Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
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Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
a cuore aperto
Festa dell’ ECCOMI a Brugherio (MB), 6 aprile
L’Eccomi comincia
nelle nostre case: la preparazione, le partenze, gli arrivi. Ma è subito
famiglia quando arriviamo, il venerdì sera, felici di rivederci tutte insieme
dopo quasi un anno. Siamo accolte da Lucia Maistro, Orielda e Cecilia.
Graziella è un po’ più curva, ma sempre attiva in cucina a preparare il cibo
per la festa. Lucia Capriotti, Luisa e l’amica Rosetta ci portano il respiro e
la generosità del gruppo di S. Antonio Abate. Maria Grazia è accompagnata da
una nuova amica, Vilma, che viene dal Perù, e subito si ambienta nella nostra
casa che “ha allargato i paletti della tenda” per farci posto. Naturalmente il
dopo-cena è tempo di ascolto e condivisione, che va in profondità. E pensavo,
quando ci lasciamo guardare, nel dialogo fraterno, il cuore si apre a rivelare il mistero
della persona. Così Dio, rivelandosi ha
aperto il suo cuore, dove contempliamo il suo mistero. Ha aperto il suo cuore per non chiuderlo più! E
veramente si vede, anche nei gesti del quotidiano, questo vivere a cuore aperto che ci fa missionarie.
Il sabato mattina, finalmente ci siamo tutte: Franca
Gherardi e Rita arrivano in mattinata. Stiamo preparandoci all’accoglienza
degli Amici. L’appuntamento è per le 14.30. Arrivano, alla spicciolata, e
rivediamo volti noti, qualcuno nuovo, e subito si vive la cordialità
dell’incontro. Nella cucina dell’Oratorio intanto si completano i vassoi per la
merenda: ognuno ha portato qualcosa da condividere per far festa. Nell’attesa
che inizi la meditazione di Lucia C., ci scambiamo ricordi, ci presentiamo,
ripercorriamo la vita CM rileggendo, sui cartelloni che sono stati preparati,
la nostra storia. Ci siamo tutti, non
molti: la data scelta coincide con molte attività programmate dalla Parrocchia,
e ciò ha imposto una scelta a tanti amici che hanno dovuto rinunciare a questo
incontro.
E’ il tempo dell’Ascolto.
Dopo le parole di accoglienza di Orielda, Lucia C. ci fa camminare, sui
sentieri della Parola, per scoprire quell’ECCOMI di Dio e dell’uomo. Il tema: L’Eccomi di Maria nel quotidiano. Alla
conclusione ho ringraziato Lucia perché, le ho detto, ci hai portato un po’ qui, un po’ lì, restando qui: sembrerebbe un
enigma. Ma Lucia ci ha fatto sentire quell’Eccomi
per te pronunciato da Dio nella Creazione, ripetuto nella Alleanza, e
infine riflesso, come in uno specchio, da Maria: DONNA, UMANITA’.
Era davvero un invito a una
festa nuziale: la commozione profonda di essere presenti a questa unione sponsale tra Dio e l’umanità che
in Maria trova il suo compimento,
grazie al suo Eccomi. E l’Eccomi di Cristo ha preso carne. Lucia ci ha fatto cogliere questo grande respiro
della vita dell’uomo, amato da Dio,
dall’Eden, a Nazareth, a Brugherio: per vivere da UMANITA’ che dice SI’ a Dio
che l’invita: Rallegrati, donna! Xaire, Maria!
E ora è il tempo della condivisione e della festa. Si
comunicano le risonanze, il cuore si allarga ad accogliere l’oggi nella sua concretezza, là dove
siamo, attenti a discernere e ascoltare quella voce del Dio AMORE, quella voce
del Pastore bello, che è
inconfondibile: Eccomi, sono qui per te! Rallegrati!
Ed ECCOMI per vivere la festa: la bella e buona merenda
preparata da tante mani. l’ascolto reciproco si srotola tra dolcetti e
salatini, ECCOCI, insieme, a Brugherio, nel rallegrarsi di Maria, nella
Speranza dell’umanità, Donna in dialogo con Dio.
Grazie Lucia, Grazie Orielda e Lucia Maistro. Grazie P.
Albino per questa Famiglia che hai generato nella fede!
all'alba del primo giorno
Liberazione della luce
La nuova
creazione nel tempo della grazia
Ci sono giorni in cui devo pregare il Signore che mi restituisca
l’udito, altri in cui la Parola fa
breccia nel cuore, e non vorrei perderne una sola.
