Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
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14 / 05 / 2021
SOLENNITA\' DEL SACRO CUORE DI GESU\'
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14 / 05 / 2021
SOLENIDADE DO SAGRADO CORAÇÃO DE JESUS
Sexta-feira 11 de junho de 2021...
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14 / 05 / 2021
SOLEMNIDAD DEL SAGRADO CORAZÓN DE JESÚS
Viernes 11 de junio de 2021...
fare comunione
Il nostro Statuto al n. 73 dice: “Costruiremo la comunione solo se unite a Cristo e alla fonte inesauribile
del suo cuore. Da qui scaturiscono le espressioni concrete della vita di
comunione che sono: ascolto, accoglienza, comprensione, perdono, dialogo,
corresponsabilità nei confronti di tutti gli uomini, ma in particolare di
coloro con cui si svolge il nostro rapporto quotidiano”. E il RdV al n. 72 dice: “perdere
tutto piuttosto che perdere la carità”, secondo
la consegna del nostro Fondatore. Proponiamo una riflessione di p. Albino sul tema
della “comunione” quale filo rosso della nostra storia e del nostro
impegno quotidiano. Uno dei modi per incarnarlo oggi ci è suggerito da
questa riflessione: “Credo che se confidiamo nella misericordia del Signore ed
agiamo secondo il Suo Spirito troveremo la capacità di “fare il primo passo”
per un incontro autentico con Dio, tra di noi e con gli altri”… (Vinculum
n°1/2018, p. 3 – Lettera di Martina Cecini, Presidente della CM).
La denominazione che ci distingue nella Chiesa: “Compagnia Missionaria del
Sacro Cuore” ( Statuto, n. 1) ci conduce a fare della nostra Famiglia una nuova
Betania, un’oasi di affetto per Gesù, un corpo che vive di magnanima donazione
a Lui e ai suoi ideali di salvezza. Approfondiamo il senso dei termini,
cominciando dal primo: Compagnia.
La parola rende, con immediatezza, l’idea di una realtà compatta, che
marcia allo stesso passo, che svolge un’attività unitaria, che si immerge in un
unico sacrificio, che tende ad una medesima meta. E’ difficile pensare
diversamente mantenendo questa denominazione. Mi pare allora che nessuno più di
noi si trovi nella felice necessità di dare concretezza alla volontà di Gesù: “Prego anche per coloro che crederanno in
me…affinché tutti siano una cosa sola, come tu, Padre, sei in me ed io in te; così
anch’essi siano una cosa sola in noi. Io ho partecipato a loro la gloria che tu
mi hai dato ( la divinità attraverso la filiazione divina) affinché essi siano
una cosa sola come noi siamo uno, io in loro e tu in me affinché siano perfetti
nell’unità e il mondo riconosca che tu mi hai mandato ed hai amato loro come
hai amato me” ( Giov. 17, 20- 23).
“Fare comunione” con Dio, tra di noi e con tutti gli uomini, nostri fratelli (non solo
ontologicamente per la presenza della grazia, ma anche psicologicamente per il
nostro volontario apporto intellettivo ed affettivo) è il termine necessario
della nostra vocazione.
Ma ogni processo di fusione postula che l’individualità e i pregi dei
singoli elementi cadano per sublimarsi nelle nuove proprietà del tutto. Credo
sia difficile ritenere nell’autentico spirito cristiano chi non è disposto al
sacrificio di qualcosa, anzi di tutto quello che è. Cristo non ha alcuna
ambiguità al riguardo ( cfr. Lc. 14, 26 e 33). Anche l’apostolo Paolo alza le
sue catene come accorato richiamo “all’unità
dello spirito nel vincolo della pace” (Efes. 4,3), “... usando umiltà,
mansuetudine, magnanimità, sopportazione reciproca (Efes. 4,2)”... perché una è
la fede, uno il battesimo, uno il corpo, uno lo spirito, una la speranza, uno
il Dio e Padre di tutti che è sopra tutti; opera in tutti ed è in tutti (Efes.
4,5-6).
Quando cesseremo di dire: “Questo è mio” in tutte le direzioni dei nostri
reali o presunti diritti, quel giorno varcheremo la soglia della felicità;
saremo nella disposizione seria di “fare comunione”, mentre la grazia del
battesimo diverrà operante in ciò che è fondamentale nel piano di Dio: il
nostro assorbimento, inteso e voluto, in Dio e nei fratelli.
I mezzi per fare comunione
1) La preghiera, molta preghiera, umile, insistente, strettamente
personale. Solo l’onnipotenza di Dio, infatti, può disporci al sacrificio
continuato del nostro egoismo per volere e cercare ciò che unifica. Poi la
preghiera, come sopra descritta, getta sempre il ponte di una filiale “comunione”
con i fratelli.
