Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
All'istituto appartengono missionarie e familiares
Le
missionarie sono donne consacrate mediante i voti di povertà castità, obbedienza, ma loro abbandonate la loro condizione di membri la povertà di Dio. Vivono in gruppi di vita fraterna o nella famiglia di origine o da sole.
News
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14 / 05 / 2021
SOLENNITA\' DEL SACRO CUORE DI GESU\'
Venerdì 11 giugno 2021...

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14 / 05 / 2021
SOLENIDADE DO SAGRADO CORAÇÃO DE JESUS
Sexta-feira 11 de junho de 2021...

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14 / 05 / 2021
SOLEMNIDAD DEL SAGRADO CORAZÓN DE JESÚS
Viernes 11 de junio de 2021...

uno che cerca
Aveva sicuramente avuto esperienza profonda dell’amore di sua madre, il profeta Isaia – Dio salva era il suo nome - ; lei non avrebbe mai potuto abbandonarlo e dimenticarlo: anche dopo averlo messo al mondo, continuava a portarlo nella profondità del suo cuore. Era forse questa l’esperienza che gli aveva fatto comprendere l’amore sempre presente, attento e carico di tenerezza di quel Dio d’Israele che aveva conquistato la sua vita e al quale si era consegnato, nella fede. Per questo non poteva accettare la sfiducia, lo sconforto che serpeggiavano in mezzo al popolo, di fronte alle contrarietà, ai pericoli, alle aggressioni dei nemici.
La memoria di Dio
“Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato,
il Signore mi ha dimenticato».
Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se queste donne si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.
Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani” (Is 49, 14-16).
Abbandonare e dimenticare non sono verbi che entrano nel vocabolario di Dio, quel Dio che crea e che cerca per salvare coloro che ha creato per amore.
«Dove sei?»
Fin dal principio il Creatore ha cercato nell’infinita ricchezza della sua fantasia creatrice un volto filiale, che gli somigliasse, come ogni figlio e ogni figlia portano i segni amati di un’appartenenza familiare. Ma presto il frutto del grembo fecondo di Dio-Amore credette, come molti adolescenti, di trovare vita e libertà lontano dall’amore che lo aveva generato. Mistero di gelosia e di sfiducia, di incomprensione e di rifiuto verso un amore non chiesto e gratuitamente offerto.
E Dio cominciò a cercare l’umanità sottrattasi al suo sguardo, in un tragico gioco a nascondino. «L’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio… Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: “Dove sei?”» (Gn 3, 8.9)
«Dove sei?»: la prima domanda, carica dell’amore angosciato di Dio in cerca di ogni figlio fuggito, nascosto, perduto. La domanda dell’innamorato, mai stanco di cercare l’amata... E poiché la creazione tutta è opera e manifestazione dello Spirito di Dio, non c’è luogo dove Egli non possa andare a cercare l’umanità: in Egitto, nel deserto e nel mare, a Babilonia, nelle regge e nei tuguri, nel grembo materno e nei talami nuziali, nelle tende militari e nel tempio, lungo i fiumi e sui monti; non c’è luogo che gli sia precluso per cercare il cuore umano. Ma è proprio nel cuore della carne umana – adescato dalla menzogna, invaghito di se stesso, soffocato dall’odio, prigioniero del rifiuto, rapito dalla morte – l’abisso del peccato, fecondo di dolore e di morte, non creati dallo Spirito di Dio.
Cercare per salvare
Allora, nella debolezza di una carne simile alla nostra, il Figlio di Dio, l’Unigenito eternamente unito al Padre in un abbraccio d’Amore inimmaginabile, è venuto con lo stesso Amore del Padre a cercare e a salvare ciò che era perduto: i fratelli e le sorelle della sua stessa carne, per renderli fratelli e sorelle nel suo stesso Spirito, quello dei figli del Padre.
