Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
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19 ottobre 2024
Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
ricordo di marta bartolozzi
Sappiamo del dono della risurrezione
Omelia nella celebrazione a Monguelfo
“Fratelli sappiamo” così inizia il capitolo 5 della seconda lettera
ai Corinzi, ma cosa sappiamo? Che questo corpo, nostra abitazione sulla terra,
verrà “disfatto” e “riceveremo un’abitazione presso Dio, una
dimora eterna non costruita da mani d’uomo”.
Sono parole
molto forti ma nello stesso tempo, molto chiare. Innanzitutto si parla di come
il mio corpo verrà disfatto, non
distrutto, si disfa proprio come accade con le lenzuola del letto che viene
disfatto, ma il letto non viene distrutto e pensavo alle tante lenzuola che sono
passate per le mani di MARTA che con
pazienza, nel nascondimento della
lavanderia, quelle lenzuola che poi ha risistemato perchè altri potessero
riposare tra lenzuola pulite e profumate...
“Fratelli sappiamo” si, san
Paolo mi ricorda che credere, avere e vivere il dono della fede significa
sapere, “sapere” del dono della Resurrezione. Un “sapere” che non è tanto un
sapere cui si arriva con l’intelligenza ma grazie all’incontro con Gesù, il
Risorto. Io “so” di Gesù e “so” del Gesù vivo che ancora oggi posso incontrare
Risorto nel dono della sua presenza nella vita che ho ricevuto, nella vita che
incontro negli altri e nel dono della sua presenza “nascosta” nel tabernacolo... tutte piccole
cose che anche MARTA ha cercato di
seguire. Questo sapere Dio lo ha scritto nei nostri cuori ed è interessante
sapere che proprio oggi, 16 ottobre, mentre salutiamo MARTA la Chiesa ricorda la memoria di santa Magherita Maria Alaquoque che si è impegnata a diffondere la
devozione al Sacro Cuore che anche MARTA
ha fatto sua e di cui si è fatta missionaria entrando e vivendo nella “Compagnia Missionaria del Sacro Cuore”.
Se rileggo il testo di san
Paolo mi è molto chiaro come questo cammino terreno, questa mia tenda (la vita),
sono chiamato a disfarla e poi ecco
che “riceveremo un’abitazione presso
Dio, una dimora eterna non costruita
da mani d’uomo”. Questo è quello che
celebriamo qui, non la morte che nessun cristiano celebra, ma la vita che
entra nelle mani di Dio...presso Dio!!
Così con questa certezza
con fiducia “camminiamo nella fede, non ancora in visione”. Non solo ma ci sforziamo “sia dimorando nel corpo che esulando da esso”, ecco qui gli sforzi di MARTA, che ha dimorato
con tutta se stessa nel corpo ma ha pure esulato da esso, cioè ha vissuto
momenti profondi dello Spirito che solo
il buon Dio conosce e saprà ricompensare... sono quelle che san Paolo
chiama le “opere compiute finchè era nel
corpo”.
Si, mentre sperimento la mia povertà e i miei tanti limiti qui su questo
cammino terreno (cose di cui ho
spesso parlato con MARTA), e lo riconosco dalla fragilità del peccato che
mi tocca costantemente, Dio lavora in
me per portarmi a ciò che non finisce, come afferma un bel salmo (salmo
41-42) che dice: Dio manda la sua luce e la sua verità e mi guida, mi conduce alla santa
montagna.
Giungiamo così al Vangelo
dove Marta si mette in cammino verso
Gesù per portargli da una parte la sua fatica e dolore per la perdita del
fratello e dall’altra il suo “IO SO”
che dice la sua certezza nel dono della Resurrezione, certezza di cui
abbisogniamo ogni giorno.
Colgo allora quella Marta
del vangelo che va incontro a Gesù e gli parla a cuore aperto con la certezza
in lui... “se tu fossi stato qui, ma anche ora so”. Marta nel vangelo non tiene però per sè il messaggio ma
lo porta subito a Maria perchè anche lei sia ricca della gioia della vita, la
vita eterna... ecco la chiamata a me e a tutti noi: Il Maestro è qui e ti chiama.
Questo invito della Marta
del Vangelo sia la nostra forza per continuare a camminare verso il bene di
Gesù e trasmetterlo a chi incontriamo sul nostro cammino.
Monguelfo, 16 ottobre 2017
Don Giorgio Carli
Rendiamo grazie a Dio per averci donato Marta
Così è stata ricordata nella celebrazione eucaristica di commiato a Bologna
Benvenuti
a questa celebrazione che ci vede raccolti intorno alle spoglie di Marta per
darle l’ultimo saluto e consegnarla, nella preghiera, all’amore salvifico di
Dio Padre; Lei che tanto ha amato il Signore da donargli la sua vita.
Marta
è nata a Vaiano (FI), il 13 maggio 1938 e ha concluso il suo cammino terreno il
13 ottobre 2017 nel centenario delle apparizioni di Fatima. La Vergine del
Rosario di Fatima della quale Marta era devota anche perché aveva vissuto per
cinque anni in Portogallo, nel giorno della Sua festa l’ha accolta nella gioia
eterna del paradiso. È entrata nella Compagnia Missionaria il 6 agosto 1961,
giorno della trasfigurazione del Signore, certamente è stata attratta dalla Sua
luce. Ha emesso i primi voti nel 1965. Due anni fa ha celebrato, assieme ad
Elisabetta Todde che l’ha preceduta di poco tempo in paradiso, il 50° di
consacrazione.
