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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
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Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
 La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto 2024
    Edvige Terenghi, amministratrice centrale, visita i gruppi in Mozambico.... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto de 2024
    Edvige Terenghi, administradora central, visita os grupos em Moçambique.... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto de 2024
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  • 09 / 08 / 2024
    19 ottobre 2024
    Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online... Continua
ricordo di marta bartolozzi
 
Sappiamo del dono della risurrezione Omelia nella celebrazione a Monguelfo “Fratelli sappiamo” così inizia il capitolo 5 della seconda lettera ai Corinzi, ma cosa sappiamo? Che questo corpo, nostra abitazione sulla terra, verrà “disfatto” e “riceveremo un’abitazione presso Dio, una dimora eterna non costruita da mani d’uomo”. Sono parole molto forti ma nello stesso tempo, molto chiare. Innanzitutto si parla di come il mio corpo verrà disfatto, non distrutto, si disfa proprio come accade con le lenzuola del letto che viene disfatto, ma il letto non viene distrutto e pensavo alle tante lenzuola che sono passate per le mani di MARTA che con pazienza, nel nascondimento della lavanderia, quelle lenzuola che poi ha risistemato perchè altri potessero riposare tra lenzuola pulite e profumate... “Fratelli sappiamo” si, san Paolo mi ricorda che credere, avere e vivere il dono della fede significa sapere, “sapere” del dono della Resurrezione. Un “sapere” che non è tanto un sapere cui si arriva con l’intelligenza ma grazie all’incontro con Gesù, il Risorto. Io “so” di Gesù e “so” del Gesù vivo che ancora oggi posso incontrare Risorto nel dono della sua presenza nella vita che ho ricevuto, nella vita che incontro negli altri e nel dono della sua presenza “nascosta” nel tabernacolo... tutte piccole cose che anche MARTA ha cercato di seguire. Questo sapere Dio lo ha scritto nei nostri cuori ed è interessante sapere che proprio oggi, 16 ottobre, mentre salutiamo MARTA la Chiesa ricorda la memoria di santa Magherita Maria Alaquoque che si è impegnata a diffondere la devozione al Sacro Cuore che anche MARTA ha fatto sua e di cui si è fatta missionaria entrando e vivendo nella “Compagnia Missionaria del Sacro Cuore”. Se rileggo il testo di san Paolo mi è molto chiaro come questo cammino terreno, questa mia tenda (la vita), sono chiamato a disfarla e poi ecco che “riceveremo un’abitazione presso Dio, una dimora eterna non costruita da mani d’uomo”. Questo è quello che celebriamo qui, non la morte che nessun cristiano celebra, ma la vita che entra nelle mani di Dio...presso Dio!! Così con questa certezza con fiducia “camminiamo nella fede, non ancora in visione”. Non solo ma ci sforziamo “sia dimorando nel corpo che esulando da esso”, ecco qui gli sforzi di MARTA, che ha dimorato con tutta se stessa nel corpo ma ha pure esulato da esso, cioè ha vissuto momenti profondi dello Spirito che solo il buon Dio conosce e saprà ricompensare... sono quelle che san Paolo chiama le “opere compiute finchè era nel corpo”. Si, mentre sperimento la mia povertà e i miei tanti limiti qui su questo cammino terreno (cose di cui ho spesso parlato con MARTA), e lo riconosco dalla fragilità del peccato che mi tocca costantemente, Dio lavora in me per portarmi a ciò che non finisce, come afferma un bel salmo (salmo 41-42) che dice: Dio manda la sua luce e la sua verità e mi guida, mi conduce alla santa montagna. Giungiamo così al Vangelo dove Marta si mette in cammino verso Gesù per portargli da una parte la sua fatica e dolore per la perdita del fratello e dall’altra il suo “IO SO” che dice la sua certezza nel dono della Resurrezione, certezza di cui abbisogniamo ogni giorno. Colgo allora quella Marta del vangelo che va incontro a Gesù e gli parla a cuore aperto con la certezza in lui... “se tu fossi stato qui, ma anche ora so”. Marta nel vangelo non tiene però per sè il messaggio ma lo porta subito a Maria perchè anche lei sia ricca della gioia della vita, la vita eterna... ecco la chiamata a me e a tutti noi: Il Maestro è qui e ti chiama. Questo invito della Marta del Vangelo sia la nostra forza per continuare a camminare verso il bene di Gesù e trasmetterlo a chi incontriamo sul nostro cammino. Monguelfo, 16 ottobre  2017 Don Giorgio Carli Rendiamo grazie a Dio per averci donato Marta Così è stata ricordata nella celebrazione eucaristica di commiato a  Bologna Benvenuti a questa celebrazione che ci vede raccolti intorno alle spoglie di Marta per darle l’ultimo saluto e consegnarla, nella preghiera, all’amore salvifico di Dio Padre; Lei che tanto ha amato il Signore da donargli la sua vita. Marta è nata a Vaiano (FI), il 13 maggio 1938 