2) La grazia, la nostra “comunione” per piacere a Dio deve essere soprannaturale. La
sostanza ne è la grazia che attraverso Cristo, ci unisce in una sola vita con
il Padre e tra di noi così “chi sta a
Roma sa che gli Indi sono sue membra”
(cfr. LG n. 13). Crescere nella grazia, cogliendo premurosamente le mille
possibilità di ogni giorno, significa crescere nella intensità, nella efficacia
e nella cattolicità della nostra “comunione”.
3) Lo Spirito Santo, se il nostro essere cristiano si impernia nello
Spirito, allora “ conformiamoci allo
Spirito” (Gal. 5,25 ). Lo Spirito è essenzialmente forza protesa a creare
la “comunione” perché i suoi frutti sono “
la carità, la gioia, la pace, la benignità, la mitezza… “(Gal. 5,22-23). Le opere contrarie: “le risse, le
gelosie, gli impeti d’ira, le rivalità, le fazioni, le invidie…” e le altre
cose simili che rompono o incrinano la “comunione” con i fratelli, san Paolo le
qualifica “opere della carne”, opere
cioè di chi ancora non è maturato, di chi non è divenuto una piena realtà nuova
in Cristo ( cfr Gal. 5,19).
4) Una grande considerazione per la
Famiglia in cui ci ha raccolto la bontà del Signore. Qui non
possiamo assolutamente essere delle unità giustapposte ove ciascuna pensa come
vuole, si comporta come vuole, va dove vuole. La realtà cristiana dell’unità in
Cristo per cui siamo un solo corpo, viviamo di una sola vita, ci prodighiamo
per una sola salvezza, siamo in cammino verso una sola patria, il bel paradiso
di Dio che ci attende…deve trovare qui la sua prima espressione. “Se siamo chiamati a cantare insieme nel
cielo, perché non cominciamo già a cantare insieme sulla terra?” (Claudel).
Così anche se abbiamo personalità,
mansioni, attitudini e vedute umanamente diverse, nella carità di Dio “facciamo
comunione”, vogliamo la “comunione”, ma non accademicamente. Sarebbe il più
stupido dei formalismi. Bensì con lo stesso desiderio bruciante ed operativo di
Gesù. Del resto questo fu l’ultimo dei suoi desideri, il testamento sacro della
sua vita e del suo amore….(continua nel
prossimo numero)
P. Albino Elegante s.c.j.
Bari, 26.9.1970
l'acqua viva
La seguente riflessione ci riporta alla fonte iniziale della vita
cristiana, ci fa accostare all’acqua
viva e vera che disseta…e fa crescere. Ci aiuta a rivedere, a leggere in modo
sapienziale la nostra piccola storia personale inserita nella storia della Chiesa. Un semplice e profondo
messaggio che ci aiuta a vivere con fedeltà e creatività la nostra vocazione e
ci farà bene.
Carissimi, Bologna, 23 novembre 1991 qualunque parola mia, forse, guasterebbe la semplicità,
colma di solennità e di grandezza con cui il “chicco d’acqua” introduce le
nostre riflessioni. Diamogli allora spazio immediato e…ritroviamoci tra qualche
momento per ammirare insieme e lodare il Signore, perché “ cose grandi egli ha
fatto per noi” (Sal.126,2). Il
“Chicco d’acqua” Le riflessioni sui sacramenti condussero lentamente i Padri
a discorrere della Chiesa che li amministra. I sacramenti sono l’effusione
concreta dello Spirito. Il medesimo Spirito che, secondo S. Giovanni, è
raffigurato nell’acqua viva (cfr. Gv 7,38) e che è la linfa della Chiesa. Anche
negli scritti di S. Ireneo s’incontra questa idea. Possiamo rivederla in un
documento ufficiale del Concilio Ecumenico di Vienna (1312):” Il suo fianco fu aperto dalla lancia, perché dai fiotti di acqua e
di sangue che ne uscirono fosse formata l’unica, immacolata, santa, vergine
Madre Chiesa, sposa di Cristo. Allo stesso modo che dal fianco del primo uomo,
immerso nel sonno, fu formata Eva, per diventare sua sposa”. A questa idea si ispirano alcuni disegni di quel tempo che
raffigurano la Chiesa come una regina che sta in piedi, accanto alla croce. Ha
nelle mani un calice dove raccogliere il sangue e l’acqua che scendono dal
Cuore ferito di Cristo. Il nostro primo atteggiamento vuol essere atteggiamento di
lode alla provvidenza di Dio. Al cammino dei secoli, colmo di opere grandi e
belle, ma anche di debolezze, di ingiustizie, di peccati…ha assicurato la
presenza costante del suo amore con il dono della Chiesa. La Chiesa è il tabernacolo di
Dio che
custodisce i tesori della sua grazia e della sua misericordia. Con essi
guarisce le malattie degli uomini, arricchisce la loro povertà e santifica le
loro situazioni di vita perché tutto sia segnato dal sigillo vivificatore di
Dio. La Chiesa è l’ovile dove le pecore disperse
vengono raccolte per godere della tenerezza di Cristo e ritrovare, in lui,
l’unità che le fa riflesso sulla terra dello stile di vita del cielo. La Chiesa è la custode della parola che illumina i
passi degli uomini con la luce di Dio. Così il loro cammino li conduce con
sicurezza alla gioia di sentirsi realizzati nella verità e nella libertà. La Chiesa è la società dei
credenti in
Cristo. Ad essi , indistintamente, la fiducia di Dio ha affidato il compito di allargare a tutte
le genti la grazia della salvezza. Per questo Gesù ha pregato:” Padre che tutti
siano “uno”, come noi siamo uno. Così il mondo crederà che tu mi hai mandato”
(Gv.17,21). Il carisma che lo Spirito Santo ha affidato alla CM – il
carisma della vita di amore, personificato al punto di farci “comunione” con
Dio e con i fratelli – ci inserisce pienamente nella missione della Chiesa.
