Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La
COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede
centrale a Bologna, ma è diffuso in varie regioni d’Italia, in Portogallo, in
Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
All’istituto
appartengono missionarie e familiares
Le
missionarie sono donne consacrate
mediante i voti di povertà, castità, obbedienza, ma mantengono la loro
condizione di membri laici del popolo di Dio. Vivono in gruppi di vita fraterna
o nella famiglia di origine o da sole.
I
familiares sono donne e uomini,
sposati e non, che condividono la spiritualità e la missione dell’istituto,
senza l’obbligo dei voti.
News
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27 / 05 / 2020
SOLENNITA' DEL SACRO CUORE DI GESU'
Venerdì 19 giugno 2020...

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27 / 05 / 2020
SOLENIDADE DO SAGRADO CORAÇÃO DE JESUS
Sexta-feira 19 de junho de 2020...

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27 / 05 / 2020
SOLEMNIDAD DEL SAGRADO CORAZÓN DE JESÚS
Viernes 19 de junio de 2020...

missione di offerta
Questo è il titolo che voglio dare alla mia condivisione
di “Cuidadora”...colei che si cura degli altri. Per otto anni, dopo che aveva
perso la capacità di camminare ed era immobile a letto, ho aiutato mio padre in ciò che ho potuto,
collaborando con i miei fratelli perchè tutti erano impegnati nelle loro
attività professionali. L’ho
“accompagnato” fino al giorno in cui il Signore lo ha chiamto a sé: era il 1°
febbraio 2017.
Intanto dal mese di ottobre del 2016, sto ogni giorno
accanto a mia madre, dandole tutto l’affetto e la tenerezza di cui ha bisogno e
che merita, perchè è totalmente dipendente. Io sono ormai in pensione, per
questo posso offrirle tutta la mia disponibilità.
Noi siamo 11
fratelli e tutti danno la loro collaborazione, il meglio che possono, facendo,
fin dall’inizio della malattia di mamma, i turni delle notti e i fine
settimana.
Sento che questa è una missione grande ed esigente,
soprattutto dopo che mamma è caduta, il 31 marzo 2016; da allora il suo
cervello è rimasto molto lesionato e non sempre ci capisce. Nei primi tempi dopo
la caduta si nutriva con il sondino, ma
ora già riesce a mangiare normalmente, anche se è necessario prepararle il
cibo, tenendo conto delle sue difficoltà di deglutire. Mia mamma è la dolcezza
in persona, molto serena ed ha un bel sorriso.
Come dicevo nel titolo, si tratta della mia missione
di offerta verso coloro che ci hanno dato la vita perchè, uniti a Gesù, possano
vivere una vita degna, con molto amore e tenerezza da parte di tutti i figli e
del resto della famiglia. Per questo la mia missione, dall’ottobre 2016 è aver
cura degli altri, amare e servire. Questa missione è esigente. Molte volte ho
difficoltà a vivere i momenti di preghiera come mi piacerebbe e dovrei, come
consacrata, ma cerco di conciliare nel
migliore dei modi la mia vita di azione con la contemplazione. Infatti non
riesco a partecipare all’Eucarestia ogni giorno, ma faccio della mia donazione
a mia madre la mia Eucaristia. Riesco a combinare l’impegno con l’esigenza di prendere parte ai momenti di
ritiro e di formazione, organizzati dal mio gruppo di appartenenza, durante i
quali vengo sostituita nel mio lavoro dai miei fratelli che si prendono cura
della mamma.
Sono felice di poter accompagnare mia madre in questi
ultimi tempi della sua vita, anche se non sappiamo quanto durerà. Sì, ho in me
una grande gioia di poter condividere i miei giorni con la mamma che mi ha dato
la vita e sempre si è preoccupata per la mia salute, se stavo bene, così come
si è preoccupata di tutti i miei fratelli. E’ stata una madre sempre presente.
In coscienza sento il dovere di prendermi cura di tutti, ma in particolare di
quelli che ci hanno dato la vita: devono essere “ONORATI, AMATI E ASSISTITI CON AMORE”, come dice papa
Francesco. Come famiglia siamo molto uniti, abbiamo dato quanto di meglio abbiamo
potuto e ora continuiamo la nostra missione con mamma. Questa è la mia
condivisione a collaborare all’Opera del Creatore, che ringrazio di tutto cuore
per i genitori che ci ha dato.