e ha concluso il suo cammino terreno il 13 ottobre 2017 nel centenario delle apparizioni di Fatima. La Vergine del Rosario di Fatima della quale Marta era devota anche perché aveva vissuto per cinque anni in Portogallo, nel giorno della Sua festa l’ha accolta nella gioia eterna del paradiso. È entrata nella Compagnia Missionaria il 6 agosto 1961, giorno della trasfigurazione del Signore, certamente è stata attratta dalla Sua luce. Ha emesso i primi voti nel 1965. Due anni fa ha celebrato, assieme ad Elisabetta Todde che l’ha preceduta di poco tempo in paradiso, il 50° di consacrazione. Marta ha segnato la vita della Compagnia Missionaria: è stata Vice-Presidente dell’Istituto per sei anni e dal 1983 al 1995 e stata Presidente della CM che tanto ha amato. Assieme a tutte noi missionarie e a P. Albino Elegante, Fondatore della Compagnia Missionaria, è prodigata per la revisione e riformulazione dello Statuto della CM stessa. Per il suo particolare interessamento, per la sua passione verso la CM, famiglia in cui il Signore l’aveva posta, il 10 giugno 1994 Solennità del Sacro Cuore di Gesù, la Compagnia Missionaria venne elevata ad Istituto secolare di Diritto Pontificio. Per diversi anni Marta è stata responsabile della formazione; ha collaborato nelle missioni parrocchiali; per otto anni ha lavorato nella nostra agenzia turistica; l’ultimo periodo l’ha dedicato al lavoro nella nostra casa per ferie, prima ad Asiago poi a Monguelfo, e ha concluso i suoi giorni nel vicino ospedale di Brunico. A lei siamo molto riconoscenti per il grande bene fatto con sapienza, entusiasmo e intensa dedizione. Grazie ancora per il bell’esempio di fede, di preghiera, di amore al Cuore di Cristo e di impegno nell’edificazione della fraternità, e del bene sociale. Nella celebrazione Eucaristica rendiamo grazie a Dio per averci donato Marta, per il suo servizio alla causa del regno di Dio. La Madonna la consegni all’Amato del suo cuore, affinché continui in eterno quel cantico di amore che l’ha legata per tutta la vita al suo Signore. Luisa Chierici Oggi siamo qui per celebrare il mistero della vita Omelia nella celebrazione a Bologna Carissime sorelle della Compagnia Missionaria del S. Cuore, cari fratelli e sorelle, oggi stiamo salutando la nostra sorella Marta che ci è molto cara. 1. Lo facciamo nella fede del Signore Risorto: quella stessa fede che ha dato forza e coraggio di vita anche a Marta. Quella fede che le ha fatto e ci fa sperimentare la vita come una “carezza” dell’amore di Dio, nonostante le fatiche, i momenti di buio, le lacrime. È in questa fede che, pur in maniere differenti, abbiamo pensato di fare della nostra vita un dono. È la migliore risposta all’amore di Dio che in Gesù ha donato la vita per amore per renderci luminosi, vivaci, brillanti, riverbero della Sua luce. 2. Oggi siamo qui per celebrare il mistero della vita che una volta donata diventa eterna: “se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui… la morte non ha più potere su di Lui” ripetiamo con Paolo. 3. Siamo qui per continuare a chiedere il coraggio dell’unione intima con Gesù e la sua Parola di vita. “Intimamente uniti a Lui” chiede Paolo. Intimità dice molto più di familiarità. Dice relazione unica, sponsale, capace di generare vita, novità. È questo che rigenera l’uomo vecchio che ci fa restare attaccati alla paura di perderci donandoci. 4. Siamo qui per rendere grazie al Signore del suo amore che avvolge la vita ma anche per ringraziare il Signore dei segni d’amore divino trapelati dalle parole e dai gesti di Marta. La nostra umanità, anche nella sua parte più fragile, se consegnata all’amore di Dio diventa annuncio del suo amore. Noi possiamo diventare parole che raccontano la vittoria della vita sulla morte, dell’alba sulla notte. Il buio che avvolgeva Maria di Magdala, dentro e fuori, si è dissolto con il semplice sussurro del nome: “Maria!”. Maria è riportata alla bellezza, forza, ricchezza, calore, degli incontri con il “suo Signore”, che gli era stato tolto, portato via, nascosto. 5. Oggi siamo chiamati tutti a tornare all’origine della nostra personale vita salvata e per questo donata. Abbiamo bisogno di farlo. Ogni giorno. Solo così possiamo continuare a essere piccolo segno di speranza, nel quotidiano, per i fratelli e le sorelle con cui viviamo, speriamo, amiamo, piangiamo, gioiamo. La vita di ogni battezzato – la nostra vita – ha un senso se portata davanti all’altro, chiunque esso sia, perché la sua vita cresca. È il Vangelo di Gesù Cristo. È la sua sapienza. È il mandato che ci è stato dato: “Va’ dai miei fratelli” si sente dire Maria di Magdala, ci sentiamo ripetere oggi. Dai fratelli non per dire parole altisonanti, piene di chissà quale sapienza umana. Parole vere nella loro genuina semplicità: - non siamo lasciati soli, orfani, perché abbiamo un padre… - non siamo lasciati a consumarci per trovare vita, ci è stata donata… - non siamo lasciati da soli, ma fratelli e sorelle tra fratelli e sorelle… - non siamo sconosciuti, abbandonati alle nostre domande, ma accompagnati e riconosciuti in quanto siamo. 