Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
All'istituto appartengono missionarie e familiares
Le
missionarie sono donne consacrate mediante i voti di povertà castità, obbedienza, ma loro abbandonate la loro condizione di membri la povertà di Dio. Vivono in gruppi di vita fraterna o nella famiglia di origine o da sole.
News
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14 / 05 / 2021
SOLENNITA\' DEL SACRO CUORE DI GESU\'
Venerdì 11 giugno 2021...

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14 / 05 / 2021
SOLENIDADE DO SAGRADO CORAÇÃO DE JESUS
Sexta-feira 11 de junho de 2021...

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14 / 05 / 2021
SOLEMNIDAD DEL SAGRADO CORAZÓN DE JESÚS
Viernes 11 de junio de 2021...

il carisma cm
Pensieri di p. Albino che ci richiamano alla “vocazione come dono, come missione, come
servizio inserite nel mondo e nella chiesa, ci aiutano a rinforzarla, a riscoprire il nostro ruolo specifico”.
Ci
fanno sentire in sintonia con il messaggio di papa Francesco pronunciato ai partecipanti della Conferenza Mondiale degli
Istituti Secolari (CMIS) il 25.08.2022:
”È una missione peculiare che vi porta ad essere in mezzo alla gente per
conoscere e comprendere quello che passa nel cuore degli uomini e donne di oggi
… ma deve trovare la forza nella preghiera e nella contemplazione silenziosa di
Cristo …”.
“Siamo gelosi del dono di Dio. Custodiamolo con amore e
vigiliamo su possibili mutilazioni, manipolazioni che potrebbero diminuirne il
suo splendore e la sua integrità … fino a cambiarne la fisionomia nel pensiero
o nelle sue espressioni della vita pratica. Lo Spirito Santo ha rischiato
donando a noi il carisma dell’amore
vissuto con una intensità nei sentimenti e opere fino ad essere “uno” con Dio e
con i fratelli. La Chiesa ha bisogno di vedere incarnata questa consegna nella
nostra vita e ha bisogno che siamo testimoni per il mondo, quasi come una
sfida, per la gloria di Cristo suo Sposo e per la rigenerazione in Lui di tutti
i fratelli”.
“Il nostro “Eccomi” non avrebbe senso se non fosse per la
costruzione del Regno di Dio. Il mio “Eccomi” deve essere : docile, umile,
fiducioso, pronto a quanto Dio mi propone!!! Tutto per il Cuore di Gesù e di
Maria!”.
“Ciascuno collabora all’opera della redenzione secondo la
propria missione, questo ci insegna che possiamo essere collaboratori di Dio
per la salvezza del mondo: dove la Sua volontà ci chiama. È necessario senza
dubbio, la nostra totale adesione al
tipo di vita che Dio ha disposto per noi”.
“La santificazione
del mondo dal di dentro … per riportarlo a Dio, soprattutto con la pratica della giustizia e della carità. La
Chiesa desidera un rinnovamento radicale
per sradicare, in particolare, tutte le espressioni di “peccato sociale” per
formare uomini e donne nuovi che alla luce del Vangelo, sappiano essere
veramente liberi e responsabili”. Questa è la missione che il Signore vi affida
… ”.
“Dio si incarica della nostra crescita e con l’azione del
suo Spirito l’accompagna e la facilita in tutte le sue espressioni. Però,
parallelamente Lui esige la collaborazione della nostra libera volontà, con il
compromesso di seguire Cristo, di identificare la nostra vita con la sua, così
che tutti gli uomini possano “leggere” il nostro comportamento, la storia
misericordiosa di Dio che, in Cristo, li ama illimitatamente e li vuole
salvare”.
“L’iniziativa di Dio per inserirsi nella vita dell’uomo, è
costante, vuole essere suo compagno di cammino, essere la sua ancora di
salvezza e il suo premio. Dio ama l’uomo. Sembra innamorato della sua
compagnia. L’amore di Dio è presente in ogni particolare dell’esistenza umana e
il suo disegno si rivela a poco a poco. Gli avvenimenti sembrano fortuiti,
senza relazione tra di loro … però dentro c’è sempre Dio, che attua per
realizzare il suo progetto di misericordia!”.
“Cristo ha concretizzato la sua opera nel “servizio” e
nell’”accoglienza misericordiosa”. Naturalmente l’esempio di Cristo deve farsi
norma di vita per i suoi seguaci, che devono accogliersi gli uni gli altri,
senza esclusione o disprezzo, in una autentica carità universale. La mia
attitudine quotidiana, il rispetto della carità, ricalca e rende visibile
l’attitudine di Cristo”.
