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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
Compagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia Missionaria
Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
 La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
  • 14 / 05 / 2021
    SOLENNITA\' DEL SACRO CUORE DI GESU\'
    Venerdì 11 giugno 2021... Continua
  • 14 / 05 / 2021
    SOLENIDADE DO SAGRADO CORAÇÃO DE JESUS
    Sexta-feira 11 de junho de 2021... Continua
  • 14 / 05 / 2021
    SOLEMNIDAD DEL SAGRADO CORAZÓN DE JESÚS
    Viernes 11 de junio de 2021... Continua
il mio viaggio in cile
 
Eccomi in Cile e precisamente a San Bernardo (vicino a Santiago, capitale di questo paese). Mi sono accorta che Santiago ha circa 7 milioni di abitanti e San Bernardo ne ha 400 mila. (Bologna mi pare sia intorno ai 500 mila). Questo dato mi ha fatto capire che il contesto in cui mi trovavo aveva una sua rilevanza da vari punti di vista. Primo fra tutti gli spostamenti e l’inquinamento che in quei giorni ha raggiunto livelli elevati. Ma ho colto anche il fatto che San Bernardo è una città con molte sfaccettature, anche se l’ho conosciuta solo in parte. Sono stata accolta nella sede della CM dove abitano Margarita e Elisabeth, missionarie CM. Margarita è in pensione ma continua a lavorare nella biblioteca della scuola dove è conosciuta da vari decenni e dove ha delle relazioni consolidate. Elisabeth lavora in una scuola piuttosto distante e deve partire da casa alle 7 circa e fare ritorno alle 18 di sera. E’ un lavoro impegnativo con bambini con handicap. Teresa Pozo, anche lei missionaria, abita a Puente Alto, a circa 1 ora di auto da San Bernardo e attualmente deve assistere la mamma (Marina) di 89 anni che ha avuto da poco un infarto. Sono stata da lei alcune volte ed è stato bello condividere il suo contesto di vita. Con queste tre missionarie abbiamo condiviso molte cose: preghiera, dialoghi … e incontri. Siamo anche andate a Casa Davi dove ha lavorato, anni fa, anche Cesarina (molto ricordata da tutti) e dove attualmente collaborano Margarita ed Elisabeth nei fine settimana. Poi ci sono circa una decina di familiares CM con i quali mi sono incontrata alcune volte e che hanno fatto un cammino nella CM molto consolidato, profondo e prezioso. Missionarie e familiares ci siamo incontrati per condividere la nostra vita e la spiritualità ed insieme il giorno di Pasqua abbiamo realizzato un pellegrinaggio a S. Teresa de los Andes. E’ stato un momento molto bello e significativo. Questa santa cilena è molto amata ed intorno alla sua tomba ci sono tanti fiori freschi che danno la sensazione di festa e di gioia, di resurrezione di vita. Sempre insieme a missionarie e familiares ci siamo incontrate con il Provinciale scj del Cile e con il Vescovo di San Bernardo. Due incontri significativi e dove la testimonianza dei familiares e delle missionarie mi hanno fatto cogliere quanto è preziosa la loro presenza in quel contesto di vita. Una testimonianza diversificata dove emerge la sensibilità sociale e pastorale come presenza nelle parrocchie e come accoglienza delle persone in difficoltà con uno stile semplice e a volte nascosto come è normalmente nascosto il “bene”. Un momento prezioso l’ho vissuto il lunedì dopo Pasqua nella cappella dell’adorazione perpetua vicino alla cattedrale di San Bernardo con Margarita e dove ho avvertito nel messaggio di S. Faustina un dono prezioso per aprirci alla “misericordia” con quella semplicità e gratuità che ti fanno sperimentare quanto è buono il Signore. Ho anche colto come la storia di questo popolo e di questo paese sia stata segnata da grandi sofferenze e da conflitti che si sentono ancora presenti e che segnano il modo di essere delle persone. Grande profondità e rispetto ho sentito nelle relazioni intessute in quei giorni. Quindici giorni non bastano per capire tante cose ma la storia CM in questo paese fa cogliere tante dimensioni importanti. La fedeltà delle persone ed il loro senso di appartenenza mi fanno capire come la CM si è radicata in questa cultura con il nostro carisma specifico.