6. Il volto così spesso sorridente di Marta – questo è il mio più bel ricordo di lei – mi fa credere che davvero si è sentita chiamata nella maniera giusta, quella che scalda il cuore e che per questo asciuga le lacrime e rende ritrovato quello che sembrava perduto. 7. Questo oggi mi sento di chiedere con forza, per me, per tutti noi: “Maestro” la tua voce mi faccia tornare a sentire la forza della tua presenza che mi fa godere della vita donata fino alla fine per amore; “Maestro” la tua voce mi faccia tornare a sentire la forza della tua presenza per guardare agli avvenimenti come possibilità di futuro; Maestro” la tua voce mi faccia tornare a sentire la forza della tua presenza che mi fa camminare con speranza ogni giorno; Maestro” la tua voce mi faccia tornare a sentire per sempre amato. Oliviero Cattani Provinciale scj - ITS Lettera del Superiore Generale dei Sacerdoti del Sacro Cuore Gentile Martina, abbiamo avuto la notizia della morte di Marta Bartolozzi. Con questo scritto voglio unirmi alla vostra famiglia per esprimere a nome di tutta la Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù il nostro ricordo fatto di preghiera e di ringraziamento per tutto quello che Marta è stata per voi e per la Chiesa. Nei lunghi anni di presidenza della Compagnia Missionaria ha offerto tutta la sua competenza per la causa della diffusione di una spiritualità che ispirandosi al Cuore trafitto di Cristo promuovesse presenze capaci di plasmare, perfezionare e santificare il mondo. Io personalmente, insieme a tutto il Consiglio generale, ho avuto modo di conoscere personal­ mente Marta nella settimana che abbiamo vissuto a Monguelfo nell'aprile scorso. E’ stato un tempo ricco dove abbiamo apprezzato l'attenzione con cui siamo stati accolti, e accompagnati in quelle giornate. Abbiamo condiviso la celebrazione eucaristica e i tempi di adorazione, abbiamo goduto di tutto quello che ci è stato preparato. Quando una persona cara ci lascia vengono alla mente le cose più normali ed essenziali. È bello che alla conclusione di un percorso fatto di disponibilità e servizio, si possano recuperare le realtà positive. Questo riandare velocemente al bello di una vita ci aiuta ad intuire che siamo già intrecciati con l'eternità, che Marta ha incontrato definitivamente, e in pienezza. Come Gesù, chi muore in Dio si sa accolto dalle braccia del Padre che, nello Spirito, colma le distanze e fa nascere l'eterna comunione della vita. Nella luce della risurrezione di Gesù possiamo intuire qualcosa di ciò che sarà la risurrezione della carne. L'anticipazione della risurrezione finale la troviamo in ogni cosa bella, in ogni gesto lieto, in ogni segno di gioia che raggiunge il corpo e le cose. Le donne vere diventano discepole autentiche del Signore, brani del Vangelo, narrazioni dell'amore di Dio per tutta l'umanità. La vostra famiglia può dire meglio di me tutto quello che Marta è stata, tuttavia mi piace pensare con voi che ogni sorella e fratello sempre ci lascia un patrimonio di cose importanti da custodire e valorizzare. Il Cuore di Gesù sostenga il cammino di bene di tutte voi. P. Heiner Wilmer, scj Le "perle" di Marta Quest’anno Nilde ed io, insieme alle sorelle missionarie del nostro gruppo, ai familiares e ai tanti amici di S. Antonio Abate, abbiamo festeggiato il nostro 25° anno di consacrazione nella CM, in un meraviglioso scenario della costiera sorrentina. Ho pensato a Marta, ho pregato per lei con immensa gratitudine. Ne ho sentito la presenza, ma anche l’assenza. Sapevo che era molto malata e da giorni pensavo a lei, avrei voluto che fosse lì con noi  a gustare la bellezza di quella giornata di sole, il profumo dei giardini, il luccichio del mare. Marta aveva una forte dimensione contemplativa soprattutto dinanzi alle bellezze naturali. In uno dei nostri incontri a Caserta ci siamo fermate a lungo ai piedi della grande cascata del Parco della Reggia. Mi disse che lo scroscio delle cascate le creavano sempre una forte emozione come segni di quel “Fiume d’acqua viva che sgorga dal Costato aperto del Cristo” Ora che è passata alla Casa del Padre si affollano i ricordi con gratitudine per quanto mi ha dato accompagnandomi da sorella e amica nel mio cammino formativo di base. Nilde è stata la mia compagna in questo cammino. Gli incontri avvenivano quasi sempre nella casa di mio fratello a Roma a due passi da Villa Borghese dove nella tarda mattinata o nel primo pomeriggio si andava a passeggiare lungo i bei viali alberati. Marta, come dicevo, aveva il gusto del bello e amava tuffarsi nella natura. Era un momento di fresca allegria dopo una mattinata intensa di studio, riflessioni, preghiera:Come formatrice Marta era molto esigente con sé stessa e con le sorelle a lei affidate. Fin dai primi incontri ci