Ogni atto che noi compiamo per costruire la “comunione”nel piccolo ambiente
della nostra vita quotidiana è “servizio” alla grazia della nostra Famiglia. Ma è anche apporto che
concretizza la missione propria della Chiesa, voluta esplicitamente dal suo
Signore per essere “segno” e “strumento” in Dio, della “comunione” di tutti gli
uomini. Così ogni espressione di fedeltà allo specifico della nostra vocazione,
fa anche più bella e più grande la Chiesa di Dio. Contribuisce operosamente al
suo sforzo di riunire “insieme” gli uomini dispersi dal peccato, perché l’acqua
e il sangue del Cuore di Cristo siano per tutti dono di purificazione e di
salvezza. Il “chicco d’acqua” ci
offre ogni giorno uno stimolo eccezionale a ritrovare l’entusiasmo e la
generosità nel vivere il dono divino della nostra appartenenza alla CM e alla
Chiesa. Lo desidero veramente
per me e per tutti voi. Maria ci aiuti a renderci degni di collaborare
efficacemente all’azione di grazia della Chiesa del suo Gesù. Con affetto
P.
Albino Elegante
gettare tutto nelle fondamenta
Frase che p. Albino ripeteva spesso alle prime giovani
che sognavano di costruire insieme la Compagnia Missionaria del Sacro Cuore.
Ricordando i 60 anni di fondazione della Compagnia Missionaria proponiamo come riflessione stralci di una lettera, che risale al 1958 quando p. Albino all’inizio
dell’Istituto cominciava a vivere il suo ruolo di formatore del primo gruppo di
aspiranti missionarie. Dovendo assentarsi da Bologna per partecipare a un corso
di esercizi spirituali…prima di iniziare gli esercizi lui scrive a tutte per
ricordare che non possono dimenticare lo scopo ultimo della vita che hanno
scelto: arrivare alla santità! Una meta
che riguarda tutti!
E lo fa mettendo davanti a loro ideali grandi, orizzonti aperti, non si
stanca di esortare, ma è capace anche della tenerezza del padre e della madre, creando
un clima di umanità che segnerà per
sempre lo stile formativo della Compagnia Missionaria. La lettera propone impegni concreti che se accolti renderanno forti le “fondamenta” per
trasformare il sogno in realtà. “Quando sono tenaci, le radici, costituiscono una promessa di futuro.( Papa
Francesco in uno dei suoi discorsi nel suo viaggio a Myanmar).
12
gennaio 1958
Mie buone figliole,
Sono appena
arrivato, e prima di iniziare i Santi Esercizi mi è caro inviarvi il mio
ricordo e la mia benedizione. Ho tanto bisogno che preghiate per me in questi
giorni di grazia perché possa ricevere
sovrabbondante il dono di Dio che purifica, rinnova e santifica. Fatemi
in maniera larga questa carità così che il beneficio mio possa essere poi
beneficio vostro attraverso il contatto quotidiano della direzione spirituale e
la premura espressa nelle parole e nell’esempio per condurvi alla santità a
cui assolutamente vi chiama il Cuore di Gesù.
Pregherò anch’io molto per voi e offrirò volentieri tutti
i sacrifici piccoli e grandi che la Provvidenza mette sul cammino di ogni
giornata. Bisogna che vi porti
alla santità e bisogna che voi vogliate ad ogni costo giungere alla santità. Diversamente noi
abbiamo fallito nello scopo della nostra vita di Missionari e deludiamo le
aspettative della S. Chiesa e delle anime.