“La pace di Dio” è inseparabile dalla nostra vocazione. La
sincerità della nostra donazione alla vita di amore ci fa necessariamente i
“seminatori” della soavità e della
benevolenza di Dio su ogni sentiero, in tutte le circostanze, con tutti gli
uomini”.
“È necessario che ci manteniamo in frequente contatto con
Cristo in maniera che, possiamo fare
nostro il suo pensiero e la maniera di vivere per manifestarli poi con
decisione, con la persuasione che Cristo ci vuole PAROLA dei suoi sentimenti e
della sue opere per la salvezza del mondo”.
“La vocazione di Dio è sempre per un dono di salvezza che
Lui vuole offrire agli uomini per mezzo nostro. Come posso essere nel mio
ambiente luce che eleva, nelle difficoltà della vita quotidiana, Luce che dà
calore illumina e vivifica? Solamente se sto frequentemente immerso nel cerchio
luminoso di Dio”.
“La carità è quanto ci fa figli di Dio, a sua immagine, e ci
fa seminatori della felicità di Dio. L’amore è quanto richiamava l’attenzione
nei primi cristiani. L’esperienza delle prime comunità, che inducevano a dire:
“guardate come si amano”. (Dagli scritti di p. Albino Elegante)

la preghiera
“Questo è precisamente il nostro dovere, come membri di un
Istituto secolare: essere “sale” di Dio, cammino che conduce irreversibilmente
a Cristo e alla salvezza. Però, per consolidare in noi l’attitudine specifica
della fede cristiana, che caratterizzarono in ogni circostanza la vita di Gesù
(attitudini e espressioni di verità, di giustizia, di carità, di perdono, di
pazienza, di misericordia, di gioia…) è indispensabile la meditazione della
parola di Dio, ed è indispensabile che si faccia quotidianamente con un
desiderio ardente di Dio e di crescita
in Cristo”.
“Siamo chiamati a vivere e a dare testimonianza della nostra
consacrazione in mezzo al dramma della vita. Voglia il Signore che la nostra
testimonianza sia sempre un segno nel nostro cammino di accettazione paziente e
generosa della volontà di Dio. Così, per questo aiuto che diamo alla
Provvidenza di Dio, la grazia della redenzione si stabilirà pienamente in noi,
e, a partire da noi, arriverà anche ai nostri fratelli. Noi saremo la
continuazione nel mondo dell’oblazione salvatrice di Gesù”.
“Imploriamo tutti i giorni con insistenza e perseveranza, il
dono del miglioramento cristiano nella spiritualità specifica della nostra
famiglia. Non illudiamoci di risolvere questo con l’idea che poterlo fare
solamente con il nostro sforzo. Siamo troppo deboli e instabili. La nostra
autenticità sarà soprattutto frutto della misericordia e onnipotenza di Dio”.
“Personalmente ho l’abitudine di recitare i salmi della
prima settimana del salterio per dare consistenza al mio ringraziamento al
Signore con la voce di tutte le
creature. I frutti di questo ringraziamento al Signore sono i seguenti:
- La serenità della vita
- La disponibilità a
nuove grazie
- L’abitudine di ringraziare i fratelli, per ogni dono che
ricevo, anche il più semplice”.
“ La riconoscenza è
un sentimento che vuole dominare il nostro spirito perché riconosciamo che la
Compagnia Missionaria del Sacro Cuore è stato un dono che la misericordia di
Dio ha fatto a noi e attraverso noi alla
sua Chiesa. Guardare al nostro passato con gli occhi della fede ci permette di
leggere tutti gli eventi, piccoli e grandi della nostra famiglia; la presenza
della bontà di Dio, venuta a noi e che ci accompagna con la potenza illimitata
del suo amore”.
“Come rendere visibile questa esperienza in mezzo al mondo?
Come sono seminatrice di questa felicità? Guardando al Cuore di Gesù che ci ha
amato fino a lasciarsi trafiggere il Cuore. Noi siamo invitate a far parte di
questo stesso amore che pur trafitto continua ad amare”.
“Mantenerci nella
sicurezza della fede, mentre i nostri occhi frequentemente sono aggrediti da
parole e comportamenti antievangelici … non è facile. È molto problematico
senza uno speciale aiuto di Dio. “Signore aumenta la nostra fede”. Soli non
possiamo. Abbiamo bisogno di uno speciale intervento del tuo aiuto e della nostra preghiera”.
“La necessità di unirci a Dio per mantenerci abitualmente
nel cammino di una buona testimonianza ci porta a leggere alcuni numeri dello
Statuto il n. 64 (Statuto delle missionarie) dove si sottolinea la necessità
assoluta della preghiera per mantenerci nella lealtà e fervoroso ambito della
nostra vocazione. “… Nell’assiduità alla
preghiera … si alimenta la fedeltà alla vita di consacrazione e la fecondità
della nostra missione”. Diversamente ci intristiamo, si vive nello
scontento e perdiamo l’efficacia per le opere buone.