Venne, e ci è dato di vederlo nell’esperienza dei testimoni che lo annunciano e nella nostra stessa storia personale. Venne e ci raccontò di una pecora, che si era perduta lontano dai recinti della vita, e del pastore che, lasciando al sicuro tutte le altre nell’ovile, era andato a cercarla e, trovatala, aveva fatto una grande festa…
E l’abbiamo visto andare a cercare Simone, Andrea, Giovanni, Giacomo… sulla riva del mare, dentro le barche del loro lavoro quotidiano. Stupiti, l’abbiamo visto cercare e raggiungere Natanaele seduto sotto un fico, compreso nella sua ricerca di verità. Scandalizzati, l’abbiamo visto cercare e chiamare alla vita gli strozzini Matteo e Zaccheo, la straniera di Samaria, l’indemoniata Maria di Magdala, il posseduto dalla legione di demoni… Stanchi e sfiduciati, l’abbiamo visto cercare con dolorosa collera gli idolatri del denaro e del potere, i farisei e gli scribi adoratori della loro stessa scienza, gli stessi ipocriti infine.
Commossi, l’abbiamo visto cercare il riflesso di Dio nel volto e nel cuore dei bambini, la luce santa di Dio nell’umile ascolto obbediente di sua Madre.
L’abbiamo visto piangere, cercando un segno di pentimento nella città santa divenuta tana di serpenti… L’abbiamo visto cercare tutti i nostri peccati nell’abisso dei nostri cuori, per caricarsene e liberare dal peso le nostre spalle.
L’Agnello di Dio
Non era una la pecora che si era perduta: eravamo tutti. L’unico Agnello amante e obbediente del Pastore era Lui, il Figlio, Gesù, Dio sceso nella carne umana, venuto ad abitare nella debolezza della nostra tenda di nomadi perduti. Lui, l’Unico Vivente nell’Amore del Padre, è venuto a cercare tutti noi, mortalmente feriti nell’umiliazione della schiavitù, dall’accusatore che giorno e notte ci rinfaccia disperatamente il peccato di cui ci nutre. L’Agnello è venuto a cercare e salvare il gregge, affrontando una lotta mortale. Ne è uscito trafitto e vittorioso: rivestito del suo stesso sangue, bevanda di vita della quale nutre coloro che ha redento.
Abbiamo sentito la sua stessa voce chiamarci per nome; non ci ha chiesto olocausti e sacrifici che pagassero le nostre colpe; di quelle stesse colpe si è fatto mendicante. Anche quelle di coloro che orgogliosamente vogliono trattenerle ha preso su di sé, davanti al Padre e all’umanità, lui che non aveva commesso peccato.
«Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità». (Is 53, 3-5)
La casa dell’incontro
Era uscito dalla casa del Padre per venire a cercarci nella tenebrosa valle della morte. L’ultima sera con i suoi discepoli, prima di essere arrestato, «…cominciò a sentire paura e angoscia… disse: “L’anima mia è triste fino alla morte”… andato un po’ innanzi si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell’ora. E diceva: “Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu”» (Mc 14, 33-36)
Umiliato fino a confondersi con la stessa polvere della terra - destino dell’umanità peccatrice -, schiacciato nel terrore dell’ingiustizia e della morte, solidale con i peccatori fino a cercarli nell’atroce lontananza da Dio, Gesù diventa l’uomo che cerca la volontà d’amore e di salvezza del Creatore. Egli porta su di sé le spaventose ferite del peccato: il NO dell’umanità a Dio. Egli è l’Uomo nuovo che grida la fame di Dio che abita ogni cuore umano e offre il SÌ dell’amore fiducioso a Colui che solo può dare vita, perché è Amore.
In Gesù, Dio cerca l’uomo e la donna fin nell’abisso della perdizione, dove sono capaci di ogni più orribile rifiuto. In Gesù, ogni uomo e ogni donna, sprofondati in quell’abisso, possono ancora rivolgersi a Dio, cercare il suo volto, la comunione con Lui, il Padre.
«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34). «Padre, nelle tue mani consegno la mia vita» (Lc 23, 46).
Nel suo cuore di uomo, l’amore di Dio per l’umanità e il desiderio irriducibile che l’umanità ha di Dio, finalmente, si sono incontrati e, poiché «forte come la morte è l’amore» (Ct 8,6), quel cuore umano è stato squarciato: si è aperto a rivelare il Cuore di Dio, unico ovile dove ogni “perduto cercato” è ricondotto a vivere nella gioia ineffabile dell’abbraccio del Padre.

