Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
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09 / 08 / 2024
19 ottobre 2024
Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
come vivere la nostra secolaritÀ oggi alla luce dei cambiamenti sociali ed ecclesiali
(Seconda parte )
Toccare con mano, sullo stile del
samaritano…
(…presentando il volto della misericordia e della
tenerezza).
Ha a che fare con la missionarietà.
Sempre nel discorso
consegnato all’Udienza con i Responsabili degli Istituti secolari italiani papa
Francesco afferma: “In forza dell’amore
di Dio che avete incontrato e conosciuto, siete capaci di vicinanza e di
tenerezza. Così potete essere tanto vicini da toccare l’altro, le sue ferite e
le sue attese, le sue domande e i suoi bisogni, con quella tenerezza che è
espressione di una cura che cancella ogni distanza. Come il Samaritano che
passò accanto e vide e ebbe compassione. E’ qui il movimento a cui vi impegna
la vostra vocazione: passare accanto ad ogni uomo e farvi prossimo di ogni
persona che incontrate, perché il vostro permanere nel mondo non è
semplicemente una condizione sociologica, ma è una realtà teologale che vi
chiama ad uno stare consapevole, attento, che sa scorgere, vedere e toccare la
carne del fratello”.
In EG al n.49 scriveva: “Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e
sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la
chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una
Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio
di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e
preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la
forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una
comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più
della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle
strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in
giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre
fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: “Voi stessi
date loro da mangiare”.
Considerazioni.
Anche la preoccupazione
per le vicende prettamente sociali rientra nello spirito missionario della
Chiesa di papa Bergoglio, perché il Vangelo è per tutti e, se qualcuno può
essere privilegiato da questo movimento ‘in uscita’, questi deve essere il
povero, colui che è stato ferito nella battaglia della vita e cerca qualcuno
che gli sia prossimo.
La missionarietà è insita
nella consacrazione secolare: la consacrazione, dicevamo, consiste nel
dedicarsi al progetto di Dio sulla storia e la secolarità consiste
nell’abitarla, condividendone “gioie e speranze, tristezze e angosce”. Da
questa posizione, che per noi costituisce un vero e proprio stato di vita, si
impone la testimonianza del Vangelo.
La profezia sta nella
chiamata a soccorrere senza giudicare, a evidenziare il positivo all’interno di
qualsiasi situazione, a “non aver paura della tenerezza”, a rivalutare tutte
quelle virtù umane che rendono vero ogni tipo di rapporto e solidale l’impegno
per un mondo nuovo.
… nella povertà, gratuità, disponibilità
Se
la radice della testimonianza è l’amore gratuito di Dio e la scelta di Cristo,
il segno caratteristico è la gratuità, la semplicità, il disinteresse, la pace.
Questo
atteggiamento spirituale di povertà-gratuità ci libera da quell’ansia di dover
fare, organizzare, proporre, convertire… per verificarci su come viviamo noi la
fede, l’amore, il perdono, la pace, il rapporto con le persone, la condivisione
con chi soffre. Spesso il fare per gli altri diventa una scusa per non
verificare noi stesse.
Un
altro aspetto della povertà riguarda i mezzi. Il grande, unico mezzo scelto da
Gesù per la missione è la persona, quelle persone concrete che lo seguivano.
Possiamo anche usare mezzi moderni, sussidi aggiornati per attirare la gente,
ma il vero, unico mezzo della missione siamo noi, la nostra persona, quello che
noi siamo e cerchiamo di diventare.
Gesù
non si è servito dei grandi mezzi, anche se ne aveva la possibilità: non ha
chiamato studiosi ed esperti, che pullulavano anche a quel tempo; non ha
costruito scuole bibliche o un grande tempio alternativo a quelli di
Gerusalemme e del Garizim. Ha scelto delle persone e le ha mandate. Ha
stabilito con esse un rapporto personale e le ha mandate a creare, a loro
volta, dei rapporti personali (di casa in
casa), portando un primo annuncio essenziale: la pace, l’amore di Dio che è
Padre, la fiducia, la speranza.
… nell’ordinarietà
La secolarità consacrata è l’esperienza di
donne e di uomini che amano la vita, che vivono con gioia la loro esperienza
familiare e sociale, le relazioni con gli amici e con i vicini di casa, la
politica e la professione. I laici consacrati sono persone che sanno apprezzare
l’umanità in tutte le sue dimensioni: affetti, responsabilità, fatica, amore;
che sanno dare un senso alle esperienze difficili che segnano l’esistenza di
tutti: la malattia, il dolore, il limite, la solitudine, la morte.
L’ordinarietà è la paziente assimilazione
delle condizioni comuni del vivere: i linguaggi della gente comune, i linguaggi
familiari, i ritmi vitali, le sfumature delle situazioni, i conflitti
quotidiani, le pene consuete, le fatiche di chi ci vive accanto, gli aspetti
sociali e individuali del vivere.
L’ordinarietà vissuta in pienezza esprime
lo spessore del nostro radicarci nella storia.
Una
secolarità vera detesta gli artifici, i privilegi, le corsie preferenziali,
quelle che magari portano ad avere un posto di primo piano, un trattamento
migliore, nell’ambito dei ruoli e delle responsabilità che si assumono.v
La secolarità consacrata ci colloca nelle “condizioni ordinarie della vita”.