Marta
ha segnato la vita della Compagnia Missionaria: è stata Vice-Presidente
dell’Istituto per sei anni e dal 1983 al 1995 e stata Presidente della CM che
tanto ha amato. Assieme a tutte noi
missionarie e a P. Albino Elegante, Fondatore della Compagnia Missionaria, è prodigata per la revisione e riformulazione
dello Statuto della CM stessa. Per il suo particolare interessamento, per la
sua passione verso la CM, famiglia in cui il Signore l’aveva posta, il 10 giugno
1994 Solennità del Sacro Cuore di Gesù,
la Compagnia Missionaria venne elevata ad Istituto secolare di Diritto
Pontificio.
Per
diversi anni Marta è stata responsabile della formazione; ha collaborato nelle
missioni parrocchiali; per otto anni ha lavorato nella nostra agenzia
turistica; l’ultimo periodo l’ha dedicato al lavoro nella nostra casa per
ferie, prima ad Asiago poi a Monguelfo, e ha concluso i suoi giorni nel vicino
ospedale di Brunico.
A
lei siamo molto riconoscenti per il grande bene fatto con sapienza, entusiasmo
e intensa dedizione. Grazie ancora per il bell’esempio di fede, di preghiera,
di amore al Cuore di Cristo e di impegno nell’edificazione della fraternità, e
del bene sociale. Nella celebrazione Eucaristica rendiamo grazie a Dio per averci
donato Marta, per il suo servizio alla causa del regno di Dio. La Madonna la
consegni all’Amato del suo cuore, affinché continui in eterno quel cantico di
amore che l’ha legata per tutta la vita al suo Signore.
Luisa Chierici
Oggi siamo qui per celebrare il mistero della vita
Omelia nella celebrazione a Bologna
Carissime sorelle della Compagnia Missionaria del
S. Cuore,
cari fratelli e sorelle,
oggi stiamo salutando la nostra sorella Marta che
ci è molto cara.
1. Lo
facciamo nella fede del Signore Risorto: quella stessa fede che ha dato forza e
coraggio di vita anche a Marta. Quella fede che le ha fatto e ci fa
sperimentare la vita come una “carezza” dell’amore di Dio, nonostante le
fatiche, i momenti di buio, le lacrime.
È in questa fede che, pur
in maniere differenti, abbiamo pensato di fare della nostra vita un dono. È la
migliore risposta all’amore di Dio che in Gesù ha donato la vita per amore per renderci
luminosi, vivaci, brillanti, riverbero della Sua luce.
2. Oggi
siamo qui per celebrare il mistero della vita che una volta donata diventa
eterna: “se siamo morti con Cristo,
crediamo che anche vivremo con lui… la morte non ha più potere su di Lui”
ripetiamo con Paolo.
3. Siamo
qui per continuare a chiedere il coraggio dell’unione intima con Gesù e la sua
Parola di vita. “Intimamente uniti a Lui”
chiede Paolo. Intimità dice molto più di familiarità. Dice relazione unica,
sponsale, capace di generare vita, novità. È questo che rigenera l’uomo vecchio
che ci fa restare attaccati alla paura di perderci donandoci.
4. Siamo
qui per rendere grazie al Signore del suo amore che avvolge la vita ma anche
per ringraziare il Signore dei segni d’amore divino trapelati dalle parole e
dai gesti di Marta. La nostra umanità, anche nella sua parte più fragile, se
consegnata all’amore di Dio diventa annuncio del suo amore. Noi possiamo
diventare parole che raccontano la vittoria della vita sulla morte, dell’alba
sulla notte.
Il buio che avvolgeva
Maria di Magdala, dentro e fuori, si è dissolto con il semplice sussurro del
nome: “Maria!”. Maria è riportata
alla bellezza, forza, ricchezza, calore, degli incontri con il “suo Signore”,
che gli era stato tolto, portato via, nascosto.
5. Oggi
siamo chiamati tutti a tornare all’origine della nostra personale vita salvata
e per questo donata. Abbiamo bisogno di farlo. Ogni giorno. Solo così possiamo
continuare a essere piccolo segno di speranza, nel quotidiano, per i fratelli e
le sorelle con cui viviamo, speriamo, amiamo, piangiamo, gioiamo.
La vita di ogni battezzato
– la nostra vita – ha un senso se portata davanti all’altro, chiunque esso sia,
perché la sua vita cresca. È il Vangelo di Gesù Cristo. È la sua sapienza. È il
mandato che ci è stato dato: “Va’ dai
miei fratelli” si sente dire Maria di Magdala, ci sentiamo ripetere oggi.
Dai fratelli non per dire
parole altisonanti, piene di chissà quale sapienza umana. Parole vere nella
loro genuina semplicità:
- non
siamo lasciati soli, orfani, perché abbiamo un padre…
- non
siamo lasciati a consumarci per trovare vita, ci è stata donata…
- non
siamo lasciati da soli, ma fratelli e sorelle tra fratelli e sorelle…
- non
siamo sconosciuti, abbandonati alle nostre domande, ma accompagnati e
riconosciuti in quanto siamo.
6. Il
volto così spesso sorridente di Marta – questo è il mio più bel ricordo di lei
– mi fa credere che davvero si è sentita chiamata nella maniera giusta, quella
che scalda il cuore e che per questo asciuga le lacrime e rende ritrovato quello
che sembrava perduto.