eccomi: parola dell'amore
La lettera agli Ebrei attribuisce a Cristo, nel momento dell'incarnazione, le parole del salmo 40: «Eccomi, io vengo, o Dio, per fare la tua volontà». Certamente non c'è modo migliore, per vivere il tempo quaresimale, che entrare in comunione con questa disposizione del Figlio verso il Padre.
Il nostro cammino di conversione non può che realizzarsi in questa progressiva adesione al progetto del Padre su di noi, come persone e come comunità cristiana, come missionarie e come familiares. E proprio in questo tempo quaresimale cade la festa dell'Annunciazione del Signore, cioè la festa dell'Incarnazione. Questo giorno, 25 marzo, è proprio quello in cui celebriamo l'«eccomi» di Cristo unito a quello di sua Madre. Possiamo dire che queste due risposte, mentre sono ambedue rivolte al Padre, sono anche reciproche; sono l'identica risposta di due persone che si incontrano. si accolgono, si consegnano irreversibilmente l'una all'altra. Il Figlio di Dio, per diventare fratello dell'umanità, per ricevere cittadinanza nel mondo, per farsi carne, ha bisogno di una madre, per essere in tutto uguale a noi. Maria, la fanciulla di Nazaret, promessa sposa a Giuseppe, della casa di Davide, per essere semplicemente ciò che è, donna e membro del popolo di Dio, per ottenere il senso della propria vita e la cittadinanza del Regno di Dio, ha bisogno di accogliere totalmente quel Dio che viene nella debolezza di un bambino, per ricondurre l'umanità alla vita piena, nella casa del Padre.
La catena rotta
Eccomi è una parola-chiave per comprendere tutta la Scrittura. È la parola dell'incontro, la risposta di chi scopre la presenza di Dio nella propria vita e non se ne sottrae, ma ne ascolta la voce, è l'obbediente e amorevole assenso di chi accoglie liberamente la sua Signoria. E’ la parola consueta - libera cosciente adorante - sulla bocca dei patriarchi, a cominciare da Abramo, e dei profeti, a cominciare da Samuele. È la parola che, anche quando non è esplicitamente espressa con le labbra, informa comunque gli atteggiamenti e le scelte difficili, anticonformiste e incomprensibili di uomini e donne, di Noè che costruisce l'arca, di Tobia che seppellisce i morti contro l'ordine del re, di Ester che rischia la sua vita per salvare il suo popolo, della madre dei Maccabei che incoraggia i suoi sette figli ad accettare la morte piuttosto che disobbedire alla legge di Dio. Sembrerebbe una lunga catena di «eccomi» che si susseguono in una storia di secoli, ma, a ben guardare, ci si accorge che sono solo spezzoni, che già all'inizio la catena è rotta: manca il primo anello e ne mancano, poi, tanti altri: sono maglie rotte che testimoniano le mancate risposte o gli aperti rifiuti di singoli personaggi e di un intero popolo, capace di costruirsi vitelli d'oro e idoli ciechi, sordi e senza respiro, da contrapporre al Dio vivente. Ma queste maglie rotte non sono che la conseguenza, il frutto, la ripetizione di quel primo anello mancante.
Dio in cerca dell’uomo
«Poi udirono il Signore che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l'uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: “Dove sei?”» (Gn. 3,8-9).
Il nascondersi dell'umanità, il sottrarsi all'incontro con Dio, suo creatore, non è che la manifestazione del rifiuto più radicale espresso nella scelta disobbediente del peccato. Una scelta che rompe, rifiutandola, la reciprocità con un «eccomi» iniziale, originario, che è proprio quello pronunciato dal Creatore fin dall'inizio. «E Dio disse: "Facciamo L'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui peschi del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”... Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gn. l, 26-28.31). «Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gn. 2,15-16). Ascoltando la Scrittura, ci si accorge come agli alterni rifiuti e accoglienze dell'umanità nei confronti di Dio, si affianca, instancabile inesauribile eterno, l'«eccomi» di Dio a coloro che ha creato a sua immagine, a quell'umanità che, nonostante tutto, sceglie e ama come sua sposa.
