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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
Compagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia Missionaria
Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
 La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto 2024
    Edvige Terenghi, amministratrice centrale, visita i gruppi in Mozambico.... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto de 2024
    Edvige Terenghi, administradora central, visita os grupos em Moçambique.... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto de 2024
    Edvige Terenghi, administradora central, visita los grupos en Mozambique... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    19 ottobre 2024
    Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online... Continua
benedizione
 
Carissimi, un caro saluto di benedizione! l’anno scorso come CM ci ha accompagnato la riflessione sul tema della riconciliazione. Abbiamo sentito la necessità di riconciliarci, non solo con Dio, ma anche tra noi, riconciliaci con la nostra storia, sia personale che di Istituto. C’è stato l’impegno di tutti i membri CM e non sono mancate occasioni per vivere momenti celebrativi. Quest’anno ci stiamo impegnando a vivere l’anno della benedizione. In un cuore riconciliato nascono parole di benedizione. Desideriamo benedire Dio per tutti i benefici che ogni giorno ci mette sul nostro cammino; invocare la benedizione su di noi e su chi ci sta accanto, sulle persone con cui ci relazioniamo, che conosciamo o che incrociamo casualmente sul nostro cammino. Nel libro della Genesi così si legge: Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione”. (Gen.12,2). Anche noi, come Abramo desideriamo essere gli uni per gli altri fonte di benedizione. Questo ci impegna non solo ad essere benedizione per gli altri ma anche a riconoscere l’altro come colui che è benedizione per me. Credo che in questa ottica possiamo migliorare le nostre relazioni, la maniera di trattarci. In questo spirito riusciremo a guardarci con occhi novi, capaci di scoprire l’impronta di Dio in chi ci sta accanto. Auguro a tutti di poter essere questo segno della benevolenza di Dio. Ci viene in aiuto anche il tempo santo della Quaresima, tempo in cui siamo chiamati a prendere seriamente il cammino di conversione, purificare il nostro sguardo e non lasciarci guidare da pregiudizi ma guardarci come ci sta guardando Dio. Ci viene in aiuto il Papa attraverso il messaggio per la quaresima di quest’anno: “Per intraprendere seriamente il cammino verso la Pasqua e prepararci a celebrare la Risurrezione del Signore - la festa più gioiosa e solenne di tutto l’Anno liturgico - che cosa può esserci di più adatto che lasciarci condurre dalla Parola di Dio? Per questo la Chiesa, nei testi evangelici delle domeniche di Quaresima, ci guida ad un incontro particolarmente intenso con il Signore, facendoci ripercorrere le tappe del cammino dell’iniziazione cristiana: per i catecumeni, nella prospettiva di ricevere il Sacramento della rinascita, per chi è battezzato, in vista di nuovi e decisivi passi nella sequela di Cristo e nel dono più pieno a Lui. (n.2 messaggio Quaresima 2011 Benedetto XVI). E’ l’augurio che faccio a me e a ciascuno, di poter fare “decisivi passi nella sequela…” sequela che passa attraverso il cammino dell’incarnazione, vissuta nella quotidianità nei luoghi di sempre, ma con rinnovato impegno a scorgere e seminare la presenza del Risorto. Con l’impegno di “benedire” e con passi decisivi incamminiamoci verso la Pasqua e con Gesù, nella cena inchiniamoci per la lavanda dei piedi; al calvario, volgiamo lo sguardo al Trafitto…; e con le donne prepariamo gli oli e con loro andiamo alla tomba vuota e accogliamo l’annuncio: “non è qui è risorto!”. Vi benedica il Signore e vi protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di voi e vi sia propizio. Il Signore rivolga su di voi il suo volto e vi conceda pace.