trasmetteva le esigenze di un cammino che una solida formazione richiede. Lei stessa ce ne dava una concreta testimonianza preparando con cura il materiale su cui lavorare,sobbarcandosi i due giorni di lavoro con noi, anche dopo faticosi viaggi all’estero e i tanti impegni come Presidente. Mi ha sempre meravigliato la sorprendente generosità e la serietà con cui si spendeva senza risparmio di forze. Con la sua testimonianza ci richiamava alle esigenze di una formazione che dura tutta la vita, per fare del Cuore di Cristo il centro, il fondamento della propria vita, all’importanza della preghiera e della preghiera profonda,della Parola, dello studio e degli aggiornamenti continui per avere gli strumenti di discernimento necessari nella storia presente. Marta era una instancabile “cercatrice” di libri, articoli, saggi, meditazioni, non solo di carattere spirituale, ma culturale in senso ampio. Non c’era nulla di ciò che è umano che non le suscitasse interesse, dagli studi teologici alla lettura dei testimoni del nostro tempo, dalla psicologia per conoscersi e fare verità in se stessi, ai temi etici e sociali. Aveva la capacità di fare unità, armonizzare tutti questi aspetti diversi. Cercatrice di “perle” perché anche noi imparassimo ad essere per tutta la vita “cercatrici” come lo scriba del Vangelo e a comprare tutto il campo per scoprire il “tesoro”. Un’esigenza della nostra consacrazione in secolarità. La secolarità su cui insisteva tanto (qualcuna avrebbe potuto pensare con qualche esagerazione), non era mai formale; voleva dire amore, gusto e conoscenza della storia in cui si vive, per essere - come si può - sale e lievito, capacità di scoprire quella ricchezza di umanità sempre presente nella vita. Io venivo da una storia di sensibilità e di impegno sociale, ma Marta sapeva dare a questa mia personale sensibilità un’ottica diversa, quella appunto della fede per cogliere nella Parola la chiave di lettura del progetto di Dio sull’umanità. Mi sentivo capita e mi lasciavo correggere. Dopo i momenti forti della mattinata, c’era l’ora del pranzo sempre gustoso quando i cibi li aveva preparati Nilde, qualche volta anche io! Questi erano momenti di fresca amicizia, di familiarità gioiosa. Nel tempo, non subito, ho scoperto quanto fosse forte in Marta il suo bisogno di amicizia, che immediatamente non appariva, forse perché coperto dal forte senso di responsabilità con cui viveva il servizio a lei richiesto. Nei momenti in cui si sentiva più libera dal ruolo, emergeva e allora si creava uno spazio di comunione nel quale ci sentivamo davvero sorelle e amiche. Negli anni successivi ho potuto rivivere con lei questa esperienza amicale tutte le volte che ci si incontrava. Si parlava tra noi col cuore e con sincerità. Ci sarebbe ancora tanto da dire di Marta. Vorrei chiudere con un Grazie. Grazie, Marta, mi sento molto grata e debitrice per quanto hai dato a me e a tutta la nostra famiglia. Il Signore saprà ricompensarti col giusto premio. Posso solo dirti: come sei stata presente nella mia vita passata, lo sei ancora e…lo sarai sempre. Marinella Martucci
servire è gioia
 
Esperienza giovanile di volontariato a Villa S. Giuseppe di Monguelfo Nel momento in cui mi si richiede di esprimere un giudizio complessivo su quella che è stata l’esperienza mia e di mia sorella come volontari nelle nostre due settimane di soggiorno a Villa san Giuseppe, il ricordo vola istantaneamente ad un dettaglio all’apparenza del tutto insignificante, con il quale esordirei nel mio racconto. Passando per la cucina della casa per ferie – luogo che abbiamo avuto modo di conoscere – si legge su di una parete una citazione da Rabindranath Tagore, che mi ha colpito dal primo momento in cui l’ho vista: “Dormivo e sognavo che la vita era gioia. Mi svegliai e vidi che la vita era servizio. Volli servire e vidi che servire era gioia” Lavorando a Villa san Giuseppe, in termini pratici, il servizio è la norma, e si fa di tutto – quello che occorre; dal lavaggio dei piatti ai pasti, alla pulizia delle camere, alla preparazione dei tavoli, per finire con piccoli servizi di volta in volta necessari ed estemporanei. Imprevisti su imprevisti, difficoltà e inciampi, ritardi o no, in un modo o nell’altro siamo sempre stati tutti coinvolti nel riuscire a garantire un servizio adeguato ai clienti. Essere volontari, però, non significa solamente entrare nel cuore dei meccanismi che permettono il funzionamento di una grande struttura, ma anche essere a diretto contatto con i registi – in questo caso le registe – di questo spettacolo. Vivere a tu per tu con le missionarie è stato sicuramente uno degli aspetti migliori del nostro soggiorno; ciascuna con il proprio carattere, con il suo spirito, anche con la propria provenienza geografica – ricordo con piacere le parentesi portoghesi di Elvira; ciascuna dedita alle sue specifiche attività, da quelle di direzione generale di Fiora, la responsabile con