Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La
COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede
centrale a Bologna, ma è diffuso in varie regioni d’Italia, in Portogallo, in
Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
All’istituto
appartengono missionarie e familiares
Le
missionarie sono donne consacrate
mediante i voti di povertà, castità, obbedienza, ma mantengono la loro
condizione di membri laici del popolo di Dio. Vivono in gruppi di vita fraterna
o nella famiglia di origine o da sole.
I
familiares sono donne e uomini,
sposati e non, che condividono la spiritualità e la missione dell’istituto,
senza l’obbligo dei voti.
News
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14 / 05 / 2021
SOLENNITA\' DEL SACRO CUORE DI GESU\'
Venerdì 11 giugno 2021...

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14 / 05 / 2021
SOLENIDADE DO SAGRADO CORAÇÃO DE JESUS
Sexta-feira 11 de junho de 2021...

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14 / 05 / 2021
SOLEMNIDAD DEL SAGRADO CORAZÓN DE JESÚS
Viernes 11 de junio de 2021...

amore e oblazione
Le parole chiave della nostra spiritualità
Parole chiave della nostra spiritualità. Sono parole che ci immettono nello spirito ed
esprimono il contenuto di vita della nostra spiritualità. Sono parole che ci indicano quali pensieri, quali
sentimenti, quali atteggiamenti devono essere specifici del nostro mondo
interiore ed esteriore per poterci calare veramente nel “proprium” del nostro
carisma.
Nello studio di queste parole chiave, partiremo prevalentemente dalla
contemplazione di Gesù dal fianco squarciato. Però questo avvenimento è
l’epilogo di tutta una vita donata agli uomini, alla loro introduzione,
all’ammaestramento e alla crescita nello stile di vita di Dio. Pertanto, per
immedesimarci pienamente dei sentimenti e delle disposizioni del Cuore di Gesù,
scenderemo dal Calvario alle strade della Palestina per accostarci al Gesù del
Vangelo e cogliere gli inviti, gli esempi, le precisazioni che sono di assoluta
importanza per il traguardo della salvezza. Ad esempio:
- “Venite a me, voi tutti che siete affaticati
e oppressi, ed io vi ristorerò … imparate da me che
sono mite ed
umile di cuore e troverete tranquillità per il vostro spirito ( Mt 11, 28 –
29).
- “Io sono la via, la verità e la vita.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo mio” (Gv 14, 6 ).
- “Tutto quello che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a
loro. Questa è tutta la Legge e i Profeti (= il compendio
dell’insegnamento biblico”) (Mt 7,12).
Per tutto questo, e altro secondo cui si concretizza la pratica e la
testimonianza della nostra fede, Gesù si è lasciato aprire il Cuore. Nella mia
ferita, Egli sembra dirci, potete leggere tutta la profondità del mio dono a
voi. Ma “voi non avete ancora combattuto
fino al sangue” (Ebr 12,4).
Le “parole chiave” hanno anche un’importanza straordinaria per renderci
operatori della salvezza di Dio, secondo le linee del nostro carisma,
nell’ambiente della nostra vita quotidiana. Il nostro apostolato può essere anche diretto. Normalmente però è
indiretto è un richiamo a Dio attraverso le modalità secondo cui impostiamo e
conduciamo la nostra vita. Guardiamo al vangelo. Guardiamo “come” Gesù educa i
suoi apostoli. Con le parole certamente. Soprattutto però con l’esempio della
vita. Gli apostoli vivono con Gesù,
vedono come Lui reagisce in determinate situazioni, come parla, come si
comporta. Ecco perché più tardi l’apostolo Pietro potrà affermare:
“Non è per essere andati dietro a favole
artificiosamente inventate che vi abbiamo parlato della grandezza di Cristo, ma
perché siamo stati testimoni oculari” (2 Pt 1,16).
Noi
certamente non siamo della elevatezza di Cristo. Però il compito specifico dei
membri degli Istituti Secolari è di essere “fermento di Dio” in mezzo agli
uomini.