il mio viaggio in argentina
 
La nostra presenza CM è piuttosto sparsa per cui ho visitato le persone partendo da Carlos Paz - Cordoba dove vivono Irma – missionaria, e Susana – familiaris. Irma vive con la mamma Elsa (86) anni (i suoi antenati erano italiani di Bergamo e di Trento ) e lavora nell’impresa di famiglia. Carlos Paz è una località turistica molto bella. Lì ho anche conosciuto due amiche di Irma che hanno partecipato alla settimana di esercizi spirituali annuali con le missionarie argentine. Con Irma ho potuto rinnovare un’amicizia iniziata molti anni fa in Italia e che continua nel tempo con grande bellezza e profondità. Sono poi partita in pullman da Cordoba per Santo Tomè, (Santa Fè). La distanza è di circa 5 ore. In Argentina i pullman sono molto comodi e si possono percorrere lunghe distanze senza stancarsi troppo. A Santo Tomè vivono Kuki e Marta due missionarie che mi hanno accolto con molte attenzioni assieme alle loro famiglie. Sono stata ospitata in casa di Teresita una amica che desidera diventare familiares e con la quale abbiamo intessuto una relazione molto bella. Conoscevo Kuki con la quale avevo simpatizzato vari anni fa in Italia per cui è stato facile il dialogo. Kuki non stava molto bene di salute ma siamo riuscite a trasmetterci reciprocamente ed insieme a Marta e Teresita molto affetto e lo stesso sguardo di fede e di testimonianza che ci unisce. Purtroppo proprio in quei giorni Leticia (che vive a Santa Fè) ha ricevuto la notizia della morte del fratello (infarto) per cui non ho potuto incontrarmi con lei e conoscere il suo contesto di vita. Ci siamo conosciute dopo a Resistencia. Santo Tomè - Resistencia distano circa 8 ore di pullman. Sono partita dopo la mezzanotte con un tempo molto brutto. Pioggia battente e lampi ma sono riuscita a dormire nonostante tutto. L’accoglienza di Graciela e Ana Maria mi hanno fatto sentire subito a casa. A Villa Chica (sede attuale CM) ci aspettavano Andrea, Silvia e Rosa. Queste sono le missionarie che vivono in questa città. Ci sono anche alcuni aspiranti familiares che conoscerò in seguito. Domenica 3 aprile sono andata a General S. Martin-Chaco (circa 2 ore di auto da Resistencia ancora più a nord). Partiamo con Ana Maria e Rosa. Ci aspettano p. Guillermo scj (amico da sempre della CM che io chiamerei cofondatore della CM argentina), Noemi, familiares ed un gruppo di aspiranti familiares. Bella l’accoglienza e la messa dove Marta ha fatto la sua prima promessa come familiaris e Noemi l’ha rinnovata. C’è un bel gruppo impegnato nella formazione per diventare familiares: Feliza, Sofi, Elda, Lorena, Carmen, Raquela, Rosa, Zilda, Argentina. Un momento davvero bello dove viene ricordato P. Albino che ha fondato 50 anni fa i familiares. P. Guillermo nell’omelia ha commentato il suo messaggio rendendo vivo e attuale il nostro carisma di comunione e missione dentro la spiritualità dehoniana. Clima di festa e di gioia che ci fa gustare la bellezza di riconoscerci insieme in cammino per testimoniare e vivere il Regno di Dio nelle realtà di tutti i giorni. La settimana seguente ci vede insieme missionarie e familiares a Resistencia dove ci riuniamo per vivere alcuni giorni di incontri personali e di gruppo. Resistencia è una città di circa 300 mila abitanti a nord dell’Argentina. Una città che attraverso con l’autobus e che conosco solo in parte. Fa caldo anche se stiamo entrando nella stagione autunnale. La città di Resistencia viene soprannominata "La città delle sculture”. Le sculture generalmente sono in città, e vengono disposte lungo i marciapiedi e nei vari parchi (ne sono già state collocate più di 400). Qui ci siamo incontrati con il Vescovo per condividere il desiderio di comunione con la Chiesa ed il servizio alle persone che vivono situazioni difficili. Anche questo è stato un momento bello e semplice, di famiglia. Sabato 9 aprile hanno rinnovato i voti Silvia e Andrea con una bella cerimonia nella cappella di Villa Chica, il tutto nel clima festoso del tempo pasquale. Domenica 10 aprile c’è stata la cerimonia dell’ammissione di 4 nuovi familiares: Cristina, Gladis, Gloria e Marta. Ha rinnovato la promessa Susana, venuta da Cordoba per stare con noi qualche giorno. Tutte hanno dato una bella testimonianza del loro cammino di fede in famiglia e nel loro ambiente di vita. La loro preparazione è durata qualche anno ed ha dato buoni frutti. Ha presieduto la messa p. Guillermo scj che accompagna da vicino il cammino spirituale di queste persone. Presenti le loro famiglie, si è poi passati alla condivisione della mensa in clima di festa e di gioia. Erano presenti in questa occasione anche Mirtha (sorella di Graciela) ed altre persone che desiderano iniziare il cammino di preparazione per aderire al gruppo dei familiares. Dopo gli ultimi incontri, vissuti con un poco di trepidazione per un incidente occorso a Graciela, ma che è risultato meno grave del previsto, mi accingo al viaggio di ritorno lasciando un pezzo di cuore in America Latina. Ci vorranno parecchi giorni per assestarmi di nuovo nella vecchia Europa.
