Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
-
09 / 08 / 2024
Agosto 2024
Edvige Terenghi, amministratrice centrale, visita i gruppi in Mozambico....
-
09 / 08 / 2024
Agosto de 2024
Edvige Terenghi, administradora central, visita os grupos em Moçambique....
-
09 / 08 / 2024
Agosto de 2024
Edvige Terenghi, administradora central, visita los grupos en Mozambique...
-
09 / 08 / 2024
19 ottobre 2024
Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
“nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi” (sal 92,15)
Premessa
In premessa a questa
riflessione vorrei prendere a riferimento quanto emerso dalla ricerca
sull’Invecchiamento Attivo, realizzata l’anno scorso dalla CIIS.
Penso che partire
dall’ascolto sia sempre positivo per favorire una maggiore concretezza
nell’affrontare le questioni.
A livello generale, le
risposte fanno emergere la necessità di non dare per scontato il tema
dell’invecchiamento attivo e di mantenere alta l’attenzione a questo
riguardo, soprattutto perché in esso si «riassumono»
diversi aspetti di senso e di significato del vivere, in particolare del vivere
una vocazione di consacrazione secolare.
Ovviamente, rinvio alla
lettura della ricerca, facendo riferimento alle fasce di età specifiche: 55-60
anni; 6170; 71-80; oltre gli 80 anni. Qui riprendo solo qualche
considerazione.
a) I
dati relativi agli impegni extra professionali evidenziano come prevalente l’impegno in ambito ecclesiale.
Che cosa significa? Vi è
da rimettere al centro la secolarità? Si pone una questione in ordine al
discernimento circa la modalità specifica di essere presenti nel mondo?
Certamente, anche nel
vivere l’impegno ecclesiale vi è una connotazione data dalla secolarità, a
partire sia dagli impegni stessi sia dalle modalità con cui si affrontano.
Vi è un discernimento
circa quale impegno ecclesiale sia prioritario per i membri degli Istituti
Secolari? Vi è qualche impegno da privilegiare?
In ogni caso, sarebbe
importante mettere a tema la questione a partire dai bisogni del tempo che
possono richiedere una presenza, ad esempio, nel campo della formazione della
coscienza e quindi una catechesi che risponda a questa esigenza; oppure vi è un
modo di essere ministro straordinario della comunione che allarghi l’ascolto
alla vita delle persone anziane e/o ammalate.
b) Per
quanto riguarda gli impegni di carattere sociale emerge come grandemente rilevante
il volontariato. Forse, sarebbe importante mettere a tema un approfondimento al
riguardo, sempre nella prospettiva della nostra specificità. Cioè vi sono
urgenze prioritarie a cui rispondere e che chiedono una maggiore presenza di
chi è impegnato in una vocazione come la nostra?
Vi sono aspetti da
prendere in considerazione circa la modalità con cui si esplica l’impegno nel
volontariato? Vi è una specificità per chi vive nella secolarità consacrata o
attenzioni ai bisogni da mettere a tema?
Vi è la necessità di
puntare sulla formazione? Quale formazione? Le diverse forme di
volontariato fanno
crescere anche nella dimensione collaborativa? Vi è qualche aspetto
su cui riflettere al
riguardo?
In sostanza, se il
volontariato vede una consistente partecipazione dei membri degli Istituti
secolari (sempre tenendo conto che gli impegni sociali, in totale,
rappresentano solo il 27% degli impegni extraprofessionali), forse varrebbe la
pena investire con uno sguardo lungimirante sia rispetto al discernimento delle
priorità di presenza sia rispetto alla formazione, con particolare riferimento
alle motivazioni e alle competenze.
c) La
scarsa presenza negli impegni di carattere culturale e politico/amministrativo merita
una riflessione approfondita per tentare di capirne le motivazioni. Certo ogni
valutazione richiede una giusta prudenza, poiché siamo in presenza di una
restituzione di questionari intorno all’8% del totale dei membri, ma questo
vale anche per gli altri settori; quindi si può dire che viene rilevata una
linea di tendenza che, quantomeno, andrebbe indagata ulteriormente.
Ci si potrebbe chiedere da
che cosa può essere determinata questa situazione: provenienza dei membri che
ne determina gli interessi? Frantumazione del contesto sociale che spinge ad un
forte individualismo? Carenza di ambiti associativi che orientino all’impegno
culturale e politico/amministrativo? Clericalizzazione del laicato? Scarsa
sensibilità degli IS nel discernimento di potenziali presenze in questi ambiti?
Considerazione negativa
della politica e scarsa rilevanza data alla cultura da parte degli Istituti?
Ovviamente, le considerazioni precedenti vanno poi calate nelle diverse fasce
di età per coglierne le differenze. In particolare la fascia più giovane appare
quella più sbilanciata verso l’impegno ecclesiale e, all’interno di questo,
verso l’impegno in Istituto: ciò significa che su di essa si riversano
completamente le esigenze di conduzione delle comunità? È troppo difficile
tenere insieme impegno nel mondo e accompagnamento dell’Istituto? Sarebbe
azzardato trarre conclusioni o esprimere giudizi, qui si vuole solo far
emergere la necessità di una riflessione che, tra l’altro, chiamerebbe in causa
la specificità della vocazione secolare anche nella proposta di questo percorso
alle generazioni più giovani.
d) Dalle
risposte relative agli aiuti ricevuti, circa la preparazione all’invecchiamento attivo, e quelli necessari, da
una parte, emerge che la preparazione è consistita e consiste, sostanzialmente,
in un cammino personale (preghiera, riflessione, esperienze positive nella quotidianità),
e, dall’altra, una chiara domanda di essere maggiormente aiutati a riferirsi al
carisma, ad approfondire il tema e ad aggiornarsi al riguardo, a parlarne in
comunità, ad essere educati ad un uso sapiente del tempo a disposizione, ad
essere accompagnati nel cammino personale.