“L’esempio
dell’apostolo Paolo. Certamente la preghiera era un forte impegno nella sua
vita spirituale. Non avrebbe potuto assolutamente con le sue sole forze, con la
sua generosità (anche se era straordinaria) affrontare e superare le difficoltà
di un cammino estremamente arduo. La raccomandazione della preghiera era molto
frequente e insistente nelle comunità che visitava personalmente o ad altre
alle quali indirizzava le sue lettere. “perché era necessario passare per molte
tribolazioni per entrare nel Regno di
Dio”(Atti 14,22).
Per la preghiera: “che ci sia soprattutto la meditazione,
l’incontro quotidiano con Dio, ascolto dell’orientamento di vita della sua
Parola. E la sua parola sviluppi nel vostro comportamento una fiamma di amore,
il dono di una carità illuminata, paziente, una carità simile a quella di Dio
per noi, che non conosce riposo, che non si spegne mai. Nonostante tutto!
Ricordiamo che, l’amore è il cuore della nostra spiritualità e che nell’amore,
soprattutto noi, saremo rivelazione della gloria di Dio, continuazione
dell’incarnazione di suo Figlio”.
“Quando Gesù affidò agli apostoli la missione di dare
testimonianza della sua persona e del suo messaggio, conosceva le sue
debolezze. Allora ha cercato un aiuto supplementare: ”Riceverete forza dallo
Spirito Santo” (cfr. Atti 1,8). Non
potremmo noi stessi garantirci ogni giorno questo “aiuto supplementare”? Così
potremmo continuare a diffondere attorno a noi tutta la luce e tutta la gioia
della nostra spiritualità, della grazia disposta dal Signore fin dall’inizio
della CM.”.
“È necessario che ci
manteniamo in frequente contatto con Cristo in maniera che possiamo fare nostri
i suoi pensieri così da poterli vivere per manifestarle con decisione, con la
certezza che Cristo ci vuole parola dei suoi sentimenti e delle sue opere per
la salvezza del mondo”.
“Trasformatevi in
intercessori davanti a Dio dei problemi del mondo, della Chiesa. Della tua
famiglia … Qualunque sia il nostro posto nel mondo teniamo presente che siamo
gli architetti del Piano di Dio”.
(dagli scritti di P. Albino Elegante)

grazie, san giuseppe
Con la lettera apostolica
“Patris Corde” Papa Francesco ha
annunciato uno speciale anno dedicato a S.
Giuseppe ( 8 dicembre 2020 – 8 dicembre 2021). Al termine di questo cammino
proponiamo una riflessione di p. Albino sulla figura di questo Santo che la
Compagnia Missionaria invoca e venera come Protettore dell’Istituto.
Ritengo espressione di una magnifica intuizione
quanto proposto da Anna Maria, la nostra Presidente nella “Lettera Programmatica” : prepararci alla celebrazione del Giubileo
della Compagnia Missionaria(2007), condotti per mano dai santi Protettori
dell’Istituto, perché le riflessioni dettateci dal loro esempio ci aiutino a
rinnovarci nella “grazia delle origini”, aprire l’animo al ringraziamento e
guardare con sicura speranza ai giorni futuri. Quest’anno lo vogliamo dedicare
allo studio di S. Giuseppe.
Le linee che inquadrano la sua
grandezza e la sua azione: Giuseppe è il servitore esemplare di Cristo e della
sua santissima Madre “i tesori più preziosi di Dio Padre”. S. Giuseppe continua
questa missione di sostegno e di aiuto per tutta la Chiesa e per la particolare
porzione della Chiesa che è la nostra Famiglia: la Compagnia Missionaria del S.
Cuore.
L’ “annunciazione” di S. Giuseppe
Quale fu la strada che condusse
S. Giuseppe alla porta dell’evento redentore? Una notte egli dormiva. Forse il suo
animo stava incontrando una pausa di sollievo nell’angustia che da qualche
tempo lo tormentava. Maria, la “sua” promessa sposa, era incinta. Come mai non
aveva retto la sua fedeltà e si era lasciata sedurre? Così Giuseppe aveva
deciso di licenziarla in segreto perché il suo animo profondamente buono non
voleva esporre al pubblico disprezzo colei che egli amava intensamente e che
riteneva intaccabile anche dalla più forte emozione.
Giuseppe, dunque, dormiva e gli si accostò un angelo del
Signore che gli disse:”Giuseppe, figlio
di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quello che è
generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo
chiamerai Gesù: egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati”(Matteo
1, 20 - 21).