Con un
abbraccio grande a tutti e a ciascuno che riceve il nostro Vinculum...
Maria Amelia, missionaria del gruppo di Porto

purificazione del tempio
Entro nel silenzio: del
corpo (cerco una posizione in cui stare comoda, ma concentrata e ferma), della
mente, del cuore, della bocca.
Prendo consapevolezza della
presenza di Dio, che vuole parlarmi e invoco lo Spirito Santo.
Leggo attentamente il brano. Se siamo in gruppo una persona proclama la
Parola:
Gv 2,13-22
In silenzio rileggo, cercando
di cogliere, anche sottolineando, le
parole o frasi che attirano la mia attenzione, che suscitano un sentimento di
commozione, di gioia, di timore, che provocano perplessità, incomprensione…
Per cogliere il significato di
alcune frasi o parole, è utile andare a leggere ciò che precede il brano che
voglio meditare, o cercare in altri brani frasi simili. Si tratta di leggere la
Bibbia con la Bibbia.
È molto utile entrare nell’episodio descritto, fare
la composizione del luogo:
immaginare il posto, al situazione, le persone, l’avvenimento che viene
narrato, e porre me stessa all’interno del racconto, trovare il mio ruolo;
posso identificarmi con uno dei personaggi presenti, comunque è importante coinvolgermi in ciò che leggo.
Medito. Se
siamo in gruppo, una persona può suggerire alcuni spunti di meditazione.
v.
13: … la Pasqua… a Gerusalemme
La Pasqua è la festa della
liberazione che prepara l’alleanza nuziale tra Dio e il popolo. Gerusalemme è
la città santa, la città di Dio, la città dell’alleanza. È la sposa, l’amata.
Il segno dell’alleanza è il tempio dove Dio abita nel cuore della città. Dopo
il segno a Cana, dove si rivela come lo Sposo, Gesù sale a Gerusalemme per la
Pasqua. Va a cercare la sua sposa. Per liberarla.
vv.
14-15: … fece
una frusta di cordicelle … gettò a terra…
Il
secondo segno nuziale. Il bell’annunciovangelo, offerto già dai profeti, e che
Gesù è venuto a compiere, è che Dio ama tanto l’umanità da volerla come sposa
libera, a cominciare da Gerusalemme. La sua presenza nel Tempio, cuore della
città, è la testimonianzaprofezia di questo amore.
Ma quando lo Sposo viene nella
sua casa, trova la sposa, liberata un tempo dalla schiavitù politica, schiava
dell’idolatria, intenta a mercanteggiare l’amore. Di quell’amore totale e
gratuito che Dio offre, la sposa ne fa mercato. Crede di comprare con denaro,
con offerte di animali, la benevolenza di Dio, che invece offre se stesso e il
suo Unigenito per amore. Poiché il grande potere, nelle relazioni umane, è
quello del denaro, anche nella relazione con Dio,
il vero potere
è riconosciuto al denaro. E così
anche davanti a Dio l’umanità si deve dividere in ricca o povera, a seconda del
denaro che ha per comprare l’offerta del sacrificio.
La reazione violenta di Gesù è
segno profetico, manifesta la sua passione d’amore, perché l’amore che si
compra è prostituzione. Il tempio, luogo sacro dell’Amore è trasformato in
luogo di prostituzione. Dio non si compra con l’offerta di agnelli e buoi.
Entra nel tempio il vero Agnello di Dio che offre se stesso al popolo per
liberarlo dalla mortale idolatria.
vv.
16-17: … ai venditori di colombe… non
fate della casa del Padre mio un mercato!
La colomba è simbolo di
Israele. Nel Cantico dei Cantici, l’innamorato così si rivolge all’amata:
“Alzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!
O mia colomba, che stai nelle
fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi
sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è incantevole”.
(Ct 2,13-14).
E nella Casa del Padre, le
colombe immagine della sposa, vengono vendute. Ancora un’immagine dell’amore
sottoposto a mercato, segno del tradimento dell’amore. La casa è il luogo
dell’amore nuziale, della fedeltà, dell’intimità tra lo sposo e la sposa. La
casa dell’Amore di Dio è profanata, insozzata dall’idolatria: il vero dio di
cui si riconosce il potere è il denaro, tradimento dello sposo e schiavitù
della sposa. Questa ira di Gesù rivela la gelosia di Dio. Dio è geloso di noi,
nel senso che ci difende, a costo della sua vita, dall’idolatria che ci uccide.
