Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
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09 / 08 / 2024
Agosto 2024
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09 / 08 / 2024
19 ottobre 2024
Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
profeti nella storia e voce credibile nella chiesa
Dall'Assemblea Nazionale delle Responsabili della CIIS
Premessa
· Con questa
Assemblea apriamo un nuovo triennio della CIIS.
· Rinnoviamo
quindi impegno e obiettivi:
- l’impegno
di camminare insieme come Istituti nella Chiesa, cercando tutte le sinergie per
aiutarci nel discernimento di come stare nel mondo oggi, in questo grande
cambiamento d’epoca, nella modalità specifica della secolarità consacrata.
- L’obiettivo
di sostenere, rispettando l’autonomia di ciascun Istituto, il cammino,
soprattutto in quegli ambiti che sono trasversali a tutti gli Istituti, come ad
esempio, la formazione dei formatori, l’età anziana, il tempo della fragilità,
la formazione su temi specifici, ecc.
- La
necessità di esprimere nella Chiesa le istanze del mondo, nell’attenzione ai
segni dei tempi, con l’atteggiamento umile di chi ascolta e non presume di sé.
· Per dare
forma all’impegno e rimettere a tema gli obiettivi, siamo partiti ascoltando quanto emerso nell’assemblea
del maggio scorso, a partire:
- dalla
relazione di fine mandato di Marisa;
- dal
contributo alla riflessione di Daniela L.
- dal
dibattito.
· Innanzitutto,
l’Assemblea ha più volte richiamato l’importanza di continuare nella
riflessione circa la modalità tipica della nostra presenza nel mondo, in
particolare, “come” essere presenti nella realtà attuale, con la freschezza
delle origini e, contemporaneamente, con la necessità di tradurre il carisma
nell’oggi, custodendone il nucleo essenziale e rinnovandone i modi per
attuarlo, secondo le esigenze del tempo.
Programmazione Assemblee
o Per
rispondere alle sollecitazioni emerse è parso indispensabile prendere
seriamente in considerazione quanto Papa Francesco ci ricorda: “Siamo in un cambiamento d’epoca”.
o Quindi un primo passaggio (Assemblea novembre 2019)
è proprio quello di mettere a tema le ricadute
che le caratteristiche di questo cambiamento d’epoca hanno sul vivere collettivo ed individuale.
o In questa
prospettiva, è fondamentale rimettere all’ordine del giorno il tema del discernimento. Non si tratta di
aggiungere ulteriori analisi del contesto, ma di imparare ad attraversare le
domande che esso pone, individuando criteri ed atteggiamenti che possano
aiutare a discernere come stare e quali
scelte compiere nella storia complessa di oggi, a partire dalla nostra vita
quotidiana.
o Quando si
parla di discernimento, si pensa immediatamente all’agire personale, ma, oggi, è indispensabile, prima di tutto,
mettere in atto un discernimento storico,
cioè cercare di capire i caratteri della situazione, di valutarli alla luce
della fede, al fine di cogliere il senso profondo degli avvenimenti. Si tratta,
quindi, di operare un discernimento
storico che coinvolge, subito dopo, il discernimento
comunitario e quello personale:
non si tratta, banalmente, di un “prima” e di un “dopo” di carattere
cronologico, quanto, piuttosto, di un metodo
che deve diventare abituale, proprio per poter assumere in modo autentico e
profetico la responsabilità del vivere la
nostra consacrazione secolare.
o È dalla
comprensione/interpretazione della realtà che discende la capacità/libertà di
mettersi in gioco.
o Un secondo passaggio (assemblea di maggio
2020) potrebbe affrontare, quindi, il tema del discernimento, nelle diverse sue forme, in particolare il discernimento storico e il discernimento
comunitario: innanzitutto, vedere e comprendere il contesto, alla luce del
cambiamento d’epoca, per cogliere come esso interpella la nostra vocazione e
quali priorità indica.
o I mutamenti
continui (in particolare il continuo mutamento culturale), per essere letti ed
interpretati, chiedono una puntuale preparazione.