i familiares
 
Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della nascita dei Familiares: 1966 – 2016. Proponiamo una riflessione di p. Albino in cui annuncia e rievoca tale evento. Voglio parteciparvi la gioia di una iniziativa che so risponde all’aspettativa vostra più intima: la costituzione de: i Familiares, cioè degli amici che vogliono condividere più da vicino il nostro spirito e le nostre attività, diventando parte viva dell’Istituto stesso. Il 6 gennaio 1966 : c’è stato il primo raduno di coloro che sono gli amici più intimi, e che, come tali, desiderano fondersi maggiormente con la CM. Così come è nata la Compagnia Missionaria nella notte di Natale 1957, sono nati i Familiares . Il nome è un po’ esotico. Il termine, lo sapete, è latino ed è usato per indicare i membri di una stessa famiglia. L’idea è maturata durante un corso di esercizi spirituali che ho fatto alla “Cittadella” di Assisi. Quindi membri della stessa famiglia: la Compagnia Missionaria del sacro Cuore. Una proposta quindi lanciata a tutti coloro che vogliono vivere più strettamente con noi gli ideali che ci sono propri, diventando parte viva della nostra famiglia spirituale. Avere la gioia di condividere e alimentarci del nostro stesso spirito, vivere nella misura del possibile la nostra attività, sentire la casa della Compagnia Missionaria casa comune: loro e nostra. Un’intuizione che risale all’anelito spirituale e alla volontà apostolica di P. Leone Giovanni Dehon. La contemplazione del cuore ferito del Salvatore che dice la misura senza limiti dell’amore di Dio per l’uomo. Egli vuole darci una risposta in un dono entusiasta di pensiero e di vita. Tutti possono essere Familiares della Compagnia Missionaria. E’ un invito a quanti sono sensibili ai problemi di fede e accettano di farsi contagiare dalla santità e dalla grandezza del suo ideale. E’ richiesta la volontà di farsi riflesso del Cuore di Gesù, dei suoi sentimenti e della sua disponibilità fiduciosa alla volontà del Padre e alla promozione al bene dei fratelli. Si tratta in definitiva di donare un nuovo tono alla propria vita: mantenerla abitualmente nella disposizione di un servizio generoso di Dio e delle anime. Ciascuno come potrà e dove potrà e dove l’ha posto il Signore, dovrà sentirsi un prolungamento della Compagnia Missionaria, testimonianza del suo impegno di amore a Gesù e di apostolato. Non è un cristianesimo nuovo che viene proposto, ma una adesione particolarmente impegnata ad alcune espressioni del cristianesimo. Naturalmente dobbiamo obbligarci a una rapporto di fedeltà all’azione di Dio. In Cristo egli ci ha scelti e chiamati al suo amore. Nello Spirito egli ci offre un aiuto efficace. Ma i passi dell’ascesa li dobbiamo compiere noi, devono farsi frutto che lentamente matura nell’impegno della buona volontà. Questo perché non rimaniamo eternamente fanciulli nel conquistarci a Dio: “ sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, da qualsiasi accenno di stanchezza o miraggio capriccioso…Al contrario. vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, Cristo nostro capo, fino a conseguire la sua piena maturità ( Ef. 4,11 – 16 ). Tutti i campi sono aperti alla sua volontà di dedizione. Ma comunque il familiaris deve splendere della sua autenticità. In mezzo ai fratelli e alle sorelle egli deve essere un testimone di Dio, testimone di quanto è particolarmente specifico dell’essere di Dio: - La sua bontà - La sua misericordia - Il suo ottimismo - La sua fedeltà - La sua speranza… In una parola: il suo amore senza limiti e distinzioni. Una fontana che dà acqua a tutti e inesauribilmente. Il tutto nella luce del Cuore di Gesù, sotto lo sguardo di Maria che quotidianamente invochiamo Madre, Guida e Custode della Compagnia Missionaria. “La nostra vocazione – era solito dire Padre Dehon – è la più bella delle vocazioni. Se siamo donati cordialmente alla nostra spiritualità, se la viviamo con generosa costanza, noi doniamo a Gesù la gioia di ripercorrere le strade di questa terra nelle vesti della nostra persona. Non spaventiamoci della grandiosità del traguardo che ci attende. L’apostolo Paolo voleva arrivati tutti i cristiani di Corinto. Tra questi possiamo starci, e far bella figura, anche noi Familiares della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore. ( Riflessione tolta dagli scritti di p. Albino )
amerò sempre questa guinea, terra sacra
 
L’emozione e il timore, dopo gli attacchi terroristici in Francia e la situazione di massima allerta in Belgio, la sofferenza delle persone più direttamente colpite dal terrorismo e la mia fragilità fisica erano lo scenario di fondo nei giorni precedenti alla mia partenza per la Guinea Bissau. Ricordavo un canto che avevo imparato nella chiesa dello “Espinheiro”, in Brasile: “Da solo non posso niente” e pensavo: ma io non sono sola, Dio è presente, anche se nascosto nelle pieghe di questo mondo perturbato, negli incontri e scontri, nella salute e nella malattia, nelle situazioni di unione e di separazione…In terra, nell’aria, in mare, di notte e di giorno e nella gioia io so e sento che da sola non posso niente ed è per questo che Lui mi prende in braccio, mi conduce in pascoli erbosi e rigenera l’anima mia. Il giorno 25 novembre, nella tratta Bologna-Casablanca, l’equipaggio era quasi tutto di colore. Pregavo, chiedendo la benedizione per tutti e per ciascuno perché, come me, con i piedi