E i discepoli cominciano a
comprendere le parole del salmo 69: “La passione per la casa dell’amore mi
divora”.
vv.
18-21: “Distruggete questo tempio e in
tre giorni lo farò risorgere”
I giudei chiedono a Gesù le
credenziali dei segni, per poter riconoscere la sua autorità. Anche a noi,
troppo spesso, non bastano la Parola e la Vita di Gesù per credere, chiediamo
segni straordinari, miracoli. Ma l’unico segno sarà l’antisegno: il crocifisso!
L’esatto contrario di ciò che ci aspettiamo: aspettiamo i segni del potere. Ci
verrà dato il segno della debolezza dell’amore.
Con questo gesto della
purificazione del Tempio, Gesù vuole purificare noi, liberarci dall’idolatria e
dalla schiavitù del denaro e del potere che con esso crediamo di acquistare.
E vuole rivelarci che il vero
tempio non è più quello di pietre e in muratura. Il vero Tempio è Lui e viene
distrutto: anche di Lui fanno mercato, venduto per trenta denari! Ma Lui non si
vende al successo e alla menzogna, per questo muore, fedele all’amore del Padre
e fedele all’amore anche verso coloro che lo uccidono, perché piova su loro il
perdono del Padre e abbiano la vita eterna. E la risurrezione al terzo giorno
suggella la vittoria dell’amore sulla morte.
v.
22: Quando fu risuscitato dai
morti…
Noi siamo discepoli, siamo la
chiesasposa, ma come i discepoli di allora ancora oggi proviamo disagio di
fronte a questa scena, a questo comportamento di Gesù. Ci sembra che
contraddica tutto ciò che egli ci rivela dell’amore e della misericordia.
L’evangelista dichiara che solo se abbiamo contemplato il crocifisso risorto
possiamo accogliere questo segno che Gesù compie. È la stessa passione d’amore
che lo ha condotto a offrirsi liberamente alla passione dolorosa e alla morte
di croce. Non ha reagito con la frusta contro chi oltraggiava e torturava lui.
Ma reagisce con la frusta contro chi, in nome dell’onore da offrire a Dio,
rende schiava la sua sposa e oltraggia il Padre.
Lasciamoci stupire dall’agire
di Gesù, lasciamoci stupire dalla sua croce, che è la piena rivelazione di Dio.
E lasciamo che ci scandalizzi la passione del suo Cuore, se è la sua arma per
distruggere immagini false e idolatriche che ancora inquinano il nostro
rapporto con lui, lo Sposo che ama e si dona, non l’idolo che attende di essere
conquistato con preghiere e offerte a pagamento.
Se siamo in gruppo, dopo qualche momento
di silenzio, è bene fare la condivisione, dove ciascuno parla e ascolta, senza
discussione. È lo Spirito che parla in ognuno.
Infine prego o preghiamo a partire dalla
Parola ascoltata.

cercare insieme cammini possibili
Convegno
Internazionale della Vita Consacrata
Ho
partecipato a Roma, dal 3 al 6 maggio, al convegno
internazionale “Consecratio
et consecratio per evangelica consilia… riflessioni, questioni aperte, cammini
possibili” organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di Vita
consacrata e le Società di vita apostolica, presso la Pontificia Università
Antonianum.
A partire da un’attenta e critica lettura
dell’effettiva realtà presente oggi nella Chiesa il Dicastero ha avviato una
riflessione sui diversi significati che vengono attribuiti alle espressioni
“consacrazione” e “vita consacrata”. Il desiderio era quello di coinvolgere i
membri delle diverse forme di vita consacrata, delle associazioni di laici e
dei movimenti nella riflessione intorno ad alcune quaestiones
individuate in un Seminario sulla stessa tematica, che ha visto la
partecipazione di teologi, canonisti ed altri esperti.