“Parola chiave”: La vita di amore. La specifichiamo così:
Anzitutto è il
Cuore di Gesù che ci dona la possibilità di riamarlo intensamente e (oso dire)
con capacità divina.
L’acqua che sgorga dal suo costato ferito è
simbolo della vita, dello Spirito, dei Sacramenti (secondo la tradizione
patristica). Ma anche del nostro amore che ricambia il suo amore. Gesù l’aveva
preannunciato: “Chi ha sete venga a me e
beva, chi crede in me, come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno” (Gv 7, 37-38). E
l’evangelista commenta: “Questo Egli disse riferendosi allo Spirito che
avrebbero ricevuto i credenti in lui” (Gv 7, 7-39). Dunque il Cuore ferito di
Cristo, nel segno dell’acqua, ci dona lo Spirito e nello Spirito la capacità di
riamarlo con l’impetuosità di un fiume in piena, cioè potentemente, quasi
divinamente.
Imploriamo il Cuore di Gesù con le parole della Samaritana: “Dacci di quest’acqua” (cfr. Gv 4,14). Dacci un supplemento di Spirito Santo. Tu che
hai detto agli apostoli: “Riceverete forza dallo Spirito Santo…e mi sarete
testimoni (cfr. At 1,8). Anche noi per la vocazione che ci hai dato, vogliamo
essere tuoi testimoni, e vogliamo esserlo secondo le linee del nostro carisma:
“Contrassegnati
in tutto e sempre dalla carità, segno visibile della presenza di Dio che è
Amore" (Statuto Missionarie N° 9).
Ma non è tutto. Raccogliendo l’invito di Gesù: “Rimanete in me ed io in voi”… “Rimanete nel mio amore, come io rimango
nell’amore del Padre mio”(Gv. 14,5ss), dobbiamo spingere la nostra
devozione al Cuore di Gesù a un vero “cuore a cuore” con Lui. Allora il mistero
del Cuore trafitto si fa respiro, alimento, anima della nostra vita.
La seconda “parola chiave”: La
vita di oblazione
Facciamo
una precisazione, forse inutile per noi. La parola “oblazione” deriva dal
latino e corrisponde alla parola italiana “offerta”. E’ un termine ormai
classico nel discorso della devozione al Sacro Cuore. E, probabilmente,
“immutabile”.
Un passo delle
Costituzioni S.C.J. ci dice la ragione e specifica le dimensioni della vita di
oblazione.
“Coinvolti nel peccato, ma partecipi della grazia redentrice, con il
servizio dei nostri diversi compiti, vogliamo
essere in comunione con Cristo, presente nella vita del mondo, e in solidarietà
con Lui e con tutta l’umanità e tutto il creato, offrirci al Padre, come
un’oblazione vivente, santa, a Lui gradita” (cfr. Rom 12,1 ).
Dunque l’espressione base della nostra oblazione: “il
servizio dei nostri diversi compiti”. Ciascuno, dove è stato posto dalla
Provvidenza e nella mansione che gli è specifica, si donerà al proprio impegno
con serietà, esattezza, competenza, in unione a Cristo e a tutti i fratelli che
lavorano e soffrono …
P. Dehon stimola l’aspetto affettivo della nostra oblazione. Dopo aver
sottolineato la logicità di una risposta con queste parole: “Come il Cuore di Gesù ha voluto versare il
suo sangue fino all’ultima goccia e accordare a tutti gli uomini il frutto
della sua passione e della sua morte … così vuole essere amato e onorato da tutti. Particolarmente da coloro
che si professano suoi amici … conclude,
usando la terminologia del suo tempo, Gesù richiede da noi una vita di
abnegazione, di rinuncia alla nostra volontà, alle nostre personali
inclinazioni e l’abbandono completo di tutto il nostro essere” (cfr . Dir.
Spir. I, 14-15). Oggi diremmo: Gesù ci
vuole aperti alla magnanimità dell’offerta. Tutto per Lui, con Lui, e in Lui, in un unico sacrificio e in una sola
oblazione.