7. Questo
oggi mi sento di chiedere con forza, per me, per tutti noi: “Maestro” la tua voce mi faccia tornare a
sentire la forza della tua presenza che mi fa godere della vita donata fino
alla fine per amore;
“Maestro” la tua voce mi faccia tornare a sentire la forza della tua
presenza per guardare agli avvenimenti come possibilità di futuro;
Maestro” la tua voce mi faccia tornare a sentire la forza della tua
presenza che mi fa camminare con speranza ogni giorno;
Maestro” la tua voce mi faccia tornare a sentire per sempre amato.
Oliviero Cattani
Provinciale
scj - ITS
Lettera del Superiore Generale dei Sacerdoti del Sacro Cuore
Gentile Martina,
abbiamo avuto la notizia della morte di Marta Bartolozzi. Con questo scritto voglio unirmi alla vostra famiglia per esprimere a nome di tutta la Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù il nostro ricordo fatto di preghiera e di ringraziamento per tutto quello che Marta è stata per voi e per la Chiesa.
Nei lunghi anni di presidenza della Compagnia Missionaria ha offerto tutta la sua competenza per la causa della diffusione di una spiritualità che ispirandosi al Cuore trafitto di Cristo promuovesse presenze capaci di plasmare, perfezionare e santificare il mondo.
Io personalmente, insieme a tutto il Consiglio generale, ho avuto modo di conoscere personal
mente Marta nella settimana che abbiamo vissuto a Monguelfo nell'aprile
scorso.
E’ stato un tempo ricco dove abbiamo apprezzato l'attenzione con cui siamo stati accolti, e accompagnati in quelle giornate. Abbiamo condiviso la celebrazione eucaristica e i
tempi di adorazione, abbiamo goduto di tutto quello che ci è stato preparato.
Quando una persona cara ci lascia vengono alla mente le cose più normali ed essenziali. È bello che alla conclusione di un percorso fatto di disponibilità e servizio, si possano recuperare le realtà positive. Questo riandare velocemente al bello di una vita ci aiuta ad intuire che siamo già intrecciati con l'eternità, che Marta ha incontrato definitivamente, e in pienezza.
Come Gesù, chi muore in Dio si sa accolto dalle braccia del Padre che, nello Spirito, colma le distanze e fa nascere l'eterna
comunione della vita. Nella luce della risurrezione di Gesù possiamo intuire qualcosa di ciò che sarà la risurrezione della carne. L'anticipazione della risurrezione finale la troviamo in ogni cosa bella, in ogni gesto lieto, in ogni segno di gioia che raggiunge il corpo e le cose.
Le donne vere
diventano discepole autentiche del Signore, brani del Vangelo, narrazioni dell'amore di Dio per tutta l'umanità. La vostra famiglia può dire meglio di me tutto quello che
Marta è stata, tuttavia mi piace pensare con voi che ogni sorella e fratello sempre ci lascia un patrimonio di cose importanti da custodire e valorizzare.
Il Cuore di Gesù sostenga il cammino di bene di tutte voi.
P. Heiner Wilmer, scj
Le "perle" di Marta
Quest’anno Nilde ed io,
insieme alle sorelle missionarie del nostro gruppo, ai familiares e ai tanti
amici di S. Antonio Abate, abbiamo festeggiato il nostro 25° anno di consacrazione
nella CM, in un meraviglioso scenario della costiera sorrentina. Ho pensato a
Marta, ho pregato per lei con immensa gratitudine. Ne ho sentito la presenza,
ma anche l’assenza. Sapevo che era molto malata e da giorni pensavo a lei,
avrei voluto che fosse lì con noi a
gustare la bellezza di quella giornata di sole, il profumo dei giardini, il
luccichio del mare. Marta aveva una forte dimensione contemplativa soprattutto
dinanzi alle bellezze naturali. In uno dei nostri incontri a Caserta ci siamo fermate
a lungo ai piedi della grande cascata del Parco della Reggia. Mi disse che lo
scroscio delle cascate le creavano sempre una forte emozione come segni di quel
“Fiume d’acqua viva che sgorga dal
Costato aperto del Cristo” Ora che è passata alla Casa del Padre si
affollano i ricordi con gratitudine per quanto mi ha dato accompagnandomi da sorella e amica nel mio
cammino formativo di base. Nilde è stata la mia compagna in questo cammino. Gli incontri avvenivano
quasi sempre nella casa di mio fratello a Roma a due passi da Villa Borghese
dove nella tarda mattinata o nel primo pomeriggio si andava a passeggiare lungo
i bei viali alberati. Marta, come dicevo, aveva il gusto del bello e amava
tuffarsi nella natura. Era un momento di fresca allegria dopo una mattinata
intensa di studio, riflessioni, preghiera:Come formatrice Marta era molto
esigente con sé stessa e con le sorelle a lei affidate. Fin dai primi incontri
ci trasmetteva le esigenze di un cammino che una solida formazione richiede.
