Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
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09 / 08 / 2024
Agosto 2024
Edvige Terenghi, amministratrice centrale, visita i gruppi in Mozambico....
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09 / 08 / 2024
Agosto de 2024
Edvige Terenghi, administradora central, visita os grupos em Moçambique....
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09 / 08 / 2024
19 ottobre 2024
Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
riconoscere e servire
Carissimi
siamo ancora nella scia del clima pasquale e di pentecoste. La liturgia in questo tempo ci ha immersi nel mistero di morte e resurrezione del Signore, e ci ha fatto contemplare, negli Atti degli Apostoli, il crescere di una comunità che si è formata proprio intorno a questo mistero. La solennità di Pentecoste ha concluso questo cammino iniziato con l’imposizione delle ceneri. Mi colpisce sempre il fatto che questa solennità non abbia un seguito (come per esempio il Natale e la Pasqua che per otto giorni la liturgia ci fa vivere l’evento) ma ci immerge immediatamente nella ferialità bruscamente. Dalla solennità si passa subito al “tempo ordinario”. Sì, dopo Pentecoste si rientra nella “normalità” ma con la forza e la luce dello Spirito che solo Lui può donare. E solo lo Spirito ti fa fare il passaggio, ogni giorno, dalla paura al coraggio, dal passo incerto al camminare sicuro… come gli apostoli nel cenacolo.
E’ questo Spirito che ci dà modo di riconoscere il Risorto, come ha fatto il discepolo amato sul lago di Tiberiade quando dice a Pietro: “E’ il Signore!” (Gv.21,7). E Pietro: “si cinse i fianchi del camiciotto, poiché era spogliato, e si gettò in mare…”. Il Discepolo amato e Pietro ci indicano il cammino per vivere il nostro quotidiano come una continua Pentecoste. L’uno ci insegna a riconoscere il Signore e l’altro il cammino del servizio, “…si è cinto i fianchi…” (anche Gesù nell’ultima cena si è cinto i fianchi per la lavanda dei piedi). Riconoscere e servire. Coniugare questi verbi ci aiuterà a vivere il cammino del giorno dopo giorno illuminati dallo Spirito che ci darà quella forza necessaria per vivere l’obbedienza alla vita. Andiamo incontro alla festa del sacro Cuore coniugando questi due verbi: Riconoscere e servire.
Riconoscere il grande amore che il Signore ha per noi; la sua presenza in noi e attorno a noi; il suo grido di lamento (Mt 11,20-24) e di giubilo (Mt 11,25-27); riconoscere il cammino verso il Golgota e volgere lo sguardo verso di Lui; riconoscere la sua voce e il suo sguardo in tutti i fratelli e sorelle che la provvidenza pone sul nostro cammino… e proprio perché lo riconosciamo la nostra risposta non può essere che il servizio. Cingiamoci i fianchi, come Pietro, e nell’incontro con il Signore comprenderemo come servire. “Volgendo lo sguardo a colui che hanno trafitto” riconosceremo il Signore e lui stesso ci inviterà a volgere lo sguardo a chi ci circonda, a quel mondo a cui Lui con passione ancora oggi rivolge la sua Parola. Dobbiamo guardarci intorno e servire.
Auguro a tutti di prepararsi alla festa del Sacro Cuore con questo desiderio di saper riconoscere e servire il Signore perché il suo Regno si compia oggi nel nostro cammino e in ogni persona e avvenimento che il vivere ci pone dinanzi.
Il Cuore di Cristo, maestro nel servire, ci benedica!
In comunione
Anna Maria
Noi siamo "caricati" di energia senza proporzioni con le misure del mondo: la fede che solleva le montagne, la speranza che nega l'impossibile, la carità che fa ardere la terra. Ogni minuto della giornata, non importa dove esso ci voglia o per che cosa, permette a Cristo di vivere in noi in mezzo gli uomini.
La fede non è l'impegno temporale della vita eterna? Per vivere della nostra fede nel nostro tempo e nel nostro mondo oggi e qui; per poter realizzare la nostra vocazione alla fede, essere davvero in questo mondo e in questo tempo, siamo forzati ad accordare la nostra vita cristiana a tutto ciò che è, attualmente, accelerato, momentaneo, immediato, siamo forzati non a credere diversamente, ma a vivere diversamente, non ad adattare la fede a questa realtà temporale movimentata fino all'eccesso; ma ad adattarci a questo movimento, adattarci a riconoscere, scegliere, fare la volontà di Dio in questo movimento. Dobbiamo imparare ad adattare rapidamente alla fede noi stessi e le circostanze. Ora noi non siamo preparati al rapidamente.