Il
campo della nostra oblazione è estesissimo. Va dalla capacità di donare un
valore oblativo alle grandi occasioni di accettazione, di rinuncia, di
sacrificio ... che incontriamo sul nostro cammino, alla magnanimità nello
scoprire, nell’accogliere, nel valorizzare le piccole rinuncie, difficoltà,
contrasti, sofferenze della vita quotidiana.
Riportiamo una pagina del Card. Martini,
vorrei proporre un’espressione di oblazione quasi inedita alla nostra
attenzione. Eppure il Card. Martini la definisce – mi pare con piena esattezza
– “il cuore del Vangelo”. Si tratta di un particolare momento del sacrificio di
Cristo sul Calvario. Il Card. lo chiama il momento delle “tentazioni di Gesù
sulla croce”:
Le <tentazioni> di Gesù sulla
croce: Il popolo stava a vedere, i
capi invece lo schernivano dicendo: Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è
il Cristo di Dio e suo eletto. Anche i soldati lo schernivano e gli si
accostarono per porgergli dell’aceto e dicevano: Se tu sei il re dei Giudei
salva te stesso. C’era anche una scritta sopra il suo capo. Questo è il re dei
Giudei. Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: Non sei tu il
Cristo? Salva te stesso e noi (Lc. 23,35-59).
Gesù si trova in un momento drammatico. Se ascoltasse i suoi interlocutori
e scendesse dalla croce, tutti gli crederebbero. Ma se scende dalla croce, come
mostrerà l’immagine di un Dio che accetta la morte per amore dell’uomo? Darà, è
vero, l’immagine di un Dio potente, un Dio del successo, un Dio di cui ci si
può servire per nutrire le proprie ambizioni, però non mostrerà più l’immagine,
inedita in tutta la storia delle religioni - e che l’uomo da solo non riesce mai a immaginare - , del Dio che
serve, che dona la sua vita per l’uomo, che lo ama fino a spogliarsi di tutto
per suo amore, e ad accettare l’annientamento di sé. E’ proprio questa idea di
un Dio dominatore, esigente, impaziente, che vuole dall’uomo il proprio
vantaggio, che Gesù è venuto a negare. Il Vangelo porta l’immagine di un Dio
che è misericordia, che si svuota di sé per amore dell’uomo. A noi, un Dio
così, appare sempre un po’ incredibile e sorge un moto di diffidenza, perché è
difficile per l’uomo accettarlo: un po’ come Pietro che non voleva accettare
che il Maestro morisse per lui, che gli lavasse i piedi. Eppure, è questa
immagine rivoluzionaria dell’amore di Dio, così incredibile, che Gesù porta
fino in fondo, sul suo corpo, sulla sua carne, sulla croce. Ed è
quella da cui gli altri tentano di distoglierlo: salva te stesso, serviti della
tua potenza, mostra la tua capacità di dominare. Gesù invece, è venuto a
mostrare la capacità di servire. Non contempleremo mai abbastanza questa scena.
Qui, siamo proprio nel cuore del Vangelo e, grazie a Dio, abbiamo modo di
contemplarla sempre, perché questa è l’Eucarestia, il Cristo fatto pane, fatto
nutrimento: questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue dato per voi. Fate
questo in memoria di Me. Naturalmente ne segue tutta una diversa concezione
della vita: anche noi dobbiamo essere persone che sanno spogliarsi,
dimenticarsi per gli altri. Forse resistiamo sempre un po’ a questo concetto di
Dio proprio perché, se lo accettiamo, deve cambiare il nostro modo di essere e
di vivere.” (Martini: L’evangelizzatore in S. Luca).
Voglia il buon Dio che cominciamo a muoverci così e preghiamo “O
divino fuoco, o Divino amore, o dolce Ospite dell’anima mia, arrendimi e
purificami; sono povero, sono nudo, sono freddo; ma mi abbandono a Te. Lava
irriga, sana, piega… Compi nel mio spirito ciò che compisti nel caos primitivo
della materia: sii principio di ordine, di luce, di vita …”.