Così, per fare memoria della mia fede, sto ripercorrendo, alla lettura
del Vangelo, quelle parole che hanno
segnato la mia vita, cambiandomi.
Ma il Signore fa nuove tutte le cose, e vedo e ascolto come per la
prima volta parole già udite e conosciute. Come mai non le avevo sentite prima?
E in questa riscoperta e nuovo ascolto
si sono fatte spazio le parole di Matteo che racconta la Pasqua di Gesù.
All’alba del primo giorno
Il racconto è scandito con determinazioni temporali precise, a partire
dal capitolo 26: “Voi sapete che fra due giorni è la Pasqua…”, “Il primo giorno degli azzimi”, “Venuta la sera”,
“Questa notte”. Poi la scansione temporale accelera in crescendo: “Venuto il mattino”,
“a mezzogiorno”, “Verso le tre del pomeriggio” “Venuta
la sera”, e dilatarsi poi in un TEMPO
senza confini: “il giorno seguente”,
“dopo il Sabato”, “all’alba del primo
giorno”. Mi ritornavano note familiari, con altre profondità: primo
giorno, e fu sera, e fu mattina…
Graziella mi dice al telefono che loro, diocesi di Ambrogio, stanno
leggendo Genesi. Anch’io torno ai primi passi della creazione, al soffio che dà
la vita al primo Adamo, e mi sembra di riconoscere quei segni del Creatore che
rivela nel nuovo Adamo la Sua
Immagine: e torno indietro ad ascoltare Matteo: che cosa mi racconti? Di Chi mi
parli?
Ecco l’identità del nuovo Adamo, Dio-Uomo: Gesù avverte i suoi, fra due giorni, è la pasqua, anche lui
sente l’avvicinarsi dell’ora, si preoccupa di avvisare gli amici, statemi
vicino, insieme siamo più forti nella notte. Ma è SOLO, anche il Padre sembra
tacere, e lui tace, tace davanti al Sinedrio, tace davanti a Pilato. Solo la
verità parla, e parla con la voce di chi lo accusa: Tu lo dici, Io sono il
Figlio di Dio, Tu lo dici, il mio Regno…
Figlio di Dio e Re, ma quale nuova
creazione dell’uomo: mite, non oppone resistenza, oltraggiato, perdona,
tradito e rinnegato, guarda con amore, e in quel sabato santo, in cui il tempo
della notte sembra non aver fine, cielo e terra si riconciliano, all’uomo si
apre il tempo della grazia: era
l’alba del primo giorno
Non è il fine settimana che
ci fa tornare con la faccia triste al lavoro del lunedì, no. È l’alba
del primo giorno del tempo che ci è dato da vivere, nella vita del Risorto, è il primo giorno della nostra Pasqua!
servitori di cristo morto e risorto
Carissime/i,
eccomi
di nuovo a voi. Stiamo vivendo questi mesi di preparazione della nostra
Assemblea della Compagnia Missionaria che celebreremo insieme e che ci
coinvolge tutte. É un tempo di grazia, tempo di ascolto di ciò che lo Spirito ci suggerisce, tempo nel quale desideriamo
aprirci alle novità ed alle sorprese di Dio; tempo per guardare il presente ed
il futuro con i criteri del Vangelo.
Sentiamoci impegnate a
fare la nostra parte sia a livello personale che di gruppo mettendo in comune
ciò che siamo e ciò che ci sta a cuore per il bene della nostra famiglia.
Chiedo a tutte/i una preghiera più intensa perché il Signore guidi le nostre
scelte con la luce dello Spirito Santo.
Un
tempo prezioso ci è dato per preparare la prossima Pasqua che celebriamo
quest’anno il 21 aprile. Ci piace
collegarla al 21 aprile 2014 e ricordare il 5° anniversario del passaggio alla vita piena nella casa del
Padre, di p. Albino Elegante, fondatore della CM. A questo proposito mi è parso
provvidenziale, ritrovare una sua riflessione dell’aprile 1980 alle
missionarie. Ne propongo una parte che ritengo significativa.