Che mistero di luce e di grazia si apriva allo sguardo di
Giuseppe! Il Vangelo non dice che egli sia rimasto abbagliato o sconvolto. Dice
semplicemente che “destatosi dal sonno, Giuseppe “fece” come gli aveva ordinato l’angelo del Signore”.
Questa fu l’
“annunciazione” di Giuseppe. Si accostava a quella avuta da Maria, per
l’immediata e totale accoglienza della volontà del Signore, nella fede e nella
fiducia più aperta e luminosa. Ma mentre Maria aveva espresso con la parola la
disponibilità piena nell’animo, dichiarandosi la “serva” che volentieri accettava quanto le era proposto, Giuseppe
tacque e “fece”. Meraviglioso
silenzio di chi sa solo adorare il dono splendido, unico, irraggiungibile che
Dio stava facendo all’umanità.
Una via difficile…
La vita che gli si apriva
davanti sarebbe stata per Giuseppe difficile e grande. Egli, infatti, ha fatto
della sua vita un servizio e un sacrificio continuato al mistero
dell’Incarnazione e alla missione redentrice congiunta. Ha usato della autorità
legale che gli spettava, non come di una superiorità che gli permetteva di
imporsi, ma come di una prerogativa che gli chiedeva il dono totale di sé,
della sua vita, del suo lavoro. Egli ha saputo convertire la sua umana
vocazione all’amore domestico, nella sovrumana oblazione di sé, del suo cuore,
di ogni capacità nell’amore posto al servizio di Gesù e di Maria.
S. Giuseppe è il modello degli umili che il cristianesimo
solleva a grandi destini. S. Giuseppe è la prova che per essere buoni e
autentici seguaci di Cristo non
occorrono grandi cose, ma si
richiedono solo virtù comuni, umane, semplici, ma vere e autentiche.
… e grande
Però nel silenzio e nella
umiltà più profonda, Giuseppe è stato chiamato da Dio al compimento di una
grande missione. Ne rileviamo tre aspetti.
Il primo è tutto personale, ma
forse il più espressivo della sua generosità. Egli venne informato dall’angelo che quanto si è
compiuto in Maria è “opera dello Spirito
Santo” e che quindi non deve temere di prenderla come sua sposa. Non bisogna forse pensare che anche l’amore d’uomo
di Giuseppe sia stato rigenerato dallo Spirito Santo? E che, in forza di tale
rigenerazione, egli per tutta la vita, sia stato capace di rispettare
l’esclusiva appartenenza a Dio di Maria .
Un secondo aspetto è ancora
legato alla persona di Giuseppe, alla sua carne e al suo sangue. Egli, secondo
la rappresentazione evangelica è un discendente della dinastia davidica. “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria,
dalla quale è nato Gesù chiamato il Cristo” (Mt. 1,16). Dunque, Giuseppe,
attraverso la sua realtà “biologica” di discendente davidico, prepara il
terreno storico entro cui si inserirà
Gesù, presenza perfetta di Dio in mezzo
a noi…. Un grazie anche a Giuseppe di questo dono della presenza di Dio tra
noi…
Il terzo aspetto ritorna
all’apparizione dell’angelo a Giuseppe. Questo tocca il vertice della grandezza
nella consegna della missione che l’angelo fa a Giuseppe.”Tu lo chiamerai Gesù” (nel linguaggio israelitico Yehossuà = Dio
salva). Il nome per il semita non era, come per noi, una pura espressione
verbale. Sono parecchie le testimonianze della Bibbia che ci dicono come il
nome stesse invece ad indicare la missione di una persona nella storia.
Giuseppe è perciò il primo precursore, il profeta, l’annunciatore al mondo
della realtà profonda del figlio della sua sposa. “Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt. 1,21).
Vogliamo dire la nostra
riconoscenza a Gesù per averci restituito all’amicizia di Dio a prezzo del suo
sangue. Ma vogliamo dirla anche a Giuseppe, la cui adesione fiduciosa alla
parola di Dio l’ha fatto apostolo della “lieta notizia” che, ancora una volta,
la bontà di Dio stava chinandosi sulla nostra povertà.
S. Giuseppe e noi
Ma in tema di povertà,
sollevata dalla provvidenza di Dio per la mediazione di S. Giuseppe, ne ha
fatto esperienza, per suo verso, anche la Compagnia Missionaria. Era appena
nata la CM . E si sa che tutti gli inizi delle opere di Dio navigano nei
desideri di grandi ideali, ma nella ristrettezza pronunciata delle risorse
economiche. A lui parlavamo e affidavamo la soluzione di alcuni casi
difficili…Diverse vicende lo potrebbero testimoniare. Che alcuni di questi casi siano stati un vero e proprio miracolo
della provvidenza, personalmente mi sentirei di affermarlo. Comunque, oggi
rinnovo il mio “grazie” e il “grazie” di tutta la Compagnia Missionaria
all’assistenza vigile di S. Giuseppe e concludo con la supplica che Anna Maria
ci ha consegnato per la recita quotidiana di quest’anno:
S.
