Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La
COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede
centrale a Bologna, ma è diffuso in varie regioni d’Italia, in Portogallo, in
Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
All’istituto
appartengono missionarie e familiares
Le
missionarie sono donne consacrate
mediante i voti di povertà, castità, obbedienza, ma mantengono la loro
condizione di membri laici del popolo di Dio. Vivono in gruppi di vita fraterna
o nella famiglia di origine o da sole.
I
familiares sono donne e uomini,
sposati e non, che condividono la spiritualità e la missione dell’istituto,
senza l’obbligo dei voti.
News
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27 / 05 / 2020
SOLENNITA' DEL SACRO CUORE DI GESU'
Venerdì 19 giugno 2020...

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27 / 05 / 2020
SOLENIDADE DO SAGRADO CORAÇÃO DE JESUS
Sexta-feira 19 de junho de 2020...

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27 / 05 / 2020
SOLEMNIDAD DEL SAGRADO CORAZÓN DE JESÚS
Viernes 19 de junio de 2020...

preparazione all'assemblea 2015 (1)
Relazione è soddisfare il
bisogno essenziale della persona
LA SAMARITANA (prima parte) Gv 4,5-15
Ascolto della parola (Lectio)
Giunse pertanto ad una città della Samarìa chiamata Sicàr vicina
al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era il pozzo di
Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo.Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samarìa ad
attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli infatti eranoandati in città a far provvista di cibi.Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi
da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non mantengono
buone relazioni con i Samaritani. Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di
Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere! “, tu stessa gliene avresti
chiestoed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli disse la donna: «Signore,
tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque
quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci
diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?» Rispose
Gesù: “chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua
che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi l’acqua che io gli darò diventerà in
lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore, gli disse la
donna, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire
qui ad attingere acqua».
Riflessioni
sulla Parola (Meditatio)
I personaggi principali in questo passo del Vangelo di Giovanni sono
Gesù e la donna Samaritana. Il vero dialogo avviene tra loro. II resto (i
discepoli, i compaesani...) ...
L’incontro sembra casuale; è l’incontro di due bisogni
elementari: la sete e l’acqua.
Per la donna l’acqua del pozzo. Per Gesù l’acqua della
rivelazione di Dio, che si fa dono nello Spirito. II Salvatore del mondo si fa
bisognoso come gli altri uomini, per avere la possibilità di incontrarli nelle
loro stesse necessità e dar loro il dono della Grazia. È la meraviglia di un
Dio che chiede per dare.
Le domande della Samaritana e le risposte di Gesù, sembrano
andare ciascuna per conto proprio: l’acqua del pozzo e l’acqua “che zampilla
per la vita eterna”. Gesù ci dona, ci comunica la vita stessa di Dio, la Grazia
santificante, dono soprannaturale, che ci rende figli del Padre, partecipi della
sua stessa natura e fratelli tra noi. II Padre che è la vita, il figlio che è
la Verità, lo Spirito che è l’Amore abitano in noi. I sacramenti, la preghiera,
il mistero della Chiesa, corpo mistico di Cristo, la comunione fraterna.., sono
realtà che sgorgano da queste “acque di vita eterna”: la Grazia.
Forse abbiamo perso un poco questa dimensione fondamentale, essenziale
della vita cristiana e della Chiesa. Siamo più preoccupati dell’acqua del
pozzo: le nostre efficienze, le nostre strutture, il consenso, cose che
possediamo, che costruiamo, la concorrenza con gli altri, il prestigio...
C’è il rischio di svuotare il Messaggio cristiano
dell’essenziale. Se curassimo di più la nostra spiritualità, la vita interiore,
come si diceva una volta, diventeremmo anche per i fratelli una fonte di speranza
e di luce.
Verifica
e confronto
Siamo più preoccupati dell’acqua del pozzo o dell’acqua che diventa fonte zampillante?
La
Parola si fa preghiera (Contemplatio)
Salmo 62
O Dio, tu sei il mio Dio,all’aurora Ti cerco,di Te ha sete l’anima miaa Te anela la mia carnecome terra deserta, arida, senz’acqua.Così nel Santuario Ti ho cercato,per contemplare la Tua potenza e la Tua gloria.Poiché la tua grazia vale più della vita,le mia labbra diranno la Tua lode.Ti benedirò finché io viva,nel Tuo nome alzerò le mie mani,mi sazierò
come a lauto convito,e con voci di gioia Ti loderà la mia bocca.Nel mio giaciglio di Te mi ricordopenso a Te nelle veglie notturne,Tu sei stato il mio aiuto,esulto di gioia all’ombra delle Tue ali.A Te si stringe l’anima mia.La forza della Tua destra mi sostiene.