o Il tema della formazione potrebbe costituire
un terzo passaggio (autunno 2020):
ü Sarebbe importante definire “che cosa è formazione
oggi” se:
o la formazione è
dare/prendere forma;
o la formazione non
è solo trasmissione di conoscenze;
o la formazione è
contenuto e insieme relazione (che si instaura nel trasferire il contenuto
medesimo), tra chi educa (l’autorità nelle diverse accezioni) e chi accoglie la
proposta educativa:
o oggi siamo
in presenza di un certo indebolimento della figura dell’autorità: quali
conseguenze nel rapporto educativo.
o Ci troviamo in un
contesto in cui la formazione spesso subisce la pretesa psicologica di essere
assoluta, rischiando così di rendere marginale la dimensione spirituale della
vita cristiana.
ü Sarebbe importante comprendere quale formazione
offrire in un contesto in cui:
o La fede cristiana
appare estranea alla società in cui viviamo;
o Non sembrano più
possibili criteri condivisi circa ciò che è “vita buona”;
o Sembrano
prevalere criteri unicamente soggettivi che rispondono esclusivamente ad
esigenze individuali……benessere;
o Viene
continuamente rimosso il concetto di bene comune;
o Tempo di
pluralismo e di relativizzazione;
o La nostra
esperienza personale di fede è connotata dalla solitudine;
o Il contesto ci
pone sfide inedite;
o La nostra è una
fede esposta all’incertezza causata dai continui mutamenti, in una situazione
in cui non vi è il sostegno di una comunità “stabile”, nella consapevolezza che
ciò, talora, può produrre la tentazione di cercare protezione e riparo in un
concetto di comunità diverso da quello di chi vive condizioni di diaspora.
ü Quale metodo formativo:
o Il metodo deve
favorire la lettura critica del vissuto, la quale non si accontenta del
“racconto” di quanto accade nella vita quotidiana di ciascuna, ma che,
attraverso contenuti adeguati, che
alimentano la fede, consenta una rielaborazione dell’esperienza nella prospettiva
evangelica.
ü Rimettere a tema l’autoformazione:
o Premesso che non
esiste formazione oggettiva che non diventi anche autoformazione, sarebbe
importante chiedersi quali possibilità, oggi, per un’autentica autoformazione.
o Tutto
questo ci conduce ad una domanda fondamentale: Quale profezia nel cambiamento
d’epoca? Che cosa è chiesto agli IS? Quarto passaggio (assemblea
maggio 21)
o Un quinto passaggio
(Assemblea ottobre 2021) potrebbe riguardare l’attualità della nostra
vocazione Buone ragioni per proporre la nostra vocazione ai giovani. Come?
o Assemblea elettiva maggio 2022
Altri aspetti:
v Aggancio
con altre realtà ecclesiali per condividere pensieri, interventi, idee;
v Prosecuzione
del lavoro Osservatorio: coinvolgimento altre realtà, territorio, su proposte
culturali e sociali;
v Lavoro
insieme con CIIS diocesane e regionali: quali modalità? Convegni territoriali
in collaborazione?
v Congresso e
Assemblea CMIS importanza della partecipazione.
Carmela Tascone
(Rivista
Incontro n.1 - 2020)
l'eccomi di rosy
Anna
Pati – ma tutti la chiamano Rosy – domenica 20 settembre, nella chiesa
parrocchiale di Bibano, ha emesso i suoi primi voti nella Compagnia missionaria
del Sacro Cuore, un istituto secolare fondato a Bologna dal padre dehoniano
Albino Elegante. Quella domenica mattina per le comunità di Bibano, Godega e
Pianzano è stata celebrata un’unica messa alle 10: il parroco, don Mattiuz, ha
voluto così dare rilievo a questo evento. È stata presieduta da p. Silvano
Volpato scj, che è già stato in servizio nella comunità dehoniana di Conegliano
ed ha seguito personalmente il percorso di discernimento di Rosy. Di origini
pugliesi, da diverso tempo Rosy ha lasciato la sua terra e vive al nord: prima
in Lombardia e poi in Veneto. Da settembre si è inserita nel contesto della
parrocchia di Bibano, dove dà il suo contributo nella catechesi parrocchiale:
la si vede sfrecciare in moto, arrivare per tempo alla messa domenicale e
proclamare la Parola di Dio o suonare la chitarra per l’animazione della
liturgia.