(Dagli scritti di p. Albino)

intervento conclusivo di p. enzo brena scj
Dopo le
conclusioni della nuova Presidente, Graciela, viene data la parola al superiore
Provinciale dei Padri Dehoniani del nord Italia, Padre Enzo Brena, che rivolge
innanzitutto un augurio a Graciela, quale nuova Presidente, e un ringraziamento
a Martina per il lavoro svolto come precedente Presidente della CM.
Da questo messaggio finale intuisco che ci sono stati
argomenti molto interessanti che hanno
arricchito questi vostri giorni di riflessione voglio semplicemente ribadire alcune
cose che avete già detto voi, che avete approfondito voi.
Di sicuro come primo punto mi sembra che l’internazionalità
sia importante, ed è il futuro. Dire questo non vuol dire che siamo
internazionali, perché avere membri che appartengono a diverse nazioni non vuol
dire che abbiamo già un atteggiamento di accoglienza reciproca di
internazionalità. Vuol dire che bisogna costruirlo e questo è un traguardo da
raggiungere sempre. Non perché al centro della nostra attenzione ci debba
essere l’internazionalità.
L’internazionalità fa parte della conversione
evangelica dove ognuno viene riconosciuto per quello che è, un figlio, una
figlia di Dio. Non ci sono figli di Dio di seconda o terza categoria. Siamo
tutti figli. Imparare a vivere insieme in questo modo non è semplice. Richiede
appunto una continua conversione. In questo senso mi sembra importante la
sottolineatura che avete fatto di avere un cuore misericordioso, cioè un cuore
pieno di misericordia. Anche questo è l’obiettivo del nostro cammino di vita,
della nostra conversione, perché la misericordia è di Dio. È Lui il
misericordioso. Noi cerchiamo di arrivare a condividere con Lui e a sintonizzare
il nostro cuore sul Suo cuore. È come quando si mette in sintonia una radio e
per sentire bene una stazione bisogna regolarla in modo giusto. E la nostra
vita è un continuo tentativo di regolare il nostro cuore su quello di Dio.
E, spero di non deludere nessuno, non siamo mai arrivati
al punto di pienezza di questa sintonia, la dobbiamo cercare continuamente. Voi
sapete meglio di me che basta una piccola cosa per uscire di sintonia. Un
piccolo sgarbo, una disattenzione, un’incomprensione e già cominciamo a vedere
che le nostre reazioni scadono, si trasformano. E bene è lì che bisogna
ricordarsi del cuore misericordioso di Dio a cui noi apparteniamo. E proprio
perché apparteniamo al cuore di Dio abbiamo tutto il diritto e il dovere di
fare tutto ciò che ci è possibile, oggi, ora, per diventare, per essere
misericordiosi. Tra mezza giornata bisognerà fare qualcos’altro per essere
misericordiosi, domani, tra un mese, tra un anno altrettanto.
Avere dentro di noi questa mentalità che mette al
centro il concetto di processo e non di stato, di condizione è importante
perché altrimenti noi facciamo sempre delle confusioni. Riusciamo a far bene
una volta e pensiamo di essere arrivati, mentre invece non è così. Questa è
l’umiltà. L’umiltà è sapere che per
quanto abbiamo fatto cose belle c’è ancora da camminare, da imparare. In questo
modo si vive bene anche il traguardo che si è raggiunto ogni giorno.