Per
la meta della santità
1) siate fedeli, estremamente e
serenamente fedeli al regolamento di vita quotidiano, vale a
dire all’orario con le pratiche di pietà prescritte, con i doveri di lavoro,
con l’esercizio del silenzio e del raccoglimento…
2) Ciascuna vinca decisamente quella particolare debolezza
spirituale che ancora non le permette di essere tutta e solo di Gesù. … Una delle prove
più pratiche e più sincere dell’amore è proprio questa: donare senza indugi e
senza compromessi quanto è vivamente desiderato e richiesto dalla persona cara.
3) Vivete nell’amabilità più cordiale con Gesù e con tutti i fratelli e le sorelle di Gesù.
Santa Bernardetta, parlando della Madonna che le era apparsa a Lourdes, ha
detto che “era
molto bella e sembrava così buona” perché aveva
sempre un sorriso celeste soffuso nelle sue labbra, anche quando lo sguardo era
triste e bagnato di lacrime per la visione dei peccati del mondo…
Quale onore più
bello potete fare a Maria che imitando sempre,
sempre, sempre il suo sorriso anche quando qualche
dolore vi cruccia, anche quando qualche amarezza vi rende triste lo sguardo?...
4) Curate la compitezza del vostro portamento esteriore.... Voi dovete essere cristalli purissimi sotto tutti gli
aspetti che riflettono a perfezione la grandezza e la nobiltà di Dio e di Maria
sua e nostra Madre….
Intanto per chi
vuole c’è già sufficiente, anzi abbondante materia di esame, di riforma e di
generosi propositi….
Vi ripeto: fatevi sante, fatevi sante, donando oggi a Gesù quanto gli dovete donare, senza
rimandare a domani sia pure la più piccola generosità. Così Lui si rispecchierà
nella vostra vita, in tutte le espressioni, in tutti gli atteggiamenti… Lo voglia proprio Gesù per l’intercessione di
Maria “Madre, Guida e Custode della Compagnia Missionaria del S. Cuore”. A Lei
ancora una volta vi affido perché vi formi il cuore docile che Gesù si aspetta,
un cuore cui torna a piacere l’ascoltare, il ritenere, il lasciarsi
guidare, perché l’essenza della nostra
vocazione sta proprio qui: lasciarsi guidare, un assoluto lasciarsi guidare a testimonianza concreta d’amore a Lui, Gesù, che vi ha
scelte.
Vi benedico di tutto cuore in Gesù e Maria.
P. Giuseppe (Albino)
Elegante
il nostro grazie
Quest’anno celebriamo il 60° di
vita della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore! Una tappa importante che
vogliamo vivere nel segno della festa e
del ringraziamento. Questa riflessione di p. Albino, presentata in altra
ricorrenza, la troviamo appropriata a questo evento perché ancora attuale e
perché fa emergere stimolanti indicazioni per rinnovare al Signore il nostro GRAZIE.
“Allora io ti renderò grazie al suono dell’arpa, per la tua fedeltà o
Dio. A te canterò sulla cetra, o Santo d’Israele” (salmo 71).
Come ringraziare per questi anni di vita della Compagnia
Missionaria ? Lo possiamo imparare da san Paolo. Ecco due esempi, fra i tanti
che incontriamo all’inizio delle sue lettere.
1 Tes. 1,2-4 : “Rendiamo sempre
grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo
continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra
carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo,
davanti a Dio Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete
stati scelti da lui”.
Notiamo anzitutto che il ringraziamento è rivolto a Dio
Padre. E questa è una costante dell’epistolario paolino: l’espressione della gratitudine va a colui che sta all’origine della storia e della nostra salvezza.
E’ da qui che nasce il grazie. Infatti,
ringraziare significa riconoscere l’iniziativa salvifica del Padre e la sua
azione efficace, sempre nascosta nelle pieghe più profonde delle vicende umane.
L’avverbio “sempre” significa di
continuo e che non si tratta solo di momenti liturgici, ma di un atteggiamento
del cuore. Notiamo inoltre che il grazie nasce e si alimenta dal “fare
memoria”, cioè dal ricordare: quanto più si ricordano i doni di grazia
ricevuti, tanto più cresce la gratitudine. E San Paolo ci insegna a nominare i
doni ricevuti come la fede, l’amore, la speranza...
Un’ altra motivazione che nutre il ringraziamento di Paolo è
individuata nell’amore e nell’elezione divina. L’essere “amati da Dio”è una
qualifica che specifica il vero nome di coloro che il Padre sceglie. Per
ringraziare di essere stati scelti e amati, occorre l’acutezza di occhi nuovi che penetrino l’insondabile profondità di
Dio. La scelta dei credenti è stata anticipata dal suo progetto: Lui ci ha
scelti gratuitamente, secondo un disegno misterioso di volontà elettiva.