Dovremmo tentare di non cadere nello schematismo: ci sono condizioni ordinarie
e condizioni straordinarie, dove l’accento sulla straordinarietà assume il tono
di una maggiore valorizzazione…..quasi che l’ordinarietà fosse condizione di
serie B.
Allora potremmo chiederci: “Che cosa dire
della nostra disponibilità al nascondimento, della discrezione con cui viviamo
in mezzo agli altri?
Che cosa dire del nostro modo di vivere le
condizioni ordinarie?
Come fare perché la nostra vita non si
trasformi mai in una ostentazione? In un’esibizione della nostra bravura?
Rivalutare il senso di appartenenza…
(…alla propria comunità
vocazionale, dove si sperimenta l’essere Chiesa povera per i poveri e si
diventa “antenne”).
Ha
a che fare con la fraternità.
Il
discorso consegnato dal Papa all’Udienza del 10 maggio 2014 conteneva anche
questa affermazione: “E’ urgente
rivalutare il senso di appartenenza alla vostra comunità vocazionale che,
proprio perché non si fonda su una vita comune, trova i suoi punti di forza nel
carisma. Per questo, se ognuno di voi è per gli altri una possibilità preziosa
di incontro con Dio, si tratta di riscoprire la responsabilità di essere
profezia come comunità, di ricercare insieme, con umiltà e con pazienza, una
parola di senso per il Paese e per la Chiesa, e di testimoniarla con
semplicità. Voi siete come antenne pronte a cogliere i germi di novità
suscitati dallo Spirito Santo, e potete aiutare la comunità ecclesiale ad
assumere questo sguardo di bene e trovare strade nuove e coraggiose per
raggiungere tutti”.
EG
ai nn.91-92 approfondisce: “E’ necessario
aiutare a riconoscere che l’unica via consiste nell’imparare a incontrarsi con
gli altri con l’atteggiamento giusto, apprezzandoli e accettandoli come
compagni di strada, senza resistenze interiori. Meglio ancora, si tratta di
imparare a scoprire Gesù nel volto degli altri, nella loro voce, nelle loro
richieste. E’ anche imparare a soffrire in un abbraccio con Gesù crocifisso
quando subiamo aggressioni ingiuste o ingratitudini, senza stancarci mai di
scegliere la fraternità.
(…) Proprio in questa epoca, e anche là
dove sono un ‘piccolo gregge’ (Lc 12,32), i discepoli del Signore sono chiamati
a vivere come comunità che sia sale della terra e luce del mondo (cfr Mt
5,13-16). Sono chiamati a dare testimonianza di una appartenenza
evangelizzatrice in maniera sempre nuova. Non lasciamoci rubare la comunità!”.
Considerazioni.
Le
relazioni costituiscono il tessuto su cui ricamare la ricchezza dei nostri
carismi. Senza relazioni tutto si sfalda.
E
parlo delle relazioni esistenziali nei diversi ambiti di vita e di lavoro,
nelle diverse situazioni psicologiche e sociali, in famiglia, nella comunità
cristiana e in quella civile, relazioni di cui l’esperienza del gruppo diventa
autentico “laboratorio”.
Le
ricadute più significative sono quelle del perdono, della collaborazione, del
discernimento comunitario, della fraternità.
La
fraternità porta a stare sullo stesso piano, non ammette superiorità o
sudditanza, richiama il concetto di creaturalità, porta ad accogliere povertà e
fragilità proprie ed altrui, motiva lo scambio non solo in termini di intesa
psicologica, ma soprattutto di condivisione della fede e degli impegni.
La
comunità vive delle esperienze di ciascuno dei suoi membri, gioisce e soffre
con loro e attraverso queste esperienze viene a contatto con il mondo e con la
storia, imparando a cogliere i segni della presenza del Risorto e irradiando il
gusto dell’appartenenza.
La
profezia sta nella chiamata a vivere le relazioni interpersonali, soprattutto
all’interno dei nostri gruppi, non come una circostanza ma come il luogo
dell’ascolto, del dono di sé, della ricerca e della testimonianza della propria
identità.
Trasmettere la gioia…
(…dell’incontro con Cristo e della vicinanza ai
fratelli).
Ha a che fare con la spiritualità.
Sempre nel discorso del 10
maggio leggiamo: “Insieme ed inviati,
anche quando siete soli, perché la consacrazione fa di voi una scintilla viva
di Chiesa. Sempre in cammino con quella virtù che è una virtù pellegrina: la
gioia”.
Del tema della gioia è
intrisa tutta l’EG. Si apre così: “La
gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano
con Gesù. (…) In questa Esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani,
per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e
indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni” (n.1). “Per essere evangelizzatori autentici occorre
anche sviluppare il gusto spirituale di rimanere vicini alla vita della gente,
fino al punto di scoprire che ciò diventa fonte di una gioia superiore” (n.268).
Considerazioni.
Non è un generico invito
alla gioia, ma la sottolineatura che la gioia è, nello stesso tempo, contenuto
e forma dell’annuncio. La consacrazione secolare mette in comunione piena con
la sorgente della gioia, che è Cristo Gesù e il suo Vangelo, e nello stesso
tempo domanda una testimonianza che passa più attraverso la vita che la parola.