Come si può notare le
attese sono molteplici e sono anche espresse, nel corso dell’analisi, in ordine
di priorità. Si apre uno spazio di
lavoro sia per gli Istituti sia per la CIIS, in particolare per quei temi
trasversali agli Istituti stessi, quali ad esempio, l’aggiornamento e
l’approfondimento circa l’invecchiamento attivo e l’educazione all’uso sapiente
del tempo.
e) La richiesta di essere
aiutati a riferirsi al carisma chiederebbe, forse, un
approfondimento a parte: intanto la domanda è diversificata nelle diverse
fasce, più accentuata in quelle di età più alta. Che cosa significa? Il tema
era più richiamato nel passato? Si confonde la necessaria attualizzazione,
attraverso la custodia di ciò che è essenziale, con una sorta di rimozione
dell’intuizione originaria perché poco approfondita? Come si può attualizzare
il carisma se non si conoscono le origini collocate nel tempo, ma le cui
costanti restano universali? Come leggere le costanti universali di un carisma?
f) Le risposte relative agli
aiuti necessari e ai suggerimenti offerti per camminare nell’invecchiamento attivo sono
da tenere insieme per una lettura articolata dei dati.
Si può osservare che la
domanda più alta è quella educativa
(che comprende anche la formazione, ma che non è solo formazione). Si tratta,
quindi, di offrire «itinerari di vita» e non solo programmi formativi. Cioè, sembra di
cogliere che l’attesa più consistente sia quella di rinverdire il cammino, di
trovare il senso della vita sempre, in ogni età, di mantenere viva la
vocazione.
Di fatto, dalle risposte ricevute, è scaturita un’interessante
riflessione e, sostanzialmente, è maturata la consapevolezza che esse possano
rappresentare uno spaccato utile per il cammino di tutte, in ogni stagione
della vita.
Quindi, la
prospettiva in cui collocare la riflessione di oggi deve essere quella di
accompagnare il cammino di tutte e di ciascuna, convinte che la vocazione è per
la vita e non per un determinato periodo di essa. La vocazione viene prima
della intensità del fare: la vocazione è per la pienezza dell’essere.
Certamente, la pienezza richiede sempre l’attento e vigile discernimento per
non cadere, dietro ad una diminuzione di impegni, in una sorta di pigrizia
spirituale che fa indietreggiare davanti alle possibili chiamate che il Signore
ci va presentando.
Quindi lo spirito che deve
condurci deve essere quello della ricerca della volontà del Signore circa il
cammino. Egli deve continuare a “darci forma”, infatti non si interrompe la
sequela, semplicemente essa può assumere contorni diversi, può interpellare
nuove disponibilità. Sicuramente il Signore è per la nostra gioia e per la
nostra vita: non permetterà che il nostro cuore si chiuda alla novità del
Vangelo.
Sappiamo bene che La
vita professionale dà forma al tempo di vita di ciascuno, ha delle ricadute sulle relazioni che si hanno e ne crea delle altre
determinanti (con i colleghi, con chi ha responsabilità nei luoghi di
lavoro, ecc.).
Le relazioni quotidiane
costruite nel tempo di lavoro, dopo averlo lasciato, poco alla volta vengono
meno, ciò può far avvertire un impoverimento: è una situazione delicata,
diventa importante non cedere al ripiegamento.
A questa mutazione di rapporti ci si deve preparare, anche se, quando essa
arriva, non mancherà la fatica, dobbiamo, comunque, rimetterci nelle mani del
Signore.
Affidarci a Lui ci consente, poco per volta, di custodire e
ricreare relazioni gratuite e vere, negli spazi nuovi che Egli aprirà davanti a
noi….
Probabilmente sarà
importante riprendere in mano la nostra vita per non considerarla “derubata” di
ciò che l’alimentava, per ridefinirla, nella consapevolezza che i doni che il
Signore ci ha fatto, in molti anni, non vengono meno.
Durante l’attività
lavorativa si è costruito un patrimonio di conoscenze, di esperienza, di
impegno sociale, di dedizione nell’apostolato.
Il lavoro, spesso, è anche il luogo principale del nostro
apostolato.
Quindi, quando cessa il
lavoro in quali ambiti orientarci?
Quali criteri per
discernere gli ambiti di impegno nel tempo del pensionamento?
Di quali aiuti abbiamo
bisogno?
Quali atteggiamenti
possono aiutarci nella ricerca?
Smettere di lavorare comporta il riprendere in considerazione
l’utilizzo del tempo,
non più scandito da orari previsti a prescindere da noi, chiede di rimetterci
in gioco, nonostante la sensazione di smarrimento che può colorare le nostre
giornate che diventano così diverse e tutte da rimodulare.
È come prendere
improvvisamente atto che il tempo è passato in fretta e che si apre una fase
nuova, tutta da reimpostare. Ci può prendere un senso di solitudine.
Nel frattempo, anche il corpo invecchia. Questo
aspetto non va trascurato ed è bene prenderne consapevolezza. Viviamo in un tempo che nega gli effetti
dell’età: così come è allontanato il pensiero della morte, probabilmente si
allontanano anche i cambiamenti che l’età che avanza provoca sul nostro
corpo. Aiutiamoci ad invecchiare con il
cuore “abitato e sereno”.
La preghiera, la riflessione personale, l’ascolto della Parola
diventano fondamentali per ritornare alle origini e ridire, con molta
semplicità, al Signore della nostra vita: “Gesù
aiutami a ridirti il mio sì, a rinnovare la mia offerta, conducimi Tu per le
strade nuove che vorrai, sia fatta la tua volontà oggi e sempre”.
Alcune
sottolineature
· Diciamo
subito che è del tutto normale sentire la paura d’invecchiare. Essa si
rafforza, nella nostra società, anche attraverso le forme della pubblicità che
privilegiano, sempre e comunque, il giovane, il bello e chi non presenta
limiti. Questo continuo rimuovere la realtà costringe molti anziani a chiudersi
in se stessi e a dimenticare l’esperienza e la saggezza “imparata” dalla vita.
Altrettanto normale e necessario avvertire e accettare in modo cosciente e
libero il distacco dell’uscita dal lavoro o al termine della giovinezza, oppure
dovuto alla morte di familiari e colleghi, ecc.
· Sembra
che oggi vi sia una maggiore consapevolezza dell’importanza di prepararsi a
questa fase della vita e non solo caderci dentro all’improvviso. È necessario
preparare questa tappa. L’invecchiamento comporta dei problemi biologici e
fisiologici, psicologici e spirituali che possono creare difficoltà: nascono
dentro domande ineludibili: Chi sono io? Che senso ha la mia vita? Come ho
passato gli anni che ho vissuto? Come posso vivere bene i prossimi, ultimi
anni?