M: Delbrêl
l'agnello mistico
Fabrice Hadjadj, trentotto anni, francese, nato da genitori ebrei di origini tunisine e convinzioni maoiste, ama presentarsi come un «ebreo di nome arabo e di confessione cattolica». Al cattolicesimo è approdato dopo una giovinezza trascorsa tra l’ammirazione degli ideali rivoluzionari della Comune di Parigi e l’immersione nella lettura dei grandi nichilisti del Novecento. Ha scelto di battezzarsi e diventare cattolico alla soglia dei trent’anni e se gli domandi perché l’ha fatto replica divertito: «Sono io che mi chiedo: perché non l’ho fatto prima?». Fabrice Hadjadj insegna in un liceo e nel seminario diocesano di Tolone, ma è soprattutto un filosofo, una specie di Nietzsche cattolico, autore di una decina di libri in forma di saggi e drammi teatrali. È sposato e ha tre figlie. Il suo percorso ci parla del modo meraviglioso come Dio ci conduce e testimonia di una Europa che, nonostante le sue stravaganze, ha ancora linfa sufficiente per fare scaturire personalità cristiane significative.
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Cristo immolato
Nella tradizione, il Cristo è simbolizzato da differenti specie di animali: pesce, leone, montone, capro, aquila, pellicano, gallina, ed anche dal serpente (quello di bronzo che Mosè alza nel deserto), o ancora dal verme di terra…Il Verbo fatto uomo ricapitola in lui sia la fauna sia tutto il cosmo. (Uomini e bestie tu salvi, Signore, dice un versetto del salmo 36, principio ancora inconcepibile di un’ecologia soprannaturale). Ma, tra tutte le specie di questo zoo mistico, l’agnello è sempre l’animale prediletto. Per il suo candore, per la sua grazia, per la sua età e la sua docilità, lui rappresenta meglio degli altri la vittima innocente. La sua immagine si trova già nelle catacombe. Possiamo dire che ha la stessa età della Croce. Sul legno del supplizio, i primi crocifissi sospendono un agnello, non un uomo…E, la porta dei tabernacoli, ancora oggi, è abitualmente ornata da un agnello attraversato da una croce simile ad una lancia.
Questa preminenza simbolica dell’agnello viene dalle Scritture sante e si vede confermata dalla liturgia della Chiesa. Nella Genesi, è senza dubbio la prima offerta gradita a Dio: Abele presentò a sua volta primogeniti del suo gregge e il loro grasso (Gen. 4, 4). Nell’Esodo, è l’animale della Pasqua che gli Ebrei devono mangiare: il suo sangue sugli stipiti e sull’architrave delle case li proteggerà dal passaggio dell’angelo sterminatore. In Isaia e in Geremia, è la metafora del Messia sofferente: Il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello (Is. 53, 6-7) – E io, come agnello mansueto che viene portato al macello…(Ger. 11, 19). Anche il Battista designa Gesù come l’Agnello di Dio… (Gv. 1,29 e 36). Questo stesso vangelo dice ancora, al momento del colpo di lancia: Non gli sarà spezzato alcun osso (Gv. 19, 36), prescrizione dell’Esodo riguardo all’agnello pasquale (12,46). È una citazione cruciale, giacché fa della Passione il compimento della Pasqua giudaica, e del Crocifisso il vero Agnello. San Paolo può dire ai Corinzi: Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! (1Cor. 5,7). Infine, nel Apocalisse, la vittima sofferente diviene vittima trionfante: L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione (Ap. 5,12).
Il legame diretto con l’agnello mangiato durante la cena pasquale fa di lui il simbolo per eccellenza dell’Eucaristia: parla allo stesso tempo del sacrificio e della comunione, ma parla anche della triplice dimensione di memoriale, di viatico e di anticipazione della gloria futura. Proprio prima di consumarla, il prete presenta l’ostia usando le parole di Giovanni Battista: Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! E la riforma liturgica aggiunge queste parole sublimi: Beati qui ad coenam Agni vocati sunt, “Beati quelli che sono chiamati alla cena dell’Agnello”.