“Rappresentiamo un popolo numeroso nella Chiesa e cerchiamo insieme di
permettere che il vino nuovo di Gesù rinnovi gli otri della vita consacrata,
affinché sperimentiamo la gioia del Vangelo e aiutiamo il Signore a donarlo a
tanti altri che si avvicinano a noi. Se da una parte la Chiesa ci assicura che
tutte le forme di consacrazione vera sono un dono dello Spirito Santo per la
vita di tutto il corpo ecclesiale, dall’altra abbiamo bisogno di criteri
autentici per discernere quello che sta succedendo”, così il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione, ha
accolto più di 600 partecipanti, giunti da tutto il mondo. “Nelle circostanze attuali, prendere coscienza più chiara della
consacrazione battesimale che ci ha generati figli di Dio e costituiti fratelli
e sorelle nella passione, morte e resurrezione del Signore – ha continuato
il cardinale -, ci potrà anche aiutare a
capire meglio il senso della consacrazione in maniere diverse ma complementari all’interno
del popolo di Dio”.
La prima relazione è stata quella della teologa suor Nuria Calduch, che ha
offerto una visione d’insieme sulla consacrazione sottolineando le dimensioni
profetica e sapienziale della vita consacrata. Si è poi soffermata sui passaggi
del Vangelo nei quali si riflettono le dimensioni essenziali della vita
consacrata: consacrazione, vocazione e vita in comune. Subito dopo,
l’intervento a due voci di mons. José Rodríguez Carballo, arcivescovo
segretario e suor Carmen Ros Nortes, sottosegretario, ha offerto una sintesi
del cammino percorso finora e tracciato gli obiettivi del convegno. “La consacrazione – ha affermato Mons.
Carballo – non è statica, non è un atto
escludente, ma un processo integratore di differenze. Dietro ogni espressione
utilizzata per definire la vita consacrata c’è una ricchezza teologica e
carismatica da non perdere. Se la vita consacrata è un mosaico di carismi,
questi non possono essere definiti, ma ‘raccontati’, ‘narrati'”. Suor Ros
Nortes, ha sottolineato l’importanza di portare avanti nuove riflessioni, “per non rimanere fermi a schemi vecchi o
inappropriati, ma per comprendere meglio qual è il nostro oggi come consacrati
nella Chiesa e nel mondo”.
Papa Francesco, in udienza all’aula Nervi, ai Partecipanti al Convegno internazionale degli Istituti di Vita Consacrata - maggio 2018, ha indicato i criteri autentici che guidano nel discernimento: … “Mi sono domandato: quali sono le cose che lo Spirito vuole si
mantengano forti nella vita consacrata? … Queste sono colonne che rimangono,
che sono permanenti nella vita consacrata: la preghiera, la povertà
e la pazienza.
… La preghiera è tornare sempre alla prima chiamata … ritornare a
quella Persona che mi ha chiamato … è tornare dal Signore che mi ha invitato a
esserGli vicino. Tornare da Lui che mi ha guardato negli occhi e mi ha detto:
“Vieni. Lascia tutto e vieni”. … E la preghiera è quello che fa che io lavori
per quel Signore, non per i
miei interessi o per l’istituzione nella quale lavoro. … La preghiera, nella
vita consacrata, è l’aria che ci fa respirare quella chiamata, rinnovare quella
chiamata. … Non si può vivere la vita consacrata, non si può discernere ciò che
sta accadendo senza parlare con il Signore.
… La povertà è la madre, è il muro di contenimento della vita consacrata. … Senza
povertà non c’è fecondità nella vita consacrata. Ed è “muro”, ti difende. Ti
difende dallo spirito della mondanità … il diavolo entra dalle tasche. …
Povertà secondo le regole, le costituzioni di ogni congregazione. … Ci sono tre
scalini per passare dalla consacrazione religiosa alla mondanità religiosa. …
Primo: i soldi, cioè la mancanza di povertà. Secondo: la vanità, che va
dall’estremo di farsi “pavone” a piccole cose di vanità. E terzo: la superbia,
l’orgoglio. E da lì, tutti i vizi.
… La pazienza. … Entrare in pazienza è un atteggiamento di ogni consacrazione, che va
dalle piccole cose della vita comunitaria o della vita di consacrazione, che
ognuno ha, in questa varietà che fa lo Spirito Santo … Dalle piccole cose,
dalle piccole tolleranze, dai piccoli gesti di sorriso quando ho voglia di dire
delle parolacce …, fino al sacrificio di sé stessi, della vita. … E anche
pazienza davanti ai problemi comuni della vita consacrata: pensiamo alla
scarsità di vocazioni. … Manca la pazienza e finiamo con l’“ars bene moriendi”. Posso domandarmi:
… accade nel mio cuore? La mia pazienza è finita e vado avanti sopravvivendo?