… “Questo
atto “ricreativo” avviene mediante la
morte di Cristo per amore. E’ talmente sconvolgente questa rinascita
dell’umanità alla grandezza di Dio, che ci vuole la morte e la risurrezione
dello stesso Figlio di Dio per realizzarla”…
Difatti
anche dopo il battesimo noi
rimaniamo fragili, pur avendo la possibilità e la grazia di vivere una vita
nuova. Siamo sotto il peso della
fragilità “storica”, sotto il condizionamento della “carne”…
Nasce in noi
la spontaneità della risposta, spontaneità che non è superficiale, di
occasione, condotta dalla improvvisazione e dalla emotività … Si concretizza,
prevalentemente e con entusiasmo in quelle espressioni di donazione e di
servizio che già costituiscono l’intelaiatura del proprio essere nella Chiesa,
la “strada maestra” del proprio andare verso Dio e i fratelli …
Ø Si tratta di trascinare
nel proprio impegno tutto se stessi: con la propria posizione spirituale,
ecclesiale, sociale, familiare, di lavoro ...
Ø Si tratta di accettarsi,
volersi bene, valorizzarsi nell’amore, accettare i propri limiti, i propri
difetti, il proprio temperamento, la propria salute, i propri tempi …
Ø Si tratta di arrivare a
modificare le nostre abitudini nel vedere, nel considerare, nel valutare … le
persone e le realtà che ci circondano. Tutto è da Dio. Lo sono anche i miei
fratelli e le mie sorelle. Anche loro sono stati redenti con il sangue di
Cristo con la sua morte e risurrezione. E sono attualmente anche loro amati da
Dio.
E Dio come
vuole me salvo e santo, vuole salvi e santi pure loro.
Quanto
diventa bella la mia vita e come si apre alla gioia, quando nella pazienza e
nella speranza cerco di farmi servitore di Cristo morto e risorto!”.
Trovo molto attuali queste parole ripensando anche
al suo modo di essere con noi. Interpella la nostra vita di relazione con Dio e
tra di noi e ci chiede di ritornare “al primo amore” a ciò che è essenziale per
seguire il Signore e vivere rinnovate dalla Sua Parola nel nostro cammino
quotidiano.
Sono una chiamata di Dio a
lasciarci affascinare dalla bellezza delle meraviglie del Signore Risorto, per
vivere nella gioia e nella festa perché Lui è la nostra Pasqua.
Auguro a tutte e
a tutti
una buona e bella
Pasqua
In comunione.
Martina
ricordo di p. albino elegante
Leggendo i due libri: “60 anni di storia sulle strade del mondo” e “Gettare tutto nelle fondamenta” (lettere scritte da p. Elegante
ancor prima che nascesse la Compagnia Missionaria) ho trovato fervore e zelo
apostolico, pagine intense, riflessioni che continuano nel cammino della nostra
storia, perché P. Albino le ha riproposte e donate anche a noi. Punti fermi che
ancora oggi possono aiutarci a vivere la nostra donazione con un amore grande
al Cuore trafitto di Gesù e alla Chiesa. Nelle lettere ho ritrovato le
fondamenta della nostra spiritualità e dello stile di vita della Compagnia
Missionaria.
Questa nuova pubblicazione dà voce a tutti
coloro che lo hanno conosciuto: membri della Compagnia Missionaria, confratelli
Dehoniani e altri amici che attraverso il loro ricordo, ci donano queste “perle”, perché ci aiutino a conoscere
altri aspetti e sfumature della sua vita, a noi forse sconosciute.
Una persona si può conoscere in molti modi:
attraverso ciò che ha scritto, ciò che ha realizzato o altro.. ma penso che
la “statura” di una persona si possa
misurare e conoscere a fondo, guardando a come ha saputo tessere relazioni.
Attraverso queste testimonianze possiamo aggiungere altre piccole perle a ciò
che già conosciamo. Sì, ha camminato con noi e questo cammino ci ha fatto
crescere insieme: P. Albino e noi. Poter mettere in comune ciò che ciascuno ha vissuto
è come comporre un mosaico armonioso
fatto di piccole cose, che danno significato e colore alla nostra vita.
Ringraziamo tutti coloro che hanno contribuito a comporre questo mosaico che ci
stimola a ringraziare il Signore, per averci donato p. Albino e aver
potuto costruire insieme un po’di storia.
Questa pubblicazione è un dono di
riconoscenza a P. Albino nel 5°
anniversario della morte e nel centenario della sua nascita. Lo ringraziamo per questa rete di relazioni che ha saputo
tessere, e riconosciamo che attraverso queste testimonianze il nostro caro P.
Albino ci parla ancora.
Anna Maria Berta
servire in umiltà
Studiamo il contenuto del secondo termine della nostra
denominazione: Compagnia Missionaria.