Vediamo dunque l’Agnello Mistico in piedi sulla tovaglia bianca dell’altare l’arteria forata e il suo sangue che scaturisce e cade nel calice d’oro. Il rosso del sangue è rafforzato dal rosso dell’altare. Intorno, gli angeli agitano il turibolo, otto sono in ginocchio a mani giunte, quattro tengono le Arma Christi. Da destra a sinistra, il primo tiene gli steli di canna e la colonna della flagellazione; il secondo il flagello e, sopra un’asta, la spugna imbevuta di aceto; il terzo la lancia e i chiodi; il quarto la corona di spine e la Croce sormontata dall’iscrizione in ebraico, greco e latino: Gesù Nazareno, re dei Giudei. Nessuna arma, nessun attrezzo, nessuna macchina è più efficace di questi stessi strumenti. Loro sono i gioielli insuperabili della tecnica. Sono gli strumenti della Salvezza.
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La fontana della vita
Centriamo adesso la nostra attenzione sulla striscia scura che spezza a metà la parte bassa del Retablo aperto. Essa ci conduce alla fine dell’Apocalisse. Il suo ultimo capitolo comincia con queste parole: L’angelo mi mostrò poi un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello (Ap. 22, 1). Qui il fiume è una fontana. Questa fontana irriga tutta la Gerusalemme celeste. È il principio ecologico della sua flora trasfigurata. Questo stesso messaggio è scritto sul bordo di marmo della fontana: Ecco la sorgente dell’acqua viva che scaturisce dal trono di Dio e dell’Agnello. Quest’ultimo nome è rivelatore: questa fontana esce da una piaga. La sorgente profonda è nel cuore di Cristo, Agnello immolato, aperto dal colpo di lancia del soldato. Anche questo, Giovanni l’ha visto. Prima ancora che nella Città celeste, l’angelo gli fa vedere il fiume di vita sul Golgota; lì Giovanni ha visto scorrere il sangue e l’acqua (Gv. 19, 33-35). La Chiesa esce così dal fianco di Cristo come Eva è uscita dal fianco di Adamo. Il sangue e l’acqua corrispondono ai due principali sacramenti che la generano. «Dal fianco di Cristo scaturisce l’acqua che lava e il sangue che riscatta. Per questo il sangue si rapporta al sacramento dell’Eucaristia, e l’acqua a quello del Battesimo» (Santo Tommaso d’Aquino).
Il catino della fontana è ottagonale. Sono numerosi i Battisteri che hanno questa forma. Il numero otto rimanda alle beatitudini (Mt. 5, 3-10): Beati i poveri…Beati i perseguitati…Ci ricorda che il peso della gloria si dirige di preferenza verso la Croce. Ma ci ricorda anche che il peso della Croce sbocca nella gloria: è questa la cifra della Risurrezione. La Risurrezione di Cristo è avvenuta in una domenica, primo giorno della settimana. Ma questa domenica si può comprendere come il giorno dopo il settimo giorno: questo ottavo giorno dove la settimana esce dai binari, dove tutta la Creazione varcherà il muro del tempo per entrare nello splendore dell’Eterno. Possiamo dire che la prospettiva di questo catino ottagonale comanda tutta la composizione del pannello. Se la fontana irriga il Paradiso, non è certo per dei canali tracciati a righello, ma in una forma veramente pittorica.
Questa si allarga alla forma ottagonale degli angeli intorno all’altare e poi ancora ai quattro gruppi dei beati. La sua freschezza si irradia per omotetìa, come un fiore che si apre.
Come la colomba irradia con grande splendore nella parte superiore, la fontana irradia discretamente nella parte inferiore. Questa si situa nell’asse verticale della divinità [guardare tutto il polittico]. Quest’asse parte dal cielo per arrivare alla terra, dalla presenza di Dio in lui stesso alla presenza di Dio nei sacramenti. Comincia con il Signore in maestà, continua con la colomba dello Spirito, incontra il candore eucaristico dell’Agnello, finisce su questo catino battesimale allo stesso tempo limpido e oscuro. Se a partire da esso tutto sembra aprirsi, tutto in esso sembra anche riassorbirsi. Esso conduce agli elementi i più materiali. All’acqua e alla creta dell’origine. Origine della Genesi e origine dell’opera stessa. La terra e l’acqua forniscono i materiali alla pittura. Ma essi costituiscono anche i suoi due limiti formali: l’informe e la trasparenza. Siamo allora alla sorgente simbolica e reale, allo stesso tempo, dell’arte e della vita. E il pittore ci invita a bere a questa sorgente. Non vedete proprio in basso questo rivolo oscuro che ci chiama? L’asse della divinità finisce in una canalizzazione. Essa vuole riversarsi sopra l’altare, al di fuori del quadro. Vuole anche discendere fino allo spettatore. A tal punto da fare di questo spettatore un attore e che questo ascolti, per finire, alcune delle ultime parole dell’Apocalisse: Lo Spirito e la Sposa dicono:”Vieni!”. E chi ascolta, ripeta: “Vieni!”. Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda gratuitamente l’acqua della vita (Ap. 22, 17).