Ognuno di noi può parafrasare e applicare alla Compagnia
Missionaria e ad ogni suo membro quello che San Paolo scrive alla chiesa di
Tessalonica. La nostra gratitudine va a colui che è all’origine della nostra
Famiglia spirituale: Dio e la sua azione efficace dentro le pieghe di questi
anni trascorsi. Gratitudine che sgorga dalla nostra disponibilità a “ricordare” ed “enumerare” i tanti doni di
grazia che danno volto alla CM: il dono del Cuore trafitto di Cristo da cui
nasce la nostra spiritualità e missione, comunione, oblazione, consacrazione,
secolarità, missionarietà ; uno stile di
amore tipico e qualificante. Questi altri doni costituiscono l’identità del
nostro Istituto che ha già attenuto l’approvazione pontificia.
Fil. 1,3-5: “Rendo grazie al mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi. Sempre quando
prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per
il Vangelo, dal primo giorno fino al presente”.
Il ringraziamento in questo caso, è da san Paolo abbinato a
motivi “eucaristici”, a quello della preghiera di intercessione e
all’espressione di sentimenti di gioia, di fiducia e persino di affetto. Un
rendere grazie che rivela il cuore dell’apostolo che nel tu- a Tu con il suo
Dio non si isola, ma resta unito all’amata comunità, fatta motivo del suo
rendimento di grazie, oggetto del suo ricordo affettuoso e destinataria della
sua supplica. Si noti anche qui l’uso abbondante delle espressioni “ogni
volta”, “sempre”,” in ogni mia preghiera”.Più in dettaglio, San Paolo ringrazia
Dio perché dal primo giorno della loro
chiamata fino ad oggi, i filippesi hanno preso parte alla diffusione del
Vangelo.
Anche da questo scritto paolino non sarà difficile, per
ognuno di noi trarre lezione e nutrimento per come e perché vivere il
rendimento di grazie, intercedendo gli uni per gli altri e alimentando
sentimenti di gioia, di fiducia reciproca e di affetto. Un ringraziamento che porta ad aumentare il senso di appartenenza all’Istituto e a crescere nella comunione
tra noi e con gli altri. E vedendo se riusciamo a farlo “ogni volta”,”sempre”,”in
ogni preghiera” affinché anche di noi si possa dire, secondo le modalità
specifiche della Compagnia Missionaria, che dal primo giorno della nostra
vocazione “fino ad oggi”abbiamo “preso parte alla diffusione del vangelo”. E si
può enumerare tutta la partecipazione della Compagnia Missionaria alla
diffusione del Vangelo, non solo Italia, ma anche in altre parti del mondo. Si
può quindi concludere con il salmista:”Quanti prodigi in nostro favore, sono troppi per
essere contati”.
Ci auguriamo che questi ed altri esempi biblici possano
spronarci ad abbondare in rendimento di grazie. In forma semplice e mnemonica
possiamo ripetere il seguente ritornello:
“Allora ti renderò grazie, al suono dell’arpa, per la tua
fedeltà o Dio. A te canterò sulla cetra o Santo d’Israele” (salmo 71).
(dagli scritti di p. Albino Elegante)
gesù mite e umile di cuore
La contemplazione
del Cuore di Gesù, lo sguardo di fede, fugace ma intenso di desiderio, che
rivolgiamo di frequente alla sua immagine, lentamente ci conducono a farci
copia dei suoi sentimenti e della sua disponibilità.
Nella fedeltà
quotidiana all’impegno di preghiera, questa disponibilità si allarga e si
consolida. Al punto da renderci “adulti” in Cristo, testimoni limpidi ed
entusiasti delle disposizioni del suo cuore, particolarmente di quelle che sono
più efficaci di ammirazione e di grazia: l’amore misericordioso, la giustizia,
lo zelo, la volontà di pace….
E’ la nostra
missione: fare del Cuore di Cristo, il
cuore nostro e il cuore del mondo.
Qualunque sia il posto
dove viviamo, qualunque attività che rientra nei doveri della nostra
quotidianità, in famiglia, nel lavoro, nell’ambiente ecclesiale o sociale… noi
dobbiamo presentarci impregnati dello spirito del Cuore di Gesù e tutti,
indistintamente tutti, devono coglierne il fascino nella costanza della nostra
visione di fede, nell’apertura all’ottimismo e alla speranza, nella
disponibilità all’accoglienza, nella “caparbietà” serena a risolvere tutto
nella giustizia e nella carità.
La liturgia della Chiesa
ha scelto questa pagina come brano evangelico proprio della solennità del Sacro
Cuore dell’anno A.
Rileggiamola insieme:
“In
quel tempo Gesù disse: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra,
perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai
rivelate ai piccoli. Si, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato
dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno
conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
Venite a me,
voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio
giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete
ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.