Rosy, che
lavoro fai?
«Dopo
diversi anni di lavoro con i bambini nell’ambito della disabilità e nello sport
paralimpico come allenatrice di nuoto, attualmente lavoro come operatrice
sociosanitaria in una casa di riposo per anziani del Coneglianese: in un primo
tempo, mi sono occupata dell’accompagnamento al “fine vita”, mentre adesso
lavoro come operatrice in reparto e mi occupo dei bisogni primari di cui gli
anziani necessitano».
Perché
la scelta della consacrazione?
«Mi
è difficile spiegare. Mi lascio guidare da un brano del vangelo di Giovanni
che, con altri, ha accompagnato questo percorso: “Chi cercate? Rabbì dove
abiti? Venite e vedete” (cfr. Gv 1, 35- 42). Sono poche righe, ma
mi fanno pensare, soprattutto in questo periodo, al cammino che il Signore ha
fatto con me, portandomi attraverso strade davvero impensabili all’incontro con
lui. Essere una consacrata non è merito mio e non si regge sulle mie capacità o
su doni speciali… È lui che mi attira e mi dona un cuore capace di ascolto».
Una
scelta maturata nel tempo …
«Rileggendo
il vangelo di Giovanni, mi rendo conto di come gli incontri con Gesù sono
immersi in una realtà – la mia – già cominciata: sono conseguenza di azioni già
compiute, di scelte già fatte e non sempre scelte giuste. A volte, come i
discepoli, anch’io sono rimasta a debita distanza, guardando ma senza
incontrare».
Hai
conosciuto, anche tu, momenti difficili?
«Ho
vissuto crisi e sensi di vuoto che non si riescono a riempire semplicemente con
ciò che si conosce e si vive. Ma proprio qui Gesù, volgendomi lo sguardo, mi ha
rivolto la domanda: “Che cosa cerchi? Qual è il senso della vita che sta
vivendo? Queste domande, in un momento difficile della giovinezza, in cui nulla
sembrava avere senso, mi hanno aperto il cuore, mi hanno fatto scoprire il
desiderio di vivere in pienezza, di conoscere questo Gesù che in quel momento
mi sembrava così distante e invece mi stava amando come nessuno aveva fatto
mai».
E
poi ci sono gli incontri, le esperienze della vita …
«Guardando al mio cammino
sono state tante le esperienze e i cammini che mi hanno aiutato a maturare e a
far crescere una vita interiore e spirituale. Penso alla parrocchia, ai gruppi,
alla figura del vescovo Tonino Bello, al volontariato con i bambini…
Quest’ultima esperienza, in particolare, è stata per me una vera e propria
“scuola di vita” dove ho maturato quella spiritualità che ha acceso il
desiderio di appartenere a lui con una vita vissuta nella semplicità del
quotidiano. Davvero è stata un’esperienza forte che, unita ad altre, mi ha
educato alla consapevolezza di essere chiamata a scoprire a cosa serve la vita,
a saper discernere a cosa si è chiamati, con uno sguardo ampio e pieno di
possibilità vocazionali, a cercare di rispondere con la propria vita e con ciò
che si è ... Queste esperienze – ma anche le tante persone che Gesù mi ha messo
sulla strada – mi hanno insegnato a pregare la Parola, a pregare con la
semplicità delle mie giornate, a trasformare le piccole cose e i piccoli gesti
della mia quotidianità in preghiera…».
Perché
proprio la Compagnia Missionaria del Sacro Cuore?