cristo risorto e vivente!
È ancora buio e le donne al sepolcro.
La debolezza delle donne
piange di inutili nostalgie
e unge di inutili profumate carezze i corpi amati
anche quando sono morti.
La forza virile può smuovere i macigni
e può chiuderli, i sepolcri,
e cercare strategie di difesa
nelle sale a porte blindate
che il soffio del Vento basterà, solo, a violare.
“Gesù il nazareno non è qui, è risuscitato!
Non cercate tra i morti Colui che è vivo!”
Luce bianca esplosa dalla tenebra di morte
vinta dalla sua preda.
Per sempre.
Cristo risorto e vivente!
La tua luce bianca squarci ancora la nostra tenebra
apra gli occhi, infiammi il cuore,
renda ali alla fragile speranza
e fecondità al povero amore.
Anche gridando la nostra sete di luce
neppure sapendo ciò che facciamo
sappiamo solo uscire nella notte.
Canti la tua Parola per noi come il gallo
che annuncia il nuovo sole
del perdono senza tramonto.
E forse rischieremo di fare della nostra vita
la Memoria di te donato
-ciò che ho fatto io anche voi fate -
nel pane spezzato e nel sangue sparso
e nelle ginocchia piegate
a lavare piedi sporchi di terra e sangue.
E ci sarà dato di riconoscerti,
noi povera Maddalena chiamata per nome
- Maria! -
tua Chiesa sposa finalmente ritrovata,
nel giardino,
e dissetata di nuovo amore
rigenerata debole messaggera di luce.
riconciliazione
Carissimi,
ho ancora nel cuore e negli occhi il viaggio che ho compiuto in Mozambico e in Portogallo, dove ho incontrato i gruppi per una tappa formativa e verifica del cammino dei gruppi. Ringrazio il Signore per ciò che ho potuto vivere e grazie a tutti coloro che hanno accompagnato questo mio viaggio.
Ritornare in Mozambico è sempre un po' ritornare a casa e incontrare molti volti conosciuti ed è per me rendere grazie per tutto ciò che ho ricevuto da questo popolo.
Il viaggio in Mozambico è stato segnato, oltre che dall'incontro con la porzione di Compagnia Missionaria che si trova in questa terra, dalla prima emissione dei voti di Julieta e l'entrata in orientamento di tre giovani.
Sono segni di speranza che dobbiamo accogliere con gioia e responsabilità.
Ci siamo impegnati, quest'anno, a vivere l'anno della Riconsiliazione, rispondendo all'esortazione di S. Paolo: "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Cor 5,20). La Quaresima ci fa fare questo cammino di conversione per poterci, in Dio, riconciliare con noi stessi e con le realtà dove si srotola la nostra vita quotidiana.
Riconciliazione che parte dall'amore appassionato di Gesù per tutti noi, un amore senza logica e senza calcolo, che lo porterà a pronunciare sulla croce: "Tutto è compiuto", e il suo fianco trafitto è il sigillo di questo amore.[img2bdx]
In un mondo dove tutto ha un profitto, dove non c'è spazio per la gratuità, Gesù ci insegna a non fare nessun tipo di conti e rendiconti, c'è solo spazio all'amore senza calcolo. Per capire questo mistero di dono e riconciliazione, è necessario entrare nello stesso cammino di Gesù. per fare questo è vitale accostarci al Vangelo, come luogo di preghiera e di ricerca di luce; è questa Parola che ci fa scoprire la concretezza del dono di Gesù e di come dobbiamo incarnare questo amore che si deve rendere concreto ogni giorno e che solo un cuore "in pace" può realizzare.