Lei stessa ce ne dava una concreta testimonianza preparando con cura il
materiale su cui lavorare,sobbarcandosi i due giorni di lavoro con noi, anche
dopo faticosi viaggi all’estero e i tanti impegni come Presidente. Mi ha sempre
meravigliato la sorprendente generosità e la serietà con cui si spendeva senza
risparmio di forze. Con la sua testimonianza ci richiamava alle esigenze di
una formazione che dura tutta la vita,
per fare del Cuore di Cristo il centro, il fondamento della propria vita,
all’importanza della preghiera e della preghiera profonda,della Parola, dello studio e degli aggiornamenti continui
per avere gli strumenti di discernimento necessari nella storia presente. Marta
era una instancabile “cercatrice” di libri, articoli, saggi, meditazioni, non
solo di carattere spirituale, ma culturale in senso ampio. Non c’era nulla di
ciò che è umano che non le suscitasse interesse, dagli studi teologici alla
lettura dei testimoni del nostro tempo, dalla psicologia per conoscersi e fare
verità in se stessi, ai temi etici e sociali. Aveva la capacità di fare unità,
armonizzare tutti questi aspetti diversi. Cercatrice di “perle” perché anche
noi imparassimo ad essere per tutta la vita “cercatrici” come lo scriba del
Vangelo e a comprare tutto il campo per scoprire il “tesoro”. Un’esigenza della
nostra consacrazione in secolarità. La secolarità su cui insisteva tanto
(qualcuna avrebbe potuto pensare con qualche esagerazione), non era mai
formale; voleva dire amore, gusto e conoscenza della storia in cui si vive, per
essere - come si può - sale e lievito, capacità di scoprire quella ricchezza di
umanità sempre presente nella vita.
Io venivo da una storia di
sensibilità e di impegno sociale, ma Marta sapeva dare a questa mia personale
sensibilità un’ottica diversa, quella appunto della fede per cogliere nella
Parola la chiave di lettura del progetto di Dio sull’umanità. Mi sentivo capita
e mi lasciavo correggere.
Dopo i momenti forti della
mattinata, c’era l’ora del pranzo sempre gustoso quando i cibi li aveva
preparati Nilde, qualche volta anche io! Questi erano momenti di fresca
amicizia, di familiarità gioiosa. Nel tempo, non subito, ho scoperto quanto
fosse forte in Marta il suo bisogno di amicizia, che immediatamente non
appariva, forse perché coperto dal forte senso di responsabilità con cui viveva
il servizio a lei richiesto. Nei momenti in cui si sentiva più libera dal
ruolo, emergeva e allora si creava uno spazio di comunione nel quale ci
sentivamo davvero sorelle e amiche. Negli anni successivi ho potuto rivivere
con lei questa esperienza amicale tutte le volte che ci si incontrava. Si
parlava tra noi col cuore e con
sincerità.
Ci sarebbe ancora tanto da
dire di Marta. Vorrei chiudere con un Grazie.
Grazie, Marta, mi sento
molto grata e debitrice per quanto hai
dato a me e a tutta la nostra famiglia. Il Signore saprà ricompensarti col
giusto premio. Posso solo dirti: come sei stata presente nella mia vita
passata, lo sei ancora e…lo sarai sempre.
Marinella Martucci
servire è gioia
Esperienza giovanile di volontariato a Villa S. Giuseppe di Monguelfo
Nel momento in cui mi si
richiede di esprimere un giudizio complessivo su quella che è stata
l’esperienza mia e di mia sorella come volontari nelle nostre due settimane di
soggiorno a Villa san Giuseppe, il ricordo vola istantaneamente ad un dettaglio
all’apparenza del tutto insignificante, con il quale esordirei nel mio
racconto. Passando per la cucina della casa per ferie – luogo che abbiamo avuto
modo di conoscere – si legge su di una parete una citazione da Rabindranath
Tagore, che mi ha colpito dal primo momento in cui l’ho vista:
“Dormivo e sognavo che la vita era gioia. Mi svegliai e vidi che la vita
era servizio. Volli servire e vidi che servire era gioia”
Lavorando a Villa san Giuseppe,
in termini pratici, il servizio è la norma, e si fa di tutto – quello che
occorre; dal lavaggio dei piatti ai pasti, alla pulizia delle camere, alla
preparazione dei tavoli, per finire con piccoli servizi di volta in volta
necessari ed estemporanei. Imprevisti su imprevisti, difficoltà e inciampi,
ritardi o no, in un modo o nell’altro siamo sempre stati tutti coinvolti nel
riuscire a garantire un servizio adeguato ai clienti. Essere volontari, però,
non significa solamente entrare nel cuore dei meccanismi che permettono il
funzionamento di una grande struttura, ma anche essere a diretto contatto con i
registi – in questo caso le registe – di questo spettacolo. Vivere a tu per tu
con le missionarie è stato sicuramente uno degli aspetti migliori del nostro
soggiorno; ciascuna con il proprio carattere, con il suo spirito, anche con la
propria provenienza geografica – ricordo con piacere le parentesi portoghesi di
Elvira; ciascuna dedita alle sue specifiche attività, da quelle di direzione
generale di Fiora, la responsabile con la collaborazione di Martina e Serafina;
ma sempre e comunque disponibili, sempre e comunque unite dal filo rosso di una
magica coesione, che evidentemente non è solamente il legame religioso. Non
dimenticando la simpatia e la disponibilità di Gianna.