«Ho
incontrato la Compagnia Missionaria un po’ per caso, dopo altre esperienze,
grazie al mio padre spirituale. Mi ha colpito lo stile di vita, la capacità di
vivere le relazioni personali e con il Signore, in una dimensione di attenzione
all’altro, chiunque sia, ma anche dentro alla realtà parrocchiale, nella
Chiesa. Posso dire che quel “vieni e vedi” del vangelo di Giovanni, cioè
quell’incontro che Gesù aveva fissato e che mi è restato impresso, è stato per
me capire con chiarezza ciò che avrei voluto nella mia vita e che oggi
significa entrare nella Compagnia Missionaria, accogliendo quello stile di vita
che mi permette di vivere una relazione con lui, in un’ottica di servizio, di
gratuità e di appartenenza».
E
dopo il 20 settembre, che cosa succede?
«Cambia
il modo di vedere le cose. Accetto la sfida della vita dietro a Lui e questo
per me significa che non sono sola, ma ogni momento del mio vivere, ogni cosa
che accade nella mia giornata, diviene per me una scuola per imparare ad
ascoltare, ad amare ed agire come Lui. Non solo quando le cose vanno bene, ma
soprattutto nella fatica. Ciò significa accogliere quel “ti basta la mia
grazia… la mia forza è nella tua debolezza” di cui parla san Paolo. Guardando
avanti, scopri che stai camminando dietro a un Maestro di nome Gesù, che ti
ripete, fissando su di te il suo sguardo pieno di amore: “Vieni e seguimi”.
Sono convinta che il Signore quando chiama non toglie nulla ma dona davvero
tutto…».
Intervista a cura di Alessio Magoga
battezzati e inviati: la chiesa di cristo in missione nel mondo
Questo è stato il titolo del messaggio di Papa Francesco per la giornata
missionaria del 2019. “Celebrare questo mese ci aiuterà in primo luogo a
ritrovare il senso missionario della nostra adesione di fede a Gesù Cristo,
fede gratuitamente ricevuta come dono nel Battesimo. La nostra appartenenza filiale
a Dio non è mai un atto individuale ma sempre ecclesiale: dalla comunione con
Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo nasce una vita nuova insieme a tanti altri
fratelli e sorelle. E questa vita divina non è un prodotto da vendere – noi non
facciamo proselitismo – ma una ricchezza da donare, da comunicare, da
annunciare: ecco il senso della missione. Gratuitamente abbiamo ricevuto questo
dono e gratuitamente lo condividiamo (cfr Mt 10,8), senza escludere
nessuno. Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi arrivando alla conoscenza
della verità e all’esperienza della sua misericordia grazie alla Chiesa,
sacramento universale della salvezza (cfr 1 Tm 2,4; 3,15; Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 48)….
…È un mandato che ci tocca da vicino: io sono sempre una missione; tu sei
sempre una missione; ogni battezzata e battezzato è una missione. Chi ama si
mette in movimento, è spinto fuori da sé stesso, è attratto e attrae, si dona
all’altro e tesse relazioni che generano vita. Nessuno è inutile e insignificante per l’amore
di Dio. Ciascuno di noi è una missione nel mondo perché frutto dell’amore di
Dio. Anche se mio padre e mia madre tradissero l’amore con la menzogna, l’odio
e l’infedeltà, Dio non si sottrae mai al dono della vita, destinando ogni suo
figlio, da sempre, alla sua vita divina ed eterna (cfr Ef 1,3-6).”
La prima volta sono andata in Mozambico anche perché in quel periodo si
parlava molto della responsabilità sociale. C’era chi in quel periodo
s’identificava col proletariato e lottava e ammazzava per l’uguaglianza delle
classi sociali. C’era chi gridava e manifestava per l’indipendenza e
l’autonomia dei popoli.
Il concilio come cristiani ci aveva sensibilizzati alla salvaguardia delle
culture locali e al rispetto dei nostri fratelli che erano stati e ancora
venivano defraudati di tutto, anche della propria identità culturale, da regimi
coloniali. Ed io che ero nata nel Nord del mondo sono cresciuta nella coscienza
cristiana che non serviva manifestare e attizzare odio, ma era necessario
mettersi dalla parte dei fratelli del Sud del mondo per collaborare con loro
allo sviluppo, alla presa di coscienza della propria identità e fianco a fianco
risalire la china insieme. Era il vento del concilio che ci aveva
sensibilizzati al rispetto delle persone, delle culture, delle loro identità,
anche se molto diverse dal “nostro mondo”. Così appena laureata sono partita
con la mia coscienza di battezzata, cristiana sessantottina, che voleva
contestare mettendosi dal lato degli
oppressi, scegliendo la missionarietà come scelta di vita e vocazione.