lontani dalla terra, portava certamente nel cuore le persone che aveva lasciato e quelle che avrebbe incontrato. Ho vissuto questo volo come un tempo privilegiato per stare solo con Dio e per decifrare quanto di più genuino abitava il mio essere. Quando spensero le luci per prepararsi all’atterraggio, ho sentito dentro di me una tenerezza libera e leggera come una farfalla, semplice come un bimbo, delicata come i gigli e le camelie, umile come le violette…non avevo con me né oro né argento, solamente la tenerezza da dare a tutte le persone, a tutte le creature. Le 4 ore d’attesa nella sala d’imbarco in Marocco sono state un tempo di fraternità animato da musica di fondo; conversazioni incrociate; bambini che giocavano, correvano e piangevano; la condivisione di cioccolata e di piccoli gesti e sguardi. Finalmente in Guinea Bissau. Mi aspettava Roberto, un giovane della comunità di San Paulo, impiegato dell’aeroporto, che mi chiese: Sei Serafina? Bina ti sta aspettando, dammi il passaporto così riempio i moduli. Simpatico! Bina, Antonieta e Nhamo, dopo abbracci e sorrisi, mi portarono a casa. Appena due messaggi per dire che ero arrivata bene e via a letto, alle 5 del mattino del 26 novembre. Dopo giorni di riposo, i primi contatti e una visita alla città, abbiamo fatto il ritiro mensile. La mattina, mentre aspettavamo il relatore, regnava un clima di silenzio e di raccoglimento. Avevo davanti a me un gruppo giovane, pronto ad ascoltare, ad accogliere, a lasciarsi incontrare da Dio. Nelle giovani di questo gruppo traspariva la freschezza di un “sì” rinnovato e sempre nuovo e la bellezza della fecondità con la presenza di tre giovani: Marisol (periodo di orientamento), Claudia era la prima volta che si avvicinava il gruppo, Luzia (giovane universitaria che già frequenta i ritiri mensili e che molte volte si trova a pregare con il gruppo). All’esterno c’era un ambiente di festa. Si sentiva pulsare la vita presente nella natura: il canto degli uccelli, delle colombe, del gallo, il coccodè delle galline, il pio-pio dei pulcini, il mormorio dei bambini nei diversi e grandi gruppi per la catechesi sotto i giganteschi alberi di caju e di carrube, la danza delle foglie degli alberi e degli arbusti e i più diversificati suoni che facevano parte dell’orchestra. Tutto invitava a cantare inni e salmi di lode a Dio per le sue creature. Abbiamo iniziato il ritiro con una dinamica che ci ha aiutato ad assumere un atteggiamento di spogliamento e distacco per lasciarci incontrare da Colui che ci ha creati liberi per la vera libertà di figli. Ho ammirato particolarmente la capacità di silenzio delle tre giovani per tutto il giorno e anche durante il pranzo. L’ascolto silenzioso ha generato un clima di tranquillità e di disponibilità interiore in sintonia con il salmo 23 (22): “Il Signore è il mio pastore”. Ho riposato, ho recuperato forze, mi sono saziata alla mensa che Lui mi aveva preparato…. Davvero bello, molto bello. L’11 dicembre vennero a pranzo due giovani portoghesi: David e Tiago che erano di passaggio in Guinea per studiare la possibilità di fare volontariato in campo educativo. Fu un momento emozionante quando presentarono il loro progetto, la loro associazione, l’impegno e il lavoro per racimolare fondi anche con la raccolta di carta… Così ho finito per scoprire, quando dissero che erano di Lixa, che conosco il loro parroco e che Zé, un mio ex alunno di Amarante, è un membro dell’associazione da loro fondata. Mi sono sentita pronta ad adottare, dentro di me, ciascuno di questi giovani e il loro progetto. Il giorno dopo ho visitato la scuola di S. Paulo. Mi ha commosso la gioia dei bambini, le domande che mi rivolgevano: “Anche tu sei una missionaria come Antonieta”? Le canzoni e soprattutto la bellezza e la vivacità dei loro sguardi quando parlavo con loro. Ho raccomandato loro di non dimenticarsi di essere felici tutti i giorni della loro vita e li ho salutati con le parole di papa Francesco: “Per favore, non dimenticatevi di pregare per me!” ed ho promesso che avrei pregato per loro. Il 13 dicembre, 3° domenica di Avvento e della gioia, è stata davvero segnata dalla gioia che ho notato nel sorriso del parroco e dei suoi accoliti che si preparavano all’Eucarestia, nel clima di festa di quella comunità giovane che avevo trovato quando sono arrivata al tempio della natura, sotto l’albero di caju. Alcuni già seduti, altri arrivavano con la loro sedia, i catechisti portavano panche e accoglievano bambini e adolescenti. Il silenzio invitava all’intimità, alla contemplazione e a prepararci alla celebrazione del giorno del Signore. Tutto era musica e armonia sotto l’albero di caju. Non riesco a trovare parole per descrivere l’esperienza del divino che manifestava la sua presenza amorosa e affettuosa. Il cielo era lì nell’Assemblea cristiana pronta e predisposta a celebrare il banchetto Eucaristico, nella Parola, nel Corpo di Cristo spezzato e condiviso. La Messa in criolo per cui capivo poco dell’omelia e dei canti, ma senza impedire minimamente la mia partecipazione. Ringrazio la comunità di San Paulo che, saggiamente, rispetta il tempo del Signore, sotto l’albero di caju, con il silenzio prima e durante le celebrazioni. Nel pomeriggio siamo andate a casa di Marisol, la giovane in formazione nel periodo di orientamento. Nei villaggi (tabanca) dove passavamo si vedevano galline, capretti, maiali neri che mi sembravano