(Mat. 11, 25-30).
Indubbiamente il Vangelo
di Matteo ci pone di fronte a un brano molto originale, in cui meritano
attenzione per “le cose che sono state dette” e “come” sono dette. Ne rileviamo
in particolare, due:
- l’esclamazione
di giubilo e di benedizione al Padre per lo stile con cui Egli conduce il
cammino della redenzione del mondo;
- l’invito
a seguire il suo esempio di mitezza e di umiltà. E questo, nonostante che Egli
abbia appena affermato di essere maestro “assoluto” e “necessario” per
l’addentramento dell’uomo nella conoscenza del mistero di Dio.
Potremo concludere che,
prima dell’intelligenza, preme a Gesù il nostro cuore. E’ lì che Egli vuole,
soprattutto, collocare l’amore e la pace di Dio.
L’esclamazione
di giubilo di Gesù
Ci colpisce la confidenza con cui Gesù si
rivolge al Padre. Capovolge la mentalità e l’uso, fino allora seguiti dal
popolo Ebreo, che aveva relegato la grandezza e l’onnipotenza di Dio in un
mondo tutto suo, inaccessibile ai limiti umani. Al punto che il pio israelita
non si permetteva nemmeno di pronunciare il nome di Dio.
Gesù, con il suo esempio, abbatte le
barriere della inaccessibilità dell’uomo a Dio e ci insegna che Dio è il Padre
buono e misericordioso, sempre aperto all’accoglienza. Il Padre che soprattutto
ama e vuole essere amato. Il Padre a cui piace immensamente il nostro linguaggio e il nostro atteggiamento
filiale.
Del resto è Lui stesso che ci instrada su
questo rapporto di semplicità. Gesù lo benedice perché rivela le cose della
sapienza di Dio. I misteri del suo amore non sono appannaggio riservato ai
dotti, ai grandi della terra, ma dono di amore e di infinita benevolenza per i
piccoli.
Così i piccoli, nel criterio di Dio,
diventano il prototipo di coloro che Egli ama. E Gesù dice ai “grandi” che
devono convertirsi e farsi nello spirito come loro. Diversamente non troveranno
posto nel regno dei cieli…
Imparate da me!
“Imparate
da me che sono mite ed umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre
anime”. Con queste parole Gesù
si proclama “maestro di vita”. Maestro di tutti, perché tutti hanno incontrato
e incontrano sulla strada della vita il volto sfigurato della fatica e della
tribolazione, perché tutti fanno esperienza quotidiana della ingenita debolezza
che li spinge sotto la schiavitù del peccato e della morte (cfr. Rom. 5,12).
Gesù, come il Padre, vuole far giungere a tutti i tribolati il suo amore che
solleva e che salva.
Ma
è strana, per la mentalità umana, la strada che Egli sceglie per farsi nostro
sollievo: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. Con due
aggettivi Gesù caratterizza il suo comportamento e ci assicura che, se lo
imiteremo, troveremo un profondo beneficio di spirito.
La mitezza: è il comportamento che dona un fascino straordinario alla
persona di Gesù. La sua bontà, la sua accoglienza, la sua disponibilità a
tutti, la capacità illimitata di comprendere, di perdonare, di aiutare, di
soccorrere ogni sorta di calamità…. Fa accorrere a lui le moltitudini persuase
che in lui “è Dio stesso che ha visitato il suo popolo” (Lc.7,16).
La via della mitezza è un obbligo
irrinunciabile per chi segue i passi di Gesù. Egli è stato molto esplicito nel
suo insegnamento: il nostro volto presenterà al mondo l’autenticità del suo
volto, solo se ci manterremo sulla linea della sua bontà…
La mitezza, per espandersi in tutte le sue esigenze ha bisogno assoluto di sbocciare
e mantenersi nel terreno dell’umiltà
. Per questo Gesù, pur dichiarandosi
guida necessaria a Dio, non trasborda mai nell’insofferenza dei limiti e delle
debolezze umane. Ne condivide volentieri il peso e dove è necessario si mostra
medico paziente e generoso che sa rimetterci fino… al sacrificio stesso della
vita, senza mai darsi l’aria di chi vive su un gradino superiore. Anzi!
La
sera dell’ultima Cena, racconta l’Evangelista Giovanni, nel mezzo del pasto
“Gesù si alzò da tavola, depose le vesti, si cinse di un asciugatoio
e, versata dell’acqua in un catino, cominciò a lavare i piedi dei discepoli”.
Il gesto di Gesù, sul piano sociale era un gesto rivoluzionario
che rovesciava i comportamenti abituali, i normali rapporti tra maestro e
discepoli, tra padrone e servi. Sul piano della fede era addirittura un gesto
sconvolgente, assolutamente impensabile: Dio che si inginocchiava davanti
all’uomo.