la collaborazione di Martina e Serafina; ma sempre e comunque disponibili, sempre e comunque unite dal filo rosso di una magica coesione, che evidentemente non è solamente il legame religioso. Non dimenticando la simpatia e la disponibilità di Gianna. E’ interessante notare come ogni azione, all’interno di Villa San Giuseppe, non sia che l’espressione del servizio gratuito di cui parla Tagore. Un concetto sicuramente non limitato al contributo di noi volontari; l’essenza del servizio, in definitiva, non si riduce alla nostra piccola e schematica routine, allo svegliarsi alle 7 del mattino ogni giorno per aiutare a lavare i piatti della colazione, o al passare in rassegna ogni stanza dell’albergo per pulirla con aspirapolvere e stracci, ma è qualcosa di ben più esteso. Quello che colpisce della casa per ferie è il fatto che gli stessi ospiti contribuiscano in modo attivo a questa macchina di servizio; il personale serve gli ospiti, e gli ospiti servono il personale. In questo senso è stata una fortuna e un piacere essere presenti proprio a Ferragosto; una giornata di festa – già per tradizione altoatesina – con un clima familiare quanto mai si può trovare altrove, che ha visto festeggiare ospiti e membri del personale tutti insieme. Occasione nella quale un gruppo degli stessi ospiti si è offerto di servire ai tavoli a pranzo, e di preparare una tradizionale grigliata alla sera. Senza contare il contributo continuo di molti clienti fissi, che non rinunciano a dare una mano nella gestione del bar della reception e nella preparazione dei tavoli – a questo proposito ricordo con simpatia la signora Flavia e il signor Alberto, con i quali ho avuto modo di fare conoscenza. Solo più tardi, dunque, alla luce della mia permanenza nella casa per ferie e delle mie riflessioni, sono arrivato a scorgere la profondissima verità e la bellezza del messaggio di Tagore. Un messaggio che va elevato a strumento di interpretazione di vita, oltre che di un’esperienza – quella del volontariato – che altro non è se non una metafora, in scala ridotta se si vuole, del cammino della vita del cristiano. A questo punto, non ci resta che ringraziare per avere servito. 
prima emissione dei voti
 
Se mi accompagni sarò più forte, se cammini accanto a me, di chi avrò timore?  Con grande gioia vi racconto i bei momenti vissuti alla mia prima emissione dei voti. Era lo scorso maggio quando ho presentato la domanda. Il consenso mi è arrivato in seguito al parere positivo espresso su di me dalle missionarie che mi avevano accompagnato durante il periodo della formazione e dal Consiglio Centrale. Quando mi fu comunicato il parere positivo del Consiglio Centrale la mia gioia fu immensa. La decisione della data fu motivo sufficiente e chiaro per darne comunicazione alla mia famiglia e agli amici che tanto mi avevano incoraggiata durante gli anni della formazione e nei periodi di fatica e di tentazione. Tutte insieme, formande e missionarie che mi avevano accolto al mio arrivo ad Invinha, abbiamo cominciato i preparativi per la celebrazione. All’inizio le voci erano fiacche perché non conoscevamo i canti, ma poi fu un successo pieno. Arrivato il 13 agosto, e con la celebrazione della Nativitá della santissima Vergine Maria, ho emesso i miei primi voti annuali nella C.M. La festa è andata molto bene, la celebrazione era presieduta da Dom Lerma Martinez, vescovo di Gurué, presenti anche i Padri: Rito, Agostino, Daniel e Francisco, tutti diocesani. Ho vissuto ogni momento in comunione con tutta la Compagnia Missionaria. Vi sono riconoscente per le preghiere che mi avete dedicato e per la vostra accoglienza in seno alla C.M. come missionaria e, come missionaria, mi impegno a seguire Gesú molto piú da vicino, vivendo una vita di amore fino a diventare comunione con Dio e con i fratelli. Vi prego di continuare a pregare per me, per la mia crescita personale in ogni senso. Mi ritengo privilegiata per essere stata accolta nella casa di Invinha e per avere condiviso tutto con quel gruppo, ogni giorno vissuto lí. Mi sento piú responsabile ora ad essere di esempio alle giovani che arrivano per la prima volta nella casa di formazione; con la mia vita comunico loro tutto quanto ho imparato da quando sono entrata nella Compagnia Missionaria. Impariamo insieme, loro ed io; questa è una grande gioia ma è anche una sfida. La presenza di Cecilia Benoit K., missionaria di origine cilena, ci ha regalato grande gioia per la sua vivacitá e il suo impegno; ha rafforzato in noi la volontá di imparare e di proseguire il cammino incontro al futuro. Abbiamo imparato con lei la disponibilitá e l’impegno a far tesoro di tutto sempre di piú, perché il futuro della Compagnia Missionaria in Mozambico é nelle nostre mani. Con le riflessioni e la condivisione della Parola di Dio abbiamo scoperto il dinamismo e la risonanza della stessa, sempre invocando lo Spirito Santo, come raccomanda il nostro Statuto al n. 64.