cinghiali. Un viaggio piacevole e tutte ridevano quando confondevo i capretti con i porci e viceversa. Quando siamo arrivate ci aspettavano, sotto l’albero di caju, Marisol, i genitori, la sorella e alcuni bambini. L’incontro con questa famiglia è stato bello, un vero incontro di comunione. La brezza soave che ci sfiorava, il dialogo semplice e affettuoso, le canzoni, la natura piena di vitalità: pulcini, galline e cuccioli di cane, zucche, maracujà, alberi di papaia, nidi di uccelli sulla cupola della palma, la piantagione di mandioca… tutto pareva un canto di lode al Creatore. Alla buona maniera guineense ci hanno offerto una pollastra e due zucche. Al ritorno ci siamo fermate nella comunità dei padri di Murialdo per comprare il miele. Abbiamo incontrato p. Giovanni, italiano, da 30 anni in Guinea. Subito ci ha fatto entrare, Ci ha offerto un dolce da lui preparato. E’ stato un vero momento di condivisione fraterna di vita: progetti pastorali, la necessità di un’animazione vocazionale lì a Bula, zona di Antonietta e di Marisol. Dopo siamo andate a casa di Mario, cugino di Ivone. Era felicissimo per la nostra visita! Uomo semplice, lavoratore, accogliente e desideroso di condivisione. Tutto coltivato a mano da chi sa coltivare, trattare, curare e imprestare le mani a Dio nella continua creazione. Ci ha offerto un sacchetto di noccioline, un secchio di limoni e vino di caju. Ho sempre sentito dire che c’è più gioia nel dare che nel ricevere, ma quel giorno ho visto brillare negli occhi, nel sorriso aperto di quest’uomo dal volto nero il fratello che dà il frutto del suo lavoro come il tesoro più prezioso che possiede. Il 17 dicembre sono andata con Bina e Antonieta a far visita al vescovo di Bissau, D. Josè. Un incontro breve, centrato sulle sfide pastorali, nella preparazione del Sinodo Diocesano di Bissau nel 2017, nell’urgenza di accelerare il proseguimento della costruzione della chiesa della comunità S. Paulo, nella gioia e nella speranza che ci offre il giubileo della misericordia, nella necessità dell’animazione vocazionale e della formazione di questa Chiesa giovane e assetata dell’annuncio della Buona Novella. E’ una Chiesa che tende la mano e chiede una collaborazione, anche se temporanea soprattutto per la formazione e animazione. Nei giorni 19 e 20 ho animato un incontro con le giovani che partecipano al ritiro. Abbiamo lavorato sull’onestà, la contemplazione della bellezza dell’universo e delle meraviglie di Dio. Come base del lavoro personale di ciascuna e in gruppo hanno scritto un inno di lode a Dio. C’è stata anche l’opportunità di fare un piccolo percorso storico della CM con la proiezione di un PowerPoint. Il 19 dicembre, mentre le giovani facevano il loro lavoro personale, mi sono trovata con gli insegnanti della scuola di S. Paulo, dove ho sottolineato che essere insegnanti è un privilegio, una vocazione, una missione sacra in quanto si agevola la crescita e lo sviluppo integrale degli alunni; che ciascun alunno è unico irrepetibile e quindi è fondamentale trattare ciascuno per nome, conoscerlo e aiutarlo a far emergere le ricchezze del suo essere, ad essere se stesso; che la dimensione affettiva è molto importante nella relazione insegnante-alunno e viceversa; che i nostri alunni hanno bisogno di trovare nella scuola un riferimento positivo, sentire che vogliamo loro bene, che sono importanti per noi e che hanno bisogno di essere accolti e amati. Ho messo in risalto l’importanza di insegnare “non solo i contenuti di una materia, ma anche i valori e costumi di vita…Per imparare i contenuti è sufficiente il computer, ma per capire come si ama, quali sono i valori e i costumi che creano armonia nella società è necessario essere un buon insegnante”(papa Francesco). Ho lasciato loro l’appello ad essere suscitatori di sogni, “giardinieri” della vita. Nello stesso giorno, nel pomeriggio, mi sono trovata con le funzionarie della sicurezza ed era presente anche Antonieta. Ho messo in risalto l’importanza di sentirsi agenti dell’azione educativa; che il loro lavoro e impegno è fondamentale per il buon funzionamento della scuola e contiamo su tutti per favorirne maggiormente la qualità per rendere questo spazio più accogliente, più pulito e più bello. Ho ricordato loro che hanno il compito di collaborare nell’aspetto educativo della scuola, compiendo e facendo osservare le norme di convivenza sociale e civica. Ho anche incontrato tutte e ciascuna delle giovani che frequentano il gruppo e tutte mi hanno detto che piace loro pregare e fare l’adorazione con le missionarie. Ecco la testimonianza di Luzia:” L’esperienza che sto facendo nel gruppo CM mi aiuta a scoprire che il Signore ha bisogno di me e che io ho bisogno di uno stile di vita di preghiera, di fraternità, di formazione e di condivisione. Capisco anche che devo essere coraggiosa per essere fermento cristiano e per mettere al centro della mia vita la spiritualità di amore e di vivere con impegno il Vangelo. Lodato sia il Signore per il dono della vita e per le meraviglie che ha operato in me”. Mi sono trovata anche con le donne del laboratorio di sartoria diretto da Ivone. Questa attività ha come finalità la promozione dell’autonomia e della dignità della donna mediante il lavoro. Mi sono messa in ascolto di queste donne e delle loro testimonianze. Mi hanno comunicato che era la prima volta che si trovavano a parlare dei benefici di questa