In questi anni ho fatto di tutto dall’alfabetizzazione
al lavoro pastorale, dal formatore di giustizia e pace a responsabile di
progetti a livello diocesano, da organizzatrice e insegnante di università a
capo cantiere e quasi muratore; sempre tra poveri e meno poveri, tra giovani e
meno giovani ma sempre al fianco e questa è sempre stata la caratteristica che
ha creato perplessità e meraviglia, reazioni e accoglienza.
Molte volte ho trovato espressioni di meraviglia quando dichiaravo la mia
nazionalità italiana. E qualcuno, cadendo dal pero, è arrivato a chiedermi come
mai non avessi la nazionalità mozambicana. C’è stato addirittura una volta un
giovane sacerdote mozambicano che mi ha dichiarato di non avere complessi con
me e che si sentiva trattato veramente come persona senza distinzione di razza.
Sembra strano, ma questo mi ha colpito profondamente facendomi pensare a quante
volte noi inviamo messaggi negativi inconfutabili, senza volerlo, se non
crediamo profondamente nell’uguaglianza e nel rispetto della persona umana.
Dopo quasi trent’anni di questa immersione totale a pieni polmoni ho dovuto fare un cambiamento rapido, non
programmato ma obbligato, per salute dal Mozambico all’Italia. Ho cambiato il
luogo, ma non l’essere. Sono missionaria perché battezzata. Sono missionaria
anche come scelta di vita.
In Mozambico mi
occupavo di giovani, di “giustizia e pace” a livello diocesano per cui anche o
soprattutto di prigioni, di università; venuta in Italia mi sono subito
affiancata al cappellano della Dozza di Bologna, (il grande carcere che
comprende il settore penitenziario, il giudiziario che ospita quelli che
sono in attesa di giudizio e i
definitivi, e in una struttura totalmente a parte ma dentro lo stesso alto recinto,
c’è anche il carcere femminile), e per ora vado tre volte a settimana.
La domenica si va per l’animazione delle messe: vengono celebrate ogni
domenica 5 messe ognuna in un settore differente. Io ho scelto di andare nella
chiesa grande dove molti volontari preferiscono non andare in quanto è molto
dispersiva, a volte impersonale e non aiuta la partecipazione anche perché
molti detenuti vengono per incontrarsi con altri conoscenti o parenti che sono
detenuti in altri bracci e lì possono incontrarsi e scambiare due chiacchiere.
Mi sono messa
nella posizione di catechista che, stando in mezzo a loro, insegna, facendo e
mostrando, come si partecipa e come si risponde.
Essendo la mia presenza costante, ho finito con l’essere uno dei punti di
riferimento. E proprio l’altro giorno mi è capitata una cosa inaspettata: la
messa non era ancora cominciata ed io stavo studiando quale poteva essere,
strategicamente, il posto più conveniente per sedermi.
I miei criteri
di scelta sono: individuare il gruppo più squinternato magari di musulmani
venuto lì solo per fare due chiacchiere o di stranieri che non conoscono la
lingua e non riescono neanche a seguire dal foglietto, mentre facevo queste
osservazioni mi sono seduta dietro tre signori italiani avanti in età che mi
rivolgono subito la parola salutandomi e chiedendomi come mai non fossi andata
la domenica precedente e dichiarandomi che si era notata la mia assenza. Primo
colpo inaspettato, poi così, quasi d’improvviso, mi chiedono: «Noi non abbiamo
la faccia da criminali vero?». Sembrava che volessero leggere nel mio cuore,
poi quasi facendo un loro profondo esame di coscienza continuano dicendo
letteralmente: «A volte sono le circostanze della vita che ti pongono in certe
situazioni», quasi ammettendo a se stessi di essere diventati criminali. Ho visto
in loro una ricerca di dignità perduta e un tentativo di capire se io li
consideravo criminali o no.