· Come
ogni crisi esistenziale, anche questa, per essere vissuta e non subita, chiede
un rinnovamento del cuore, un affinamento interiore. Questo vale per tutti, a
nessuno è dato il permesso di vivere questa fase della vita in tono minore, di
diventare mediocri. Ma noi dovremmo avere ragioni profonde per viverla senza
ripiegamenti.
· E
bene conoscere alcuni sentimenti come, ad esempio, Il senso di inutilità:
conclusa la fase attiva, si corre il rischio di sentirsi inutile, di lasciarsi
prendere da una sorta di apatia, con la conseguenza di perdere la propria
autostima e lasciandosi un po’ andare.
· Si
avverte anche una pesante solitudine: non tanto quella solitudine costitutiva e
inevitabile, in particolare di fronte a decisioni difficili, ma quella
solitudine che isola, che impedisce di dialogare con il proprio mondo “che non
è più quello di una volta”. Questo isolamento viene dalla mancanza di attività,
dal trovarsi soli per lunghe ore della giornata. Allora nel cuore nasce una
domanda seria e pericolosa: “Servo ancora a qualcosa a qualcuno?” oppure: “C’è ancora qualcuno cui io
interesso?”. La paura della non autosufficienza, della malattia, dell’abbandono,
della dipendenza, e soprattutto della morte.
Alcuni
suggerimenti
Per
reagire a questi aspetti negativi dell’invecchiamento è necessario darsi delle
nuove motivazioni valide per la propria esistenza. Si tratta di un cammino che
dovrebbe essere stato avviato già nelle fasi precedenti della vita, ma che in
ogni modo deve essere sviluppato. Alcuni
suggerimenti:
a) Mettere
le radici della propria esistenza in valori duraturi e non effimeri (successo
negli affari, carriera, bellezza, prestanza fisica, capacità di lavoro ecc.)
non legati solo al fare, all’avere, al potere, ecc., ma all’essere della
persona, perché solo questo permane quando il resto viene meno.
b) Trovare
pur dentro i propri limiti oggettivi e soggettivi un ruolo o un impegno
significativo per sé e, possibilmente, utile gli altri. Pur tenendo conto dei
nostri bisogni dobbiamo cercare di toglierci dal centro per rivolgerci agli
altri mettendo al loro servizio la maturità e la saggezza in cui si può
crescere fino alla fine.
c) Mantenere,
per quanto possibile, la propria autosufficienza, ossia la capacità di
autoregolarsi, di essere autonomi nelle decisioni (cioè non crearsi delle
dipendenze) e nelle risposte ai propri bisogni, di saper organizzare il proprio
tempo libero. L’atteggiamento corretto è quello di non sciupare il tempo.
d) Promuovere
la duttilità mentale, cioè un nuovo modo di usare e offrire le proprie
conoscenze e l’esperienza accumulata nel corso della vita precedente,
mantenendo nello stesso tempo su di esse una prospettiva distaccata. Questa
distanza, voluta e coltivata, porta alla flessibilità mentale, ad accettare il
diverso, a relativizzare le idee e le sensibilità personali, a non
assolutizzare i propri desideri, il proprio punto di vista, i sogni e le
speranze, le paure e le ansie, liberandosi da un modo di pensare prefabbricato
che alla fine impedisce di accettare e ascoltare gli altri. La realtà di ogni
giorno non si divide in “bianco o nero”, chiaramente distinti, ma presenta
piuttosto delle ampie zone di “grigio” che lasciano sconcertato chi vuole
chiarire tutto sulla base di una rigida logica matematica.
e) Rinnovare
le relazioni personali per sfuggire al rischio dell’isolamento: i frutti, che
dipendono molto anche dall’impegno messo in campo in età giovane/adulta,
possono essere quelli di una maggiore intimità con le persone e con il Signore.
Forse dovremmo ricordarci di più che l’obiettivo non è quello di cercare a
tutti i costi una vita di relazioni come quella della prima età adulta, ma di
elaborare e potenziare la comunicazione e la comunione, compatibili con la
nuova situazione: ricercando nuove forme di reciprocità, che permettono di
sviluppare una rete di amicizie attraverso le quali esprimere la preoccupazione
per il bene degli altri, ai quali ci si avvicina con fiducia e sincera
attenzione. Dovrebbe nascere un nuovo tipo di relazione interpersonale segnato
dalla tenerezza,
all’accoglienza e dalla
compagnia e, in una parola, dalla gratuità.
f) Passare
dalla rapidità e tempestività d’azione, proprie della giovinezza, alla
ponderatezza dell’età matura, senza scadere nell’inerzia o nella passività. Ma
questa disposizione d’animo non si acquisisce una volta per tutte, in un
istante. Dobbiamo vincere la tentazione
di un atteggiamento giovanilistico e fuori tempo per proporci nuovi ideali e
obiettivi possibili e in armonia con la nuova situazione. Sapere, per esempio,
consigliare una persona più giovane invece di voler tenere ancora tutto
saldamente nelle proprie mani; accettare volentieri un ruolo in seconda fila
invece di pretendere di essere sempre in primo piano, davanti agli altri. Non è
facile accontentarsi di fare il secondo specialmente per chi è stato in
posizione di autorità. Ma solo se sappiamo accettare questi ruoli secondari,
permetteremo agli altri di emergere e di affermarsi. Tirarsi da parte è quindi
un atto di amore verso gli altri.
g) Superare
l’eccessiva preoccupazione di sé per giungere all’attenzione, alla compassione
e alla saggezza. Anzitutto superare l’esagerata preoccupazione per il proprio
benessere, (conosciamo l’eccessiva importanza che la nostra cultura attribuisce
al corpo e all’apparire sempre giovani), per valorizzare l’interiorità e quegli
elementi essenziali che fanno di noi persone di carattere e di bellezza
interiore. Cercare di allargare il proprio perimetro che, a causa
dell’esperienza passata, spesso coincide con il lavoro. È il momento di espandere
i propri interessi. Possiamo trovare una diversa (e forse più ampia)
realizzazione di noi stesse, assumendo servizi di volontariato nel campo della
cultura, del servizio civile, della politica o del sociale.