E’ interessante notare come
ogni azione, all’interno di Villa San Giuseppe, non sia che l’espressione del
servizio gratuito di cui parla Tagore. Un concetto sicuramente non limitato al
contributo di noi volontari; l’essenza del servizio, in definitiva, non si
riduce alla nostra piccola e schematica routine, allo svegliarsi alle 7 del
mattino ogni giorno per aiutare a lavare i piatti della colazione, o al passare
in rassegna ogni stanza dell’albergo per pulirla con aspirapolvere e stracci,
ma è qualcosa di ben più esteso. Quello che colpisce della casa per ferie è il
fatto che gli stessi ospiti contribuiscano in modo attivo a questa macchina di
servizio; il personale serve gli ospiti, e gli ospiti
servono il personale. In questo senso è stata una fortuna e un piacere essere
presenti proprio a Ferragosto; una giornata di festa – già per tradizione
altoatesina – con un clima familiare quanto mai si può trovare altrove, che ha
visto festeggiare ospiti e membri del personale tutti insieme. Occasione nella
quale un gruppo degli stessi ospiti si è offerto di servire ai tavoli a pranzo,
e di preparare una tradizionale grigliata alla sera. Senza contare il
contributo continuo di molti clienti fissi, che non rinunciano a dare una mano
nella gestione del bar della reception e nella preparazione dei tavoli – a
questo proposito ricordo con simpatia la signora Flavia e il signor Alberto,
con i quali ho avuto modo di fare conoscenza.
Solo più tardi, dunque, alla
luce della mia permanenza nella casa per ferie e delle mie riflessioni, sono
arrivato a scorgere la profondissima verità e la bellezza del messaggio di
Tagore. Un messaggio che va elevato a strumento di interpretazione di vita,
oltre che di un’esperienza – quella del volontariato – che altro non è se non
una metafora, in scala ridotta se si vuole, del cammino della vita del
cristiano. A questo punto, non ci resta che ringraziare per avere servito.
prima emissione dei voti
Se mi accompagni sarò più forte,
se cammini accanto a me, di chi avrò timore?
Con grande gioia vi
racconto i bei momenti vissuti alla mia prima emissione dei voti. Era lo scorso
maggio quando ho presentato la domanda. Il consenso mi è arrivato in seguito al
parere positivo espresso su di me dalle missionarie che mi avevano accompagnato
durante il periodo della formazione e dal Consiglio Centrale. Quando mi fu
comunicato il parere positivo del Consiglio Centrale la mia gioia fu immensa.
La decisione della data fu
motivo sufficiente e chiaro per darne comunicazione alla mia famiglia e agli
amici che tanto mi avevano incoraggiata durante gli anni della formazione e nei
periodi di fatica e di tentazione.
Tutte insieme, formande e
missionarie che mi avevano accolto al mio arrivo ad Invinha, abbiamo cominciato
i preparativi per la celebrazione.
All’inizio le voci erano
fiacche perché non conoscevamo i canti, ma poi fu un successo pieno. Arrivato
il 13 agosto, e con la celebrazione della Nativitá della santissima Vergine
Maria, ho emesso i miei primi voti annuali nella C.M. La festa è andata molto bene, la celebrazione
era presieduta da Dom Lerma Martinez, vescovo di Gurué, presenti anche i Padri:
Rito, Agostino, Daniel e Francisco, tutti diocesani. Ho vissuto ogni momento in
comunione con tutta la Compagnia Missionaria.
Vi sono riconoscente per le preghiere che mi avete dedicato e per la vostra
accoglienza in seno alla C.M. come missionaria e, come missionaria, mi impegno
a seguire Gesú molto piú da vicino, vivendo una vita di amore fino a diventare
comunione con Dio e con i fratelli. Vi prego di continuare a pregare per me,
per la mia crescita personale in ogni senso. Mi ritengo privilegiata per essere stata accolta nella casa di Invinha e
per avere condiviso tutto con quel gruppo, ogni giorno vissuto lí.
Mi sento piú responsabile
ora ad essere di esempio alle giovani che arrivano per la prima volta nella
casa di formazione; con la mia vita comunico loro tutto quanto ho imparato da
quando sono entrata nella Compagnia Missionaria. Impariamo insieme, loro ed io; questa è una grande gioia ma è anche una sfida.
La presenza di Cecilia
Benoit K., missionaria di origine cilena, ci ha regalato grande gioia per la sua vivacitá e il suo
impegno; ha rafforzato in noi la volontá di imparare e di proseguire il cammino
incontro al futuro. Abbiamo imparato con lei la disponibilitá e l’impegno a far
tesoro di tutto sempre di piú, perché il futuro della Compagnia Missionaria in
Mozambico é nelle nostre mani.
Con le riflessioni e la
condivisione della Parola di Dio abbiamo scoperto il dinamismo e la risonanza
della stessa, sempre invocando lo Spirito Santo, come raccomanda il nostro
Statuto al n. 64.
vivere comunione e missione con cuore accogliente e misericordioso
Carissime/i,
desidero iniziare questa lettera con la
frase riportata sopra che raccoglie in sé un programma per “NOI CM” che ci
apprestiamo a celebrare il nostro 60° di fondazione. Per me e per noi può
essere uno stimolo a riflettere sulla nostra vocazione ed a lasciarci interrogare
per vivere con cuore grato il nostro cammino dentro l’oggi.
P. Albino nella sua riflessione che
viene riportata in questo numero di Vinculum dice: “Per ringraziare di essere stati scelti e amati, occorre l’acutezza di occhi nuovi che penetrino
l’insondabile profondità di Dio.”