dal mozambico
 
Carissimo P. Albino, come stai? Ti penso e spero bene nonostante le fatiche e gli acciacchi dell’età. Abbiamo avuto la presenza di Anna Maria ed abbiamo avuto un buon corso di esercizi spirituali. Abbiamo lavorato bene insieme e dobbiamo ringraziare il Signore che ci accompagna con la sua benedizione. Qui stiamo bene. Abbiamo quest’anno 7 giovani: 3 in Orientamento – Dalaina, Natalia e Laina; 4 in accompagnamento – Anarita, Adelaide, Isabel, Lurdes. Abbiamo diviso i compiti ed ora quelle in orientamento vivono insieme a me e a Gabriela nella nostra abitazione CM. Le ragazze in accompagnamento vivono con Helena e con Mariolina nello spazio del Centro Culturale Napipine – Biblioteca. Abbiamo pensato bene dividere il gruppo per migliorare il lavoro formativo. Periodicamente ci ritroviamo noi quattro: Gabriela ed io, Mariolina e Helena per coordinarci insieme. L’impegno non manca e ciascuna sta cercando di fare la sua parte. Ti chiedo di continuare a sostenerci con la preghiera. Anch’io mi affido a Maria nostra Madre e al Signore perché possiamo far crescere queste persone dentro il carisma della CM. Ti mando un caro saluto e ti auguro ogni bene. Sempre in comunione.
la benedizione
 
Il Dio di Abramo ci chiami per un cammino di sogno e di promessa e ci provveda nei crocevia. Il Dio di Sara ci insegni l'amore per una vita senza orizzonti e una speranza per i giorni senza aurora. Il Dio di Giacobbe ci riveli il punto imprevedibile dell'incontro e i segni della lotta e della ricerca. Il Dio di Mosè ci parli faccia a faccia nello specchio della storia e nei segni dei tempi perché lo vediamo come se vedessimo l'invisibile. Il Dio di Giosuè ci spinga a confidare in tutti i nuovi inizi e ad assumere la decisione di guida. Il Dio di Samuele ci trovi disponibili ad ascoltare la sua voce e a non disattendere il grido del popolo. Il Dio di Noemi e di Rut ci conceda di "spigolare" in questo mondo e incontrare cammini nuovi e mai pensati. Il Dio di Elia ci accolga nella soavità della brezza e del silenzio per non confonderlo con uno spettacolo. Il Dio di Raab accetti il fiore della nostra accoglienza risparmi i nostri e la nostra casa e ci iscriva nella stirpe regale del suo Unto. Il Dio di David ci conceda il dono del pentimento e il coraggio del perdono e della lode. Il Dio di Maria di Nazaret ci conceda di vivere il quotidiano nel sì rinnovato nell'"ecce ancilla" L'Emmanule, il Dio con noi, ci conceda di rinnovare il nostro "ecce venio" per seminare i semi del Regno nel mondo. Amen!
pensando a teresa giordani
 
Pensare a Teresa G. mi rimanda al suo gruppo di appartenenza, il gruppo di vita in famiglia di Bologna. Un gruppo particolarmente provato ma, un gruppo con una grande qualità di vita e di pensiero. Un gruppo che purtroppo si sta estinguendo pian piano ma che lascia alla CM una grande eredità da valorizzare e da mettere in luce. Teresa G., soprattutto a partire dagli anni del mio secondo ritorno in Mozambico nel 2003, mi é stata particolarmente vicina nella preghiera e nell’offerta missionaria. E questa vicinanza si traduceva in gesti molto semplici ma molto significativi. Un incontro, un biglietto, una visita e, la certezza di una vicinanza profonda che non aveva bisogno di tante parole ma che si traduceva davvero in quella comunione di spirito che unisce profondamente le persone e le fa camminare insieme anche se a mille miglia di distanza. Un sentire che si sta camminando insieme e si stanno perseguendo gli stessi obiettivi. Una missionarietà vissuta nell’offerta del quotidiano, nella preghiera e nell’accompagnare la vita delle missionarie che vivono sul campo come se si fosse insieme nello stesso luogo. Ed, in questi ultimi anni, ogni volta che rientravo in Italia, avevo modo di incontrarmi con lei e di condividere il nostro vissuto. Teresa mi assicurava la sua preghiera per le persone in formazione e per le nuove giovani che iniziavano il loro cammino nella CM. Questo per me era una grande forza e davvero coglievo questo anelito missionario profondo in lei. Cercavo queste occasioni di incontro per parlargli delle persone in cammino formativo e per essere sostenuta dalla sua preghiera e sentivo che davvero c’era questo legame di fede e di amore. Nei giorni della sua “agonia” abbiamo pregato molto per lei nel nostro gruppo di Nampula ed anche le giovani l’hanno conosciuta attraverso i miei racconti. Per le persone dell’Africa é importante il legame con le persone che ci precedono nel Regno dei Cieli. Loro fanno un tutt’uno con noi. Ricordo in questo momento anche sua sorella Maria e mi unisco alla famiglia per ringraziare il Signore per la loro testimonianza di fede. In comunione.
