconto è scandito con determinazioni temporali precise, a partire
dal capitolo 26: “Voi sapete che fra due giorni è la Pasqua…”, “Il primo giorno degli azzimi”, “Venuta la sera”,
“Questa notte”. Poi la scansione temporale accelera in crescendo: “Venuto il mattino”,
“a mezzogiorno”, “Verso le tre del pomeriggio” “Venuta
la sera”, e dilatarsi poi in un TEMPO
senza confini: “il giorno seguente”,
“dopo il Sabato”, “all’alba del primo
giorno”. Mi ritornavano note familiari, con altre profondità: primo
giorno, e fu sera, e fu mattina…
Graziella mi dice al telefono che loro, diocesi di Ambrogio, stanno
leggendo Genesi. Anch’io torno ai primi passi della creazione, al soffio che dà
la vita al primo Adamo, e mi sembra di riconoscere quei segni del Creatore che
rivela nel nuovo Adamo la Sua
Immagine: e torno indietro ad ascoltare Matteo: che cosa mi racconti? Di Chi mi
parli?
Ecco l’identità del nuovo Adamo, Dio-Uomo: Gesù avverte i suoi, fra due giorni, è la pasqua, anche lui
sente l’avvicinarsi dell’ora, si preoccupa di avvisare gli amici, statemi
vicino, insieme siamo più forti nella notte. Ma è SOLO, anche il Padre sembra
tacere, e lui tace, tace davanti al Sinedrio, tace davanti a Pilato. Solo la
verità parla, e parla con la voce di chi lo accusa: Tu lo dici, Io sono il
Figlio di Dio, Tu lo dici, il mio Regno…
Figlio di Dio e Re, ma quale nuova
creazione dell’uomo: mite, non oppone resistenza, oltraggiato, perdona,
tradito e rinnegato, guarda con amore, e in quel sabato santo, in cui il tempo
della notte sembra non aver fine, cielo e terra si riconciliano, all’uomo si
apre il tempo della grazia: era
l’alba del primo giorno
Non è il fine settimana che
ci fa tornare con la faccia triste al lavoro del lunedì, no. È l’alba
del primo giorno del tempo che ci è dato da vivere, nella vita del Risorto, è il primo giorno della nostra Pasqua!