Se i nostri occhi non sprizzano gioia vuol dire che non abbiamo incontrato
veramente il Signore e la nostra fede appare stanca, faticosa, senza attrazione.
Acutamente
Paolo VI, nell’esortazione apostolica Gaudete in Domino (9 maggio 1975)
– uno dei testi più belli del suo magistero pastorale – afferma: “Ci sarebbe
bisogno di un paziente sforzo di educazione, per imparare o imparare di nuovo a
gustare semplicemente le molteplici gioie umane, che il Creatore mette già sul
nostro cammino: gioia esaltante dell’esistenza e della vita; gioia dell’amore
casto e santificato; gioia pacificante della natura e del silenzio; gioia
talvolta austera del lavoro accurato; gioia e soddisfazione del dovere
compiuto; gioia trasparente della purezza, del servizio, della partecipazione;
gioia esigente del sacrificio. Molto spesso, partendo dalle gioie naturali, il
Cristo ha annunciato il regno di Dio” (n.1).
Nelle relazioni secolari,
le più diverse, il primo impatto è dato proprio dalla capacità di irradiare
serenità, fiducia, entusiasmo. La comunicazione della fede ha come obiettivo la
pienezza della vita, del suo senso, della sua realizzazione, della sua
felicità.
La gioia del cristiano non
è frutto della fuga dalle problematiche del quotidiano, ma certezza, anche
nella prova, dell’amore del Signore che ci raggiunge, ci coinvolge e ci salva.
Così
testimoniare è la gioia di poter annunciare quello che, personalmente, ci dà
vita e giovinezza in cuore. Anche quando i 20 anni si sono o si saranno
moltiplicati per 4 e oltre. Testimoniare è più forte delle mie fatiche fisiche,
morali e spirituali.
Vi
auguro di conservare sempre questo atteggiamento di andare oltre, non solo
oltre, ma oltre e in mezzo, lì dove si gioca tutto: la politica, l’economia,
l’educazione, la famiglia…
Lo stile della nostra vocazione è
l’assumere questa dimensione dello stare dentro, dello stare accanto, del non
appartarsi nel vivere la vita cristiana, del guardare al mondo come realtà
teologica.
Questa dimensione profonda, direi
strutturale, ha all’origine la disponibilità a mettersi accanto, ad accogliere,
a condividere ciò che è nostro con chi è in condizioni di minori risorse, a
caricarsi dei pesi, a farsi prossimo, a prendersi cura sul modello del buon
Pastore e del Samaritano.
Che
dire di noi? È vero, respiriamo tutti noi un clima di conflittualità sociale
che pervade anche noi e i nostri ambienti, in cui regnano le spigolosità, le
rigidità e le fatiche relazionali, che impediscono di fatto il dialogo sereno,
la difesa intransigente delle proprie posizioni, precludendo un ascolto sereno
dell’altro. Un clima che gradualmente ci sospinge nell’insufficiente dialogo e
così non favorisce l’incontro e l’interscambio.
Ma
tali constatazioni ci dicono che siamo chiamate a fare un lavoro quotidiano di
discernimento, imparando a leggere la cifra dell’attualità e riscoprendo i
segni dello Spirito in tutto, mediante una lettura ordinaria dei segni dei
tempi.
«È
necessario cogliere l’emergenza della vita – scrive un teologo italiano, Carlo
Molari, morto da poco – le forme nuove che essa cerca di esprimere. Dobbiamo
ricordare però che i segni dei tempi emergono sempre in ambiti di frontiera
della vita e della storia quindi, marginali e periferici. E’ tuttavia
attraverso queste frontiere che si apre un cammino verso i nuovi traguardi».
Dunque,
è su questi crinali del luogo, del tempo e della storia, che le nostre
esperienze possono compenetrarsi e aiutarsi reciprocamente con una fecondità di
vita e di pensiero.
Maria Rosa Zamboni
come vivere la nostra secolarità oggi alla luce dei cambiamenti sociali ed ecclesiali
(prima parte)
Premessa
E’ importante
una premessa.
In che contesto
noi viviamo?
Il contesto
ecclesiale in cui si pone questo nostro momento di riflessione è caratterizzato
dallo svolgimento del Sinodo sulla Sinodalità.
Il contesto
socio-culturale, invece, è segnato dalla pandemia e dalla guerra in Europa, che
si aggiunge alle numerose guerre in atto e dalla crisi economica, divenuta
presto anche sociale ed etica, capace com’è stata di mettere a nudo le
diseguaglianze, gli abusi di potere e i comportamenti immorali di singoli
cittadini e della stessa classe dirigente. In Italia è diminuita la fiducia
nella partecipazione, ha preso piede una forma strisciante di egoistico “fai da
te” da parte di singoli e di gruppi, la disperazione si palesa nei suicidi,
nelle depressioni, in diverse forme di violenza, anche privata.
Per quanto
attiene il carisma della secolarità consacrata rimane confermato lo scarso
impatto che esso ha nella realtà ecclesiale e a livello di rilevanza sociale.