l'eredità di teresa
 
La consacrazione è una pienezza Teresa Giordani è entrata nella CM quando aveva 36 anni, nel 1957, anno della nascita del nostro Istituto. Era già insegnante di scuola elementare. Ha fatto la sua consacrazione a Dio nella CM quattro anni dopo, nel 1961. A proposito della sua consacrazione ho sentito raccontare una storia che ho sempre custodito nello scrigno della mia memoria come qualcosa di prezioso e di significativo. Torniamo alla scuola: alcuni giorni dopo la cerimonia della consacrazione, con l’anello al dito, una delle sue piccole scolare, senza dire niente, le ha preso la mano e l’ha baciata. Teresa raccontava sempre questo fatto emozionata. Quale intuizione ha avuto quella bambina per riuscire a captare il mistero che era avvenuto nella vita della giovane donna, sua maestra? Sono tornata parecchie volte a questo fatto quando cercavo di capire che cos’era la nostra consacrazione, che cosa significava in se stessa e come poteva irradiare, al di qua o al di là del nostro operare. E mi vengono al pensiero alcune parole di Paolo VI (26/9/70) quando dice: «La consacrazione vostra non sarà soltanto un impegno, sarà un aiuto, sarà un sostegno, sarà un amore, sarà una beatitudine, a cui potrete sempre ricorrere; una pienezza, che compenserà ogni rinuncia e che vi abiliterà a quel meraviglioso paradosso della carità: dare, dare agli altri, dare al prossimo per avere in Cristo».Questa nostra consacrazione che, lo sappiamo, si radica nella consacrazione battesimale, ne radicalizza gli impegni e la esprime più perfettamente (cfr. P.C. n. 5), ha una sua consistenza propria, ha un valore in sé stessa, ci segna ontologicamente. È l’ intima e segreta struttura portante del nostro essere e del nostro agire. È la nostra ricchezza profonda e nascosta, che le persone in mezzo alle quali viviamo non sanno spiegare e spesso non possono neppure sospettare (cfr. Paolo VI, 20/)/72). È, davvero, un amore, una beatitudine, una pienezza. La consapevolezza della consacrazione, così capita e vissuta, è una delle eredità che io custodisco di Teresa (così come, ad esempio, di Antonietta Biavati). Qualcosa di profondamente spirituale ma non evanescente, qualcosa che si toccava come la più solida delle realtà. Quando ci lamentiamo che oggi la consacrazione in sé stessa non è più percepita come un valore, parliamo degli altri o di noi stesse? Crediamo che la nostra è «una forma di consacrazione nuova e originale», frutto della creatività dello Spirito Santo che ci ha seminato nei solchi della storia e nella discreta trama del tempo? O la lasciamo appassire e scolorire prima che dia i frutti che doveva dare? O passiamo immediatamente al tempo operativo del fare o delle faccende, senza il tempo ontologico dell’essere che è spazio interiore, regno personale, tesoro dove si custodiscono le possibilità nascoste e imprevedibili di ciascuno/a di noi, il suo regno segreto? E senza approdare al tempo contemplativo che non è evasione ma spazio per vivere il dialogo di amore col Dio che rimane per noi un mistero vitale (cfr. St. n. 64) e che ci porta a scoprire l’amore stesso di Dio operante nella storia e a fare nostre le inquietudini dei nostri compagni/e di viaggio e la loro sete di speranza e di salvezza (cfr. St. n. 65), che altro non è che sete di VITA, di vita eterna, una vita in cui niente si perde e a niente si rinuncia, ma tutto si ricupera nella luce di Dio? La capacità di iniziare cose nuove Nel 1981, quando ha iniziato la sua nuova esperienza di lavoro – insegnare in uno degli Ospedali di Bologna – Teresa aveva 60 anni. Non era più la giovane consacrata di un tempo ma, nonostante la sua apparenza tranquilla, per niente irrequieta, non aveva perso la sua capacità di