vivere comunione e missione con cuore accogliente e misericordioso
 
Carissime/i, desidero iniziare questa lettera con la frase riportata sopra che raccoglie in sé un programma per “NOI CM” che ci apprestiamo a celebrare il nostro 60° di fondazione. Per me e per noi può essere uno stimolo a riflettere sulla nostra vocazione ed a lasciarci interrogare per vivere con cuore grato il nostro cammino dentro l’oggi. P. Albino nella sua riflessione che viene riportata in questo numero di Vinculum dice: “Per ringraziare di essere stati scelti e amati, occorre l’acutezza di occhi nuovi che penetrino l’insondabile profondità di Dio.” Mi piace ricordare qui la mia visita all’Indonesia e al Mozambico dove, con le missionarie abbiamo preso in mano le riflessioni sullo Statuto di P. Albino del 1972 e dalle quali è scaturita un approfondimento su due punti cardine del nostro impegno: COMUNIONE E MISSIONE declinati tenendo conto della nostra spiritualità che ha al centro il “Cuore di Cristo” e tenendo conto delle continue sollecitazioni che ci vengono proposte da Papa Francesco sia nella Evangelii Gaudium che in tutto il suo magistero sui temi dell’ACCOGLIENZA e della MISERICORDIA. Vivere il 60° allora vuol dire celebrare le meraviglie compiute dal Signore nel passato e riconoscere la sua azione nel presente lasciandoci invadere “oggi” dalla Sua benevolenza e dalla sua novità di vita. L’incontro delle neoconsacrate provenienti dall’America Latina e dall’Africa e con Rosy dall’Italia ora nel periodo del Biennio, ci sollecita ad avere uno sguardo globale sulla nostra famiglia con questa fisionomia specifica voluta dal Signore che ci ha portate, non per caso ma per la sua grande misericordia, ad essere presenti in vari paesi donandoci la ricchezza dell’incontro con varie culture e vari popoli. Certo sia in Italia che in Portogallo ci troviamo a vivere una stagione difficile che ci mette alla prova nella fede e nella speranza. La recente morte di Antonietta e di Marta hanno lasciato un senso di smarrimento per alcune che vivono il tempo dell’anzianità con apprensione. In verità, come ci ha detto Papa Francesco nella sua visita a Bologna: “Il Signore ci visita tante volte con la scarsità dei mezzi: scarsità dei mezzi, scarsità di vocazioni, scarsità di possibilità… con una vera povertà, non solo la povertà del voto, ma anche la povertà reale. E la mancanza di vocazioni è una povertà ben reale! In queste situazioni è importante parlare con il Signore: perché le cose sono così? cosa succede nel mio istituto? perché le cose finiscono così? perché manca quella fecondità? perché i giovani non si sentono entusiasti, non sentono l’entusiasmo per il mio carisma, per il carisma del mio istituto? perché l’istituto ha perso la capacità di convocare, di chiamare?” … Si solo la preghiera e la fiducia nella fedeltà di Dio e quegli occhi nuovi di cui ci parla P. Albino sapranno davvero scorgere in ogni richiesta del Signore la possibilità di dire “eccomi – grazie”. Si perché nascoste nelle pieghe della vita si intravedono le insondabili profondità di Dio. Accanto alle esigenze della vita scorgiamo il suo misterioso disegno se sapremo avere occhi e cuore aperti a riconoscere la Sua Presenza nel quotidiano. E’ questo che auguro a me stessa ed a voi, un cuore aperto e generoso, accogliente e misericordioso come il “Cuore di Cristo”. Il frutto del 60° allora sarà una nuova stagione nella quale accoglieremo con gratitudine quanto il Signore preparerà per noi e con noi operando, come nel passato, meraviglie nella nostra vita. In comunione. Martina
il nostro grazie
 
Quest’anno celebriamo il 60° di vita della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore! Una tappa importante che vogliamo vivere  nel segno della festa e del ringraziamento. Questa riflessione di p. Albino, presentata in altra ricorrenza, la troviamo appropriata a questo evento perché ancora attuale e perché fa emergere stimolanti indicazioni per rinnovare al Signore il nostro GRAZIE. “Allora io ti renderò grazie al suono dell’arpa, per la tua fedeltà o Dio. A te canterò sulla cetra, o Santo d’Israele” (salmo 71). Come ringraziare per questi anni di vita della Compagnia Missionaria ? Lo possiamo imparare da san Paolo. Ecco due esempi, fra i tanti che incontriamo all’inizio delle sue lettere. 1 Tes. 1,2-4 : “Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui”. Notiamo anzitutto che il ringraziamento è rivolto a Dio Padre. E questa è una costante dell’epistolario paolino: l’espressione della gratitudine va a colui che sta all’origine della storia e della nostra salvezza. E’ da qui che nasce il grazie. Infatti, ringraziare significa riconoscere l’iniziativa salvifica del Padre e la sua azione efficace, sempre nascosta nelle pieghe più profonde delle vicende umane. L’avverbio “sempre” significa di continuo e che non si tratta solo di momenti liturgici, ma di un atteggiamento del cuore. Notiamo inoltre che il grazie nasce e si alimenta dal “fare memoria”, cioè dal ricordare: quanto più si ricordano i doni di grazia ricevuti, tanto più cresce la