Un uomo e una donna
Nel giardino di Eden, due innocenti, un uomo e una donna, si erano resi colpevoli, rifiutando la risposta di amore obbediente. Ma il Dio eterno è Colui che non perde la speranza e sa attendere. Dopo tanti secoli, in una povera casa di Nazaret, un Uomo e una Donna, innocenti, a nome di una umanità peccatrice, riconsegnano a Lui il fedele e definitivo «sì», riparando la reciprocità ferita di un amore che finalmente è totalmente accolto e donato.
«Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”» (Lc.1,38). «Entrando nel mondo, Cristo dice: “...Eccomi, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà”» (Eb. 10,5.7).
L'«eccomi» di Cristo e di Maria sono l'asse portante, l'espressione in cui si compendia la spiritualità di amore e di oblazione che la Compagnia Missionaria riceve dalla contemplazione di Cristo nel mistero del suo Cuore trafitto. E’ proprio il Crocifisso dal cuore trafitto l'espressione piena ed estrema della risposta d'amore obbediente, che aveva avuto inizio a Nazaret nell'«eccomi» del nuovo Adamo e della nuova Eva.
In loro la catena rotta è stata riparata. In loro l'umanità ha accolto finalmente l'eterno «eccomi» di Dio che raggiunge l'inattesa vetta dell'offerta sacrificale nella morte, e risponde a sua volta «eccomi» con confidente amore, nella consegna di sé. Pure ci accorgiamo inevitabilmente che, ancora oggi, con spaventosa superficialità e oscura sfrontatezza, da tante parti si continua ad opporre ingrato ed empio rifiuto alla Parola di Verità, di Amore, di Vita, di Misericordia salvifica di Dio Amore. E nessuno di noi è del tutto estraneo a questo rifiuto che è sordità e mutismo, menzogna, egoismo, odio, cecità e morte. Ma se accogliamo con decisione e libertà l'identità di cristiani, membra del Corpo di Cristo che è la Chiesa, in particolare se siamo stati chiamati a vivere la spiritualità e il carisma ereditati dall' esperienza spirituale di p. Dehon, sappiamo che la nostra vocazione e la nostra missione si realizzano nella partecipazione all'«eccomi» di Gesù e di Maria sua madre, con una adesione quotidiana al progetto del Padre.
Spirito di immolazione
«Con Cristo e assieme a tutta l'umanità, ci offriremo al Padre, in docilità allo Spirito, come oblazione viva, santa e gradita a Dio, nell'accoglienza umile e serena della sua volontà in qualunque forma si manifesti. Come Gesù e la Madonna ci manterremo aperte al “sì” e disponibili al “servizio” per amore» (Statuto CM 7). «La vita d'amore così intesa e vissuta farà di noi un complemento reale dell'immolazione di Cristo e ci renderà cooperatrici della sua opera di redenzione all'interno del mondo. Per questa finalità valorizzeremo tutta la nostra vita con le sue gioie e speranze, con il suo peso di lavoro, di fatica e di prova, in comunione con le sofferenze e la morte di Cristo» (St. CM l0). Il nostro “sì” deve essere lotta a tutto ciò che nel mondo, nella nostra società, nella nostra famiglia, nel nostro stesso cuore vorrebbe essere rifiuto o indifferenza al progetto di Amore e di Vita del Padre. Il nostro «eccomi», con quello di Maria, vuole essere comunione al sacrificio riparatore di Cristo: l'umanità e la creazione, ferite dal peccato, trovano in Lui guarigione e vita. «In queste parole: Ecce venio, Deus, ut faciam voluntatem tuam, e in queste: Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbun tuum, si trovano tutta la nostra vocazione, il nostro fine, il nostro dovere, le nostre promesse» (p. Dehon).

maria e la compagnia missionaria
Nel frontespizio del piccolo volume che raccoglie lo Statuto e il Regolamento di vita della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore sono riportate due espressioni del Nuovo Testamento: «Ecce venio» (Eb 10, 7), «Ecce ancilla » (Lc 1, 38).