preparazione all'assemblea 2015 (2)
Relazione è la verità da scoprire
LA SAMARITANA (seconda parte) Gv 4,16-26
Ascolto della parola (Lectio)
Le disse: « Va’ a chiamare tuo marito
e poi ritorna qui». Rispose la donna: «Non ho
marito». Le disse Gesù: «Hai detto bene “non ho marito”; infatti hai avuto
cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replicò la
donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio
sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna
adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo
monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non
conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai
Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in
spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli
che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So
che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà
ogni cosa». Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo».
Riflessioni sulla Parola (Meditatio)
“Vedo che sei un profeta”.
È un vedere sorpreso, stupito, che fa pensare. Gesù è entrato,
con delicatezza e rispetto, nella esperienza personale della donna. E la
Samaritana ne approfitta per chiarirsi un problema: “dove incontrare Dio”. È la
domanda essenziale per ogni uomo. Il luogo dell’adorazione, dell’incontro è lo
spazio dello Spirito e della Verità. Adorare significa il modo di porsi davanti
a Dio nella preghiera e nella vita. È l’atteggiamento di chi riconosce il
primato di Dio, Padre, in tutto. E il Padre “cerca” cioè desidera con passione,
quasi lottando, tali adoratori. Come intendere “in Spirito e Verità”, che è
certamente una delle più alte rivelazioni del quarto evangelo? Lo Spirito è la
forza attiva, è l’Amore, è lo Spirito Santo, che solleva l’uomo dalla sua impotenza, per collocarlo nello spazio
dell’incontro con il Padre. Questo spazio è la Verità.
E la verità è il progetto di salvezza di Dio, che si è svelato
nella “Parola fatta carne”. La Verità è Gesù. Lui è il Tempio in cui Dio
incontra l’uomo e in cui l’uomo si immerge in Dio, Padre, Figlio e Spirito.
“Credimi, donna”. “Sono io che ti parlo”. Forse ci siamo troppo
abituati a Gesù, da non considerarlo più come attuale, contemporaneo. II
rapporto con Lui, spesso diventa una pratica da compiere, un affare da
sbrigare, un dovere, un rito, una cerimonia.
La Verità è Qualcuno: Gesù.
Allora è una novità da scoprire e da
incontrare sempre; è dono, ricerca, attesa, luce, ombra, comunione,
vita, speranza, perdono, gioia.
Verifica e confronto
La nostra vita cristiana è una
pratica, un dovere, una ritualità o una novità - Gesù - da scoprire e da incontrare sempre?
La Parola si fa preghiera (Contemplatio)
O Cristo,in Te, uomo perfetto,ricevono una rispostai nostri molti problemi ed aspirazioni,ma Tu accogli le nostre attese.Perché sei Figlio di Dio.In te, o Cristo, inviato dal Padre,il Dio che cerchiamo a tentoni,è il Dio che ci viene incontro.Tu sei la rivelazionepiena, perfetta e definitiva di Dio per noi,Dio in persona.In Te il Dio lontanodiventa il Dio vicino,il Dio con noi, il Dio uno di noi,compagno di viaggio.O Cristo noi ti ripetiamo con fede:Tu sei il Messia,il Figlio del Dio vivente.

preparazione all'assemblea 2015 (3)
Relazione è lasciare, andare e dire
LA SAMARITANA (terza parte) Gv 4, 27-42
Ascolto della Parola (Lectio)
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si
meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse «Che
desideri?», o: «Perché parli con lei?». La donna intanto lasciò la brocca, andò
in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto
quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». Uscirono allora dalla città e
andavano da lui.Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose: «Ho da
mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un
l’altro: «Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Mio
cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Non
dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi
dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la
mietitura. E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna,
perché ne goda insieme chi semina e chi miete. Qui infatti si realizza il
detto: uno semina e uno miete. Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete
lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro». Molti
Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che
dichiarava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto».E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed
egli rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla
donna: «Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi
abbiamo udito e sappiamo che questi è veramenteil salvatore del mondo».