La condizione per lasciare che Dio ci metta in piena
comunione con Lui e l’ascolto della parola avviene sempre in un equilibrio, in un
bilanciamento tra quello che ci dice la parola e l’avventura della nostra
storia personale e sociale ed ecclesiale. Riuscire a fare un inserimento o una aggiornamento, tirare giù
oggi la parola di Dio che è valida per sempre, questo è compito nostro e in
questo abbiamo molto da aiutarci. Mi sembra che questo sia davvero uno degli
aiuti che non dovrebbe mai mancare nelle nostre comunità, nei nostri incontri,
cioè avere le sensibilità di saper leggere le vicende della storia alla luce
della parola di Dio, e nelle vicende della storia saper cogliere come la parola
di Dio ci invita ad entrarci in modo evangelico perché anche là le sorprese
della storia quotidiana sono provocate dalla provvidenza di Dio e quindi sono
parte della Sua parola e della Sua volontà. In questo senso papa Francesco ci
stimola continuamente a saper stare nella storia perché se noi ci limitiamo ad
andare a leggere, rileggere, rispolverare il vangelo ma non lo inseriamo nella
storia diventiamo gente che vive dalla mansarda in su, non sta con i fondamenti
della terra, della storia e quando
diventiamo teorici del vangelo siamo distanti dalla vita e dalla realtà dei nostri
fratelli. Ecco perche è importante riuscire a mantenere sempre in un
bilanciamento equilibrato la storia e la parola di Dio, il nostro ascolto della
parola di Dio e la capacità di stare nella storia alla luce di questa parola.
Ed aggiungo anche questa sottolineatura, presente nel messaggio di Graciela,
dell’attenzione ai nuovi linguaggi, soprattutto nel mondo giovanile. Questo mi fa fare una riflessione: È
verissimo che c’è bisogno di imparare nuovi linguaggi perché altrimenti non ci
si capisce. E anche vero che i linguaggi, gli idiomi cambiano. Il Vangelo
rimane sempre quello. Allora in che modo essere attenti ai nuovi linguaggi,
diventare capaci di comprendere il mondo giovanile che usa i nuovi linguaggi
stando radicati nel vangelo e in quello che abbiamo detto prima, e cioè, se non
abbiamo la capacità di sentire che la libertà evangelica ci permette di stare
in dialogo con tutti, senza tagliar fuori nessuno, senza escludere nessuno, se
abbiamo questa consapevolezza e cerchiamo di metterla in pratica allora davvero
la nostra vita, il nostro rapporto anche coi giovani diventa arricchente. Non
solo per loro ma anche per noi perché non bisogna mai scordare che c’è un
criterio di reciprocità che è sempre in funzione se noi pensiamo di insegnare
soltanto siamo fuori posto, son loro che non ci capiscono, perché nessuno è dottore
o professore, tutti siamo umani, viandanti, tutti in cammino. Certo chi ha più
esperienza, più conoscenza ha qualcosa in più da condividere ma questo non ci fa’
delle persone che non hanno più nulla da imparare. Ecco perché è importante
l’apprendimento dei nuovi idiomi e linguaggi soprattutto nel mondo giovanile
senza dimenticare che l’unico modo per rimanere sempre giovani nonostante l’età
che passa è vivere una vita evangelica cioè imparare la libertà di Gesù Cristo
che non si nascondeva dietro i traguardi già raggiunti, e ma lei non sa chi
sono io, e tutte queste storie. stava semplicemente attento alle persone, si
lasciava toccare dalla vita delle persone.
Avete poi toccato l’aspetto della formazione
permanente. È qui che arriva il punto più importante e che ci permette di fare
sintesi perché nella formazione permanente non sono i corsi che facciamo è la
vita quotidiana vissuta alla luce del vangelo. Questa è la formazione
permanente, questa è la conversione permanente a cui siamo chiamati e che
funziona davvero se ci sentiamo sempre in cammino. Se sentiamo che la sorella
che è vicina accanto a noi non è lì per caso o purtroppo, ma è lì perché insieme
ci aiutiamo a diventare capaci di amare, liberi di amare. Se non crediamo(?)