Nell’introduzione alla prima parte del II capitolo, riguardante la spiritualità, è riportata un’ espressione di p. Leone Dehon: «Nell’Ecce venio di Cristo e nell’Ecce ancilla di Maria è compendiata tutta la nostra vocazione e il nostro fine, il nostro dovere e le nostre promesse».
La spiritualità di p. Dehon è la radice da cui è fiorita la Compagnia Missionaria, una spiritualità che, mentre fissa l’attenzione al Cuore trafitto di Cristo, intende incarnare il suo atteggiamento di obbedienza oblativa e riparatrice espressa proprio nell’Ecce venio. Ad esso corrisponde, dal primo istante dell’incarnazione, l’atteggiamento di obbedienza di sua Madre espresso nell’Ecce ancilla. Per questo la spiritualità oblativo-riparatrice, che si ispira e partecipa all’amore obbediente e riparatore di Gesù, è comunione anche all’obbedienza fiduciosa di Maria; in essa trova l’esempio di più alta partecipazione e imitazione dell’Ecce venio, vissuto da una persona umana.
Maestra e guida
Maria è dunque maestra e guida per questa Famiglia che, nel contemplare l’amore di Dio nell’icona del Cristo crocifisso dal cuore trafitto, si ispira al suo esempio «per aderire sempre più alla persona di Cristo, al mistero del suo Cuore ed annunciare il suo amore». (St 2) Nella comunione con Gesù e con Maria, le missionarie imparano a offrire integralmente la loro vita alla volontà di Dio. «Per questo l’”Ecce venio” di Gesù e l’”Ecce ancilla” di Maria costituiscono il centro e lo stile della nostra vita» (RdV 7). «Come Gesù e la Madonna ci manterremo aperte al “sì” (cf Eb 10,5-9; Lc 1, 38) e disponibili al servizio per amore (cf Gv 13,12-17)». (St 7)
Un modo molto semplice, ma che mantiene vigili e fiduciosi, nel consacrare a Dio, per amore e con amore, ogni azione e ogni avvenimento quotidiano, è la recita di quella che chiamiamo piccola preghiera di offerta: «Mio Dio, io ti offro… in unione a Gesù, per mezzo di Maria, in Spirito di amore, per l’avvento del tuo regno nel mondo». Maria è stata il luogo nel quale ha avuto inizio l’offerta obbediente di Gesù, è stata il mezzo attraverso il quale Egli è stato offerto e consacrato al Padre, nel tempio; così è attraverso di lei che, uniti a Gesù, animati dallo Spirito-Amore, offriamo al Padre ogni espressione della vita.
Madre
La Compagnia Missionaria è nata nel Natale 1957 e appartiene al Cuore di Cristo, in esso ha la sua origine, il suo riferimento, la fonte della sua vita. Questo legame a Gesù illumina di particolare significato il rapporto con Maria, sua Madre, proprio a partire dalla circostanza del Natale. Il Figlio di Dio, fatto carne, nella debolezza di un bambino, a Natale, entra nel mondo affidato all’amore materno, alla custodia e alla guida di Maria. La Compagnia Missionaria, nascendo a Natale, come il Dio fatto Uomo al quale si lega con alleanza sponsale, si affida all’amore materno, alla custodia, alla guida di sua Madre.
Al n.4 dello Statuto, a Maria vengono assegnati tre titoli che dicono le “tre missioni” di Maria nei confronti della Compagnia Missionaria. È madre, perché lo è di Gesù e da Lui, come tutti i discepoli, l’abbiamo ricevuta; è maestra e guida nell’educarci a vivere la spiritualità di amore e di oblazione e il carisma della comunione; è custode perché viviamo nella fedeltà alla vocazione e alla missione ricevute. Guardando, infatti, la storia della Compagnia Missionaria, si nota come sia segnata da alcuni avvenimenti importanti legati a ricorrenze che hanno una particolare fisionomia mariana.