Senza pazienza non si può essere magnanimi, non si può seguire il Signore: ci
stanchiamo. Lo seguiamo fino a un certo punto e alla prima o alla seconda
prova, ciao. … Questa “ars bene
moriendi”, è l’eutanasia spirituale di un cuore consacrato che non ce la
fa più, non ha il coraggio di seguire il Signore. E non chiama …
… State attenti su queste tre “p”: la preghiera, la povertà e la pazienza.
State attenti. E credo che piaceranno al Signore scelte – mi permetto la parola
che non mi piace – scelte radicali
in questo senso. Siano personali, siano comunitarie. Ma scommettere su questo.
… E vi auguro fecondità. Mai si sa
per quali vie passa la mia fecondità, ma se tu preghi, se sei povero, se sei
paziente, stai sicuro che sarai fecondo”.
L’incontro è continuato in tempi di confronto tra tutti i partecipanti e in
lavori specifici per le distinte realtà Ordo virginum, Istituti religiosi, Società di vita
apostolica, Istituti secolari, Nuovi istituti e nuove forme, Associazioni e
Movimenti. I lavori di gruppo sono stati uno spazio importante di incontro tra
le persone e la condivisione di riflessioni ed esperienze sulla
consacrazione, sul carisma, sulla fraternità e missione. Spazio di confronto dove riconoscere gli elementi comuni di sequela Christi, lo
specifico di ogni realtà, la necessità di avviare cammini di rinnovamento per
una cultura della formazione permanente, di integrazione tra culture differenti
e avviare processi di dialogo tra le radici di fondazione e l’oggi.
A
conclusione di questi tre giorni, il cardinale João Braz de Aviz, ha indicato che: “Dobbiamo continuare a camminare insieme, in
modo sinodale, perché lo Spirito Santo parla solo dove c’è armonia di vita
fraterna”. La riflessione sul tema della “consacrazione”, iniziata in
questi giorni, deve essere ulteriormente sviluppata, prima di tutto dalla
prospettiva teologica, tenendo conto degli insegnamenti del Vaticano II e del
Magistero; tutto questo è fatto meglio in comunione con altri Dicasteri. Da
parte sua, mons. José Rodríguez Carballo, Arcivescovo Segretario, ha affermato:
“La consacrazione è una realtà dinamica, in
itinere… È una identità in relazione, perché il carisma ha un aspetto
relazionale. Possiamo essere l’aurora della Chiesa – come ieri
ci ha detto il Papa – se camminiamo
insieme, in comunione con la Chiesa e in comunione con il mondo”.
Sono stati
giorni intensi ma belli, si è respirato un’aria nuova… il desiderio di un
rinnovamento che sappiamo essere difficile perché passa per la vita di
ciascuno, ma che si è visto nei modi di condurre, nelle riflessioni aperte,
nell’accoglienza della diversità e nel creare fraternità.

nella gioia del signore
Carissime/i,
mi pare bello in occasione del 60° CM
invitare ciascuna missionaria e ciascun familiares a dare grazie a Dio per la Sua presenza in mezzo a noi e con noi e
per quanto continua a operare nelle nostre vite e nella Compagnia Missionaria
del Sacro Cuore nel suo insieme.
Oltre la festa celebrata a Bologna il
27 dicembre 2017 si sono organizzate e se ne organizzeranno altre localmente
nei vari gruppi CM sparsi per il mondo.
Ma un 60° si vive anche riconoscendo
umilmente le nostre infedeltà, peccati e le nostre povertà e limiti nel
rispondere all’amore di Dio ed alla sua misericordia. Per questo propongo in
questa quaresima 2018 che facciamo un serio discernimento su un punto che per
noi è fondamentale:
LA COMUNIONE
Quanto
e come viviamo il perdono reciproco e la riconciliazione? Il nostro Statuto al n. 73 dice: “Costruiremo
la comunione solo se unite a Cristo e alla fonte inesauribile del suo cuore. Da
qui scaturiscono le espressioni concrete della vita di comunione che sono:
ascolto, accoglienza, comprensione, perdono, dialogo, corresponsabilità nei
confronti di tutti gli uomini, ma in particolare di coloro con cui si svolge il
nostro rapporto quotidiano”. E il RdV al
n. 72 dice: “perdere tutto piuttosto che perdere la carità”, secondo la consegna del nostro Fondatore.