h) La
terza età può essere infine la stagione opportuna per sviluppare aspetti della
propria personalità non sviluppati nel corso degli anni attivi. Allargare gli
spazi interiori della nostra persona per includervi la morte. Dobbiamo aiutarci
e farci aiutare a considerare e accettare la realtà della morte, come la
“perdita” del nostro io individuale e separato per entrare in una vita senza
confini né di tempo né di spazio e in una comunione con l’umanità intera. Non è
certo un passaggio facile ed ancor meno spontaneo. Esso richiede di passare per
una vera “notte oscura” andando al di là della sola preoccupazione per la
propria sopravvivenza.
amore senza limiti
Carissime/i,
nel mese
del Sacro Cuore di Gesù celebriamo la centralità del nostro carisma che si
nutre dell’Amore senza limiti e dove nasce e trova fondamento la nostra
spiritualità e la nostra missione. È un invito a rinnovare il nostro cuore per
farlo simile al suo. La fedeltà della nostra vita sarà una sollecitazione
perché altri seguano da vicino Cristo e rispondano alla chiamata che Egli
continua a fare oggi alla vita consacrata.
Stiamo vivendo momenti di prova nelle nostre
realtà famigliari e lavorative, nella nostra CM, nella Chiesa e nel mondo, per
questo, si fa più forte oggi l’invito a vivere l’amore che si fa Oblazione.
Offrire tutto in unione a Gesù per mezzo di Maria in spirito di amore e
per l’avvento del suo Regno nel mondo è la nostra offerta che darà i
suoi frutti.
La Parola di Dio ci
conferma: “Figlio,
se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione. Abbi un cuore
retto e sii costante, non ti smarrire
nel tempo della seduzione. Sta’ unito a lui senza separartene, perché tu sia
esaltato nei tuoi ultimi giorni. Accetta quanto ti capita, sii paziente nelle
vicende dolorose, perché con il fuoco si prova l'oro, e gli uomini ben accetti
nel crogiuolo del dolore. Affidati a lui ed egli ti aiuterà; segui la via
diritta e spera in lui.(Siracide 2,1-6)
Chi dice SI al Signore sarà provato. “La prova rivela quello che siamo, rivela
quello che c’è dentro di noi. È il momento per valutarci. Di vedere quello che c’è veramente nel nostro
cuore. È anche il tempo per purificarci. Di
attenerci a quello che è essenziale, e di relativizzare quello che è
secondario, includendo il distacco dal superfluo. La prova è anche il momento
di consolidarci: di vedere cos’è quello che vogliamo, cos’è quello che
cerchiamo: se Dio ed il suo Regno oppure
noi stessi, e di unirci più fortemente al Signore … La prova è un tempo di sradicamento:
di distacco da noi stessi, di desiderare che il Signore ci conduca, che il
Signore agisca, che il Signore sia il Signore.”[1]
Questo è un tempo di Grazia che ci rinnoverà.
Tempo di vita nuova in Lui, ricordando che il Cuore trafitto di Cristo “costituisce la sorgente a cui, noi missionarie,
attingiamo grazia e stile di vita per attuare la nostra missione nelle realtà
comuni a tutti.”.[2]
Il 29 settembre prossimo celebreremo il 60°anniversario
di consacrazione di Bruna, Bianca, Cesarina e Irene, che bello poter
ringraziare per il dono delle loro vite consacrate e donate con tanta
generosità. Il CC invita tutti ad accompagnare con la preghiera e gesti di
gratitudine per queste nostre sorelle. Sarà il momento di fare memoria dei
nostri inizi e ringraziare Dio che nel suo progetto di Amore ha concepito la
nostra CM.
Ricevete un abbraccio fraterno nel Cuore di Gesù!
Graciela
[1] “Reparar
el Corazón”. María Josefina Llach, aci
[2]
Regolamento di Vita, 11
frammenti di lettere
Tra le prime (missionarie) che con p. Albino, daranno inizio al nuovo
Istituto ci sono Rina Zanarotti, Cesarina Assi, Bruna Ballabio. Il padre da
anni è il loro direttore spirituale e quindi intrattiene con loro una
corrispondenza epistolare. Nelle lettere o biglietti che esse ricevono da lui
prima della fondazione della Compagnia Missionaria, troviamo la semplicità e la
profondità di una spiritualità esigente vissuta nel quotidiano… Queste lettere
sono state pubblicate nel volume “Gettare
tutto nelle fondamenta” (Lettere dal 1948 al 1957). Rileggiamo insieme
alcuni stralci ancora attuali e vitali per alimentare il nostro vissuto.
…Per la sua impazienza,
per la sua aridità, per la sua incostanza niente avvilimenti si tenga
abitualmente con lo spirito nelle disposizioni del povero pubblicano di cui
leggiamo nel Vangelo che entrato
nel Tempio del Signore si prostra a terra, non osa neppure alzare gli occhi
verso l’alto e ripete senza stancarsi: Signore abbi pietà di me perché sono un
povero peccatore. Così noi immaginiamoci ai piedi di Gesù e confusi della
nostra miseria, desiderosi anche di un po’ di conforto e di luce, ripetiamoGli con
tutto il cuore: Signore abbi pietà di me. Signore se tu vuoi mi puoi
guarire. Signore che io veda! Sacro Cuore di Gesù, confido in te! Gesù mi fido
di te! Preghiamolo così Gesù con il cuore in chiesa, in casa, lungo la
via dappertutto, preghiamolo con abbandono, con confidenza, con
il desiderio ardente, che Gesù compatisca la nostra miseria ma anche che ci
aiuti a migliorare, a vincerci. Non dubiti che Gesù ascolterà i suoi gemiti. Ama
tanto Gesù le anime umili! E le santifica! Credo le gioverà molto
questa forma di preghiera e, se sarà veramente cordiale, le riempirà l’anima di
inesprimibile dolcezza. Un po’ alla volta per la grazia di Gesù, le pioverà
allora a torrenti nella sua anima, tante piccole miserie scompariranno, e quelle
che sussisteranno, quelle che ci accompagneranno sempre fino all’ultimo giorno
della vita, bagaglio inseparabile della nostra debolezza lei imparerà ad
amarle, non certo in quanto sono offesa di Gesù, ma in quanto stimoli
all’umiltà e all’abbandono, alla fiducia, alla confidenza in Gesù…
Non si scoraggi mai, anche
se i passi che fa sono molto lenti e i progressi leggeri. Adagio adagio si
prende l’abitudine anche nel bene. Gesù, del resto, sa tanto comprendere e
compatire la nostra debolezza! Certo, se è possibile svincolarsi un po’ di più
dalle nostre miserie, se è possibile mortificare di più la nostra accidia facciamolo.