La prima approvazione ad experimentum fu data dal Card. Giacomo Lercaro, Arcivescovo di Bologna, il 25 marzo 1958, solennità dell’Annunciazione del Signore: grande significato acquista questa coincidenza proprio in riferimento all’Ecce venio di Cristo e all’Ecce ancilla di Maria. Il decreto di erezione della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore a istituto secolare di diritto diocesano, invece, fu concesso dall’Arcivescovo Enrico Manfredini, in data 8 settembre 1983, festa della Natività di Maria.
Consegnati a Maria
Sapendo che è nella preghiera che si custodisce e rafforza la fedeltà, i membri della Compagnia Missionaria alimentano quotidianamente la loro vita consacrata con la celebrazione e l’adorazione eucaristica, con la meditazione della Parola di Dio e la celebrazione delle ore liturgiche; ma la preghiera prevede anche «uno spazio di tempo vissuto in comunione con Maria per esprimere il nostro amore e rinnovarle la nostra consacrazione» (St 68).
La preghiera di consacrazione recita così: «O Maria, Madre di Dio e Madre nostra, la Compagnia Missionaria del Sacro Cuore si consacra oggi a te, perché tu abbia a regnare nella nostra famiglia con la tua protezione materna e con il tuo spirito modello di ogni virtù. Degnati di prendere pieno possesso di questa famiglia che vuole essere il piccolo regno del tuo Cuore e del Cuore di Gesù. Amen».
Appartenere a Maria, considerarla propria madre, significa appartenere a suo Figlio e alla comunità dei redenti che Egli unisce a sé con alleanza sponsale; con questa preghiera, ogni giorno, la Compagnia Missionaria si consegna alla Madre di Dio, perché, come regina – madre, guida e custode – ne prenda possesso e la formi alla scuola delle sue virtù, così da appartenere totalmente al Cuore di suo Figlio, trafitto sul trono della croce, dal quale venne proclamato re.
Oltre che maestra di contemplazione, Maria lo è anche di silenzio e di ascolto di quella Parola, che in lei si è fatta carne, che ha sempre conservato, meditandola, nel suo cuore.
Nel carisma e nella missione
Nella spiritualità di amore e di oblazione che si alimenta alla contemplazione del Cuore trafitto di Cristo, si radica il carisma che la Compagnia Missionaria accoglie dallo Spirito e del quale si impegna a dare testimonianza. «Come missionarie del Sacro Cuore, siamo chiamate a vivere la vita d’amore fino a farci comunione con Dio e con i fratelli, secondo il modello che Cristo ci ha lasciato, e ad imitazione della prima comunità cristiana (cf. At 2,42)» (St 6). Secondo gli Atti degli Apostoli, al centro della comunità dei discepoli è Maria, la Madre di Gesù. «Con lei che “serbò fedelmente la sua unione col Figlio fino alla croce “ (LG n.58) vivremo gli impegni della comunione anche quando essi richiedono l’immolazione di noi stesse» (St 78).
Espressione di comunione e servizio ad essa è l’incarico di responsabilità, che riguardi tutto l’istituto, o un gruppo o la formazione. «Alla Vergine Santissima è stata affidata la Compagnia Missionaria. Coloro che sono chiamate ad assumerne la guida, si lascino condurre da Maria, sicure che potranno obbedire con lei allo Spirito Santo e mostrare a tutti e in tutto Gesù» (St 84).
Poiché un’espressione del carisma della comunione, nella Compagnia Missionaria, è la possibilità, per le missionarie, di vivere in gruppi di vita fraterna, Maria ne è il modello, lei che ha vissuto intensamente l’unione con Dio e con i fratelli.
Il carisma e la spiritualità, insieme con la consacrazione secolare, informano la missione di evangelizzazione e promozione umana: «La disposizione con cui vivremo la nostra missione sarà di continua comunione con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo, nella grazia dello Spirito Santo, con tutta la Chiesa, le sorelle e i fratelli di ideale. Ci lasceremo guidare da Maria perché, ovunque ci troviamo e lavoriamo, possiamo essere testimoni credibili della missione salvifica di Cristo» (St 18), quella missione che, da Nazaret a Gerusalemme, ha trovato le più diverse espressioni.