Nella Chiesa non è più riconosciuto come una novità e, dato il limitato numero
dei membri e la loro età avanzata, non incide significativamente
nell’elaborazione della sua identità e della sua missione. Nella società la
mancanza di fiducia nelle istituzioni ha fatto crescere il sospetto anche nei
confronti delle persone impegnate cristianamente, fatte salvo quelle che
operano nel campo del volontariato e della carità.
Il luogo della
santificazione personale di noi laici consacrati è, senza dubbio, il mondo con
quello che implica l’essere immersi nelle sue vicende e nella storia. Il modo
in cui esserci esige un continuo discernimento secondo la Parola di Dio e il
mistero della vita di Gesù di Nazaret, prima della sua vita pubblica, a cui far
riferimento per vivere in pienezza la vocazione secolare.
L’impegno
secolare trova la sua massima espressione nel lavoro (come impegno, esecuzione,
competenza, esercizio professionale e assolvimento del comando divino di
assoggettare le cose). Accanto ad esso e non di importanza secondaria sono le
attività di “pubblico servizio”, sia in ambito associativo che attraverso un
impegno diretto in politica. E’ edificante la testimonianza del come i primi
membri degli Istituti secolari siano riusciti a conciliare gli impegni anche
onerosi, sotto l’aspetto della presenza secolare nei vari ambiti, con fedeltà
assoluta alla preghiera, fondamentale per ogni vocazione.
Quale
testimonianza chiede a noi il Signore? E’ la domanda sempre attuale, che ci
poniamo per verificare se il nostro cristianesimo nella vita ordinaria è
rivolto tutto alla costruzione del “Regno”, senza riserve e ripensamenti.
Il cammino
compiuto in questi 75 anni dagli Istituti secolari, dalla Provida Mater
Ecclesia a oggi, sia a livello di riflessione teologica e magisteriale che a
livello di esperienza di vita, ci permette di affrontare l’argomento di questo
incontro tenendo sullo sfondo gli elementi prima ricordati.
Oggi però si
stagliano in primo piano alcune suggestioni di grande attualità, sottolineate
dal magistero di papa Francesco, che conferiscono agli Istituti secolari e al
loro carisma una rinnovata connotazione profetica.
Basti citare
alcune definizioni che il papa ha dato degli Istituti secolari all’Udienza
concessa ai Responsabili italiani il 10 maggio 2014.
A partire da
una lettura attenta del suo discorso mi sembra si possano individuare 5
suggestioni.
Custodire la
contemplazione…
… (verso il
Signore e nei confronti del mondo).
Ha a che fare
con la consacrazione.
L’espressione è
stata usata da papa Francesco nella conversazione libera. Precisamente egli ha
affermato: “E da quel tempo (il tempo
della Provida Mater) fino ad ora è tanto
grande il bene che voi fate nella Chiesa, con coraggio perché c’è bisogno di
coraggio per vivere nel mondo (…). Tutti i giorni, fare la vita di una persona
che vive nel mondo, e nello stesso tempo custodire la contemplazione, questa
dimensione contemplativa verso il Signore e anche nei confronti del mondo,
contemplare la realtà, come contemplare le bellezze del mondo, e anche i grossi
peccati della società, le deviazioni, tutte queste cose, e sempre in tensione
spirituale …”
Nella Evangelii
Gaudium (EG) al n. 264 aveva scritto: “E’
urgente recuperare uno spirito contemplativo, che ci permetta di riscoprire
ogni giorno che siamo depositari di un bene che umanizza, che aiuta a condurre
una vita nuova. Non c’è niente di meglio da trasmettere agli altri”.
Vengono
spontanee alcune considerazioni.
Innanzitutto,
va focalizzato l’oggetto primario della nostra consacrazione che è il Signore
Gesù. È al suo amore che noi aderiamo, alla sua chiamata che noi diciamo il
nostro ‘sì’; è del suo progetto che noi ci mettiamo a servizio. La stessa
professione dei voti, quindi, va nel senso di quell’incontro personale con Gesù
che ci mette in movimento dietro di lui dentro la storia.
Va poi
specificato che, intesa in questo senso, la consacrazione non porta fuori, non
distrae, non separa dalla realtà mondana, positiva o negativa che essa sia, ma
offre piuttosto una prospettiva pasquale, di redenzione e di speranza. Addirittura,
la relazione personale con Cristo passa attraverso le vicende umane e si
sostanzia di tutto ciò che noi portiamo della nostra esistenza concreta.
Avere uno
spirito contemplativo significa allora dedicarsi consapevolmente a tutto ciò
che è bene, che rende migliore l’uomo e la società, che qualifica la storia
come ‘storia di salvezza’. Custodire la contemplazione è proprio di chi, a
diretto contatto con il mondo, ne conosce le dinamiche e vi incarna la fede
attraverso il suo vissuto.