sognare e di iniziare cose nuove. Conservava quella agilità che scaturiva della sua coscienza di donna consacrata; consacrata proprio per una missione di «amore e di servizio nella Chiesa e nel mondo» (St. n.12), una missione le cui concretizzazioni bisognava continuare a cercare e a discernere, dato che il tempo era di cambiamenti, di grandi cambiamenti. Davanti a vite semplici, segnate soprattutto dalla quotidianità, come è stata quella di Teresa, tutto sembra normale, ovvio, previsto. Ma, in realtà, non è proprio così, come possiamo notare, per contrasto, davanti alle resistenze di tante persone (anche tra di noi) a un cambiamento di gruppo, a un nuovo lavoro, ad una iniziativa che ci porti a un ambiente diverso da quello che frequentiamo abitualmente. C’è bisogno di essere scolpite da una serie di virtù che ci rendono agili e che fanno nascere atteggiamenti di pronta risposta a quello che la vita suggerisce e Dio ci chiede. Un’ anziana forte e serena Avere visto invecchiare Teresa, lo considero un regalo che Dio mi ha fatto. L’ho vista pian piano diventare meno agile nel suo corpo, ridurre i suoi movimenti, ma mai cadere in lamentele. Quando le chiedevo come stava, lei diceva la verità: aveva dei dolori, dolori forti. Ho intuito, più di una volta, che per non lasciare sua sorella Maria, si privava di alcune terapie che potevano alleviarla. Ma predominava sempre in lei l’accettazione serena e umoristica (che è già stata ricordata da altre missionarie). Il nostro RdV dice ad un certo punto così: «Vivremo la malattia, l’anzianità ed ogni altra situazione di disagio con senso di fortezza, di non pretesa e come offerta oblativa per la redenzione del mondo». Mi ricordo che quando abbiamo scritto e approvato il RdV, alcune di noi consideravano queste parole molto dure, anche se le dobbiamo leggere in contrappunto con altre espressioni e esigenze che raccomandano la delicatezza, la comunione attiva e la carità con le missionarie ammalate o anziane (cfr. St. e RdV n. 76). È stato così che Tersa ha vissuto i grandi cambiamenti dei suoi ultimi anni: lasciare la sua casa e andare con sua sorella in una casa di riposo; lasciare questa (che doveva essere ristrutturata) e cercarne un’altra. E il successivo stadio con la catena di malattia e di fragilità che è seguita. Nessun vittimismo, nessuna amarezza; a volte la trepidazione di un essere fragile davanti alle convulsioni della vita (penso al momento delicato che è stato la ricerca della seconda casa di riposo). Ma fino alla fine ha prevalso il suo sguardo decentrato da sé e posato su gli altri, attento e fiducioso su tutta la nostra Famiglia CM. Nonostante l’ambiente pesante che caratterizza tutte le Case di riposo, quando andavo a vistarla, tornavo a casa sempre con dentro una gran leggerezza, grata per l’esempio di questa missionaria della prima ora, che non viveva la sterile nostalgia di chi guarda indietro e si pone a fare una «lamentazione su un tempo passato, su una qualche gloriosa età dell’oro», cosa che come dice l’arcivescovo di Westminster (cfr. Regno 7/2009), «non è un canto cristiano». «Non è il canto della fede, ma della disperazione, perché la nostra fede ci offre la visione non di ciò che è stato, ma di ciò che sarà» (Ibid). Proprio per questo, come raccontava Santina nell’articolo scritto su “Vinculum” di ottobre 2010, Teresa poteva consegnare il suo lavoro incompiuto e, con fiducia nel Signore che viene dal Futuro e nelle missionarie di oggi, dire:«Adesso, andate avanti voi…». Per finire, soltanto un rapido accenno alla capacità di Teresa d’intessere delle relazioni. Il parroco lo ha ricordato nella messa del funerale quando ha detto che la Messa delle 8.00, alla domenica, era la più bella, già che contava con