Nella consacrazione
Anche la vita di consacrazione, che è partecipazione alla consacrazione di Gesù al Padre per la salvezza del mondo, trova in Maria sua madre, vergine obbediente piena di grazia, il modello, la guida, il sostegno dell’intercessione.
«Maria, nella castità più perfetta, è divenuta la porta di Dio disceso tra gli uomini. Ci affideremo tutti i giorni all’amore e alla guida di questa tenera madre per poter, come lei, fare di noi stesse un dono gioioso di Dio agli uomini».
«Come l’obbedienza di Cristo, così la nostra obbedienza è comunione con la volontà del Padre e attua il “sacrificio spirituale” di noi stesse nelle condizioni ordinarie della vita. Così ripetiamo l’oblazione del Verbo che entrando nel mondo disse al Padre: “Ecce venio” e la risposta di Maria dinanzi al progetto di Dio: “Ecce ancilla” ».
Al momento della prima emissione dei voti e nella rinnovazione durante l’incorporazione temporanea, Maria viene invocata e accolta come modello e guida, perché la vita di colei che Dio consacra diventi, come quella di Gesù, un servizio di amore. Nella formula di consacrazione per l’incorporazione perpetua è ancora invocata l’intercessione di Maria.
Per imparare l’amore
La Compagnia Missionaria del Sacro Cuore sente di avere uno speciale legame con la Madre di Gesù. Guidate da lei, divenuta sul Calvario madre dell’umanità e quindi anche nostra, sostiamo ai piedi del Crocifisso per contemplare, con lei e con il discepolo dell’amore, il Cuore trafitto da cui sgorga la fonte della vita e imparare cosa significa vivere l’ amore: nell’accoglienza, nella semplicità, nel dono di sé, nel sacrificio oblativo, nel perdono, nell’ascolto, nella dolcezza, nella disponibilità, nella comunione con tutta l’umanità, fino a «perdersi» per ritrovarsi in Lui. A Maria, che ha custodito nel cuore la luce della fede anche sui sentieri più bui della vita, noi consegniamo la nostra fede e la nostra vita perché sia lei a custodirle nella fedeltà. Mentre nelle vie quotidiane, nascoste o manifeste, semplici o impervie della vita del mondo, lo Spirito ci invia a testimoniare e evangelizzare l’Amore, a servire la vita di ogni uomo e di ogni donna creati a immagine di Dio, ci consegniamo alla guida e alla custodia di Maria che «in fretta raggiunse una città di Giuda» (Lc 1, 39) per servire Elisabetta e, nel cenacolo, divenne regina degli apostoli, inviati sino agli estremi confini della terra.

guardare lontano
Missionarietà è intesa come il contesto dentro il quale si respira e ci si muove.
Dentro questa sensibilità missionaria globale si sviluppa e si concretizza anche la dimensione missionaria ad gentes.
C'è stato fin dall'inizio della Compagnia Missionaria lo zelo e il fervore per questo aspetto di partire per altre terre, e il motto "Guardare lontano" guidava i primi passi delle missionarie.
Il Mozambico è stato per noi la prima esperienza di missione ad gentes. Un'esperienza che ha segnato profondamente non solo le missionarie che l'hanno vissuta in prima persona, ma anche l'intero Istituto...
E da allora questa dimensione ad gentes è sempre stata ben caratterizzata e ben presente.
Attraverso questo servizio di collaborazione alle giovani chiese e alle terre dove l'evangelizzazione e la promozione umana sono più urgenti, si esprime e si realizza uno degli aspetti specifici della nostra missione di amore e di servizio.
La nostra presenza missionaria è stata orientata da queste scelte:
* l'inserimento di tipo professionale, in strutture sociali ed ecclesiali, promuovendo i valori di giustizia, unità, speranza, pace e solidarietà;
* la condivisione della vita della gente, con semplicità, rispetto e cercando di vivere la solidarietà con i poveri;
* la partecipazione, insieme ad altri laici, a progetti di organismi di volontariato internazionale;
* i vivi legami di comunione con la Chiesa locale, partecipando attivamente alla sua vita e alle sue iniziative.