La consacrazione
ci chiede di essere, in mezzo
agli altri, sacramento vivo di Dio. Noi siamo chiamate a manifestare questo
primato di Dio, a proclamare che Lui è al centro delle nostre vite e l’unico
vero significato della nostra esistenza. A questo scopo, mettiamo a disposizione
la visibilità, nella nostra umanità, del Dio silenzioso, nascosto, del Dio
“debole”, in modo che ancora una volta tra gli uomini e le donne del nostro
tempo possano rendersi visibili l’amore fraterno di Cristo, la paternità del
Padre, la sua misericordia, la sua tenerezza, il suo perdono, la sua speranza …
La profezia sta
nella chiamata a tenere sempre uniti fede e vita, dimensione spirituale e
vissuto concreto, celebrazione dei sacramenti e impegno storico…o, ancora
meglio, il nostro essere nel mondo e il nostro essere di Dio senza che questo
costituisca dicotomia ma generi continuità e si configuri come preannuncio del
Regno.
Camminare per
le strade del mondo e abitare le periferie…
(… in uscita,
andare oltre e in mezzo, lì dove si gioca tutto: la politica, l’economia,
l’educazione, la famiglia…)
Ha a che fare
con la secolarità.
Anche questa
espressione è stata usata dal Papa all’Udienza, in questo preciso contesto: “Non perdete mai lo slancio di camminare per
le strade del mondo, la consapevolezza che camminare, andare anche con passo
incerto e zoppicando, è sempre meglio che stare fermi, chiusi nelle proprie
domande o nelle proprie sicurezze. La passione missionaria, la gioia
dell’incontro con Cristo che vi spinge a condividere con gli altri la bellezza
della fede, allontana il rischio di restare bloccati nell’individualismo”.
Nella EG al
n.20 aveva scritto: “Ogni cristiano e
ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti
siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e
avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della
luce del Vangelo”. E al n.46: “La
Chiesa ‘in uscita’ è una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per
giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una
direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da
parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze
per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada. A volte è come il padre
del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà
possa entrare senza difficoltà”.
Anche qui
alcune considerazioni.
La Chiesa vive nel mondo e in dialogo con esso. Il Signore Gesù ha voluto
la Chiesa come sacramento della sua presenza di risorto nella storia. Ora
Cristo continua “a prendere l’iniziativa”,
a “precedere nell’amore, (come spiega
il n.24 dell’EG) e quindi la Chiesa è chiamata a “coinvolgersi” (“La comunità evangelizzatrice mediante opere e gesti si
mette nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino
all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana…”), ad “accompagnare” (“Conosce le lunghe attese e
la sopportazione apostolica. Usa molta pazienza ed evita di non tener conto dei
limiti…”), a “fruttificare” “Trova il modo per far sì che la Parola si
incarni in una situazione concreta e dia
frutti di vita nuova, benché apparentemente siano imperfetti e incompiuti…”) e
a “festeggiare” (“Celebra e festeggia
ogni piccola vittoria, ogni passo avanti (…) si fa bellezza nella Liturgia in
mezzo all’esigenza quotidiana di far progredire il bene…”).
Sono 4 verbi
della secolarità, cioè di una presenza operosa ed incisiva in ogni angolo di
umanità dove risuonano più forti gli interrogativi degli uomini e dei popoli.
La Chiesa abita
le periferie attraverso di noi che, per vocazione, siamo chiamati a restare “in
saeculo” e ad agire “con i mezzi che sono propri del mondo” senza alcuna
distinzione che non sia la testimonianza di fedeltà al Vangelo che connota le
nostre scelte e il conseguente stile di vita.
Secolarità è
anche andare, non restare bloccate sulle proprie posizioni e le proprie
sicurezze. Richiede la capacità di porsi delle domande e non solo di dare delle
risposte, rischiando nella ricerca, ascoltando la realtà della vita prima di
stigmatizzarla con delle norme.
La profezia sta
nella chiamata a non temere nessun luogo e nessuna situazione, anzi a leggere e
a collaborare nel compimento della storia della salvezza proprio a partire da
lì, dove la persona è al limite dell’esclusione, soffre l’indifferenza, è
svuotata della sua dignità.
“Voi fate parte di quella Chiesa povera e in uscita che sogno!”: ci ha detto papa Francesco.
Ci sono tante questioni che ci spiazzano, nella vita, nella fede e nella
Chiesa. Camminare con responsabilità significa rifiutare ogni soluzione facile
e ogni scorciatoia, per percorrere i sentieri più ardui del pensiero, della
ricerca e del dialogo.
Qui è sempre attuale l’immagine che ci ha affidato Paolo VI: essere
laboratori sperimentali… con tutto ciò che questa immagine significa…
Maria Rosa Zamboni
il carisma cm
Pensieri
di p. Albino che ci richiamano alla “vocazione come
dono, come missione, come
servizio inserite nel mondo e nella chiesa, ci aiutano a rinforzarla, a riscoprire il nostro ruolo specifico”.
Ci
fanno sentire in sintonia con il messaggio di papa Francesco pronunciato ai partecipanti della Conferenza Mondiale
degli Istituti Secolari (CMIS) il
25.08.2022: ”È una missione peculiare che vi porta ad essere in mezzo alla gente
per conoscere e comprendere quello che passa nel cuore degli uomini e donne di
oggi … ma deve trovare la forza nella preghiera e nella contemplazione
silenziosa di Cristo …”.