Mi piace ricordare qui la mia visita all’Indonesia e al
Mozambico dove, con le missionarie abbiamo preso in mano le riflessioni sullo
Statuto di P. Albino del 1972 e dalle quali è scaturita un approfondimento su
due punti cardine del nostro impegno: COMUNIONE E MISSIONE declinati tenendo conto della nostra spiritualità che
ha al centro il “Cuore di Cristo” e tenendo conto delle continue sollecitazioni
che ci vengono proposte da Papa Francesco sia nella Evangelii Gaudium che in
tutto il suo magistero sui temi dell’ACCOGLIENZA e della MISERICORDIA.
Vivere il 60° allora vuol dire
celebrare le meraviglie compiute dal Signore nel passato e riconoscere la sua
azione nel presente lasciandoci invadere “oggi” dalla Sua benevolenza e dalla
sua novità di vita.
L’incontro delle neoconsacrate
provenienti dall’America Latina e dall’Africa e con Rosy dall’Italia ora nel
periodo del Biennio, ci sollecita ad avere uno sguardo globale sulla nostra
famiglia con questa fisionomia specifica voluta dal Signore che ci ha portate,
non per caso ma per la sua grande misericordia, ad essere presenti in vari
paesi donandoci la ricchezza dell’incontro con varie culture e vari popoli.
Certo sia in Italia che in Portogallo
ci troviamo a vivere una stagione difficile che ci mette alla prova nella fede
e nella speranza. La recente morte di Antonietta e di Marta hanno lasciato un
senso di smarrimento per alcune che vivono il tempo dell’anzianità con
apprensione. In verità, come ci ha detto
Papa Francesco nella sua visita a Bologna: “Il Signore ci visita tante volte con la
scarsità dei mezzi: scarsità dei mezzi, scarsità di vocazioni, scarsità di
possibilità… con una vera povertà, non solo la povertà del voto, ma anche la
povertà reale. E la mancanza di vocazioni è una povertà ben reale! In queste
situazioni è importante parlare con il Signore: perché le cose sono così? cosa
succede nel mio istituto? perché le cose finiscono così? perché manca quella
fecondità? perché i giovani non si sentono entusiasti, non sentono l’entusiasmo
per il mio carisma, per il carisma del mio istituto? perché l’istituto ha perso
la capacità di convocare, di chiamare?” … Si
solo la preghiera e la fiducia nella
fedeltà di Dio e quegli occhi nuovi di cui ci parla P. Albino sapranno davvero
scorgere in ogni richiesta del Signore la possibilità di dire “eccomi –
grazie”. Si perché nascoste nelle pieghe
della vita si intravedono le insondabili profondità di Dio. Accanto alle
esigenze della vita scorgiamo il suo misterioso disegno se sapremo avere occhi
e cuore aperti a riconoscere la Sua Presenza nel quotidiano.
E’ questo che auguro a me stessa ed a
voi, un cuore aperto e generoso, accogliente e misericordioso come il “Cuore di
Cristo”. Il frutto del 60° allora sarà una nuova stagione nella quale
accoglieremo con gratitudine quanto il Signore preparerà per noi e con noi
operando, come nel passato, meraviglie nella nostra vita.
In comunione.
Martina
il nostro grazie
Quest’anno celebriamo il 60° di
vita della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore! Una tappa importante che
vogliamo vivere nel segno della festa e
del ringraziamento. Questa riflessione di p. Albino, presentata in altra
ricorrenza, la troviamo appropriata a questo evento perché ancora attuale e
perché fa emergere stimolanti indicazioni per rinnovare al Signore il nostro GRAZIE.
“Allora io ti renderò grazie al suono dell’arpa, per la tua fedeltà o
Dio. A te canterò sulla cetra, o Santo d’Israele” (salmo 71).
Come ringraziare per questi anni di vita della Compagnia
Missionaria ? Lo possiamo imparare da san Paolo. Ecco due esempi, fra i tanti
che incontriamo all’inizio delle sue lettere.
1 Tes. 1,2-4 : “Rendiamo sempre
grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo
continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra
carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo,
davanti a Dio Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete
stati scelti da lui”.
Notiamo anzitutto che il ringraziamento è rivolto a Dio
Padre. E questa è una costante dell’epistolario paolino: l’espressione della gratitudine va a colui che sta all’origine della storia e della nostra salvezza.
E’ da qui che nasce il grazie. Infatti,
ringraziare significa riconoscere l’iniziativa salvifica del Padre e la sua
azione efficace, sempre nascosta nelle pieghe più profonde delle vicende umane.
L’avverbio “sempre” significa di
continuo e che non si tratta solo di momenti liturgici, ma di un atteggiamento
del cuore. Notiamo inoltre che il grazie nasce e si alimenta dal “fare
memoria”, cioè dal ricordare: quanto più si ricordano i doni di grazia
ricevuti, tanto più cresce la gratitudine. E San Paolo ci insegna a nominare i
doni ricevuti come la fede, l’amore, la speranza...
Un’ altra motivazione che nutre il ringraziamento di Paolo è
individuata nell’amore e nell’elezione divina. L’essere “amati da Dio”è una
qualifica che specifica il vero nome di coloro che il Padre sceglie. Per
ringraziare di essere stati scelti e amati, occorre l’acutezza di occhi nuovi che penetrino l’insondabile profondità di
Dio. La scelta dei credenti è stata anticipata dal suo progetto: Lui ci ha
scelti gratuitamente, secondo un disegno misterioso di volontà elettiva.