missioni popolari
L'ESPERIENZA DELLA COMPAGNIA MISSIONARIA DEL S. CUORE
• un modo di vivere la missione di evangelizzazione
• come donne laiche consacrate con solida formazione teologica
• responsabili di un’équipe mista (laici, religiosi, sacerdoti)
• passione per il Regno di Dio, vera beatitudine dell’umanità
• docilità alla presenza e all’azione dello Spirito
• servizio nella semplicità della fede
• spirito di preghiera di amore e di oblazione
• ascolto della realtà socio-ecclesiale
• attenzione alle domande della comunità per cercare insieme possibili risposte
• annuncio della Parola come dono per tutti
• dialogo interpersonale e incontro tra le famiglie
• spinta all’apertura missionaria della comunità ecclesiale
• formazione dei laici
progetto missione popolare
Gesù le disse: «Maria!».
Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico:
«Rabbunì!», che significa: Maestro!
Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre;
ma va' dai miei fratelli e di' loro:
Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro».
Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli:
«Ho visto il Signore» e anche ciò che le aveva detto.
(Gv 20, 16-18)
1° Tempo
Comunità cristiana in missione:
riscoperta e appropriazione dell’identità missionaria della Chiesa e di ogni cristiano
Formazione spirituale e missionaria per il consiglio pastorale e i laici disponibili a un impegno diretto nella realizzazione della missione, da progettare e realizzare insieme con le missionarie:
incontri periodici
fine-settimana di studio
esercizi spirituali
…………………..
Comunità in preghiera: ritiri per la parrocchia, pellegrinaggi, adorazione eucaristica periodica, mese mariano, ecc.
Missione a tutto il popolo operata dalla comunità cristiana con il sostegno e la collaborazione del gruppo “evangelizzazione itinerante” della Compagnia Missionaria del sacro Cuore
Preghiera per la missione da distribuire e pregare in chiesa e a casa.
Slogan e logo della missione da riportare sull’immagine della preghiera per la missione, sul questionario, su tutti gli avvisi, sul programma, su striscioni…
Suddivisione della parrocchia in zone, secondo il numero delle famiglie: circa un centinaio per zona.
Ricerca, scelta e formazione degli animatori giovani e adulti, che si incaricheranno della distribuzione dei questionari, di altri eventuali avvisi e dei programmi della missione.
Ricerca, scelta e formazione di missionari locali, che accompagneranno i missionari esterni nella visita alle famiglie, durante il 2° tempo della missione.
Celebrazione comunitaria per dare inizio al “tempo della missione”: presentazione della missione a tutta la comunità praticante, consegna della preghiera; si può esporre in chiesa anche il logo con lo slogan; eventuale mandato ad animatori e catechisti dei centri di ascolto.
Centri di ascolto della Parola di Dio in famiglie disponibili, a cui vengono invitate le persone che partecipano all’eucaristia domenicale. Animatori e catechisti dei centri saranno persone disponibili della comunità che si prepareranno con il parroco e con la missionaria.
Questionari distinti per adulti e per giovani.
Lettura e resoconto dei questionari.
Cartelloni, striscioni e locandine.
Iniziative da inventare, per poter incontrare più possibile i settori e le realtà della parrocchia.
Ricerca dei centri di ascolto che si attiveranno durante la missione: catechisti saranno missionarie e missionari.
Stand da attivare durante la missione anche a partire da alcuni giorni prima.
2° Tempo
Missione con la presenza del gruppo della Compagnia Missionaria del S. Cuore:
celebrazione di apertura e mandato ai missionari
recital dei giovani o altre manifestazioni fuori dalla chiesa...
visita alle famiglie
centri di ascolto
presenza allo stand
celebrazioni, liturgie, incontri di preghiera
incontri per tutti i gruppi
veglia eucaristica
assemblea conclusiva e mandato missionario alla comunità parrocchiale
La missione continua...
Venutisi a trovare insieme, gli domandarono:
«Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?»
Ma Egli rispose:
«Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti
che il Padre ha riservato alla sua scelta,
ma avrete forza dallo Spirito Santo
che scenderà su di voi e mi sarete testimoni
a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria
e fino agli estremi confini della terra».
(Atti 1, 6-8)