Seconda parte
“L’unico e grande comandamento
è AMARE … Predicare il comandamento dell’amore partendo dalla figura del Sacro
Cuore, significa annunciare un Dio che impone a sé stesso la legge dell’amore,
che di fatto la rivela come il suo nucleo, come la sua realtà costitutiva. Ci
chiede che gli prestiamo il nostro cuore perché possa essere incarnazione del
suo. Non è la perfezione dell’osservanza della legge che ci chiede il Vangelo
di Gesù, ma “l’essere perfetti come il vostro Padre Celeste”.
“Dunque, la vita di amore alla
quale siamo state chiamate, vissuta lungo tutta la giornata, in tutto e in
tutte le circostanze secondo lo schema dell’amore di Dio per noi; un amore che
non conosce riposo, che non si spegne mai, nonostante tutto. La vita di amore può essere considerata il
cuore della spiritualità regalato dallo Spirito alla Compagnia Missionaria. E
in questo “cuore”, vogliamo educarci, stabilire la nostra abitazione e fermarci
(abitarci) per sempre”.
“Lo stile particolare di vita
alla quale sono chiamati i membri di un Istituto Secolare è quello di vivere
nel mondo condividendo le fatiche, le ansietà, il peso del lavoro, i mezzi a
disposizione… però dando sempre e in tutto l’esempio convinto di saper
incontrare una soluzione evangelica per ogni situazione”.
“Tutti sappiamo che là dove c’è
oscurità, basta una piccola fiamma per rompere l’incertezza e la paura, per
impedire che l’oscurità sia l’unica
realtà nella quale possiamo vivere e camminare. Dio ha bisogno della nostra
partecipazione per salvare il mondo. E lo salverà soprattutto attraverso la
testimonianza dell’amore dove ciascuno farà quello che può”.
“Chiediamo a San Paolo: Aiutaci
ad essere veri apostoli, in qualunque posto siamo chiamati a vivere. Guidaci
nell’amore per il mondo nel quale vogliamo essere luce e fermento. Aiutaci ad
avere il coraggio di fare scelte profetiche, a non conformarci con la mentalità
di tanti fratelli, poco evangelici nello spirito e nella vita. Donaci un cuore
appassionato per le cose di Dio in comunione con tutta la chiesa. Accompagnaci
nel nostro cammino e prega anche tu per lo sviluppo sereno ed efficace di ogni
attività”.
“Tutti i battezzati, figli di
Dio in Cristo, sono chiamati a continuare la missione di Paolo. In prima fila
ci dovrebbero esser i membri degli Istituti Secolari… Missione meravigliosa e
irrinunciabile per chi vuole mantenersi onestamente in tutta la esigenza della
vocazione alla quale sono stati chiamati. “Perdere
tutto piuttosto che perdere la carità”.
“Quando Gesù affidò agli
apostoli la missione di dare testimonianza della sua persona e del suo
messaggio, conosceva le sue debolezze. Allora ha cercato un aiuto
supplementare: ”Riceverete forza dallo Spirito Santo” (cfr. Atti 1,8). Non potremmo noi stessi garantirci ogni
giorno questo “aiuto supplementare”? Così potremmo continuare a diffondere
attorno a noi tutta la luce e tutta la gioia della nostra spiritualità, della
grazia disposta dal Signore fin dall’inizio della CM”.
“Così con l’aiuto e sotto la
protezione dello Spirito Santo, la meditazione della Sacra Scrittura suscita e
fortifica in noi le attitudini specifiche della fede cristiana, le attitudini
specifiche della nostra appartenenza a Dio e della sua manifestazione
sensibile: Cristo Gesù, attitudine di carità, di verità, di giustizia, di
castità, di perdono, di misericordia, di pazienza, di gioia … Per raggiungere
la maturità di questi frutti, la meditazione della Parola è indispensabile”.
“Nell’imitazione di Cristo il
ruolo principale lo svolge lo Spirito Santo che ci dà il gusto per il bene e il
bene supremo è Gesù, è il suo amore, la vitalità della nostra adesione alla sua
verità, la gioia che seminiamo con i nostri passi e il nostro primo sforzo deve
essere la docilità. Lo Spirito Santo può costruire opere importanti con la sua
grazia anche con l’argilla più povera.
(dagli scritti di p. Albino Elegante)
il carisma cm
Pensieri di p. Albino che ci richiamano alla “vocazione come dono, come missione, come
servizio inserite nel mondo e nella chiesa, ci aiutano a rinforzarla, a riscoprire il nostro ruolo specifico”.
Ci
fanno sentire in sintonia con il messaggio di papa Francesco pronunciato ai partecipanti della Conferenza Mondiale degli
Istituti Secolari (CMIS) il 25.08.2022:
”È una missione peculiare che vi porta ad essere in mezzo alla gente per
conoscere e comprendere quello che passa nel cuore degli uomini e donne di oggi
… ma deve trovare la forza nella preghiera e nella contemplazione silenziosa di
Cristo …”.
“Siamo gelosi del dono di Dio. Custodiamolo con amore e
vigiliamo su possibili mutilazioni, manipolazioni che potrebbero diminuirne il
suo splendore e la sua integrità … fino a cambiarne la fisionomia nel pensiero
o nelle sue espressioni della vita pratica. Lo Spirito Santo ha rischiato
donando a noi il carisma dell’amore
vissuto con una intensità nei sentimenti e opere fino ad essere “uno” con Dio e
con i fratelli. La Chiesa ha bisogno di vedere incarnata questa consegna nella
nostra vita e ha bisogno che siamo testimoni per il mondo, quasi come una
sfida, per la gloria di Cristo suo Sposo e per la rigenerazione in Lui di tutti
i fratelli”.