Certo l’atto compiuto da Gesù suscitò
meraviglia e gli apostoli sorpresi, si saranno domandati che cosa intendeva
significare la novità di quell’atteggiamento. Gesù stava per consegnare alla
sua Chiesa il testamento di umiltà e di
servizio che aveva contraddistinto tutti i momenti della sua vita e che, se
accolto e seguito, avrebbe inserito i suoi seguaci nello stile specifico di Dio
e, come Dio, li avrebbe fatti beati.
Il mio augurio per la solennità del Sacro Cuore
Oso auspicare che l’imitazione di Gesù “mite e umile di cuore” divenga la
nostra beatitudine e il modo semplice, trasparente con cui soprattutto vogliamo
esprimere la nostra donazione e il nostro servizio al carisma che lo Spirito
santo ha posto nelle mani della nostra Famiglia. Ci conduca a questa grazia
l'imminente Solennità della festa del Sacro Cuore di Gesù.
( dagli scritti di p. Albino Elegante -
Solennità del Sacro Cuore 1996)
quaresima
QUARESIMA
Tempo di grazia, di
purificazione, di ascolto della parola di Dio; un incontro che può trasformare
la nostra vita: quaresima tempo di conversione, che ci chiama
ogni anno, a rinnovarci nella nostra fede. Lo scritto ci presenta una traccia spirituale
per ritrovarci nel silenzio con Dio e con noi stessi. Solo se sapremo trovare
un po’ tempo, momenti di sosta, per… fermarci.
La
Quaresima è tempo di riflessione intensa sulla Parola di Dio per promuovere una
fioritura in noi dello spirito cristiano che ha un termine di paragone
- in
natura: nel ritorno della Primavera;
- nella
fede: nell’incontro con la Pasqua del Signore.
Ci proponiamo di operarlo questo rinnovamento in un punto
fondamentale, costitutivo del nostro essere cristiano: la fede.
La Sacra Scrittura tesse
l’elogio più alto della fede.
· In
Genesi., cap. 15, è narrato un momento critico della vita di Abramo. Dio gli
dice: “Non temere Abram. Io sono il tuo
scudo. La tua ricompensa sarà molto grande”. Rispose Abram: bella promessa!
Ma la realtà sembra vanificarla. Infatti “io
sto per andarmene senza discendenza e un mio domestico sarà l’erede”. “Non costui
sarà tuo erede – rispose il Signore – ma
uno nato da te”. Poi, con uno squarcio fantastico di inventiva, Dio
condusse Abram fuori dalla tende e “Guarda
il cielo – gli disse – e provati a
contare le stelle! Così numerosa sarà la tua discendenza”. Abram credette al Signore – commenta la Bibbia – che
glielo accreditò come giustizia. Cioè come disposizione di spirito
infinitamente gradita a Dio e gratificante per Abram.
· In
Luca, cap. 1, è riferito l’episodio della visita di Maria alla cugina
Elisabetta. Il grido festoso e ispirato di questa donna si conclude con
l’ammirazione e l’esaltazione della fede di Maria: “Beata te che hai creduto!”(Luca 1, 35).
· Nel
Vangelo di Giovanni non è escluso che il cammino di fede possa essere
profondamente travagliato. Dice infatti Gesù a Tommaso: “Perché mi hai veduto, hai creduto. Beati quelli che, pur non avendo visto crederanno” (Gv. 20,29).
Comunque, a parte le difficoltà
che a volte ci possono accompagnare nella nostra adesione a Dio il Vangelo stesso pone ripetutamente sulle
labbra di Gesù la dichiarazione che sarà la fede ad immetterci nella certezza
della vita eterna.
Vogliamo dunque in
questa quaresima che ci aspetta, ravvivare la fiamma e lo splendore della
nostra fede.
Lo facciamo nei confronti di
quella realtà che è la più grande, dopo la realtà delle tre persone divine: noi
stessi raccolti dalla sapienza e dall’amore di Dio nella creatura più bella,
più radiosa, più cara al cuore di Dio: la Chiesa.
Lo facciamo sotto la guida
della “Lumen Gentium”, esattamente il Cap. 1° che ha per titolo “il mistero
della Chiesa” e ne traccia le dimensioni divine.
Una prima esposizione ci pone di fronte all’azione specifica
del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Potremmo definirla una concorrenza
di preoccupazione amorosa.
“L’Eterno Padre, dice il testo del Concilio, decise di elevare gli uomini alla
partecipazione della sua vita….Per questo li ha chiamati e raccolti nella
Chiesa del suo Cristo”.