Giuseppe, sempre ci hai aiutato nelle
nostre urgenze di vita.
Dacci
un cuore fiducioso, libero, aperto
per
servire innanzitutto il Regno di Dio. Amen!
(dagli scritti di P. Albino Elegante)

frammenti di lettere
Tra le prime (missionarie) che con p. Albino, daranno inizio al nuovo
Istituto ci sono Rina Zanarotti, Cesarina Assi, Bruna Ballabio. Il padre da
anni è il loro direttore spirituale e quindi intrattiene con loro una
corrispondenza epistolare. Nelle lettere o biglietti che esse ricevono da lui
prima della fondazione della Compagnia Missionaria, troviamo la semplicità e la
profondità di una spiritualità esigente vissuta nel quotidiano… Queste lettere
sono state pubblicate nel volume “Gettare
tutto nelle fondamenta” (Lettere dal 1948 al 1957). Rileggiamo insieme
alcuni stralci ancora attuali e vitali per alimentare il nostro vissuto.
…Per la sua impazienza,
per la sua aridità, per la sua incostanza niente avvilimenti si tenga
abitualmente con lo spirito nelle disposizioni del povero pubblicano di cui
leggiamo nel Vangelo che entrato
nel Tempio del Signore si prostra a terra, non osa neppure alzare gli occhi
verso l’alto e ripete senza stancarsi: Signore abbi pietà di me perché sono un
povero peccatore. Così noi immaginiamoci ai piedi di Gesù e confusi della
nostra miseria, desiderosi anche di un po’ di conforto e di luce, ripetiamoGli con
tutto il cuore: Signore abbi pietà di me. Signore se tu vuoi mi puoi
guarire. Signore che io veda! Sacro Cuore di Gesù, confido in te! Gesù mi fido
di te! Preghiamolo così Gesù con il cuore in chiesa, in casa, lungo la
via dappertutto, preghiamolo con abbandono, con confidenza, con
il desiderio ardente, che Gesù compatisca la nostra miseria ma anche che ci
aiuti a migliorare, a vincerci. Non dubiti che Gesù ascolterà i suoi gemiti. Ama
tanto Gesù le anime umili! E le santifica! Credo le gioverà molto
questa forma di preghiera e, se sarà veramente cordiale, le riempirà l’anima di
inesprimibile dolcezza. Un po’ alla volta per la grazia di Gesù, le pioverà
allora a torrenti nella sua anima, tante piccole miserie scompariranno, e quelle
che sussisteranno, quelle che ci accompagneranno sempre fino all’ultimo giorno
della vita, bagaglio inseparabile della nostra debolezza lei imparerà ad
amarle, non certo in quanto sono offesa di Gesù, ma in quanto stimoli
all’umiltà e all’abbandono, alla fiducia, alla confidenza in Gesù…
Non si scoraggi mai, anche
se i passi che fa sono molto lenti e i progressi leggeri. Adagio adagio si
prende l’abitudine anche nel bene. Gesù, del resto, sa tanto comprendere e
compatire la nostra debolezza! Certo, se è possibile svincolarsi un po’ di più
dalle nostre miserie, se è possibile mortificare di più la nostra accidia facciamolo.
Doniamoci all’Amore con fervore, con slancio. Io prego perché Gesù le faccia
anzitutto comprendere che Lui deve essere l’aspirazione e l’ideale supremo
della nostra vita; Gesù è la grande realtà che resta mentre tutto passa e
tramonta, Gesù è l’unico che possa colmare il desiderio insaziabile di felicità
del nostro cuore. Ce lo testimonia S. Agostino, che pur nella sua vita di
peccato aveva bevuto alla coppa di tutti i piaceri e aveva rincorso tutte le
apparenti felicità della vita: Signore il nostro cuore è fatto per te ed è
inquieto, insaziato finché non riposa in te! E non l’abbiamo sperimentata anche
noi questa dolcissima realtà nei momenti più fortunati della nostra vita quando
noi eravamo tutti di Gesù e Gesù tutto nostro?...
Ma che paradiso anticipato sarebbe la nostra vita se fosse tutto un dono
continuato, senza riserve a Gesù! Che paradiso! S. Francesco Saverio in mezzo
alle fatiche indicibili del suo apostolato sentiva il cuore scoppiargli della
felicità del possesso di Gesù, tanto che era costretto a supplicare: Signore
basta, altrimenti io muoio. Quali sono ordinariamente le persone sulle cui
labbra noi troviamo sempre il conforto di una parola dolce e di un sorriso
anche quando soffrono indicibilmente: le persone la cui anima è tutta di Gesù. Pregherò
ancora perché dopo aver compreso, agisca energicamente, senza troppi riguardi a
se stessa. Per divenire santi bisogna un po’ sempre farsi sapientemente
folli.