gratitudine. E San Paolo ci insegna a nominare i doni ricevuti come la fede, l’amore, la speranza... Un’ altra motivazione che nutre il ringraziamento di Paolo è individuata nell’amore e nell’elezione divina. L’essere “amati da Dio”è una qualifica che specifica il vero nome di coloro che il Padre sceglie. Per ringraziare di essere stati scelti e amati, occorre l’acutezza di occhi nuovi che penetrino l’insondabile profondità di Dio. La scelta dei credenti è stata anticipata dal suo progetto: Lui ci ha scelti gratuitamente, secondo un disegno misterioso di volontà elettiva. Ognuno di noi può parafrasare e applicare alla Compagnia Missionaria e ad ogni suo membro quello che San Paolo scrive alla chiesa di Tessalonica. La nostra gratitudine va a colui che è all’origine della nostra Famiglia spirituale: Dio e la sua azione efficace dentro le pieghe di questi anni trascorsi. Gratitudine che sgorga dalla nostra disponibilità a “ricordare” ed “enumerare” i tanti doni di grazia che danno volto alla CM: il dono del Cuore trafitto di Cristo da cui nasce la nostra spiritualità e missione, comunione, oblazione, consacrazione, secolarità, missionarietà ; uno stile di amore tipico e qualificante. Questi altri doni costituiscono l’identità del nostro Istituto che ha già attenuto l’approvazione pontificia. Fil. 1,3-5: “Rendo grazie al mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi. Sempre quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente”. Il ringraziamento in questo caso, è da san Paolo abbinato a motivi “eucaristici”, a quello della preghiera di intercessione e all’espressione di sentimenti di gioia, di fiducia e persino di affetto. Un rendere grazie che rivela il cuore dell’apostolo che nel tu- a Tu con il suo Dio non si isola, ma resta unito all’amata comunità, fatta motivo del suo rendimento di grazie, oggetto del suo ricordo affettuoso e destinataria della sua supplica. Si noti anche qui l’uso abbondante delle espressioni “ogni volta”, “sempre”,” in ogni mia preghiera”.Più in dettaglio, San Paolo ringrazia Dio perché dal primo giorno della loro chiamata fino ad oggi, i filippesi hanno preso parte alla diffusione del Vangelo. Anche da questo scritto paolino non sarà difficile, per ognuno di noi trarre lezione e nutrimento per come e perché vivere il rendimento di grazie, intercedendo gli uni per gli altri e alimentando sentimenti di gioia, di fiducia reciproca e di affetto. Un ringraziamento che porta ad aumentare il senso di appartenenza all’Istituto e a crescere nella comunione tra noi e con gli altri. E vedendo se riusciamo a farlo “ogni volta”,”sempre”,”in ogni preghiera” affinché anche di noi si possa dire, secondo le modalità specifiche della Compagnia Missionaria, che dal primo giorno della nostra vocazione “fino ad oggi”abbiamo “preso parte alla diffusione del vangelo”. E si può enumerare tutta la partecipazione della Compagnia Missionaria alla diffusione del Vangelo, non solo Italia, ma anche in altre parti del mondo. Si può quindi concludere con il salmista:”Quanti prodigi in nostro favore, sono troppi per essere contati”. Ci auguriamo che questi ed altri esempi biblici possano spronarci ad abbondare in rendimento di grazie. In forma semplice e mnemonica possiamo ripetere il seguente ritornello: “Allora ti renderò grazie, al suono dell’arpa, per la tua fedeltà o Dio. A te canterò sulla cetra o Santo d’Israele” (salmo 71). (dagli scritti di p. Albino Elegante)
gesù mite e umile di cuore
 
La contemplazione del Cuore di Gesù, lo sguardo di fede, fugace ma intenso di desiderio, che rivolgiamo di frequente alla sua immagine, lentamente ci conducono a farci copia dei suoi sentimenti e della sua disponibilità. Nella fedeltà quotidiana all’impegno di preghiera, questa disponibilità si allarga e si consolida. Al punto da renderci “adulti” in Cristo, testimoni limpidi ed entusiasti delle disposizioni del suo cuore, particolarmente di quelle che sono più efficaci di ammirazione e di grazia: l’amore misericordioso, la giustizia, lo zelo, la volontà di pace…. E’ la nostra missione: fare del Cuore di Cristo, il cuore nostro e il cuore del mondo. Qualunque sia il posto dove viviamo, qualunque attività che rientra nei doveri della nostra quotidianità, in famiglia, nel lavoro, nell’ambiente ecclesiale o sociale… noi dobbiamo presentarci impregnati dello spirito del Cuore di Gesù e tutti, indistintamente tutti, devono coglierne il fascino nella costanza della nostra visione di fede, nell’apertura all’ottimismo e alla speranza, nella disponibilità all’accoglienza, nella “caparbietà” serena a risolvere tutto nella giustizia e nella carità. La liturgia della Chiesa ha scelto questa pagina come brano evangelico proprio della solennità del Sacro Cuore dell’anno A. Rileggiamola insieme: “In quel tempo Gesù disse: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Si, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”. (Mat. 11, 25-30). Indubbiamente il Vangelo di Matteo ci pone di fronte a un brano molto originale, in cui meritano attenzione per “le cose che sono state dette” e “come” sono