Doniamoci all’Amore con fervore, con slancio. Io prego perché Gesù le faccia
anzitutto comprendere che Lui deve essere l’aspirazione e l’ideale supremo
della nostra vita; Gesù è la grande realtà che resta mentre tutto passa e
tramonta, Gesù è l’unico che possa colmare il desiderio insaziabile di felicità
del nostro cuore. Ce lo testimonia S. Agostino, che pur nella sua vita di
peccato aveva bevuto alla coppa di tutti i piaceri e aveva rincorso tutte le
apparenti felicità della vita: Signore il nostro cuore è fatto per te ed è
inquieto, insaziato finché non riposa in te! E non l’abbiamo sperimentata anche
noi questa dolcissima realtà nei momenti più fortunati della nostra vita quando
noi eravamo tutti di Gesù e Gesù tutto nostro?...
Ma che paradiso anticipato sarebbe la nostra vita se fosse tutto un dono
continuato, senza riserve a Gesù! Che paradiso! S. Francesco Saverio in mezzo
alle fatiche indicibili del suo apostolato sentiva il cuore scoppiargli della
felicità del possesso di Gesù, tanto che era costretto a supplicare: Signore
basta, altrimenti io muoio. Quali sono ordinariamente le persone sulle cui
labbra noi troviamo sempre il conforto di una parola dolce e di un sorriso
anche quando soffrono indicibilmente: le persone la cui anima è tutta di Gesù. Pregherò
ancora perché dopo aver compreso, agisca energicamente, senza troppi riguardi a
se stessa. Per divenire santi bisogna un po’ sempre farsi sapientemente
folli.
Parrebbe un controsenso, eppure se vogliamo risparmiarci troppo nel
corpo, nel cuore, nella volontà, nelle vedute, nei sentimenti, nelle
soddisfazioni d’onore ecc. come si verificherà il completo annientamento di noi
stessi, condizione necessaria perché viva in noi Gesù? Permetta che le
raccomandi sopratutto la santa gioia, il buon umore in ogni circostanza, da
sola e nelle relazioni con gli altri, pronta a sacrificare a Gesù ogni
ombra, ogni malinconia, ogni sofferenza. Le riuscirà di essere allora più
paziente e più cordiale.
Le raccomando ancora l’unione a Gesù
durante la giornata, offrendo a Lui ogni sua azione in spirito di amore e di
riparazione. Divinizzi il suo lavoro facendo sue le intenzioni con cui Gesù
lavorava nella casetta di Nazareth. Moltiplichi le piccole Giaculatorie, gli
atti di amore. Possa presentarsi ogni mattina a Gesù nella S. Comunione con le
mani cariche di doni, di santi affetti, di ardenti desideri! Usi la carità di ricordarmi qualche
volta lei pure al Signore.
Ogni giorno noi dobbiamo riconfermarci nella buona
volontà e nei propositi; ogni giorno dobbiamo riprenderci con forza e con
decisione come se per la prima volta ci mettessimo ad amare e a servire il
Signore. È questo il segreto della santità! È tanto buono il Signore e Gli dà
tanta consolazione la nostra preoccupazione di riprenderci nel Suo amore. Egli
sa di che fango siamo impastati, conosce quanta debolezza si accumuli nel
nostro spirito ed è pronto ad essere infinitamente misericordioso se pentiti
noi ritorniamo a Lui e confidiamo nella Sua grazia. Come altre volte l’ho
esortata, si sforzi di vivere in grande spirito di umiltà, ma umiltà serena,
molto serena ricordando che Gesù ha delle predilezioni tutte speciali per chi
riconosce la propria debolezza e se ne sta piccolo piccolo al Suo cospetto. Ma
accanto all’umiltà ci sia la confidenza, una confidenza illimitata. Gesù, Le
ripeto, è buono, immensamente buono. Gesù apprezza i nostri piccoli sforzi
soprattutto quando l’anima è nella desolazione e nella aridità, ed è pronto a
venirci incontro quando vede che noi tendiamo a Lui, Lo cerchiamo con sincerità
di cuore…
Rimettiamoci con più abbandono alla santa Volontà
di Dio e poi in tutto e sempre serenità, serenità, serenità! Che
la nostra vita sia tutta un sorriso per Gesù. Studiamoci di sorridere a tutto.
Allontaniamo in silenzio le noie, la stanchezza, i dolori fisici e morali e non
occupiamoci d’altro che di piacere a Gesù sorridendo.
P. Albino Elegante
questo è il mio posto
Intervista a Giannina Cereda
Uno sguardo alla tua vita: presentati … la tua famiglia … le
tue prime esperienze … l’ambiente dove hai vissuto … il tuo lavoro … ecc.
Mi chiamo Giannina Cereda di anni 80 di cui 55 nella CM.
Sono nata a Concorezzo (Mi). La mia
famiglia composta di mamma e papa e otto fratelli, io sono la quarta.
Situazione familiare semplice e umile, solo il papà lavorava in una ditta dove
si faceva l’olio non commestibile. In quel tempo non avevamo la possibilità di studiare, finita la quinta
classe si cercava un lavoro.
Io sono entrata in una fabbrica di tessitura a 13 anni. Ho
imparato a far funzionare le macchine che facevano l’elastico e il grogrè; ne avevo 50 da guardare, sono rimasta 14 anni. Era un lavoro semplice
ma che esigeva molta attenzione. Facevo i turni dalle ore 6 alle 14, e dalle 14 alle 22.