Riflessioni sulla Parola (Meditatio)
Quella donna Samaritana, è figura della Chiesa, “lasciò la brocca, andò in
città, disse alla gente...”. In questi tre verbi (lasciare, andare, dire) si
compendia la missione della Chiesa.
Lasciò la brocca: dimenticare tante cose superflue, tanti falsi valori, tante nostre
parole, che hanno oscurato quelle di Gesù e la trasparenza del Vangelo.
Recuperare il valore del silenzio e della preghiera. Lasciare o rivedere tante
impalcature di un folklore o di un ritualismo, che rassomigliano ad un
recipiente vuoto. Lasciare la brocca dell’isolamento per vivere uno stile di
comunione con Dio (vita interiore) e con i fratelli (vita ecclesiale e
pastorale).
Andò in città: significa abbandonare l’oasi tranquilla delle nostre comodità, delle
nostre certezze e conquiste per condividere, amare il nostro tempo con i suoi
problemi, attese, gioie ed inquietudini. Significa intraprendere la fatica del
viaggio del pomeriggio, per incontrare
gli altri, non per conquistarli, ma per servirli. Significa scegliere gli
ultimi, vincere la paura di parlare con i poveri, con quelli che non contano
niente e sono la speranza della storia. Significa non tenersi solo per sé il
perdono di Dio, ma trasferirlo ai fratelli. Andare a riconciliarci, lasciando
l’offerta sull’altare.
E disse alla gente: “Venite a vedere...”. È l’annuncio fatto con la vita, è
la testimonianza umile e coerente, è una esperienza di fede, comunicata. È una
proposta che fa sorgere una domanda: “Che non sia forse il Messia?”. È non
avere vergogna di Gesù e del Suo messaggio, di fronte ad
una mentalità superficiale, razionalistica e materialistica È non avere
paura di riconoscerci peccatori come persone e come Chiesa, bisognosi sempre
del perdono di Dio. È l’esperienza gioiosa di annunciare sempre meno noi stessi
ed indicare, con amore, Gesù, Maestro e Signore.
Verifica e confronto
Siamo veramente disposti a lasciare le nostre sicurezze... andare e annunciare
la misericordia del Padre all’uomo di oggi?
Alla luce del nostro statuto, siamo consapevoli che solo con la nostra vita
possiamo essere testimoni credibili?
La Parola si fa preghiera (Contemplatio)
O Signore,fa’ di me uno strumento della tua pace.Dov’è odio, che io porti l’amore,dov’è offesa, che io porti il perdono,dov’è discordia, che porti l’unione,dov’è l’errore, che io porti la verità.Dov’è la disperazione, che io porti la speranza,dov’è la tristezza, che io porti la gioia,dove sono le tenebre, che io porti la luce.Signore,fa’ che non cerchi tanto di essere consolato,quanto di consolare,di essere amato, quanto di amare.Perché è donando, che si riceveè perdonando che si è perdonati;è morendo che si risuscita a vita eterna.

la pasqua di padre albino
Questa mattina, 21 aprile 2014, nell'ottava di Pasqua e nella novena della Divina Misericordia, Padre Albino Elegante, fondatore della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore, ha concluso serenamente il suo lungo cammino terreno, per essere accolto eternamente nella gioia del Cuore di Cristo che ha profondamente amato e instancabilmente servito nella Chiesa, nella Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore, nella Compagnia Missionaria. Missionarie e Familiares, nella sofferenza del distacco, con gioia profondamente grata, affidano l'amato Padre Fondatore all'abbraccio di Dio Amore, che solo sa compensare con il centuplo la lunga, generosa e fedele disponibilità del suo servo.Il funerale sarà celebrato mercoledì 23 aprile, alle ore 14,30, nella Chiesa della Madonna del Suffragio, in via Sante Vincenzi, a Bologna.
memoria della vita di p. albino
Fare memoria della lunga vita di p. Albino significa
per noi lodare e benedire l’Amore Trinitario per le meraviglie compiute in
questo Sacerdote del Sacro Cuore di Gesù, fondatore della Compagnia Missionaria
del Sacro Cuore.
Lo facciamo, in parte, ascoltando quanto lui stesso
raccontò in un’intervista per il suo ottantesimo compleanno:
«Sono nato a Caldogno, in provincia di Vicenza, il 15
novembre 1919, da una famiglia povera e fui battezzato il 30 novembre. Mio
padre, Giovanni, lavorava i campi, ma il sabato e la domenica faceva il
barbiere; la mamma, Maria Galvan, era semplicemente casalinga. Ebbero tre
figli: Angelo, Gemma e io. Ricevetti la cresima il 24 giugno 1928.