Il triduo pasquale diventa per noi scuola dove siamo chiamati a comprendere il mistero del dono: nel gesto della lavanda dei piedi (giovedì santo) siamo invitati a metterci quel grmbiule, di cui si è cinto Gesù, per far sì che il dono diventi servizio; nel volgere lo sguardo a colui che hanno trafitto (venerdì santo), riconosciamo la nostra pochezza e il nostro peccato; nel silenzio e nell'attesa del sabato santo, la speranza ci faccia strada, quella speranza che diventa certezza perché "sperare è attendere con illimitata fiducia qualcosa che non si conosce, ma da parte di Colui del quale si conosce l'amore" (M. Delbrel); il servizio, il perdono, la speranza ci fanno strada per incontrare il Risorto nel giorno di Pasqua.
Buona Pasqua a tutti e che Colui che è vivo ci doni ogni benedizione.
In comunione
Anna Maria
[img3bsx]IL CATINO DI ACQUA SPORCA
Se dovessi scegliere una reliquia della tua passione
prenderei proprio quel catino colmo di acqua sporca.
Girare il mondo con quel recipiente
e ad ogni piede cingermi dell'asciugatoio
e curvarmi giù in basso,
non alzando mai la testa oltre il polpaccio
per non distinguere i nemici dagli amici
e lavare i piedi del vagabondo, dell'ateo, del drogato,
del carcerato, dell'omicida, di chi non mi saluta più,
di quel compagno per cui non prego mai,
in silenzio,
finsché tutti abbiamo capito nel mio
il tuo Amore.
(Madeleine Delbrel)
noi familiares
Il giorno 14 del mese di marzo, io Emilio Elefante unitamente a mia moglie Rosa Russo, dopo tre anni di cammino per la formazione spirituale nella contemplazione di Cristo nel mistero del suo Cuore Trafitto, siamo diventati Familiares effettivi della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore. Con noi altre due coppie: Benedetto Afeltra e Lucia Muoio, Aniello Catapano e Consiglia D’Antuono.
Sinceramente ci sentivamo emozionati nell’aver raggiunto un traguardo così importante della nostra vita cristiana.
In mattinata c’è stato l’incontro di preghiera con i Familiares di Sant’Antonio Abate e quelli di San Giorgio a Cremano: padre Antonio Carapellese ci ha illustrato la riconciliazione con Dio.
Il pranzo si è consumato nei locali messi a disposizione delle Suore dei Sacri Cuori, con noi nuovi Familiares c’era buona parte dei Familiares di Sant’Antonio Abate, nonché con le missionarie Bianca e Luisa.
Nel pomeriggio, nella Parrocchia del Buon Buonconsiglio, è stata celebrata da padre Antonio la Santa Messa.
Accostandoci all’altare, abbiamo provato la stessa sensazione come quella avvenuta nella stessa Parrocchia nel giorno del nostro matrimonio, nel lontano 12.06.1980, dove sentivamo in mezzo a noi la presenza di Dio.
Il momento forte lo abbiamo sentito quando il sacerdote ci ha fatto la domanda “ Che cosa desiderate?” E noi abbiamo subito dato la risposta che tanto desideravamo: “”diventare Familiares effettivi della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore! ! !”
Subito dopo la cerimonia, ci siamo recati nuovamente nei locali delle Suore per festeggiare l’evento e gioire insieme agli altri Familiares di S. Antonio Abate con il taglio della torta gentilmente offerto da Pia Del Sorbo e con i dolci amorevolmente fatti con le proprie mani e offerti da Lucia Santarpia.
Un grazie di cuore a chi ci ha fatto incamminare in questa esperienza e particolarmente a Pia Del Sorbo, quale responsabile del gruppo, che con il suo insegnamento ci ha illustrato il cammino da intraprendere nella formazione umana e cristiana.
Un grazie ancora a Clemente Stazu e sua moglie Rosa De Conte; a Giuseppe De Gregorio con la moglie Anna Amabile; a Gennaro Mercurio con la moglie Lucia Santarpia e a Domenico De Riso; anche loro hanno dato il loro contributo ai nostri incontri di preghiera e di formazione per illustrarci la spiritualità della Compagnia Missionaria del S. Cuore di Gesù.
visita della presidente
Il mese di gennaio 2010 è stato pieno di avvenimenti significativi per i nostri gruppi del Mozambico che normalmente si riuniscono insieme in questo periodo.