Parrebbe un controsenso, eppure se vogliamo risparmiarci troppo nel
corpo, nel cuore, nella volontà, nelle vedute, nei sentimenti, nelle
soddisfazioni d’onore ecc. come si verificherà il completo annientamento di noi
stessi, condizione necessaria perché viva in noi Gesù? Permetta che le
raccomandi sopratutto la santa gioia, il buon umore in ogni circostanza, da
sola e nelle relazioni con gli altri, pronta a sacrificare a Gesù ogni
ombra, ogni malinconia, ogni sofferenza. Le riuscirà di essere allora più
paziente e più cordiale.
Le raccomando ancora l’unione a Gesù
durante la giornata, offrendo a Lui ogni sua azione in spirito di amore e di
riparazione. Divinizzi il suo lavoro facendo sue le intenzioni con cui Gesù
lavorava nella casetta di Nazareth. Moltiplichi le piccole Giaculatorie, gli
atti di amore. Possa presentarsi ogni mattina a Gesù nella S. Comunione con le
mani cariche di doni, di santi affetti, di ardenti desideri! Usi la carità di ricordarmi qualche
volta lei pure al Signore.
Ogni giorno noi dobbiamo riconfermarci nella buona
volontà e nei propositi; ogni giorno dobbiamo riprenderci con forza e con
decisione come se per la prima volta ci mettessimo ad amare e a servire il
Signore. È questo il segreto della santità! È tanto buono il Signore e Gli dà
tanta consolazione la nostra preoccupazione di riprenderci nel Suo amore. Egli
sa di che fango siamo impastati, conosce quanta debolezza si accumuli nel
nostro spirito ed è pronto ad essere infinitamente misericordioso se pentiti
noi ritorniamo a Lui e confidiamo nella Sua grazia. Come altre volte l’ho
esortata, si sforzi di vivere in grande spirito di umiltà, ma umiltà serena,
molto serena ricordando che Gesù ha delle predilezioni tutte speciali per chi
riconosce la propria debolezza e se ne sta piccolo piccolo al Suo cospetto. Ma
accanto all’umiltà ci sia la confidenza, una confidenza illimitata. Gesù, Le
ripeto, è buono, immensamente buono. Gesù apprezza i nostri piccoli sforzi
soprattutto quando l’anima è nella desolazione e nella aridità, ed è pronto a
venirci incontro quando vede che noi tendiamo a Lui, Lo cerchiamo con sincerità
di cuore…
Rimettiamoci con più abbandono alla santa Volontà
di Dio e poi in tutto e sempre serenità, serenità, serenità! Che
la nostra vita sia tutta un sorriso per Gesù. Studiamoci di sorridere a tutto.
Allontaniamo in silenzio le noie, la stanchezza, i dolori fisici e morali e non
occupiamoci d’altro che di piacere a Gesù sorridendo.
P. Albino Elegante

le “parole chiave” della nostra spiritualità: semplicità
L’insegnamento e l’esempio di Gesù ci
insegnano chiaramente la via per lo splendore della nostra vita di semplicità.
Però accanto ci vogliamo mettere anche il nostro impegno umano per completare
l’indirizzo della fede.
Un primo suggerimento ci viene dalle parole
dell’apostolo Paolo: “quando sono debole
è allora che sono forte” (2a Cor.
12,10). Sembrano un paradosso. Eppure, esprimono una grande realtà. Un brano di
una lettera del grande psicologo Carl Jung ci aiuterà ad afferrarla. “Vi ammiro, voi cristiani, perché
identificate Cristo con il povero e il povero con Cristo, e quando date del
pane a un povero, sapete di darlo a Cristo.
Ciò che mi è difficile comprendere è
la difficoltà che avete a riconoscere
Gesù nel povero che è in voi.
Quando avete fame di guarigione o di affetto, perché non lo volete riconoscere?
Quando vi scoprite nudi, quando vi scoprite stranieri a voi stessi, quando vi
trovate in prigione e malati, perché non sapete vedere questa fragilità come la
presenza di Gesù in voi?”
Un
secondo suggerimento possiamo vederlo concretizzato in questo motto: “amati con le tue ferite” Jean Vanier,
parlando ai formatori e formatrici (2004) ha detto che è molto importante per
la serenità e la gioia della vita propria e altrui essere coscienti delle
nostre ferite forse profonde.
“Il
figliol prodigo si è identificato lui stesso con i porci. Ormai non giudica più
nessuno. Tutto per lui è misericordia, tutto è grazia. Il figlio maggiore, al
contrario, giudica perché non ha ancora riconosciuto la propria povertà. Ha
creato attorno a sé un fitto sbarramento e rifugge dal guardarsi in profondità.