Una sera, quando frequentavo la quarta classe, presi
in mano le Letture Cattoliche di D.
Bosco. In quell’opera lessi la storia di un missionario, che era andato in Cina
ed era morto martire, decapitato. Ho presente l’immagine che lo raffigurava in
piedi, sul parapetto della nave, mentre guardava lontano…
Anziché
spaventarmi, quella lettura fece sorgere in me un grande desiderio. Piansi
quella sera e mi dissi: “Domani vado a farmi prete”. Andai dal parroco, che mi
chiese: “Che classe fai?”. “La quarta”, risposi. “Finisci la quinta - concluse
- e poi ne riparliamo”.
Terminata la scuola, l’anno successivo, mi
accompagnò alla scuola apostolica dei Sacerdoti del Sacro Cuore, ad Albino, in
provincia di Bergamo: la mia casa distava 170 km; troppo. La nostalgia della
famiglia mi fece piangere per molte notti. Era l’ottobre 1930. Il 25 marzo successivo,
feci la vestizione. Dopo il ginnasio, il 29 giugno 1936, fui accolto come
postulante. Fui mandato ad Albisola Superiore (SV), per il noviziato, iniziato
il 28 settembre 1936 e il 29 settembre 1937 emisi i primi voti. Iniziai il
liceo: il primo anno a Spotorno (SV), gli altri due a Oropa (NO). Terminato il
liceo venni allo studentato, qui a Bologna, per lo studio della teologia. Qui
il 29 settembre 1941 feci la professione perpetua, ma dovemmo sfollare a
Castiglione dei Pepoli, sull’Appennino, a causa della guerra. Dopo tre anni fui
ordinato sacerdote, il 25 giugno 1944, dal Cardinale Nasalli Rocca, nella
vecchia chiesina del Suffragio, qui a Bologna, ma la mia famiglia non poté
essere presente. Dopo tre giorni la raggiunsi io e celebrai la prima messa a
Caldogno. Il treno che mi portò a casa fu l’ultimo che riuscì a passare. Fu
bombardata la linea ferroviaria. Il quarto anno di teologia l’ho trascorso in
famiglia, studiando sui libri del parroco. Erano stati anni difficili: c’era
poco da mangiare a Castiglione, per giovani che avevano sempre un buon
appetito. Quando arrivai a casa, la mamma mi disse che ero diventato
trasparente.
Tornato a Bologna, al termine della guerra, il superiore
mi nominò direttore dell’Apostolato della Riparazione, un’associazione che
diffondeva la spiritualità del S. Cuore, nella forma che p. Dehon aveva
consegnato alla sua congregazione: vita
d’amore e di riparazione per l’avvento del Regno del Cuore di Gesù nelle anime
e nelle società. Furono anni bellissimi, di grandi soddisfazioni. Demmo
vita anche alla rivista Adveniat Regnum tuum, diventata poi Rivista dell’Apostolato della Riparazione. Insieme
con p. Moro, che seguiva gli Amici di Gesù, associazione di bambini che
vivevano la stessa spiritualità, ho girato l’Italia, per diffondere
l’associazione, formarne i membri, predicare gli esercizi spirituali.
Tra le giovani iscritte all’Apostolato della
Riparazione, alcune volevano consacrarsi totalmente al Signore e io indicavo
loro gli istituti dedicati al S. Cuore, ma finalmente, a Cesuna (VI), durante
un corso di esercizi, nel 1955, con un piccolo gruppo di giovani che
desideravano la vita di consacrazione, decidemmo di dare inizio ad una nuova
realtà. Fu quello il primo passo verso la Compagnia Missionaria del Sacro
Cuore, che nacque a Bologna la notte di Natale del 1957”.
Fin qui la testimonianza diretta di p. Albino.
Il cammino, iniziato con tanto entusiasmo e tante
speranze, ha richiesto ascolto e impegno, ricerca e fatica per comprendere i
sentieri di Dio, sempre nello spirito dell’Ecce
venio e dell’Ecce ancilla, sotto
la spinta del motto Guardare lontano.