esperienza lavorativa e dell’interiorizzazione dei valori che qui hanno scoperto. Sono molto grate a Ivone per la sua dedizione e aiuto. Sono rimasta contenta perché alcune di queste donne sono riuscite a fare un corso di scuola superiore, grazie al frutto del lavoro di sartoria. Il giorno dopo il Natale siamo andate al mare per stare insieme e riposare un poco. Una giornata meravigliosa e con la voglia di dire: Facciamo qui tre tende…ma la missione ci aspettava a S. Paulo e siamo rientrate a casa felici e contente. Dal 27 al 31 dicembre abbiamo fatto il ritiro annuale nella casa del PIME, a Takir. Ci siamo sentite accolte e come a casa nostra. Ho capito che i padri del PIME in Bissau sono molto uniti alla CM fin dagli inizi. La fame e la sete di Dio che ho sentito durante il ritiro ha suscitato in me un atteggiamento di accoglienza e di apertura allo Spirito perché fosse Lui a saziarmi. Le riflessioni, che avevano come base il nostro Statuto, la Parola di Dio e documenti ecclesiali mi hanno aiutato a creare uno spazio interiore e una disponibilità piena ad accogliere il dono di Dio. Ho sentito come non mai il fascino per la vita consacrata e la disposizione a lasciarmi interpellare, potare e rinnovare… E’ stato un vero tempo di grazia. Camminare più intensamente, in questi quattro giorni, con Nhamo per la preparazione della sua consacrazione, mi ha aiutato a rivedere la mia storia di vita consacrata, a rinnovare il mio “sì”e a contemplare in una luce nuova la grandezza del dono ricevuto. Ringrazio il Signore che in questo anno della vita consacrata mi ha preso e, per puro dono, mi ha portato sul Tabor per farmi contemplare il suo volto pieno di tenerezza e di bontà. Al termine del ritiro mi sono sentita interiormente inviata ad essere “padre/madre” di misericordia e ad amare tutti incondizionatamente e sempre, a non lasciarmi cadere nella mediocrità dell’egoismo, ma amare come Gesù sino alla fine, senza limiti. La misura dell’amore che Gesù propone è incommensurabile: “Amatevi come io vi ho amati”. Questo “come io” mi spinge ad uscire, a donare e donarmi nell’unica ricchezza che possiedo: “Gesù Cristo e il suo Vangelo”. Il 31 dicembre abbiamo celebrato l’Eucarestia nella “cappella” improvvisata nella nostra casa qui a S. Paulo e Nhamo ha fatto la sua prima emissione dei voti. E’ stato un momento alto della mia visita al gruppo. Tutti erano raggianti di gioia per avere un’altra missionaria guineense. La celebrazione eucaristica è stata presieduta da p. Domingos (ofm) che aveva orientato il ritiro annuale e quelli mensili. Tra i partecipanti erano presenti la famiglia di Nhamo, le giovani in discernimento e altri amici… E’ stata una manifestazione di comunione per la nuova missionaria, la CM, la Chiesa e il mondo. Nhamo era raggiante, serena… molto bella. Mi ha fatto molto piacere visitare, alla vigilia del mio rientro in Italia, la famiglia di Antonieta. Ho ringraziato di cuore per il modo caldo e generoso con cui mi hanno accolto, stimato e condiviso quanto avevano. Ho colto che lì tutti vengono accolti e che anche i vicini sono famiglia per loro… Che bello! Al gruppo CM di Bissau va il mio grazie e riconosco la loro apertura allo Spirito Santo che le aiuta a camminare unite, l’accoglienza delle proposte di formazione da me offerte, la disponibilità per gli incontri personali e di gruppo, la fiducia che hanno avuto in me, i momenti di preghiera, di fraternità, la capacità di fare comunione tra noi e con chi entra in casa anche senza suonare il campanello. Ho ricevuto davvero molto dal gruppo, dalla comunità di S. Paulo, dalla Chiesa locale e da tutti coloro che ho incontrato. Ho visto ognuna di loro come missionarie giganti nella loro donazione agli altri, nella loro capacità di uscire per andare agli altri: accompagnare all’ospedale, giocare con i bambini che cercano un appoggio, ascoltare e consigliare gli insegnanti e i bidelli, sostenere le famiglie in difficoltà… Un via vai costante che spinge ad un’uscita da loro stesse in modo costante. Mi sento di dire che questo gruppo è un’autentica Betania aperta tutti i giorni e a tutte le ore verso chi cerca un incontro, una parola amica, un insegnamento o un pugno di riso per saziare la fame. Lì c’è tempo e spazio per scoprire novità nelle più piccole cose. Mi divertivo molto con le peripezie che Bina mi raccontava del gallo che era stato abbandonato dalla madre ed era nato in cima ad una parabolica. Ogni giorno il gallo ne inventava una per confermarsi capo del pollaio. Sapeva accogliere e difendere le pollastre che ci avevano offerto e, con il suo sguardo, tono di voce e canto, metteva ordine nel pollaio e non permetteva che le nuove arrivate venissero aggredite dalle altre galline. Qui c’è sempre spazio per un’altra missionaria, un volontario o amico che sia disposto a uscire, ad andare alle periferie esistenziali, disponibile per accogliere il dono di Dio, per dare e donarsi. Può darsi che oggi, come allora per il Samaritano, Dio ti chiami a farti prossimo, con amore, di questo popolo ricco di speranza e avido di una mano amica che formi, condivida e accolga le diverse ricchezze personali e culturali che può donare. “Se oggi udite la voce del Signore, non chiudete i vostri cuori”. Il popolo ha bisogno di te, di voi e anche il gruppo di S. Paulo ha bisogno di un rinforzo anche se temporaneo. Amerò sempre questa Guinea, terra sacra, che mi ha offerto uno spazio vitale di incontro con il divino, con le persone, con la madre terra fertile di saporosi cereali, legumi e frutti, con l’orchestra formata da variati toni e suoni degli uccelli, canti acuti della natura…