Anna Maria ci ha visitate ed è stata con noi dall’8 gennaio al 9 febbraio.
Siamo state insieme a Namaacha, dall’8 al 17 per gli incontri, il Corso di Formazione e alcuni giorni di preghiera. Il 19 partenza per Nampula fino al 29 gennaio e gli ultimi giorni a Maputo insieme al gruppo di Maputo.
Un poco di storia
La nostra presenza in Mozambico ha compiuto 40 anni nel 2008 e da quell’anno è iniziato un nuovo movimento vocazionale che ci ha sorprese per la sua vivacità ed intensità.
L’incontro del luglio 2008 a Gurue con la presenza di tutte le missionarie nei luoghi degli inizi Mozambicani – Milevane, Namarroi e Gurue - é stata una specie di reincontro che ha permesso il rinascere di qualcosa di inatteso.
In quei giorni abbiamo conosciuto due giovani; Dalaina e Natalia che, a dicembre 2008 sono venute ad abitare con noi a Nampula e con loro e altre giovani stiamo vivendo questa nuova primavera in terra mozambicana.
Nel 2009 varie giovani si sono avvicinate per conoscerci ed altre le abbiamo incontrate andando a Gurue – Invinha dove, alcuni sacerdoti diocesani, con un buon entusiasmo per la Compagnia Missionaria, ci hanno fatto conoscere alcune giovani interessate al nostro tipo di vita.
A dicembre 2009 altre giovani, dopo un periodo di discernimento, sono venute a vivere con noi a Nampula e sono Rosa e Ana Rita. Questo movimento ci sorprende e ci stimola ad un continuo discernimento e disponibilità.
Ciascuna di noi per la sua parte si è impegnata in vari modi per favorire questa nuova primavera, ma soprattutto, crediamo che il Buon Dio ci ha mostrato la Sua Misericordia e la Sua Benevolenza.
La presenza di Anna Maria
In questo contesto abbiamo avuto la visita di Anna Maria che ha vissuto con noi un periodo di tempo condividendo questa nostra storia.
Da ricordare che Anna Maria ha vissuto in Mozambico dal 1993 al 2002 e questo l’ aiuta ad accompagnare con maggiore sensibilitá e preparazione questo nostro cammino.
Dall’8 gennaio al 9 febbraio 2010 ha vissuto con noi prima a Maputo e poi a Nampula e poi nuovamente a Maputo. La sua presenza e le sue parole ci hanno stimolate e confermate nella via intrapresa.
Gli incontri ed il Corso di Formazione Permanente sul nostro Statuto e Regolamento di Vita e sulla Carta Programmatica di questo sessennio, ci hanno aiutate a cogliere meglio alcuni aspetti della nostra vocazione secolare ed il nostro carisma. In vari momenti abbiamo sentito fortemente la presenza dello Spirito che è sempre donatore di Vita.
Anche il Corso-Ritiro a Nampula, tenuto da Anna Maria e preparato in particolar modo da Mariolina con tutto il gruppo di Nampula, é stato importante per far capire alle giovani cosa significhi appartenere ad un Istituto Secolare e conoscere meglio la storia della Compagnia Missionaria. [img2bcx]
A Nampula dal 20 al 24 gennaio alcune giovani hanno partecipato a questo incontro: Dalaina, Natalia e Laina che, con l’entrata in orientamento, hanno iniziato formalmente la formazione nella Compagnia Missionaria e Rosa, Ana Rita e Dolvina che hanno partecipato all’incontro - ritiro assieme e che, speriamo possano continuare a prepararsi per iniziare anche loro, il prossimo anno, la formazione.
P. Riccardo Regonesi, dehoniano, ci ha accompagnate ed ha collaborato in piena sintonia assieme a P. Elia Ciscato e P. Augusto, anche loro dehoniani.
Anna Maria é poi ritornata a Maputo e dal 29 gennaio al 9 febbraio ha potuto condividere con il gruppo di Maputo vari momenti e “matar saudades” con i tanti amici ed amiche che ha in Mozambico.
L’ultima domenica nel pomeriggio è stato bello incontrarci con gli Amici della Compagnia Missionaria di Maputo e vivere un tempo di riflessione guidato da Anna Maria e condiviso da tutte noi.