La Compagnia Missionaria, arricchitasi fin dai primi
anni di consacrate portoghesi, nella seconda metà degli anni ’60 andava
intraprendendo vie nuove: le missionarie studiavano teologia con gli studenti
dehoniani; si preparavano a partire per il Mozambico; cominciavano ad
impegnarsi nell’animazione del tempo libero con la gestione stagionale di una
casa per ferie e con l’agenzia ITER; in diretta collaborazione con p. Albino
offrivano alle parrocchie il servizio di evangelizzazione nella forma delle
missioni popolari.
Cominciava intanto a bussare alla porta un’altra
realtà, che p. Albino accolse, coltivò, cercando di darle, nel volgere del
tempo, una fisionomia sempre più chiara: i familiares, laici uomini e donne che
assumono la spiritualità e partecipano alla missione della Compagnia
Missionaria senza i voti di consacrazione.
Nell’apertura allo Spirito, con il sostegno e
l’accompagnamento di p. Albino, la Compagnia Missionaria è cresciuta e si è
diffusa in quattro continenti, costringendo il Fondatore e viaggiare molto, a
imparare diverse lingue e… a prendere molta confidenza con computer e posta elettronica.
Con gioia e gratitudine, nel corso degli anni, p.
Albino ha accolto i riconoscimenti della Chiesa per la Compagnia Missionaria:
il 25 marzo 1958 l’erezione in Pia Unione da parte del Card. Lercaro, l’8
settembre 1983 l’erezione in Istituto Secolare di Diritto Diocesano da parte
dell’Arcivescovo Mons. Manfredini, il 10 giugno 1994, con il consenso del Papa
Giovanni Paolo II, l’elevazione a Istituto di Diritto Pontificio da parte della
Congregazione per gli Istituto di vita consacrata.
Dopo essersi dedicato a tempo pieno alla Compagnia
Missionaria fino al 1979, pur continuando ad accompagnarla spiritualmente, si è
reinserito pienamente nella vita della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro
Cuore: dal 1979 al 1982 è stato superiore nella comunità di Albisola (SV); dal
1982 al 1985 nella comunità di Boccadirio (BO). Dal 1985 è stato nella comunità
della Parrocchia del Suffragio e poi nella comunità dello Studentato, qui a
Bologna, dedito per più di 20 anni alla segreteria dei benefattori.
Dal settembre 2011, avendo bisogno di assistenza per
sopraggiunti problemi di salute, ha vissuto serenamente nella comunità della
Compagnia Missionaria in via Guidotti, a Bologna, circondato dall’affetto delle
missionarie.
In serenità e pace, è passato da questo mondo al
Padre, il mattino del 21 aprile 2014, lunedì di Pasqua.
Con gioia profondamente grata, lo affidiamo
all'abbraccio di Dio Amore, che solo sa compensare con il centuplo la lunga,
generosa e fedele disponibilità del suo servo.

omelia al funerale di p. albino
Carissime
sorelle della Compagnia Missionaria, cari amici di p. Albino, carissimi confratelli,
oggi,
quando il giorno di p. Albino è ormai tramontato, noi siamo entrati nel tempio,
dove vogliamo lodare Dio per il nostro fratello e padre Albino: nella sua vita,
a modo suo, ha cercato il Signore, quel Signore che sempre crea comunione tra
gli uomini, anche se noi fatichiamo a vederla e a ricercarla.
Noi
oggi siamo gli uomini e le donne dal cuore che sa “gioire”, oggi siamo in
festa. Una festa segnata dal dolore della morte, ma scaldata dalla forza della
Parola di Dio che sa far ardere il cuore. Il nostro volto triste incontra oggi
Colui che ogni giorno si spezza e si dona all’umanità. È solo questo gesto
d’amore intenso che fa rinvigorire le nostre caviglie stanche e atrofizzate e
ci rende di nuovo uomini e donne che sanno camminare, saltare, partire senza
indugio.
Siamo
noi, oggi, l’uomo che veniva portato per chiedere l’elemosina fin alla soglia
del tempio – non dentro – con l’intento di trovare una risposta al proprio
bisogno, sperando ed elemosinando qualche buon gesto, e che si trova a varcare
finalmente la soglia del Tempio, del luogo in cui poter lodare Dio. In cui
poter saltare per Dio. Lo fa non per merito proprio ma solo come dono gratuito
e inaspettato.