Frequentavo la parrocchia, l’oratorio, la catechesi e
attività varie. Alla domenica avevo la responsabilità della Buona Stampa, si
andava nelle famiglie a portare le riviste o i giornali, quelli che le famiglie
avevano già prenotato. Avevo formato un gruppo di giovani che mi aiutavano dopo
la messa a fare questo lavoro. Anch’io andavo, suonavo i campanelli mi
accoglievano e alcune volte mi offrivano qualche cosa, e intanto si
chiacchierava e si dialogava, ci
confidavano qualche loro preoccupazione, difficoltà del momento e cosi via. Era
bello quando ti confidavano i loro problemi dopo li vedevi sorridere e ti
ringraziavano. Poi mi riunivo con le
giovani per sentire se avevano incontrato qualche difficoltà.
Come è nata la tua vocazione:
come è nata? Perché nella Compagnia Missionaria? La tua partenza per il
Mozambico e rientro in Italia …
Il desiderio di una consacrazione la vivevo dentro di me da
molto tempo , ma era un segreto mio. Avevo un gruppo di amiche con le quali lavoravo sia nella parrocchia che
all’oratorio. Partecipavamo agli incontri di formazione dell’Azione cattolica e
tutti gli anni nel tempo delle vacanze si frequentava un corso di Esercizi
Spirituali. Alcune di queste amiche presero la loro decisione e chi da una
parte e chi dall’altra entravano in convento e si realizzavano. La mia non
decisione era che non volevo la divisa e il velo. Dopo un certo tempo andai a trovarle nelle
loro case e a vederle tutte contente e gioiose chiedevo se era vero quello che
vedevo. Mi invitarono a fare questa
esperienza, avevano capito che ero interessata a questa vita ma non sapevano la
mia difficoltà. Dopo queste visite dicevo sempre di no, non è questo il mio
posto.
Una domenica mentre stavo
facendo il lavoro della buona stampa, si sono presentate due signorine che mi
invitavano ad andare con loro nelle famiglie per far conoscere la loro
rivista. Mentre andavamo da una casa e
all’altra si dialogava per una conoscenza reciproca. Ci siamo presentate e loro
erano due missionarie che abitavano a Bologna. Da li è nata una certa curiosità
nel sapere che cosa facevano. Siamo state assieme fino a mezzogiorno, prima di
lasciarci mi hanno invitata a Bologna, per saperne di più. Subito ho detto di
no, perché per me Bologna sembrava alla fine del mondo. Ma dentro di me era
nato qualcosa. Abbiamo incominciato a
scriverci ed ho dialogato con il mio direttore spirituale. Poi è arrivato il giorno nel quale mi sono
decisa a prendere il treno e ad andare a Bologna. Ricordo che quando sono arrivata sul cancello della casa ed ancora non
conoscevo niente, mi sono detta, questo è il mio posto. Li ho sentito la voce
del Signore che mi dava forza e serenità. Non è stato facile comunicarlo anche
alla mia famiglia che sarei andata a Bologna in un Istituto Secolare. Ancora
non si conosceva chi erano che cosa facevano … un po’ alla volta si sono
convinti e, prima di decidere il posto ho portato l miei genitori a Bologna per
vedere il luogo. Anche loro, dopo aver parlato con i responsabili mi hanno
detto “è questo quello che hai scelto, vai” e da lì ho cominciato la mia preparazione.
Da quando ho conosciuto le missionarie e la mia partenza
definitiva per Bologna è passato un anno. Entrata nella Compagnia Missionaria
ho ripreso in mano i libri dopo 13 anni … poi ho fatto un Corso di Economia
Domestica e Cucina. Nel frattempo, lavoravo in casa, in segreteria per la
spedizione del nostro giornalino.
Portavo nel mio cuore il desiderio di fare un’esperienza in
missione. Passavano gli anni e l’Africa era sempre lontana. Poi mi sono
convinta che anche stando in casa compiendo le attività giornaliere ero
missionaria ugualmente. Un bel giorno, parlando con la Presidente, ho detto.
“Quest’anno compio 50 anni o parto ora o non ci vado più”. Lei mi ha guardata e
mi ha detto: “Scrivi la domanda”. Così è stato.
La mia partenza per il Mozambico è avvenuta il 6 maggio
1990. Sono arrivata a Maputo (la capitale) quando c’era ancora la guerra;
girando per la città si vedevano molti negozi ma tutti vuoti. Tante persone
anziane che chiedevano qualche cosa, in particolare, da mangiare.
Quando si arriva in missione normalmente si impiega un po’
di tempo per conoscere l’ambiente ed il contesto di vita. Dopo ho iniziato a
lavorare nella Caritas Parrocchiale “Nossa Senhora das Vitorias” facendo
visita agli ammalati ed alle famiglie assieme ad altri collaboratori. Dopo sono stata invitata ad
un incontro della Caritas Diocesana dove
mi hanno fatto tre proposte: lavorare con gli ammalati, con le famiglie povere
e con i ragazzi di strada. Con la Caritas Parrocchiale abbiamo deciso di
dedicarci ai ragazzi di strada.
La prima cosa che abbiamo preparato nel giardino della
parrocchia sono state due grandi stufe di argilla per preparare un pasto al
giorno per questi ragazzi. I collaboratori che conoscevano la situazione di
povertà hanno individuato i ragazzi da accogliere. Si è iniziato con circa 80
ragazzi che pian piano sono diventati un centinaio e più. Questa distribuzione
era fatta dal lunedì al venerdì perché il sabato e la domenica gli ambienti
erano occupati dalle persone che frequentavano la catechesi e la preparazione
delle celebrazioni domenicali. Questa attività è durata per alcuni anni.
Insieme agli altri collaboratori si è pensato di offrire ai ragazzi che
frequentavano la mensa, dei corsi di alfabetizzazione e scolarizzazione dalla
sesta all’ottava classe. Con la fine della guerra molte famiglie e ragazzi sono
potuti rientrare nelle loro terre di origine e non c’era più l’esigenza di
continuare la mensa ma era diventata più urgente una preparazione culturale.