Etimologicamente
la parola è derivata dal verbo latino:
“mittere”= “mandare” e precisamente dal participio passato: “missus” =
“mandato”. Nella Scrittura questo verbo è usato spessissimo in tutta la sua
coniugazione per significare una finalità ben precisa: l’investitura da parte di Dio di una missione di salvezza.
Così, ad
esempio, in Genesi (45,5) Giuseppe dice ai fratelli: “Iddio mi mandò avanti a voi in Egitto per il vostro bene”.
Mosè, in nome
di Dio, si presenta al Faraone per dichiarargli: “Jahve Dio degli Ebrei, mi ha mandato da te per dirti: lascia partire
il mio popolo affinché mi renda un culto nel deserto” (Es 7,16)…
Anche Gesù si
dice mandato dal Padre come dono d’amore
“affinché
ognuno che crede
non
perisca, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).
La presenza
della volontà salvifica di Dio deve durare senza sosta sul cammino degli
uomini. Per questo Gesù risorto trasmette la consegna della sua missione agli
apostoli: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi”(Gv
20,21). “Andate e istruite tutte le
genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”(Mt
28,19).
L’investitura
da parte di Dio importa l’accompagnarsi
della sua onnipotenza contro tutte le resistenze e tutte le difficoltà.
“Prima che ti formarsi nell’utero ti ho conosciuto,
prima che tu uscissi dal seno ti ho santificato: ti ho stabilito profeta per le
nazioni” (Ger 1,5).
“Tu poi, cingiti i fianchi, levati e di loro quanto ti
ordinerò: altrimenti ti farò temere la loro faccia. Ecco io ti pongo, oggi,
come città fortificata, come un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i
re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo della terra. Ti
faranno guerra, ma non ti sopraffaranno perché io sono con te per salvarti” (Ger 1,17-19)
Le pagine della
Scrittura sono indistintamente segnate da questa certezza e testimoniano la
“strana” azione di Dio.
Nella prima
lettera ai Corinti, l’apostolo Paolo ha tentato di descriverla così:
“Ciò che è stolto per il mondo, Dio lo sceglie per
confondere quello che è forte….affinché nessuna creatura possa vantarsi davanti
a lui” (1Cor 1,27-29)…
Noi e il dono di Dio
1. La chiamata di Dio alla fede è certamente per tutti gli uomini, ma alla
perfezione della fede in una integrale imitazione di Cristo e ad una esplicita
missione di apostolato, è solo per alcuni.
Noi dobbiamo raggiungere la morale certezza di essere fra questi. Come?
Forse un indice particolarmente rivelatore è il senso di Dio che lentamente ci invade.
E’ la forza del cuore che
trascina di prepotenza tutte le facoltà verso colui che sta diventando il
grande amore e il grande interesse della nostra vita:
“Proseguo la
mia corsa, scriveva San Paolo ai Filippesi, per vedere di afferrare Cristo Gesù perché anch’io sono stato
afferrato da Lui”.
Uno scambio di attenzione. Se la nostra non riesce a diventare
preponderante per Dio, arrischieremo di fare un passo che forse non era nei
suoi disegni o che, comunque, svuota la sua scelta di quella stabile serenità
che egli voleva donarci per farci testimoni della sua vita e della sua gioia in
mezzo ai fratelli.
La volontà dunque di conquistarci brano per brano a Dio, in un lavoro
paziente, sofferto, ma tenace e soprattutto soddisfatto perché è prova d’amore,
è ricambio d’interesse, perché è dono di noi stessi a lui, immedesimazione
della nostra vita con la sua vita….è un buon criterio per affermare che egli ci
ha scelti e portati tra le file della Compagnia Missionaria.
2. La vocazione di Dio è sempre per un dono di salvezza che egli vuol porgere
agli uomini per mezzo nostro. “Come posso essere nel mio ambiente una luce che
elevi dalle bassezze della quotidiana oscurità, luce che riscalda, illumina e
vivifica? Solo se io spesso sto nel cerchio luminoso di Dio. “Il Cristo mi deve
illuminare: allora potrò irradiare diffusamente ed efficacemente la sua luce”
(B.Naegele). Il filtrare quotidianamente tutto noi stessi: pensieri,
sentimenti, parole, atteggiamenti, attività attraverso il Vangelo, perché tutto
sappia di Cristo, perché tutto ripeta, quanto meglio è possibile, l’esempio di
Cristo, non è solo un lavoro necessario per rendere certa la nostra vocazione
“radicandola nell’amore” ma è anche una questione di….onestà professionale.