nelle cose di questo mondo io credo davvero che di formazione permanente ne
possiamo fare a quintali ma non serve a niente non portano in nessuna parte
perché la formazione permanente non è cose da sapere, nozioni da mettere in
testa ma è vita, è vita da vivere. E allora facciamo subito mente locale: la
formazione permanente per me che cos’è? Sono le sorelle che vivono con me, è la
situazione in cui mi trovo. Questa è la formazione permanente. Se stiamo lì un
anno a vivere male con chi abbiamo accanto e aspettiamo che arrivi la
formazione permanente siamo fuori pista, siamo fuori strada perché la
formazione permanente non fa’ dei miracoli, anzi normalmente proprio diventa
dannosa perché la viviamo come una giustificazione: ma io l’ho fatta la
formazione permanente. Non è cambiato niente. Però ho fatto la formazione
permanente. I rischi sono questi per noi, e dobbiamo essere molto realistici
sui rischi di una umanità che appunto corre il rischio di rimane lì, ancora in
germe non pienamente sbocciata e, quindi, incapace di portare frutti
abbondanti.
Non perché il Signore non ci ha dotato, non ci ha
equipaggiato di doni, di capacità e di talenti ma perché noi viviamo al di sotto
delle nostre possibilità, ancora inseriti in un quadro di riferimento che non è
quello suggerito dal vangelo e dalla vita di Gesù. Ma ci facciamo altri viaggi:
l’efficienza, produrre dei risultati. Sarebbe già un risultato che noi ci
volessimo così bene e non sono uno che fa’ un discorso minimalista, perché
questo è un discorso enorme, che noi riusciamo a vivere il vangelo gli uni
accanto agli altri. Perché se non facciamo questo che cosa ci può far credere o
pensare che andando agli altri poi porteremo dei frutti. Lo capiscono subito,
lo sgamano subito quelli che ci ascoltano se siamo veri o se non siamo veri, se
siamo coerenti oppure no.
E allora mi sembra, appunto, che questa formazione
permanente sia soprattutto da vivere nella vita quotidiana, nelle relazioni,
nel sentirci responsabili gli uni degli altri, le une delle altre, nel non
leggere le differenze individuali come un problema, o un ostacolo alla nostra
crescita ma come la via preferenziale per arrivare alla nostra crescita, ad
essere, cioè veramente figli. Non perché il Signore si diverte a metterci in
difficoltà ma perché, oggi, quella è la persona che ho accanto. E se non so
vivere accanto a questa, accettando, magari, i suoi limiti che sono insuperabili,
non riuscirò a vivere neanche con qualcun altro, da un’altra parte.
Responsabili gli uni degli altri e consapevoli, questo
mi sembra un aspetto molto importante, di essere mediazione nell’opera di Dio,
nella grazia di Dio. Il Signore non giunge a noi attraverso delle situazioni
mistiche, normalmente. Può succedere anche questo, ma normalmente non arriva a
noi con delle sedute spiritiche, con delle esperienze mistiche. Arriva a noi attraverso
la faccia simpatica o antipatica di chi ci sta accanto. Allora anche noi siamo
una mediazione di un altro come l’altro lo è per me. Accettare questo è una
bella sfida perché noi vediamo una buccia e tante volte la buccia non ci piace.
Però se noi riusciamo ad andare oltre la superficie e a capire che anche la
persona più problematica è comunque amata da Dio e ha la possibilità di fare un
passaggio di crescita che noi non conosciamo già, neanche lei, forse, ma che è
possibile se noi ci mettiamo in un determinato atteggiamento che è appunto di
accoglienza, di ascolto, di condivisione, di pazienza, di perdono ecc.
Questi sono i frutti dello Spirito. E allora se
andiamo a vedere quali sono i frutti dello Spirito riusciamo a comprendere in
che modo è possibile essere mediazione nell’ottica di Dio, per cui a tutte voi
tanti auguri per questo cammino che è il cammino di tutti.

conclusioni della presidente
Concludendo questo spazio di
comunione e corresponsabilità, ringraziamo il Signore che ci ha donato lo Spirito Santo che ha guidato le nostre
riflessioni e decisioni.
Questa assemblea ha costituito un momento significativo nella storia
della CM per la internazionalità nella composizione dei membri del nuovo CC e
per quello che rappresenta per il cammino del prossimo sessennio.
Questo è il frutto della donazione generosa delle missionarie europee
che hanno preparato questa strada che oggi si apre: nella quale assumono la corresponsabilità, le missionarie presenti
in ogni area geografica dove la CM è cresciuta e si è sviluppata.