dio mi ha chiamata
 
“Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano” (1Cor 2,9). Quando guardo la storia della mia vita, sento che sono un mistero di Dio e riconosco i suoi segni nelle meraviglie che ha operato in me. Dio mi ha sempre accompagnato e collocato sul mio cammino persone che mi hanno amato e si sono prese cura di me. Ho avuto l’opportunità di stare con mia madre durante la mia infanzia e di non separaci mai l’una dall’altra. A 11 anni ho avuto la gioia di andare con mia madre a far visita a mia zia Sadia, sorella di mio padre, a Bafatà. A 12 anni ho iniziato la catechesi nella parrocchia di S. Giovanni Battista. Mi piaceva molto l’accoglienza del catechista per ciascuno del nostro gruppo, le storie che ci raccontava e la condivisione delle cose più significative avvenute durante la settimana nella famiglia e nella scuola. Ciò che mi piaceva di più era ascoltare dalla sua bocca quando ci guardava e diceva: “ Noi siamo a immagine somiglianza di Dio”. Sono stati molto importanti i momenti di preghiera: rimanevamo in silenzio e pregavamo. Il mio battesimo, a 16 anni, è stato un momento molto significativo: lì ho sperimentato la presenza di Dio che ha cambiato la mia vita. L’inizio della formazione CM è stato un altro momento speciale per me. L’accoglienza, la volontà di crescere, l’atteggiamento di ascolto di questa famiglia mi ha dato molta gioia ed è stato uno stimolo per progredire nel mio cammino. Ho scoperto che il valore della comunione proposto nel cap. IX del nostro Statuto è fondamentale per essere una missionaria del S. Cuore. Trascrivo alcune espressioni che mi toccano di più: “la vostra carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene…La vita di comunione, prima che altrove, deve concretizzarsi all’interno della CM…abbiate in voi gli stessi sentimenti…” All’avvicinarsi del giorno tanto importante della mia consacrazione a Dio, 31 dicembre 2015, sento la grande responsabilità di portare l’annuncio del Vangelo a tutti i miei fratelli mediante la parola, la testimonianza, la valorizzazione dell’altro cercando di vedere in Lui il volto di Cristo. Il ritiro che ho fatto dal 27 al 31 dicembre mi ha aiutato a riflettere, ad ascoltare e ad accogliere con gioia la Parola di Dio e del nostro Statuto. La mia gioia è grande, sento che Dio è con me e mi spinge a “guardare lontano”. Ringrazio anzitutto Dio che mi ha chiamata per una “ missione di servizio nella Chiesa e nel mondo”; mia mamma che sempre mi ha incoraggiato; le mie formatrici (inizialmente Lùcia Correia e, attualmente Antonieta); tutti i membri della CM della Guinea Bissau; p. Domingos (ofm) che ci ha animato, quest’anno, i ritiri mensili e quello annuale; le persone che hanno pregato perché il progetto di Dio si realizzasse in me. Maria, madre del Verbo incarnato e mia dolce madre, in ginocchio, ti chiedo che tu diriga sempre i miei passi in un cammino di fedeltà e di comunione perché la mia vita si trasformi in un perenne servizio d’amore.
dopo molto silenzio eccomi a voi !
 
Sono già passati più due anni dal mio rientro in Mozambico. E sono passati in fretta, ma vorrei comunicare un po’ il cammino che mi ha riportato in questa terra. Il vantaggio di questo nuovo cammino per me è stato il fatto di conoscere già la realtà, la lingua… Negli anni ‘90 ho vissuto quasi 10 anni in Mozambico. Poi c’è stato lo stacco di 12 ed eccomi di nuovo qui. Quando Martina e il Consiglio mi hanno fatto la proposta, ho accettato con disponibilità e gioia. Subito ho cercato di disporre il mio cuore a questo rientro che vivevo con una certa preoccupazione. Avevo timore di lasciarmi prendere da una nostalgia che non mi avrebbe aiutato. La nostalgia ti può giocare brutti scherzi e ti può rendere cieca, ti fa ricercare tutto quello che avevi lasciato e restare delusa se non lo incontri. Ho chiesto al Signore che mi aiutasse a tornare in Mozambico con occhi nuovi che non ricercassero luoghi “antichi” che portavano il mio marchio, ma occhi che sapessero vedere il bello che è nato senza di me. Devo ringraziare il Signore perché mi ha concesso questa grazia e il cuore l’ho sentito libero di iniziare un cammino veramente nuovo, con il mio bagaglio di esperienza e conoscenza. A questo proposito mi piace ricordare Isaia (43,19): “Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa”. Finalmente a Namarroi! Il nostro cammino “Ad gentes” è iniziato con l’arrivo delle prime missionarie a Milevane nel 1968 e l’anno successivo si è formato un’altro gruppo a Namarroi. Namarroi ha sempre suscitato in me una certa emozione per vari motivi: qui la CM ha lavorato con molta soddisfazione e nel campo dell’evangelizzazione e nel campo socio sanitario; ha sofferto con il popolo gli eventi della guerra civile; le stesse missionarie allontanate e messe in carcere con la proibizione di rientrare a Namarroi… Nella mia permanenza in Mozambico negli anni ‘90 varie volte avevo programmato di andare a Namarroi, ma di fatto, a causa di situazioni contingenti o della strada (mancavano ponti) o piogge torrenziali, non sono mai riuscita ad arrivarci. A poco meno di un mese dal mio rientro in Mozambico, ecco che mi ritrovo a guidare verso Namarroi. Un viaggio che faccio