Ognuno di noi può parafrasare e applicare alla Compagnia
Missionaria e ad ogni suo membro quello che San Paolo scrive alla chiesa di
Tessalonica. La nostra gratitudine va a colui che è all’origine della nostra
Famiglia spirituale: Dio e la sua azione efficace dentro le pieghe di questi
anni trascorsi. Gratitudine che sgorga dalla nostra disponibilità a “ricordare” ed “enumerare” i tanti doni di
grazia che danno volto alla CM: il dono del Cuore trafitto di Cristo da cui
nasce la nostra spiritualità e missione, comunione, oblazione, consacrazione,
secolarità, missionarietà ; uno stile di
amore tipico e qualificante. Questi altri doni costituiscono l’identità del
nostro Istituto che ha già attenuto l’approvazione pontificia.
Fil. 1,3-5: “Rendo grazie al mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi. Sempre quando
prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per
il Vangelo, dal primo giorno fino al presente”.
Il ringraziamento in questo caso, è da san Paolo abbinato a
motivi “eucaristici”, a quello della preghiera di intercessione e
all’espressione di sentimenti di gioia, di fiducia e persino di affetto. Un
rendere grazie che rivela il cuore dell’apostolo che nel tu- a Tu con il suo
Dio non si isola, ma resta unito all’amata comunità, fatta motivo del suo
rendimento di grazie, oggetto del suo ricordo affettuoso e destinataria della
sua supplica. Si noti anche qui l’uso abbondante delle espressioni “ogni
volta”, “sempre”,” in ogni mia preghiera”.Più in dettaglio, San Paolo ringrazia
Dio perché dal primo giorno della loro
chiamata fino ad oggi, i filippesi hanno preso parte alla diffusione del
Vangelo.
Anche da questo scritto paolino non sarà difficile, per
ognuno di noi trarre lezione e nutrimento per come e perché vivere il
rendimento di grazie, intercedendo gli uni per gli altri e alimentando
sentimenti di gioia, di fiducia reciproca e di affetto. Un ringraziamento che porta ad aumentare il senso di appartenenza all’Istituto e a crescere nella comunione
tra noi e con gli altri. E vedendo se riusciamo a farlo “ogni volta”,”sempre”,”in
ogni preghiera” affinché anche di noi si possa dire, secondo le modalità
specifiche della Compagnia Missionaria, che dal primo giorno della nostra
vocazione “fino ad oggi”abbiamo “preso parte alla diffusione del vangelo”. E si
può enumerare tutta la partecipazione della Compagnia Missionaria alla
diffusione del Vangelo, non solo Italia, ma anche in altre parti del mondo. Si
può quindi concludere con il salmista:”Quanti prodigi in nostro favore, sono troppi per
essere contati”.
Ci auguriamo che questi ed altri esempi biblici possano
spronarci ad abbondare in rendimento di grazie. In forma semplice e mnemonica
possiamo ripetere il seguente ritornello:
“Allora ti renderò grazie, al suono dell’arpa, per la tua
fedeltà o Dio. A te canterò sulla cetra o Santo d’Israele” (salmo 71).
(dagli scritti di p. Albino Elegante)
gesù mite e umile di cuore
La contemplazione
del Cuore di Gesù, lo sguardo di fede, fugace ma intenso di desiderio, che
rivolgiamo di frequente alla sua immagine, lentamente ci conducono a farci
copia dei suoi sentimenti e della sua disponibilità.
Nella fedeltà
quotidiana all’impegno di preghiera, questa disponibilità si allarga e si
consolida. Al punto da renderci “adulti” in Cristo, testimoni limpidi ed
entusiasti delle disposizioni del suo cuore, particolarmente di quelle che sono
più efficaci di ammirazione e di grazia: l’amore misericordioso, la giustizia,
lo zelo, la volontà di pace….
E’ la nostra
missione: fare del Cuore di Cristo, il
cuore nostro e il cuore del mondo.
Qualunque sia il posto
dove viviamo, qualunque attività che rientra nei doveri della nostra
quotidianità, in famiglia, nel lavoro, nell’ambiente ecclesiale o sociale… noi
dobbiamo presentarci impregnati dello spirito del Cuore di Gesù e tutti,
indistintamente tutti, devono coglierne il fascino nella costanza della nostra
visione di fede, nell’apertura all’ottimismo e alla speranza, nella
disponibilità all’accoglienza, nella “caparbietà” serena a risolvere tutto
nella giustizia e nella carità.
La liturgia della Chiesa
ha scelto questa pagina come brano evangelico proprio della solennità del Sacro
Cuore dell’anno A.
Rileggiamola insieme:
“In
quel tempo Gesù disse: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra,
perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai
rivelate ai piccoli. Si, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato
dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno
conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
Venite a me,
voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio
giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete
ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.
(Mat. 11, 25-30).
Indubbiamente il Vangelo
di Matteo ci pone di fronte a un brano molto originale, in cui meritano
attenzione per “le cose che sono state dette” e “come” sono dette. Ne rileviamo
in particolare, due:
- l’esclamazione
di giubilo e di benedizione al Padre per lo stile con cui Egli conduce il
cammino della redenzione del mondo;
- l’invito
a seguire il suo esempio di mitezza e di umiltà. E questo, nonostante che Egli
abbia appena affermato di essere maestro “assoluto” e “necessario” per
l’addentramento dell’uomo nella conoscenza del mistero di Dio.