“Il nostro “Eccomi” non avrebbe senso se non fosse per la
costruzione del Regno di Dio. Il mio “Eccomi” deve essere : docile, umile,
fiducioso, pronto a quanto Dio mi propone!!! Tutto per il Cuore di Gesù e di
Maria!”.
“Ciascuno collabora all’opera della redenzione secondo la
propria missione, questo ci insegna che possiamo essere collaboratori di Dio
per la salvezza del mondo: dove la Sua volontà ci chiama. È necessario senza
dubbio, la nostra totale adesione al
tipo di vita che Dio ha disposto per noi”.
“La santificazione
del mondo dal di dentro … per riportarlo a Dio, soprattutto con la pratica della giustizia e della carità. La
Chiesa desidera un rinnovamento radicale
per sradicare, in particolare, tutte le espressioni di “peccato sociale” per
formare uomini e donne nuovi che alla luce del Vangelo, sappiano essere
veramente liberi e responsabili”. Questa è la missione che il Signore vi affida
… ”.
“Dio si incarica della nostra crescita e con l’azione del
suo Spirito l’accompagna e la facilita in tutte le sue espressioni. Però,
parallelamente Lui esige la collaborazione della nostra libera volontà, con il
compromesso di seguire Cristo, di identificare la nostra vita con la sua, così
che tutti gli uomini possano “leggere” il nostro comportamento, la storia
misericordiosa di Dio che, in Cristo, li ama illimitatamente e li vuole
salvare”.
“L’iniziativa di Dio per inserirsi nella vita dell’uomo, è
costante, vuole essere suo compagno di cammino, essere la sua ancora di
salvezza e il suo premio. Dio ama l’uomo. Sembra innamorato della sua
compagnia. L’amore di Dio è presente in ogni particolare dell’esistenza umana e
il suo disegno si rivela a poco a poco. Gli avvenimenti sembrano fortuiti,
senza relazione tra di loro … però dentro c’è sempre Dio, che attua per
realizzare il suo progetto di misericordia!”.
“Cristo ha concretizzato la sua opera nel “servizio” e
nell’”accoglienza misericordiosa”. Naturalmente l’esempio di Cristo deve farsi
norma di vita per i suoi seguaci, che devono accogliersi gli uni gli altri,
senza esclusione o disprezzo, in una autentica carità universale. La mia
attitudine quotidiana, il rispetto della carità, ricalca e rende visibile
l’attitudine di Cristo”.
“La pace di Dio” è inseparabile dalla nostra vocazione. La
sincerità della nostra donazione alla vita di amore ci fa necessariamente i
“seminatori” della soavità e della
benevolenza di Dio su ogni sentiero, in tutte le circostanze, con tutti gli
uomini”.
“È necessario che ci manteniamo in frequente contatto con
Cristo in maniera che, possiamo fare
nostro il suo pensiero e la maniera di vivere per manifestarli poi con
decisione, con la persuasione che Cristo ci vuole PAROLA dei suoi sentimenti e
della sue opere per la salvezza del mondo”.
“La vocazione di Dio è sempre per un dono di salvezza che
Lui vuole offrire agli uomini per mezzo nostro. Come posso essere nel mio
ambiente luce che eleva, nelle difficoltà della vita quotidiana, Luce che dà
calore illumina e vivifica? Solamente se sto frequentemente immerso nel cerchio
luminoso di Dio”.
“La carità è quanto ci fa figli di Dio, a sua immagine, e ci
fa seminatori della felicità di Dio. L’amore è quanto richiamava l’attenzione
nei primi cristiani. L’esperienza delle prime comunità, che inducevano a dire:
“guardate come si amano”. (Dagli scritti di p. Albino Elegante)
contemplare e vivere l'amore
Carissime/i,
ci prepariamo a
vivere la Pasqua di Resurrezione, il gaudio di saperci salvati da Cristo.
Questa gioia riempie i nostri cuori per aver camminato durante la Quaresima
nella preghiera, nel silenzio e nell’offerta. Si, questo cammino lo abbiamo
fatto con Lui, sicuramente le nostre anime hanno fatto esperienza della sua
Misericordia che risana le ferite che il peccato ci ha provocato.
La Passione, Morte
e Resurrezione sono i momenti privilegiati della contemplazione, propri del
nostro carisma che nasce dalla contemplazione del Cuore Trafitto di Cristo,
segno di Amore totale che ci impegna in questo tempo particolare della storia a
testimoniarlo. Papa Francesco nell’Assemblea Generale della CMIS (agosto 2022)
ci diceva: ”Siete chiamati a vivere tutta
la precarietà del provvisorio e tutta la bellezza dell’assoluto nella vita
ordinaria, per le strade dove camminano gli uomini, dove più forte è la fatica
e il dolore, dove i diritti sono disattesi, dove la guerra divide i popoli,
dove viene negata la dignità. È lì, come Gesù ci ha mostrato, che Dio continua
a farci dono della sua salvezza. E voi siete lì, siete chiamati a essere lì,
per testimoniare la bontà e la tenerezza di Dio con quotidiani gesti d’amore”.