Il tema scelto: “Vivere comunione
e missione con cuore accogliente e misericordioso” ci ha illuminate ed
accompagnato in questi giorni. Il contributo delle riflessioni del Vescovo
della Diocesi di Bologna D. Matteo Zuppi, di Lidia Maggi, Alessandra Bonanomi,
P. Marcello Mattè scj e P. Maurizio Rossi scj. ci hanno arricchito facendoci cogliere
l’importanza dell’ascolto della Parola di Dio incarnata nella storia.
Come sfide per il prossimo
sessennio abbiamo delineato quanto segue:
· Riscoprire la dimensione profetica nella lettura della storia in cui viviamo secondo
il pensiero di P. Dehon, P. Albino ed il magistero di papa Francesco. Il
Vangelo illumini la storia e la storia attualizzi il Vangelo.
· Aiutarci nella lettura dei segni dei tempi con
attenzione al mondo giovanile ed alla sfida vocazionale. Apprendere nuovi
“linguaggi” per rapportarsi con le nuove generazioni.
· Internazionalizzazione e mondialità, scambio tra
le diverse culture e conoscenza maggiore di ogni Paese.
· Missione CM e periferie: impariamo ad accoglierle.
· Missionarie e Familiares: concretizzare insieme
la formazione permanente e la missione.
· Riqualificare la vita di gruppo, curando le relazioni interpersonali e vivendo
lo spirito accogliente di Betania. Rinnovare il cuore e la mente per essere più
“famiglia”. Stimolare all’uso dei nuovi mezzi di comunicazione sociale per una
migliore scambio tra i gruppi.
· Approfondire lo Statuto ed il RdV accompagnato
dalla lettura della Parola di Dio.
· Formazione permanente: preparare temi comuni fra
tutti i gruppi della CM che permetta un rinnovamento del cuore nella comunione
e nella missione.
Tutto ciò che ci siamo scambiate
in questi giorni sarà rilanciato nella
Lettera Programmatica.
Concludiamo questa assemblea con
la fiducia che nel Cuore di Gesù incontriamo la forza, l’amore, la passione ed il coraggio necessari per realizzare ciò che lo Spirito ci ha
suscitato.
Maria, Madre guida e custode
della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore, prega per noi.

presidente e consiglio centrale
Graciela Liliana Magaldi, PresidenteTel. Ufficio (0054) 3624425302, casa (0054) 3624427518, e-mail: gramag@arnet.com.ar , skype: gracielamagaldi
Serafina Neves Ribeiro, Vicepresidentecell. 3319311429, (00351)960093232, e-mail: serafinaribeiro@hotmail.com , skype: serafina.ribeiro
Amelia Gabriel Sitoecell. (00258)824904530 - 842732057, e-mail: gabri.sitoe@yahoo.com.br , skype: gabrielasitoe3
Marcellina Mudji cell (0062)0818606344 - 0812125394766 , e-mail: mudji_cm@yahoo.com , marcellinamm@gmail.com
Maria da Glória Gonçalves Netotel (00351)255165397 - cell (00351)919329749 , e-mail: mariadaglorianeto@gmail.com
relazioni dei gruppi
Il secondo momento dell'Assemblea è l'ascolto delle relazioni dei gruppi della Compagnia Missionaria.
Nhamo per il gruppo della Guinea Bissau
Helena per il gruppo Centro-Nord del Mozambico
Julieta per il gruppo di Maputo (Mozambico)
Rosa per il gruppo dell'Argentina
Teresa per il gruppo del Cile
Mudji per il gruppo dell'Indonesia
Paola per il gruppo di Bologna (Italia)
Cecilia per il gruppo di Monguelfo (Italia)
Rita per il gruppo Lombardia-Liguria (Italia)
Marinella per il gruppo del Sud-Italia
Paixão per il gruppo di Madeira (Portogallo)
Lúcia per il gruppo di Porto (Portogallo)