Il luogo dove svolgevamo queste attività iniziava a diventare
piccolo e stretto per cui si è cercato un terreno per costruire una Scuola Comunitaria. Si è iniziata la
costruzione nel 1995 e, con l’aiuto della Provvidenza e di tante persone
generose si è riuscite a inaugurare la Scuola nel 1997 ed iniziare le lezioni
dalla sesta alla nona. In seguito si è arrivate fino alla dodicesima classe (il
nostro Liceo). Si sono utilizzati gli spazi della scuola anche per corsi di
Inglese e computer.
Si sono messe a disposizione della parrocchia nei fine
settimana le sale per catechesi, incontri formativi e per le riunioni del
Consiglio Pastorale ecc.
Dopo quasi trent’anni di Africa sono ritornata in Italia. Mi
hanno richiamata per collaborare a fare assistenza ad una missionaria anziana
con problemi di memoria e per collaborare nel lavoro a Monguelfo.
Quando si ritorna dalle missioni dopo tanti anni, è
difficile trovare un inserimento nel nuovo ambiente, se poi c’è l’età avanzata
e qualche problema di salute … Io ho dato la mia disponibilità a Dio e alla CM
ma è limitata perché sto sentendo che le mie forze sono diminuite con qualche
acciacco in più.
Attualmente quali sono le sfide
che ti sembrano più importanti per la tua vita e per la vita della CM? Dove
vedi fragilità e dove potenzialità?
In questo periodo sento fortemente il desiderio di una
formazione permanente umana e spirituale che alimenti la mia e la nostra
vita. La preghiera rimane sempre un
punto importante. Rimane la nostalgia per le liturgie africane e il desiderio di
continuare a coltivare alcune relazioni con le persone.
Vedo la fragilità nel partecipare agli incontri o nel
coltivare relazioni in questo periodo della pandemia che limita molto.
Le potenzialità le vedo nella vivacità dei gruppi CM nei
vari Paesi del Sud del Mondo e nella Organizzazione di Volontariato Guardare
Lontano che sta aiutando tante situazioni di persone in difficoltà.
Parliamo molto di comunione e
missione. Come declineresti concretamente questi aspetti importanti per noi
membri CM.
Non è facile vivere concretamente la nostra comunione per
vari motivi ma siamo chiamate anche dal nostro Statuto a continuare a costruire
e ricostruire con il perdono reciproco la comunione perché la missione parte
per primo dalla comunione tra di noi. E’ importante mantenere la fiducia e la
speranza che solo con la comunione in Dio e, come dice Papa Francesco, se
crediamo che siamo continuamente perdonati (misericordiati), siamo chiamate ad
essere misericordiose tra di noi.
Chiesa in uscita e periferie
esistenziali … pandemia …: come possiamo declinare concretamente i suggerimenti
che ci vengono dal Magistero di Papa Francesco?
La mia vita missionaria in
Africa – Mozambico, a Maputo è stata contrassegnata da un servizio alle persone
delle periferie esistenziali ed a una chiesa uscita e questo è stato un grande
dono per me e per noi della CM. La continuità di quel servizio è passato ora
nelle mani delle mozambicane che danno continuità a ciò che abbiamo iniziato.
Dove trovi la forza per
continuare questa tua missione?
Nella preghiera. Il nostro Statuto al n. 64 dice che: “la
preghiera è un dialogo di amore con Dio … e resta un mistero vitale che ci
interpella”. Il n. 67 dice che: “anche se siamo immerse in una intensa attività
dobbiamo saper trovare spazi di preghiera che ci aiutano a rimanere in comunione
con Cristo”.
Nella comunione. E’ un altro valore da vivere assieme per
essere portatrici di solidarietà, condivisione in mezzo ai fratelli e alle
sorelle.
Voglio dire il mio grazie al Signore per la chiamata alla
vita di consacrazione nella CM.
volgendo lo sguardo a colui che abbiamo trafitto
Tu, Gesù,
sei il Dio fedele
fino alla croce, fino alla lancia
nel cuore.
Tu, generato
dal Padre prima di ogni creatura.
Tu, generato
dallo Spirito
nel seno verginale di Maria.
Tu,
annunciato dai profeti,
Emmanuele
Consigliere ammirabile
Dio potente
Padre per sempre
Principe della Pace.
Tu, il
Figlio dell’uomo,
Tu il santo,
Figlio dell’Altissimo.
Tu, la
Parola che era in principio
presso Dio ed era Dio,
Tu, la
Parola eterna fatta carne.
Tu, il
Cristo, il Figlio di Dio,
Tu, l’Amato
in cui il Padre si compiace.
Tu, Gesù,
Figlio di Maria
la sposa di Giuseppe della casa di
Davide.
Tu, che sei
prima di Abramo,
Tu, luce del
mondo
Via, Verità e Vita,
sorgente che zampilla per la vita
eterna.
Tu, Pane di
vita e risurrezione.
Tu, Re di
Israele e dell’universo,
coronato di spine
flagellato
e
condannato a morte.
Tu, carne
crocifissa
Cuore trafitto
Sangue sparso per amore.
Tu,
misericordia e perdono.
Tu, Figlio
obbediente,
il più bello tra i figli degli
uomini,
reietto e disprezzato,
Uomo dei dolori,
trafitto per i nostri peccati.
Tu, che noi
abbiamo trafitto.
Tu, morto e sepolto.
Tu, il
Risorto.
Tu,
vittorioso sulla morte e sul peccato.
Tu, agnello
immolato
Sposo della Chiesa
nata dal tuo fianco trafitto.
Tutti là siamo nati.
Tu, su noi
peccatori effondi il tuo Spirito
con l’acqua e il sangue
che sgorgano dal tuo cuore come da
sorgente.
Tu, fin
nella morte ci hai cercati e raggiunti
e ci riconduci al Padre come figli
amati.
Tu, gioia
del Padre
e nostra gioia.
Tu, come
sposo ci hai desiderati,
cercati, chiamati, amati.
Tutta la
nostra vita sia
con Te
in Te
per
Te
adorazione
eucaristia amore,
vita
con la tua donata.
nella famiglia dehoniana
Ho partecipato ad un incontro virtuale della Famiglia dehoniana dal titolo "Conoscere la comunità laicale dehoniana
nel contesto dei movimenti laicali". Già il titolo rende l’idea della realtà del movimento dehoniano presente
in Indonesia. Un buon inizio, per capire che questo gruppo di famiglia laica dehoniana oggi sta camminando verso "Duc in Altum".