Siamo
noi, oggi, lo storpio che ottiene in dono una Parola che ha la forza, se accolta,
di rimetterci in piedi per “provocare” stupore e meraviglia in chi ci guarda e
vede nella nostra vita, in trasparenza, l’azione vivificante di Dio, che sa far
risorgere ogni uomo e donna.
Siamo
noi, oggi, Cleopa e il suo compagno di strada, segnati dalla confitta, uomini
dallo sguardo basso, dal passo stanco, che ragionano troppo spesso al passato,
ad essere “avvicinati” dall’uomo che sempre cammina con noi, il Signore Gesù
Risorto.
Siamo
noi, oggi, i due uomini in cammino per Emmaus che sazi di Parola e Pane, con il
cuore ardente, possono ripartire senza indugio e ritornare dove la comunità è
riunita e insieme gridare con forza “davvero il Signore è risorto ed è apparso
a Simone!”.
Qui
attorno alla bara del nostro fratello e padre Albino ci sono dei fratelli,
delle sorelle, delle figlie che vogliono continuare a “narrare” ciò che è
accaduto di straordinario nella nostra vita e come lo abbiamo riconosciuto nel
pane e nella Parola che altri fratelli e sorelle hanno spezzato e condiviso con
noi.
La
Pasqua di Gesù, continuata nella pasqua di Albino, è la nostra Pasqua. Siamo
stati chiamati ad essere uomini e donne dal “cuore che sa gioire”, sa fare
festa, perché riconosciamo le meraviglie del Signore Risorto nella nostra vita.
Le abbiamo viste realizzate nella vita e nella carne fragile di tanti uomini e
donne e tra questi p. Albino.
Siamo
stati chiamati a essere donne e uomini capaci di attraversare la soglia del
Tempio, la soglia della presenza di Dio nella nostra vita. È possibile
rispondere a tale chiamata se ci fidiamo – non dei beni, dell’oro o
dell’argento che possiamo desiderare e possedere – ma della Parola di Vita che
ci è stata consegnata da uomini e donne di fede e tra questi p. Albino.
Siamo
stati chiamati a partire senza indugio per andare agli altri e raccontare come
la Parola e il Pane spezzato aprono i nostri occhi e ci rendono capaci di
guardare alla vita con uno sguardo nuovo, pieno di luce, caldo, perché nasce da
un cuore riscaldato dall’amore del Risorto. Una Parola e un Pane spezzato che
ci è stato messo nelle mani da uomini e donne di parola e di condivisione, e
tra questi p. Albino.
Siamo
stati chiamati a formare comunione, a diventare uomini e donne del “con”,
dell’insieme, di “compagnia”, che sanno entrare alla presenza di Dio con i
fratelli e le sorelle che vivono accanto; che condividono la fatica e la sconfitta
con chi vive al nostro fianco; che sanno allargare la propria tavola a chi fa
strada con noi; che sanno riconoscere la fatica di ogni sera che segna la vita
di tutti; che sanno ascoltare le meraviglie operate dal Risorto nella vita di
chiunque. Compagnia che ci è stata testimoniata da uomini e donne che, pur
nella fatica, hanno cercato di farsi compagni di tutti, e tra questi p. Albino.
Siamo
stati chiamati a essere noi come le donne che si sono recate al mattino alla
tomba e che hanno saputo dire la grande notizia della mattina di Pasqua: il
Signore è vivo. Uomini e donne che mettono la propria vita e voce a servizio
dell’annuncio del Vangelo della Vita, anche se siamo ancora lenti di cuore nel
credere e abbandonarci all’amore di Dio. Ma la nostra fede ha radice in quanto
molti uomini e donne hanno testimoniato con la loro vita e le loro parole, e
tra questi p. Albino.
Ti
ringrazio Signore perché ci hai donato in p. Albino un uomo che, nella sua
fragilità e nella sua umanità, ci ha permesso di vedere in trasparenza qualcosa
del tuo grande mistero di vita. Ti ringrazio perché ci hai raccolti oggi
insieme, uomini e donne che fanno del tuo amore la ragione della loro vita, e
ci chiami – nella semplice parola della vita di Albino – a diventare compagni
di strada per annunciare insieme il Vangelo della vita, che sa ridare vigore,
ancora oggi, alle caviglie fiacche e ai cuori tristi.
P. Oliviero Cattani, Superiore Provincia Italia Settentrionale Sacerdoti del Sacro Cuore