l’animazione di un gruppo di circa 30 persone, animate da Teresa. Relazioni semplici, ma che duravano nel tempo tanto che alla Messa del funerale si trovava la madre di un suo scolaro! Relazioni che Tersa ha continuato a tessere fino alla fine. Terminata la Messa del funerale una signora, piangendo, si è avvicinata ad Anna Maria e le ha chiesto il testo che lei aveva letto salutando Teresa. E le ha detto: «Io lavoro a “Villa Emma” e la relazione che ho stabilito con Teresa è stata profonda e molto importante per la mia vita». Da notare che il tempo che Teresa ha vissuto in quella Casa è stato meno di due anni! Grazie, Teresa! Aiutami e aiutaci a seguire le orme dei tuoi passi: a vivere con fortezza, con dolcezza, con giovialità tutte le età della nostra vita, anche la terza e la quarta, con tutto quello che le dovrà caratterizzare. E aiutaci ad essere sempre sentinelle nel territorio dove viviamo per leggere i segni dei tempi e fare crescere le sementi del Regno, con la consapevolezza che oggi uno di questi segni è proprio l’appello della relazionalità; l’appello a costruire reti di relazioni semplici, concrete, vitali, esistenziali. Non sarà questo un appello che si coniuga bene con la spiritualità di comunione che ci caratterizza o ci dovrebbe caratterizzare? Reti di comunione che impediscano l’isolamento (di noi stesse e degli altri), sapendo che i sogni buoni possono nascere soltanto in un contesto di solidarietà e di comunione.
insieme a vitorchiano
 
Al termine del corso di esercizi fatto ad Assisi in agosto, è sorta l’idea di ritrovarsi il 31 ottobre e il primo di novembre a Vitorchiano (VT) in una casa dei Padri Dehoniani per cercare insieme qualche altro elemento che ci aiuti a fare un salto di qualità verso una riconciliazione con noi stesse, col gruppo di appartenenza e con l’Istituto. Relazione di Anna Maria Anna Maria ha espresso tutta la sua gratitudine al Coordinamento italiano per aver promosso questo incontro. Sono presenti buona parte delle Missionarie e dei Familiares: 28 in tutti. Qual è l’obiettivo di questo ritrovarci? Il desiderio di cercare insieme qualcosa che vitalizzi la nostra scelta e ci aiuti a camminare insieme per essere veramente l’anima del mondo. L’anno della riconciliazione con noi stesse, col gruppo di appartenenza e con l’Istituto si proponeva di aiutarci a riprogettare la CM verso il futuro. Per approfondire quest’ultima idea, Anna Maria è partita dal passo biblico: Nm 12,1-16. Aronne e Maria rivolgono al fratello Mosè due rimproveri. Il primo, Mosè ha sposato una donna che non appartiene al suo clan. Col secondo contestano la sua funzione di portavoce del Signore. Maria e Aronne rivendicano la loro qualità di profeti e la stessa preferenza nel ricevere le comunicazioni di Dio. Il Signore incontra i due nella tenda del convegno e giudica la loro pretesa un peccato contro l’autorità di Mosè. Maria è punita con la lebbra che la costringe a star fuori dall’accampamento per sette giorni; Aronne continua a presiedere al culto, ma Dio non comunica con lui “ a faccia a faccia” come fa con Mosè, ma attraverso visioni e sogni. Dio vuole riabilitare l’autorità di Mosè dalla contestazione, sottolineando che la sua particolare vicinanza a Dio lo investe della potenza del suo spirito abilitandolo non solo ad insegnare, ma anche ad operare prodigi in mezzo al suo popolo. Questo brano evidenzia : -che c’è un conflitto - il luogo dove si affronta il conflitto è la sala del convegno, cioè davanti a Dio - la punizione e l’attesa del popolo per ripartire insieme fanno capire a Maria e ad Aronne che devono occupare il posto che Dio ha stabilito per ciascuno, se non vogliono ricadere nella peste. Anche tra di noi ci sono delle situazioni che rallentano