Ma non si può cogliere la misericordia di Dio, se non quando si è toccato
profondamente la propria miseria. E quando si è toccato la propria miseria non
si ha più il coraggio di mutilare la nostra fiducia per tutti gli altri”. E una grande fiducia per tutti gli altri
è un coefficiente di spirito che alimenta la vita di semplicità.
Il terzo suggerimento lo incontriamo nella
preghiera degli A.A. (Alcolisti anonimi) È originalissima ed è detta “preghiera
per la serenità”. Serenità e semplicità si integrano a vicenda.
“Concedimi, Signore, la
serenità necessaria
per accettare le cose che non
posso cambiare;
avere il coraggio di cambiare
quelle che rientrano nelle mie possibilità:
saper distinguere
intelligentemente le une dalle altre.
Una
breve riflessione su queste indicazioni.
1) Accettare
le cose che non posso cambiare
Sono
molte le cose che non posso cambiare: il passato, il futuro e neppure le altre
persone. È necessario che io mi impegni ad essere attento e buono con i miei
familiari per tutto il tempo che il buon Dio li lascerà al mio fianco.
Se una mano amica dovesse con il tempo
lentamente raffreddarsi nella mia mano, accetterò la cosa come se circostanze e
spazio l’avessero allontanata le miglia da me. Io non posso cambiare le
persone. Esse continueranno a fare le cose alla loro maniera, anche se tenterò
ripetutamente di proporre a loro il mio modo di vedere.
Che cosa allora posso cambiare: ME STESSO!
2) Avere il coraggio di cambiare quelle che rientrano nelle
mie possibilità
Ciò
significa: cambiare il MIO modo di
essere.
Aiutami, Signore, a modificare l’abitudine
con cui penso e giudico gli altri.
Invece che criticarli, devo accettarli
come sono.
Invece che ignorare i loro problemi,
devo mostrarmi interessato ad essi e dare generosamente un aiuto a
risolverli.
Invece di presentarmi freddo e insensibile, devo mostrarmi con un
atteggiamento affettuoso e
cordiale.
Aiutami, Signore, a modificare le mie
emozioni aprendomi alla speranza, all’amore, al coraggio, alla pace, alla
gioia…anziché chiudermi nelle amarezze, nei timori, nel disgusto, nel
risentimento, nell’odio….
Tutte queste cose io posso lentamente
modificare. Basta che sia sufficientemente onesto ed umile da ammettere la
necessità di farlo.
3) Saper
distinguere intelligentemente le une dalle altre.
Se vedo cose che non mi piacciono, è il
momento di esaminare me stesso: i miei sentimenti e le mie reazioni. Devo
esaminarmi una volta, due, tre… prima di permettermi di criticare gli altri. Comprendo
che la mia esistenza è strettamente legata alla esistenza altrui. Ma devo avere
tanto buon senso da non pretendere che cambino gli altri. Sono io che devo
cambiare: la mia maniera di pensare, di comportarmi, di reagire.
Dunque, la mia risposta alla preghiera per la serenità è questa: POSSO E DEVO CAMBIARE SOLAMENTE ME STESSO.

le “parole chiave” della nostra spiritualità: semplicità
La comunione,
l’amore, l’oblazione e “la semplicità” costituiscono il “proprium” della
spiritualità del Sacro Cuore per la Compagnia Missionaria.
Lo
Statuto delle Missionarie al n. 9 delinea la modalità, il dovere di impostare
il nostro comportamento in maniera tale che balzi all’evidenza di tutti che “in
tutto e sempre” pensiamo, operiamo, siamo mossi dall’amore. È la carità di
Cristo che ci guida in ogni circostanza (cfr.2 Cor. 5,14) e dimostra agli occhi
di tutti che c’è una caratteristica tutta “nostra” di vivere e testimoniare
l’amore: la semplicità e il sorriso.
Ancora
una volta ci poniamo alla scuola di Gesù, ricordando che ciò che dà senso di
amore a tutto, e forma l’asse di equilibrio del nostro comportamento di amore
in tutto, è Lui: la sua parola e il suo
esempio.
1) La sua parola: ce la offre una pagina di Matteo 18, 1-5.
Alcune riflessioni per l’inquadratura e la
comprensione del brano:
· Perché
gli apostoli pongono a Gesù la domanda: “Chi è il più grande”? Forse per rivalità, per reciproca gelosia… Non
erano mai mancati questi sentimenti passionali nel gruppo al seguito di Gesù.
· “Grande”
vuol dire, qui, preminente, superiore agli altri in forza di questa o quella
qualità, di questo o quel potere.