dette. Ne rileviamo in particolare, due: - l’esclamazione di giubilo e di benedizione al Padre per lo stile con cui Egli conduce il cammino della redenzione del mondo; - l’invito a seguire il suo esempio di mitezza e di umiltà. E questo, nonostante che Egli abbia appena affermato di essere maestro “assoluto” e “necessario” per l’addentramento dell’uomo nella conoscenza del mistero di Dio. Potremo concludere che, prima dell’intelligenza, preme a Gesù il nostro cuore. E’ lì che Egli vuole, soprattutto, collocare l’amore e la pace di Dio. L’esclamazione di giubilo di Gesù Ci colpisce la confidenza con cui Gesù si rivolge al Padre. Capovolge la mentalità e l’uso, fino allora seguiti dal popolo Ebreo, che aveva relegato la grandezza e l’onnipotenza di Dio in un mondo tutto suo, inaccessibile ai limiti umani. Al punto che il pio israelita non si permetteva nemmeno di pronunciare il nome di Dio. Gesù, con il suo esempio, abbatte le barriere della inaccessibilità dell’uomo a Dio e ci insegna che Dio è il Padre buono e misericordioso, sempre aperto all’accoglienza. Il Padre che soprattutto ama e vuole essere amato. Il Padre a cui piace immensamente il nostro linguaggio e il nostro atteggiamento filiale. Del resto è Lui stesso che ci instrada su questo rapporto di semplicità. Gesù lo benedice perché rivela le cose della sapienza di Dio. I misteri del suo amore non sono appannaggio riservato ai dotti, ai grandi della terra, ma dono di amore e di infinita benevolenza per i piccoli. Così i piccoli, nel criterio di Dio, diventano il prototipo di coloro che Egli ama. E Gesù dice ai “grandi” che devono convertirsi e farsi nello spirito come loro. Diversamente non troveranno posto nel regno dei cieli… Imparate da me! “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime”. Con queste parole Gesù si proclama “maestro di vita”. Maestro di tutti, perché tutti hanno incontrato e incontrano sulla strada della vita il volto sfigurato della fatica e della tribolazione, perché tutti fanno esperienza quotidiana della ingenita debolezza che li spinge sotto la schiavitù del peccato e della morte (cfr. Rom. 5,12). Gesù, come il Padre, vuole far giungere a tutti i tribolati il suo amore che solleva e che salva. Ma è strana, per la mentalità umana, la strada che Egli sceglie per farsi nostro sollievo: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. Con due aggettivi Gesù caratterizza il suo comportamento e ci assicura che, se lo imiteremo, troveremo un profondo beneficio di spirito. La mitezza: è il comportamento che dona un fascino straordinario alla persona di Gesù. La sua bontà, la sua accoglienza, la sua disponibilità a tutti, la capacità illimitata di comprendere, di perdonare, di aiutare, di soccorrere ogni sorta di calamità…. Fa accorrere a lui le moltitudini persuase che in lui “è Dio stesso che ha visitato il suo popolo” (Lc.7,16). La via della mitezza è un obbligo irrinunciabile per chi segue i passi di Gesù. Egli è stato molto esplicito nel suo insegnamento: il nostro volto presenterà al mondo l’autenticità del suo volto, solo se ci manterremo sulla linea della sua bontà… La mitezza, per espandersi in tutte le sue esigenze ha bisogno assoluto di sbocciare e mantenersi nel terreno dell’umiltà . Per questo Gesù, pur dichiarandosi guida necessaria a Dio, non trasborda mai nell’insofferenza dei limiti e delle debolezze umane. Ne condivide volentieri il peso e dove è necessario si mostra medico paziente e generoso che sa rimetterci fino… al sacrificio stesso della vita, senza mai darsi l’aria di chi vive su un gradino superiore. Anzi! La sera dell’ultima Cena, racconta l’Evangelista Giovanni, nel mezzo del pasto “Gesù si alzò da tavola, depose le vesti, si cinse di un asciugatoio e, versata dell’acqua in un catino, cominciò a lavare i piedi dei discepoli”. Il gesto di Gesù, sul piano sociale era un gesto rivoluzionario che rovesciava i comportamenti abituali, i normali rapporti tra maestro e discepoli, tra padrone e servi. Sul piano della fede era addirittura un gesto sconvolgente, assolutamente impensabile: Dio che si inginocchiava davanti all’uomo. Certo l’atto compiuto da Gesù suscitò meraviglia e gli apostoli sorpresi, si saranno domandati che cosa intendeva significare la novità di quell’atteggiamento. Gesù stava per consegnare alla sua Chiesa il testamento di umiltà e di servizio che aveva contraddistinto tutti i momenti della sua vita e che, se accolto e seguito, avrebbe inserito i suoi seguaci nello stile specifico di Dio e, come Dio, li avrebbe fatti beati. Il mio augurio per la solennità del Sacro Cuore Oso auspicare che l’imitazione di Gesù “mite e umile di cuore” divenga la nostra beatitudine e il modo semplice, trasparente con cui soprattutto vogliamo esprimere la nostra donazione e il nostro servizio al carisma che lo Spirito santo ha posto nelle mani della nostra Famiglia. Ci conduca a questa grazia l'imminente Solennità della festa del Sacro Cuore di Gesù. ( dagli scritti di p. Albino Elegante - Solennità del Sacro Cuore 1996)
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