il passo come quando si sente dire :”ai miei tempi..”, oppure si coglie qualche sospetto, paura, pregiudizio, ecc. Qual è il luogo dove si può sciogliere il malessere che sentiamo? Il gruppo di appartenenza è la nostra sala del convegno: “dove due o più persone sono unite in mio nome, io sono in mezzo a loro”. In questo anno della riconciliazione ogni gruppo si è riservato degli spazi, dei tempi per un confronto, per dare un nome alle nostre divisioni, per lasciarci inondare dallo Spirito. E’affinando la capacità di ascolto e allenandoci all’umiltà che ci apriamo ad un’ accoglienza senza riserve e alla pluralità dell’unità dell’”Ecce venio” come Istituto. Questo è il nuovo stile da portare avanti con fedeltà, perché ci abilita ad esercitare la profezia dentro la CM e ci proietta in avanti verso mete inedite. Anna Maria ha concluso il suo intervento con la lettura di due brani (Cor. 5, 14-21 e 3,17-21) dove Paolo giustifica le forti esigenze che nutre verso i Corinti. La carità cristiana si alimenta al momento fontale della croce: in virtù dell’unità a Cristo, la sua morte è la nostra e la sua vita è la nostra. “ Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” Questa novità si chiama riconciliazione. Risonanze dei presenti • Chiedo che si approfondisca meglio che cosa vuol dire fedeltà al passato, al presente e al futuro. Risposta. La CM non è un museo di persone statiche, ma è una realtà di persone vive che si evolvono, studiano, si aggiornano, tentano di decifrare il contenuto della spiritualità. In tutte c’è un’apertura alla novità di uno stile, di un linguaggio che sia aderente ai tempi che cambiano o alla cultura dove nasce un nuovo gruppo CM. Questo percorso non nasce di punto in bianco, ma è legato a un passato (che non si può ripetere), lo si costruisce passo dopo passo ed è proiettato al futuro. • Questo continuo aggiustamento costituisce la croce quotidiana, ma è anche una breccia di novità per il futuro perché è ricerca insieme di dove la CM si deve collocare nel piano di Dio. • Incontri come questo dove ci è data la possibilità non solo di ascoltarci, ma anche di esprimerci, favoriscono la riconciliazione. • La riconciliazione richiede la fatica di superare l’io per far spazio al noi. L’appartenenza ad un gruppo non ci autorizza a fare quello che ci passa per la mente, ma richiede dialogo, ascolto , preghiera e ricerca compatta per aderire al disegno di Dio. • La spinta della riconciliazione non parte da noi, ma da Dio. Ne segue che uno, più è in comunione con Dio, più getta ponti di riconciliazione con i fratelli. • La lebbra colpisce Maria e la costringe a star fuori dall’accampamento per sette giorni cioè quel tempo sufficiente per ravvedersi e rientrare nel gruppo in modo positivo. • Preparando la storia del gruppo,richiesta dal CC, ho rispolverato un aspetto che davo per scontato: la nostra famiglia non è composta solo da Missionarie, ma anche da Familiares. La riconciliazione richiede di tener presente questa composizione e di educarci a potare ciò che non favorisce la comunione nella diversità. Momento di preghiera Dopo cena ci siamo ritrovate per una mezz’ora di preghiera. • Canto di apertura • Un solista ha letto una preghiera eucaristica • Lettura del brano di Zaccheo, seguito da una pausa di silenzio-riflessione • Canto delle litanie dei Santi • Lettura dei nomi dei defunti della CM. Due solisti si sono alternati nella lettura e dopo tre nomi ripetevamo insieme un ritornello • Un canto mariano ha concluso questo momento. [img2bcx] Altri spunti di riflessione Il secondo giorno, dopo le lodi, Anna Maria ha fatto un breve intervento offrendoci questi spunti di riflessione: La parola di Dio quando è letta insieme illumina tutti, ma in modo