Credo che se confidiamo nella
misericordia del Signore ed agiamo secondo il Suo Spirito troveremo la capacità
di “fare il primo passo” per un incontro autentico con Dio, tra di noi e con
gli altri e giungeremo alla Pasqua con un cuore riconciliato e pacificato.
E’ questo il mio augurio: una Pasqua
nella quale incarniamo il dono più prezioso, “la
comunione”. Apriamoci e sosteniamoci a vicenda in questo cammino.
Ripropongo il
mio messaggio per la festa del 60° a Bologna:
Nella gioia del Signore
che sempre rinnova e dona vita
Prima di tutto un grazie di cuore per la
vostra presenza in questa festa del nostro
60° di fondazione. Sì, la Compagnia Missionaria del Sacro cuore è nata e
si è sviluppata da qui.
“La
Compagnia Missionaria del Sacro Cuore è stata fondata il 25 di dicembre 1957 a
Bologna da Padre Albino Elegante scj. Egli ha ricevuto la grazia e la missione
di arricchire la Chiesa di un Istituto Secolare che si ispira al carisma
evangelico di P. Dehon. Per noi missionarie la spiritualità d'amore e di
oblazione (Ebr.10,5-9), che scaturisce da tale carisma, caratterizza la nostra
consacrazione secolare e la nostra missione nel mondo” (dal n. 1 del nostro Rdv).
Con P. Albino e tra di noi si è vissuta
l’esperienza di una crescita condivisa nel pensiero e nelle attuazioni concrete
dove il Signore ci ha seminato. Un Istituto secolare che desiderava e desidera
essere presente nel mondo come fermento di vita evangelica nella quotidianità e
nella comunione ecclesiale per l’avvento del Regno di Dio.
E questa casa che chiamiamo delle origini o
anche “centro” è stata importante per la crescita di tutta la nostra famiglia
che nel tempo si è allargata; ha preso la sua forma originale dove l’aspetto
missionario nelle sue varie forme si è consolidato.
Il logo del
nostro 60° include una frase
che può essere
la sintesi della nostra testimonianza “Vivere comunione e missione con cuore accogliente e misericordioso
“. Una
sintesi
che abbraccia il nostro passato ed il nostro futuro. Le nostre radici ed i
frutti che ancora aspettano di maturare sull’albero della nostra famiglia,
la Compagnia Missionaria del Sacro
Cuore.
Una delle caratteristiche che ci
contraddistinguono è la presenza in vari continenti oltre
l’Europa: Africa, America Latina, e Asia. Presenze significative anche se molto
piccole che desiderano vivere la gioia del Vangelo in ogni ambiente e nella
concretezza della fede in comunione con la Famiglia Dehoniana.
Sappiamo come l’Europa sia in questo momento provata dalla mancanza
di vocazioni alla vita consacrata. Ci ritroviamo con un numero crescente di
membri che vivono la fragilità dell’anzianità
ma che accolgono vigilanti e con cuore appassionato, con speranza una fecondità donataci dalla
provvidenza.
Oggi abbiamo voluto avere presenti qui le
giovani consacrate di altri paesi, alcune del Mozambico e della Guinea Bissau ed altre dell’Argentina e del Cile, perché il volto
della Compagnia Missionaria fosse più completo e perché potessimo vivere
insieme questo evento nella gioia del Signore che sempre rinnova e ci dona vita
e vita in abbondanza.
Ecco allora l’augurio perché possiamo
vivere questa festa come dono e come gratitudine per quelli che hanno servito
generosamente con il loro sacrificio e
la loro offerta (e qui ci sono alcune
delle prime: Bianca, Irene … ) e ci siamo tutte noi a dire insieme il nostro
grazie.
Gratitudine per P. Albino Elegante e tutte
coloro che ci hanno preceduto nel Regno dei Cieli e che,
con noi nella comunione dei santi, ci sostengono
nell’oggi della storia. Un grazie al Cuore di Cristo fonte di amore totale e
gratuito e a Maria nostra madre, guida e custode di cui sentiamo la presenza
costante e benefica.
Un
grazie a tutti/e voi che ci rallegrate con la vostra presenza e condividete con
noi questa giornata.
Bologna,
27 dicembre 2017
Martina
Cecini
Presidente

un sogno... una realtà
Carissime/i, al mio rientro in Portogallo dalla
Guiné-Bissau, dopo sei anni di missione, voglio benedire il Signore che mi ha concesso di far parte di questo popolo e di condividerne le difficoltà e le speranze
in un futuro migliore che sembra tardare… In alcuni
momenti non si intravvede nemmeno una piccola luce in fondo al tunnel, a causa dalla
instabilità che è una costante e che blocca lo sviluppo in questa piccola nazione
della Costa Africana.