Il Figlio,
per adempiere la volontà del Padre ne ha inaugurato sulla terra le origini. Le
ha dato una norma di vita e di comportamento con la sua parola e il suo
esempio. L’ha purificata, ricreata, resa degna della santità del Padre con
l’offerta integrale di se stesso. Ogni volta che il sacrificio della croce
viene celebrato sui nostri altari, viene rinnovata la nostra redenzione, mentre
il pane consacrato rappresenta ed effettua l’unità di tutti i credenti.
Il giorno di Pentecoste fu inviato lo
Spirito santo a santificare la Chiesa. La sua azione di guida e di aiuto è
stata significata da Gesù stesso nella figura della sorgente d’acqua
zampillante il cui getto, perenne e inarrestabile raggiunge la soglia della
vita eterna”.
Questo è il testo, riassunto, dei nn. 2 e 3 della
Costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II°. Quali riflessioni ci suggerisce, ai fini
di rendere sempre più integrale e luminoso lo sguardo della nostra fede?
Anzitutto vogliamo fare un
riscontro tra l’insegnamento del Concilio e i testi della Sacra Scrittura per
rilevare l’unità dell’insegnamento della fede.
· Ripetutamente
nella Scrittura la Chiesa è presentata come proprietà originale di Dio,
radunata per iniziativa della sua elezione. Cfr. ad esempio, 1a Cor. 1,2; 1, 9:
6, 9-11; 1aTess.1,1; 1,4; Ef. 1,4-5; ecc.
· La
lettera agli Efesini, in particolare sottolinea le preoccupazioni straordinarie
dell’amore di Cristo per la sua Chiesa (amore di Cristo proposto come modello
dell’amore che lo sposo cristiano deve avere per la sua sposa); cfr. Ef.
5,25-27.
· L’azione
dello Spirito Santo è descritto ripetutamente come componente essenziale del
nostro vivere cristiano, della nostra crescita spirituale e della nostra
salvezza. Così con lo Spirito siamo stati segnati per il giorno della
redenzione (Ef. 4,30); lo Spirito di Dio abita in noi e da lui siamo guidati
sui passi del nostro cammino di fede (Rom. 8,9) e all’incontro con la tenerezza
paterna di Dio (Rom. 8,15). Però, dice l’Apostolo “Se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito” (Gal. 5,25) Allora veramente noi diverremo
gloria della Chiesa di Dio, e l’esempio del nostro vivere quotidiano si farà
rivelazione piena del fascino e della potenza dell’amore di Dio che vuole salvi
tutti gli uomini.
La preoccupazione amorosa della
Trinità ha donato agli uomini la Chiesa e l’ha arricchita d’ogni bene di
sapienza soprannaturale e di grazia perché essa sia strumento efficace della
loro elevazione e della loro salvezza.
Ma gli
uomini non devono cercare la Chiesa… nella stratosfera. Dio l’ha posta al
loro fianco, l’ha inserita nelle
vicende della loro vita terrena. Fatti membri della Chiesa con il Battesimo, essi la esperimentano
vicina, con la sua guida e il suo aiuto, sulle strade stesse della loro città secolare, e, a passo per
passo, essa dice loro come devono vivere gli avvenimenti, gli interessi, le preoccupazioni, le
stesse sofferenze, sopraffazioni, ingiustizie di quaggiù perché divengano
capaci della conquista del cielo.
Sorprendiamoci qualche volta ad ammirare,
benedire, lodare …. l’attenzione, la preoccupazione, la provvidenza dell’amore
di Dio che ci ha donato la Chiesa per fasciarci della sua volontà di salvezza
fin dai primi vagiti della nostra vita terrena. Questo potrebbe essere un
ottimo momento di fede, da collocare, ad esempio, nel tempo della nostra
preghiera quaresimale.
Così tutto nella nostra vita si
sentirebbe a servizio della filialità e dell’amore. E mentre gli uomini si
agitano e le vicende del mondo che ci circonda si accavallano con l’aspetto
minaccioso dei marosi in tempesta… Il nostro cuore non teme: “Molti saranno i dolori
dell’empio – cantava il salmista -, ma
la grazia circonda chi confida nel
Signore” (Salmo 31,10).
Noi ci sentiamo come figli
nelle braccia del Padre, il cui passato è stato purificato dalla sua
misericordia, il cui presente si aggrappa alla certezza della sua provvidenza
onnipotente, mentre l’avvenire non ci fa paura perché viviamo nella forte speranza
che il suo amore sostenga la nostra debolezza e nulla ci possa separare
gravemente dalla sua carità.
La vita di Gesù è allora il nostro
modello nell’essere figli e nell’essere persone che amano gli altri.
Domandiamo al Signore la Grazia
che una nuova ondata di amore verso il prossimo pervada non solamente noi, ma
anche questo povero mondo.
(dagli scritti di p. Albino, Bologna 15.03.1991)