Potremo concludere che,
prima dell’intelligenza, preme a Gesù il nostro cuore. E’ lì che Egli vuole,
soprattutto, collocare l’amore e la pace di Dio.
L’esclamazione
di giubilo di Gesù
Ci colpisce la confidenza con cui Gesù si
rivolge al Padre. Capovolge la mentalità e l’uso, fino allora seguiti dal
popolo Ebreo, che aveva relegato la grandezza e l’onnipotenza di Dio in un
mondo tutto suo, inaccessibile ai limiti umani. Al punto che il pio israelita
non si permetteva nemmeno di pronunciare il nome di Dio.
Gesù, con il suo esempio, abbatte le
barriere della inaccessibilità dell’uomo a Dio e ci insegna che Dio è il Padre
buono e misericordioso, sempre aperto all’accoglienza. Il Padre che soprattutto
ama e vuole essere amato. Il Padre a cui piace immensamente il nostro linguaggio e il nostro atteggiamento
filiale.
Del resto è Lui stesso che ci instrada su
questo rapporto di semplicità. Gesù lo benedice perché rivela le cose della
sapienza di Dio. I misteri del suo amore non sono appannaggio riservato ai
dotti, ai grandi della terra, ma dono di amore e di infinita benevolenza per i
piccoli.
Così i piccoli, nel criterio di Dio,
diventano il prototipo di coloro che Egli ama. E Gesù dice ai “grandi” che
devono convertirsi e farsi nello spirito come loro. Diversamente non troveranno
posto nel regno dei cieli…
Imparate da me!
“Imparate
da me che sono mite ed umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre
anime”. Con queste parole Gesù
si proclama “maestro di vita”. Maestro di tutti, perché tutti hanno incontrato
e incontrano sulla strada della vita il volto sfigurato della fatica e della
tribolazione, perché tutti fanno esperienza quotidiana della ingenita debolezza
che li spinge sotto la schiavitù del peccato e della morte (cfr. Rom. 5,12).
Gesù, come il Padre, vuole far giungere a tutti i tribolati il suo amore che
solleva e che salva.
Ma
è strana, per la mentalità umana, la strada che Egli sceglie per farsi nostro
sollievo: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. Con due
aggettivi Gesù caratterizza il suo comportamento e ci assicura che, se lo
imiteremo, troveremo un profondo beneficio di spirito.
La mitezza: è il comportamento che dona un fascino straordinario alla
persona di Gesù. La sua bontà, la sua accoglienza, la sua disponibilità a
tutti, la capacità illimitata di comprendere, di perdonare, di aiutare, di
soccorrere ogni sorta di calamità…. Fa accorrere a lui le moltitudini persuase
che in lui “è Dio stesso che ha visitato il suo popolo” (Lc.7,16).
La via della mitezza è un obbligo
irrinunciabile per chi segue i passi di Gesù. Egli è stato molto esplicito nel
suo insegnamento: il nostro volto presenterà al mondo l’autenticità del suo
volto, solo se ci manterremo sulla linea della sua bontà…
La mitezza, per espandersi in tutte le sue esigenze ha bisogno assoluto di sbocciare
e mantenersi nel terreno dell’umiltà
. Per questo Gesù, pur dichiarandosi
guida necessaria a Dio, non trasborda mai nell’insofferenza dei limiti e delle
debolezze umane. Ne condivide volentieri il peso e dove è necessario si mostra
medico paziente e generoso che sa rimetterci fino… al sacrificio stesso della
vita, senza mai darsi l’aria di chi vive su un gradino superiore. Anzi!
La
sera dell’ultima Cena, racconta l’Evangelista Giovanni, nel mezzo del pasto
“Gesù si alzò da tavola, depose le vesti, si cinse di un asciugatoio
e, versata dell’acqua in un catino, cominciò a lavare i piedi dei discepoli”.
Il gesto di Gesù, sul piano sociale era un gesto rivoluzionario
che rovesciava i comportamenti abituali, i normali rapporti tra maestro e
discepoli, tra padrone e servi. Sul piano della fede era addirittura un gesto
sconvolgente, assolutamente impensabile: Dio che si inginocchiava davanti
all’uomo.
Certo l’atto compiuto da Gesù suscitò
meraviglia e gli apostoli sorpresi, si saranno domandati che cosa intendeva
significare la novità di quell’atteggiamento. Gesù stava per consegnare alla
sua Chiesa il testamento di umiltà e di
servizio che aveva contraddistinto tutti i momenti della sua vita e che, se
accolto e seguito, avrebbe inserito i suoi seguaci nello stile specifico di Dio
e, come Dio, li avrebbe fatti beati.
Il mio augurio per la solennità del Sacro Cuore
Oso auspicare che l’imitazione di Gesù “mite e umile di cuore” divenga la
nostra beatitudine e il modo semplice, trasparente con cui soprattutto vogliamo
esprimere la nostra donazione e il nostro servizio al carisma che lo Spirito
santo ha posto nelle mani della nostra Famiglia. Ci conduca a questa grazia
l'imminente Solennità della festa del Sacro Cuore di Gesù.
( dagli scritti di p. Albino Elegante -
Solennità del Sacro Cuore 1996)