Questo cammino non
lo facciamo da soli, i nostri gruppi sono la prima cellula chiamata a dare
questa testimonianza che si fonda sulla vita di preghiera, nell’ascolto della
Parola e nella vita sacramentale. I nostri gruppi devono essere questa comunità
dove il dialogo franco e fraterno non può mancare dato che è lì che si
costruisce quella Betania che dà questa testimonianza di amore, fede e
speranza. Vi invito in modo speciale a discernere come stiamo vivendo questo
punto nei nostri gruppi, ricordiamo: “Il
carisma dell'amore che si fa comunione è dono che ci supera continuamente.
Convinte che lo portiamo "come tesoro in vasi di creta", ci
impegniamo a: … una periodica revisione di vita circa il nostro modo concreto
di vivere la comunione fraterna, … scambiarci il perdono reciproco ogni volta
che abbiamo coscienza di aver ferito o disatteso lo spirito di fraterna
comunione nei rapporti interpersonali”. (RdV n° 77)
Desidero ricordare
in particolare che lo scorso 7 gennaio la nostra cara missionaria Kuki
dell’Argentina è tornata alla Casa del Padre dopo una lunga e dolorosa
malattia. Per il gruppo dell’Argentina è stato un avvenimento molto speciale,
ci costa questo distacco fisico per tutto quello che lei è stata per il gruppo
e per la CM. Il bello del dono della sua vita è stata la sua autentica ricerca
per rispondere con generosità alla
volontà di Dio in ogni giorno della sua vita espressa nella sua gioia e carità.
Ringraziamo in modo
speciale Marta Spahr e Leticia Gallo che l’hanno accompagnata e le sono state
vicine, con tanto amore, negli ultimi mesi della sua vita. Siamo grate a suo
figlio Dario, ai suoi nipoti e a tutta la sua famiglia che le sono stati molto
vicini con molta tenerezza ed affetto ed anche perché ci hanno permesso si far
parte della loro vita in questa tappa finale.
Care sorelle e cari
fratelli vi auguro, assieme a tutto il CC una gioiosa Pasqua e che le nostre
vite diano testimonianza che la nostra Vita in Cristo Risorto è la nostra
pienezza.
In comunione. Graciela
doni e gratitudine
Carissime/i,
I
nostri cuori sono pieni di gratitudine per gli avvenimenti vissuti e per quello
che si progetta in futuro, poiché vediamo la grazia di Dio nostro Padre che si sta riversando sulla nostra CM.
Abbiamo
celebrato i cinquant’anni di consacrazione di Cristina, Franca Campanella,
Giannina, Martina, Maria Lúcia Correia, Teresa Gonçalves, una benedizione per
tutta la CM per tutto quello che è stato donato lungo la vita di ciascuna.
L’incontro
delle neo consacrate organizzato dalle Formatrici che, pur essendo stato
realizzato on line ci ha permesso di conoscerci maggiormente e condividere i
nostri sogni così come anche di essere arricchite con la riflessione della
nostra amica Maria Rosa Zamboni.
La Consulta
delle Responsabili di Gruppo è stata realizzata in un clima fraterno e gioioso
che ha rinnovato il nostro spirito per continuare la missione. La riflessione
di P. Enzo Brena ha contribuito affinché, assieme a quello che si è condiviso
dai gruppi e durante la Consulta, potessimo elaborare un Libretto che abbiamo
inviato e sarà strumento di lavoro per il nostro cammino fino all’Assemblea
Generale 2025.
Il mio
viaggio in Venezuela, nel settembre scorso, mi ha permesso di conoscere la
realtà e di valutare e decidere che, ci sono le condizioni per iniziare un
cammino di presenza della CM con la disponibilità di Katty Liendo e Ana Coralia
Pinto, che da tempo aspettavano la nostra visita. Possiamo contare con la
grande disponibilità dei Sacerdoti del Sacro Cuore e la loro collaborazione con
la CM.
Siamo
prossimi al tempo di Avvento, tempo di contemplazione del mistero meraviglioso
di DIO AMORE che si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi. Un nuovo invito ad approfondire la nostra conversione.
Come
ci diceva Padre Brena durante la Consulta: “Non
posso chiedere agli altri che cambino. Solo io posso cominciare a cambiare.
E non possiamo ingannare noi
stessi pensando che siamo arrivati alla meta, nemmeno possiamo disperarci
perché non arriveremo mai. Dobbiamo continuare a credere nel valore della vita,
includendo la debolezza. Questo è essere testimoni di speranza. Dobbiamo
imparare quotidianamente a vivere come Gesù. Non dobbiamo avere paura di
chiamare le mancanze, i limiti, i peccati, con il loro nome. Solo allora
abbiamo la possibilità di intraprendere un cammino di cambiamento.
Chiediamo a Dio che ci aiuti a convertirci, per cambiare la
nostra forma di essere e di stare dentro la storia”.
A nome di tutto il Consiglio
auguro
UN
SANTO AVVENTO ED UN NATALE FELICE.
In comunione
Graciela