· Gesù
non risponde direttamente alla domanda. Pone un “gesto simbolico”, alla maniera
dei profeti. E questo “gesto simbolico” sconvolge i sogni di grandezza
coltivati dai discepoli.
· Gesù
parla di necessità di “conversione”, cioè di mutamento radicale di pensiero e
di sentimenti perché il Regno di Dio, quello predicato da Gesù, ha una dinamica
di esigenze completamente opposte alla fame della superbia umana. “In
verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non
entrerete nel regno dei cieli”.
· Notiamo
l’introduzione che Gesù premette al suo insegnamento. Usa l’espressioni delle
circostanze solenni, le circostanze cioè importanti, fondamentali della
trasmissione della verità di Dio. Quelle che costituiranno le colonne portanti
dell’edificio della fede: “In verità vi dico…”
· “Diventare
come i bambini”: l’espressione non significa certo che Gesù voglia imporre ai
suoi seguaci di immergersi in un ideale di eterna bambinaggine. Né intende
esaltare il bambino per i suoi caratteri innegabili di bellezza e di innocenza.
Nella società ebraica il bambino era il simbolo della piccolezza, della
pochezza, del quasi “non valore”.
Gesù lo propone per questa sua posizione di
chi sta all’ultimo gradino della scala sociale. E dice che per “entrare nel
regno di Dio”, cioè nella pienezza di verità e di grazia che egli ha portato
dal cielo, bisogna farsi piccoli, modesti, senza pretese, stimarsi sempre
super-considerati dalla benevolenza altrui, lasciar cadere pensieri e
atteggiamenti di orgoglio, sogni di autoesaltazione… In una parola vivere in
quell’atteggiamento di fede che esprime e compendia una caratteristica
originale del nostro carisma C.M.: la
semplicità.
2) L’esempio di Gesù
Il Vangelo
di Luca ci racconta un momento della passione di Cristo che è altamente
espressivo dello spirito di pazienza e di semplicità con cui dobbiamo
affrontare le situazioni.
“Frattanto
gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano, lo percuotevano, lo
bendavano e gli dicevano: “Indovina chi ti ha percosso”. E molti altri insulti
dicevano contro di Lui” (Lc.22,63-65).
Riflettiamo sul significato di questa scena
e sull’atteggiamento di Gesù.
MATTHIAS GRUNEWALD, Cristo deriso, 1504-5, Alte Pinakothek, Monaco.
· Innanzitutto
localizziamo il luogo della scena: sono i locali del corpo di guardia del
sinedrio. Forse il più lurido: la prigione.
· Chi
sono coloro che offendono così Gesù? Sono delle guardie, dei servi, cioè
persone a loro volta umiliate e offese, quindi abituate anch’esse a ricevere
umiliazioni, offese, forse percosse da parte dei superiori, abituate a dover
riconoscere che il diritto è del più forte, di chi ha saputo e potuto
usurparselo.
Ma questa volta si trovano davanti qualcuno più debole di loro, più
fragile. E così sfogano su di Lui tutta
l’amarezza della loro vita. Forse non c’è malvagità, cattiveria pura nel loro
comportamento. Però è doloroso dover constatare che l’uomo costretto a vivere
una vita quasi impossibile, appena ne abbia la possibilità sappia scatenarsi
con tanta brutalità su chi è più debole di lui.
· Cosa
fanno contro Gesù? Lo provocano e lo colpiscono in ciò che è più caratteristico
in Lui: la sua qualità di profeta: “Indovina
chi ti ha colpito”? Ma Gesù tace.
Forse con stupore si chiedono: ma perché quest’uomo non reagisce? E si beffano
di lui, come di un illuso, di un falso profeta.
· Come
reagisce Gesù? Soprattutto con il silenzio che accetta con suprema mansuetudine
la villania che lo circonda. Ma Giovanni ci dice che, al momento opportuno,
anche Gesù parlò. Senza fremiti di rabbia, senza reazioni scomposte, ma con
molta limpidezza domandando al servo del Sommo Sacerdote che l’aveva
schiaffeggiato: “Se ho risposto male (alla domanda fatta dal sommo sacerdote) dimostramelo; ma se ho parlato bene, perché
mi percuoti?” (cfr. Gv. 18,23).
Essere buoni, essere semplici non significa
accettare nel silenzio tutti i soprusi. L’esempio di Gesù ci insegna anche a
parlare, a domandare, a far riflettere, a portare chi ci sta dinanzi a
domandarsi la ragione del compimento di certi atti di superbia, di prepotenza,
di cattiveria. E tutto questo, per aiutarlo ad essere e a comportarsi in ogni
momento con dignità umana che rispetta e venera la libertà altrui. (continua)
(dagli
scritti di P. Albino)