La mia collaborazione nella segreteria della
scuola mi ha dato l’opportunità di intessere relazioni positive con i genitori
degli alunni, inoltre ho potuto percepire meglio la realtà e le difficoltà
delle loro famiglie. Venendo in segreteria i genitori coglievano l’occasione
per aprirsi alla confidenza e per condividere la loro vita come se ci
conoscessimo già da molto tempo.
Il terreno dove sorge la scuola di S. Paulo, e dove abitiamo
noi, é pure luogo di accoglienza, dove le persone cercano ogni giorno aiuti per
i molti problemi che le preoccupano e
dove, di sabato e di domenica, si riuniscono alcune centinaia di persone, tra
adulti, giovani e bambini, che prendono parte alla catechesi e alla messa
festiva.
Celebriamo l’Eucaristia sotto gli alberi di cajù, grandi alberi
frondosi, che offrono l’ombra dei loro rami ricchi di foglie e riparano tutte
le persone dai raggi cocenti del sole.
Rivedo ancora i piccoli attaccati alle gonne delle mamme,
che cercano di trattenere, perché i loro
passi non sono come quelli degli adulti,
e i bambini, che vanno a scuola a piedi scalzi sul sentiero di terra battuta
sotto un sole accecante, tipico del continente africano.
Ho lasciato per ultimi, tanto mi sembra passato molto tempo, uomini e donne che, con
il sorriso sulle labbra vanno al loro duro lavoro, il viso grondante di sudore,
per guadagnare a fine giornata qualche cosa da mangiare insieme alla loro
famiglia.
La mia esperienza in questa terra non è stata frutto di
casualità. Qui, tra questa gente io ho imparato sia a staccarmi da molte cose,
sia a vivere nella semplicità. Possedere tanto poco ha riempito il mio cuore e
mi ha dato ali per librarmi verso l’infinito. Il cinguettare dei passeri, il
sorriso e le fragorose risate dei bambini mi hanno dato la forza, nel mio
silenzio, di lodare con loro il Signore e mettere la mia vita nelle Sue mani.
La semplicità di ciò che mi circondava, mi ha aiutato a
entrare in me, a spogliarmi di tante cose che sono solo di inciampo nel cammino
di una vita missionaria. Se puoi andare in missione e lasciare un po’ di
profumo, va’, ma non trattenerti! Non ti fermare! Cammina! Altri ti aspettano e il Regno
di Dio deve essere annunciato anche attraverso il tuo lavoro e ancora per ciò
che tu sei e non solo per ciò che annunci. La tua vita parla molto più delle
tue parole.
Né i venti né le piogge potranno distoglierti dalla tua
decisione di partire un giorno per questa avventura, di andare incontro ad un
popolo che ti sta aspettando, di andare incontro ai bambini che giocano e si
divertono con quel minimo di cui dispongono: potrà essere una lattina vuota,
con cui costruire un camioncino; intelligenti e saggi sanno vivere con poco o
quasi niente, ma non perderanno il sorriso di felicità che hanno stampato in
volto.
Lodo il mio Signore che mi ha dato la possibilità di fare
questa esperienza e di vivere questi anni inserita in un’altra cultura, con
tante tradizioni, con svariatissime etnie, tra gli odori, il caldo soffocante,
le montagne di immondizie, le strade non transitabili nei giorni di pioggia che
rallenta gli spostamenti e, sia che tu sia a piedi o in macchina, ti ci
vogliono molte ore prima che tu arrivi a destinazione. Ma la pazienza è una
costante, adottare la rassegnazione e andare avanti... Andare avanti per costruire un mondo più
umano e solidale è l’urgenza dei nostri tempi nel pianeta Terra.
Posso affermare che, per andare
in missione, non servono molte cose, soltanto un grande distacco e
spogliamento, portare con sé unicamente il minimo indispensabile, ovvero, solo
e soltanto l’Amore. Mosse unicamente dall’Amore, come ci chiede Papa Francesco,
potremo diffondere nel mondo il Regno di Dio, forti dell’azione trasformatrice del suo Spirito.
Canterò al Signore per tutto
quanto ha fatto per me.