con Dalaina. Con lei dovevamo incontrate le famiglie delle ragazze che avrebbero iniziato a vivere con noi a Invinha. Dopo circa due ore di strada, eccoci a Namarroi, una piccola cittadina con una strada principale dove si affacciano uffici, negozietti, l’ospedale… Noi ci avviamo subito alla missione. Ed eccomi, con un carico notevole di emozione, nel grande cortile della missione di S. Tiago in Namarroi. Mi sono guardata intorno e mi è apparso un luogo conosciuto e riconosco alcuni scorci visti nelle innumerevoli foto che lungo gli anni ci sono giunte. Il mio sguardo è andato subito a quella che era stata la nostra abitazione. Conservata bene ed ora abitata dai Padri diocesani che portano avanti la parrocchia. Alle spalle della casa una bella collina verde ma che ha assunto, durante la guerra civile, un triste ricordo. Dall’alto venivano uccisi e gettati dall’altro lato della collina molti innocenti. Mi hanno detto che ora tutti gli anni si sale in preghiera per ricordare questi martiri. Nella missione ci siamo fermate poco, il tempo di salutare il parroco, le suore spagnole arrivate da alcuni mesi e, ripartite per il nostro itinerario, incontriamo alcune famiglie le cui figlie inizieranno il cammino con noi. Un dialogo semplice e facilitato con la traduzione in Lomwe di Dalaina. E poi verso casa. Dopo qualche giorno ci sono ritornata con Lisetta e ho chiesto di visitare dove avevano abitato le missionarie, dopo che erano uscite dalla missione. Delle casette di allora, ci sono solo alcuni pezzi di muro, ma io ho avvertito ancora una carica di presenza nostra. Lì la CM ha fatto la scelta di vicinanza alla gente, ha vissuto la sua incarnazione accanto al popolo con momenti di gioia ma anche condividendo sofferenze e precarietà. Rientrando da questo secondo viaggio, molti pensieri mi hanno riempito la mente, mi ha invaso un senso profondo di gratitudine ed anche una reale consapevolezza che lì si sono messe le radici di quello che oggi siamo in Mozambico. Ora io mi ritrovo a cogliere i frutti che non ho seminato… ma è vero che: “chi semina e chi raccoglie, gioiranno insieme” (Gv 4). Ho pregato per tutte le missionarie che sono passate da Milevane e Namarroi, dove hanno lavorato gioito e sofferto. Ora, dopo molti anni, alcune giovani di Namarroi stanno facendo il cammino con noi. Tutto questo lo sento come una continuità e un frutto che sta maturando ma che ha radici profonde e solide. A Nampula In questi due anni ho vissuto a Nampula, in questa realtà CM in formazione. Le ragazze in cammino erano 9 (1 nel Biennio 2 nell’Orientamento e 6 in discernimento) Altre in discernimento sono ad Invinha – Gurué. Quest’anno il cammino sarà diverso, arricchito da 7 giovani che sono entrate nel periodo di Orientamento al termine degli esercizi spirituali. Gli esercizi sono stati un momento molto forte: eravamo in 20 e li abbiamo fatti a Milevane, proprio dove le prime missionarie hanno iniziato la presenza in Mozambico (Lisetta, Teresa Castro e Ilda Candelaria) . L’ho visto come un segno: dove tutto ha avuto inizio, ora si riparte con una realtà nuova e la presenza di Lisetta è stata un segno di unità e continuità. La celebrazione è stata molto semplice, ma sentita e partecipata e la gioia, espressa con canti e danze, ha arricchito e fatto sentire profondamente la nostra la liturgia. Sono ragazze giovani (dai 18 ai 23 anni) che hanno completato la 12a classe (tranne una) e quest’anno tutte faranno un anno di servizio nella biblioteca, in parrocchia e in altri settori. Preghiera e vita insieme ci aiuteranno a camminare in questa sfida formativa che ritengo una grazia, ma anche una grande responsabilità da parte di tutta la CM. E’ necessaria molta preghiera perché il Cuore di Cristo ci indichi il cammino. In questo anno della Misericordia è provvidenziale per tutte noi, nell’ottica dell’amore e della comunione, riscoprire la ricchezza della nostra spiritualità e mi piace ricordare le tre parole che Papa Francesco ha lasciato ai consacrati riuniti a Roma per il Giubileo: PROFEZIA, PROSSIMITA’, SPERANZA. “… Profezia. E’ il vostro specifico. Ma quale profezia attendono da voi la Chiesa e il mondo? Siete anzitutto chiamati a proclamare, con la vostra vita prima ancora che con le parole, la realtà di Dio: dire Dio… . Prossimità. Dio, in Gesù, si è fatto vicino ad ogni uomo e ogni donna Essere, come Gesù, vicini alla gente; condividere le loro gioie e i loro dolori; mostrare, con il nostro amore, il volto paterno di Dio e la carezza materna della Chiesa... Speranza. Testimoniando Dio e il suo amore misericordioso, con la grazia di Cristo potete infondere speranza in questa nostra umanità segnata da diversi motivi di ansia e di timore e tentata a volte di scoraggiamento...E potete alimentare la speranza anche nella Chiesa. La testimonianza carismatica e profetica della vita dei consacrati, nella varietà delle sue forme, può aiutare a riconoscerci tutti più uniti e favorire la piena comunione”. Papa Francesco (Roma 1 febbraio 2016) Concludendo, ripeto una frase che non ricordo dove l’ho letta ma la sento molto significativa: “Il consacrato/a è colui/colei che sa vedere quello che altri non sanno vedere”. Volgendo il nostro sguardo a Colui che hanno trafitto, chiediamo la grazia di vedere là dove il mondo è cieco. Sempre in comunione e conto sulla vostra preghiera. Annamaria Berta 
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