Padre
Wahyu SCJ, ci ha accompagnato durante l’incontro. La sua riflessione è partita
dalla definizione del gruppo laicale dehoniano: movimento dello Spirito Santo
che, come viene detto nel Concilio Vaticano II in “Apostolicam Actuositatem”, i
laici hanno una chiamata e un dovere di seguire Cristo nell'azione apostolica,
mettendo a disposizione i doni che
hanno. Il fondamento della chiamata e della missione è l'amicizia con Cristo. Ricevendo il
battesimo le persone partecipano alla missione di Cristo: sacerdotale, profetica, regale(cf. Cristifideles Laici).
Padre Wahyu ha fatto pure un breve storico di questo inizio
dehoniano. In realtà la famiglia dehoniana esisteva sin dalla fondazione dei
SCJ, perché quando la Congregazione cominciò ad essere presente in varie parti del mondo si cominciò a collaborare con tante persone laiche che volevano aiutare il ministero dei
Sacerdoti SCJ. Anche in Indonesia i dehoniani hanno iniziato a lavorare insieme ai laici per servire la chiesa. Nel
2003, la Famiglia Dehoniana è diventata importante perché è entrata nell’agenda
di riflessione all'Assemblea della Congregazione SCJ. Ricordo che proprio in
quel periodo Francesca era presente in
Indonesia per verificare con Mudji alcuni passi futuri e riflettere soprattutto
su come accompagnare la CM che stava nascendo. Io e Antonia eravamo presenti a questo evento con p.
Haryoto. Mudji e Francesca si sono avvicinate a noi per presentarsi… qui è
iniziato a crescere il seme della CM. Da allora Francesca ha continuato ad
accompagnarci sia di presenza per gli incontri di formazione che via e-mail
(internet) fino al periodo del Biennio di formazione. Dopo la scomparsa di
Francesca il 9 gennaio 2006 abbiamo
continuato la formazione con Santina che fino ad oggi ci sta accompagnando.
Ritornando alla storia della
Famiglia Dehoniana, con il tempo, piano piano si è strutturata:
periodicamente si sono programmate riunioni e preghiera insieme per i gruppi presenti nel paese. È stato fatto anche un grande incontro dehoniano riunendo tutte le
realtà presenti in Indonesia e in tutto il mondo. Noi CM cerchiamo di essere sempre presenti. Mudji
e altre persone indonesiane sono state scelte come delegate per la regione
indonesiana insieme a Padre August SCJ e al signor Filipus Haryadi.
È molto positivo che, ad ogni riunione programmata qui in
Indonesia, i laici della famiglia dehoniana riescano a trovare il tempo per
muoversi e recarsi nei vari posti dove la riunione viene svolta. E non sempre
la località che viene scelta è vicina…Ora si sta pensando alla formazione dei membri, alla formulazione
di uno Statuto. Una bozza è già stata presentata a livello internazionale.
Padre Wahyu ha anche spiegato
alcuni numeri dello Statuto dove viene presentata in maniera concreta la figura
del laico dehoniano oggi. Nella sua spiegazione, diceva che la chiamata a questa realtà
dehoniana ha bisogno di essere verificata. Cioè capire il perché la persona
vuole entrare nella comunità, come si lascia coinvolgere nelle sue dinamiche, se ha un quadro sufficiente
dello spirito dehoniano, partecipa alle
riunioni. ecc. fino ad arrivare a una
promessa di adesione . Deve diventare un laico che cerca di vivere la spiritualità dehoniana e partecipa attivamente al lavoro della nuova
evangelizzazione per costruire il Regno del Sacro Cuore di Gesù nel mondo, in
collaborazione con la Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù.
Vivere lo spirito di Padre Dehon è un percorso spirituale
verso la santità e la perfezione del Vangelo . Padre Wahyu ha presentato alcuni
punti importanti, linee guida tolte dallo Statuto:
Conoscere la vita di padre Giovanni Leone
Dehon
Partecipare agli incontri
Imparare a conoscere le tradizioni spirituali
dehoniane
Conoscere alcuni valori dehoniani
Capacità di essere guida animatore o moderatore del gruppo
Partecipare all'eredità di Padre Dehon, sia
della tradizione spirituale che del lavoro apostolico
La pratica del sacramento della penitenza
Meditare sulla parola di Dio come notizia
d'amore
Devozione per i santi, accogliere insegnamenti
relativi al Sacro Cuore di Gesù
Sviluppo
comunitario o intercomunitario sulla spiritualità dehoniana.
Si è riflettuto anche sulla gestione economica della Comunità, la cooperazione reciproca e
l'utilizzo del sistema economico.
La finalità, gli obiettivi di questo incontro è stato quello
di coinvolgere i coordinatori e animatori dei vari gruppi di città o isole come:
Jambi, Palembang, Belitang, Jogjakarta … In effetti, l'Indonesia è molto ampia;
queste città appartengono solamente a 2 isole ed è qui che
per il momento si sta sviluppando questa realtà . Non sappiamo ancora com'è il
movimento a Papua e su altre isole dove sono presenti i Padri SCJ.
Ci sarà ancora una continuazione di questo incontro,
precisamente il 31 maggio 2021.
Continueremo a riflettere, monitorare, partecipare e ad essere sempre più
coinvolti. Ovviamente non tutti i membri CM dell’Indonesia possono partecipare a causa del tempo limitato di
ciascuna. Sentiamo che è importante una nostra presenza che valutiamo volta per volta. Tuttavia, crediamo
e riteniamo importante che questa
esperienza venga condivisa con tutti i
membri della Compagnia Missionaria, affinché possiamo “essere nuovamente
incantati dal Sacro Cuore di Gesù, fonte
di forza spirituale alla quale attingiamo, soprattutto in questi tempi
difficili della pandemia. La nostra speranza è che, anche con tutte le
difficoltà del mondo, noi saremo fedeli e continueremo a credere all’amore del
Sacro Cuore di Gesù, continueremo ad
abbracciarlo e contemplarlo per ricevere il potere e la forza spirituale di
Gesù, nostro Maestro. Vivat Cor Jesu per
Cor Mariae.