diverso. La lettura breve delle lodi è stato un invito a guardare il futuro con speranza. Abbiamo una sola vita da vivere. Senza divagazioni puntiamo sull’obiettivo finale: condividere i doni dello Spirito per proiettarci nel solco tracciato da Dio per la CM. S. Paolo (Rom 2 ,9-18 e RdV n. 74) ci fornisce delle spinte potenti per superare il rispetto umano e per favorire una vita fraterna con ripercussioni inedite per il futuro della CM: Accoglienza e stima reciproca, rapporto sincero superando il sospetto e dando fiducia all’altro anche se è l’ultima vocazione arrivata, preghiera le une per le altre, attrattiva per le cose umili, convergenza sui valori essenziali e il rispetto per la libertà e la personalità di ognuna. Risonanze dei presenti • La fragilità è la via scelta da Dio per rivelarsi all’uomo. La nostra famiglia è composta da persone fragili. Addirittura quando una sorella apre bocca per comunicare sappiamo già dove va a parare. Eppure ogni volta che ci ritroviamo avvertiamo che siamo una famiglia e quando ritorniamo ai nostri gruppi sentiamo di aver dentro una carica nuova. • Tutte siamo attirate da personaggi famosi, ma la vera riconciliazione esige di stimare e preferire gli ultimi perché è proprio in loro che Dio semina con larghezza i suoi doni. • La via della riconciliazione implica due tappe: guarigione delle ferite del passato e condivisione della parola di Dio. Attraverso l’oblazione delle sofferenze, Dio scrive una storia sacra. • La riconciliazione è mettere insieme i cocci della nostra esistenza per ricominciare. Non basta guardare con dispiacere il mucchio dei cocci, occorre costruire ciò che è rotto. La riconciliazione è la fatica di superare la chiusura; è il coraggio di fare il primo passo per comunicare; è spogliarsi dalla tentazione di sentirci dalla parte di chi ha ragione; insomma è qualcosa che si acquista lentamente perché si tratta di ricostruire stima e fiducia. • Alla riconciliazione si arriva con cuore ferito o frantumato. Perché? Una relazione si interrompe quando l’altro ferisce l’immagine che io ho di me. Addirittura si aguzza l’ingegno per incastrare l’altro dentro lo schema che conferma l’immagine che io ho di me. Questa è una maschera. La riconciliazione è rompere questa maschera per guardarmi come sono e per accogliere la parte di verità che l’altro mi rivela colpendo la maschera. In altre parole la riconciliazione scatta quando termino di scansare i colpi ed impugno la lanterna dell’umiltà per scoprire la verità. Conclusione Dopo alcune comunicazioni, Anna Maria ha riportato al centro del nostro ritrovarci la Parola di Dio. Ha letto il brano di Michea 6,6-8 dove Dio interroga il suo popolo e gli chiede ironicamente di formulare le sue accuse. “Popolo mio, che cosa ti ho fatto, in che cosa ti ho stancato? Rispondimi!”. Davanti alle esigenze di Dio il popolo smarrito e pentito risponde che non sa come placare la sua ira. E’ cosciente che gli atti di culto esterni non riparano il male compiuto. Dio sbaracca questo modo obsoleto di ragionare e inietta nel popolo un sapore evangelico nell’affrontare la vita, invitandolo a praticare la giustizia, a camminare umilmente con Lui e ad amare con tenerezza. E’ evidente che Dio non condanna, ma perdona. Ritorna il tema della riconciliazione vista come “rivoluzione” che contagia ogni atteggiamento obbligandoci a tramutarlo da negativo in positivo, facendo perciò un salto di qualità. Prima di concludere queste due giornate, Anna Maria ha consegnato a tutti i partecipanti un libretto: “Tu sei una benedizione” del benedettino Anselm Grün, Queriniana e lo ha consegnato invitandoci singolarmente a vivere la giustizia, l’amore e l’umiltà.
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