“Investiti di questo ministero,...
ripudiamo i sotterfugi dettati dalla
vergogna e, invece di comportarci con astuzia e di falsare la parola di Dio, ci
affidiamo al giudizio coscienzioso di ogni uomo con la chiara manifestazione
della verità al cospetto di Dio….Poiché noi non predichiamo noi stessi, ma Gesù
Cristo” (2Cor 4,1-5).
Sembra legittimo concludere che, per essere degni del mandato di Dio, noi
dobbiamo tendere ad essere sacramento di Cristo, come Cristo fu sacramento del
Padre.
Con il termine “sacramento” intendiamo una realtà umana che ci accosta ed
immerge in una realtà soprannaturale. Questo fu certamente il compito
dell’umanità di Cristo rispetto alla divinità e all’amore del Padre. “Il Padre ed io siamo una cosa sola” (Gv
10,30). Ecco perché “chi vede me, vede anche il Padre mio”(Gv
14,9).
Possiamo ambire lo stesso traguardo nei confronti della santità e
dell’amore di Cristo?
Credo sia più esatto dire che “dobbiamo”perché “noi siamo gli operai di Cristo e gli amministratori dei misteri di Dio.
Ebbene dagli amministratori non si esige altro se non che siano fedeli”(1Cor
4,1-2).
3. Una parola anche sul contesto in cui Dio ha “calato” la nostra vocazione.
Senza dubbio diversi erano i compiti di una vocazione di Dio e re, a
profeta, a liberatore del suo popolo. Altrettanto, ai giorni nostri, di una
vocazione di Dio all’una o all’altra famiglia di consacrati. La nostra si attua
nella Compagnia Missionaria del Sacro Cuore.
Peccare di astrattismo è una tentazione facile, ma se seguita ci
condurrebbe alla insoddisfazione e alla sterilità.
Le linee, dunque, su cui noi dobbiamo erigerci a “segno” di Dio in mezzo ai
fratelli ed espletare il dono di grazia che egli ci ha affidato, sono quelle
che nello studio, nella pazienza, nell’obbedienza all’indirizzo di Dio e della
Chiesa sono maturate per la Compagnia Missionaria.
Porci decisamente nelle modalità di servizio che sono proprie della nostra
famiglia, amarne la fisionomia, rispettarne le tradizioni, donarci con
intelligenza e iniziativa alle sue attività, riscaldare gli ideali e le energie
al fuoco del suo spirito, significa vivere nella piena aderenza al piano di Dio
e nella soddisfazione di sentirci “realizzati”come lui ha pensato e scelto per
noi.
“Chi di voi, ha detto Gesù, se ha un servo ad
arare o al pascolo, al suo ritorno dalla campagna, gli dice: “Svelto, vieni a
metterti a tavola! Non gli dirà invece:”Preparami da mangiare, cingiti per
servirmi…poi mangerai e berrai anche tu?
Forse il
padrone ha degli obblighi con il servo perché ha eseguito gli ordini
ricevuti?
Così anche voi:
quando avrete fatto tutto ciò che vi è stato comandato, dite: siamo servi inutili. Abbiamo fatto
semplicemente quello che dovevamo fare” (Lc 17,7-10).
Servire con umiltà, dove e come
desidera Dio, è tutto il senso della sua chiamata.
Infatti “non siete stati voi che
avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho posto sul cammino perché andiate e
portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15,16).
Il pensiero
conclusivo
Questa mattina,
celebrando la Santa Messa, sono stato particolarmente colpito dalle parole
della consacrazione:
“Prendete e mangiate tutti: questo è il mio
corpo offerto in sacrificio per voi”.
Ho pensato che
l’essere scelto da Dio era anche una domanda che egli ci faceva di seguire il
suo Figlio in tutti i passi del suo cammino, eventualmente anche fino al
calvario.
Dal giorno
infatti in cui Cristo ha compiuto il suo sacrificio, sembra diventata
ineluttabile la legge della sofferenza per il traguardo della redenzione.
Ho detto al
Signore di “si” per me e per voi. Sono stato indiscreto?
Spero di no,
perché per noi “chiamati”, il vivere “è
una moneta da spendere” per comperare la salvezza nostra e dei fratelli.
(Dagli scritti di P. Albino, Bologna, 2-2-1971)