Mi sono trovata a farfugliare: chi sono io per giudicare? Sì, sì, capisco e
conosco bene certe situazioni… e ancora una volta mi sono sentita profondamente
turbata pensando alla fatica che fa la nostra società ad accogliere gli altri
come persone.
Un altro servizio che svolgo nel carcere è quello di incontrare quelli che
chiedono al cappellano il battesimo, la cresima o la preparazione al matrimonio
e facendo un primo colloquio cerco di capire le vere motivazioni. Poi,
dipendendo dalle disponibilità o dalle esigenze linguistiche, il cappellano
affida all’uno o all’altro catechista, la preparazione. Anche io ho avuto modo
di accompagnare vari al battesimo fino alla cresima. Faccio questo servizio
anche per gli agenti di polizia.
Attualmente vivo in una fraternità costituita da un nucleo di residenti e
altri che vivono nelle proprie case e vengono molto spesso per incontri,
scambio di esperienze e condivisione di vita. I residenti sono due padri
dehoniani, due di noi che apparteniamo alla Compagnia Missionaria del Sacro
Cuore e un signore che, lavorando da mattina a sera, molte volte condivide con
noi solo la cena. Noi residenti facciamo anche il servizio di accoglienza di
detenuti in permessi ad horas, che,
per poterne usufruire, devono avere un riferimento in città che si
responsabilizzi. Ho visto in questi incontri gli occhi lucidi e timidi di
uomini che dopo tredici o quindici anni di detenzione trovavano qualcuno che li
accoglieva in modo semplice, spontaneo e piano piano si scioglievano sentendosi
in famiglia, qualcuno lasciandosi andare a raccontare il suo passato fatto di
errori e di grandi cadute. Dopo si instaura un rapporto tale che diventa
veramente familiare fatto anche di scherzi e di condivisione di servizi.
Oggi, in modo particolare, la nostra società è chiamata a superare la
stigmatizzazione di chi ha commesso un errore poiché, invece di offrire l’aiuto
e le risorse adeguate per vivere una vita degna, ci si è abituati a scartare piuttosto che a
considerare gli sforzi che la persona compie per ricambiare l’amore di Dio
nella sua vita. Molte volte, uscita dal carcere, la persona si deve confrontare
con un mondo che le è estraneo, e che inoltre non la riconosce degna di
fiducia, giungendo persino a escluderla dalla possibilità di lavorare per
ottenere un sostentamento dignitoso.
Impedendo alle persone di recuperare il pieno esercizio della loro dignità,
queste restano nuovamente esposte ai pericoli che accompagnano la mancanza di
opportunità di sviluppo, in mezzo alla violenza e all’insicurezza.
In questo momento però col virus, tutto è stato sospeso, rimane solo il
rapporto epistolare. Fino a quando? Non lo sappiamo.
una storia d'amore
Questa storia è iniziata a Chorense-Terras
de Bouro-Braga-Portugal, quando António
Ferreira ha chiesto a Maria Angelina
Gonçalves di sposarlo. Lei, anche se aveva in cuore il sogno di farsi
suora, ha capito che il piano di Dio era un altro e ha accettato. E cosi sono
diventati i miei genitori!
Sono nata in una notte fredda del 24 gennaio del
1946, nel piccolo paese di Saim – Chorense, la prima di otto figli. Una “bella
bambina”, come mi diceva chi mi ha conosciuta da piccolina, che nel pomeriggio
del 10 gennaio di 1948, ha preso l’iniziativa di giocare con le ceneri del
focolare e,….svegliate le braci, ha preso fuoco al vestitino… E cosi, la storia
ha cambiato direzione: accolta da parenti di mia
mamma (cugini ), che hanno voluto
curarmi, la mia crescita si è svolta a Braga, dove loro abitavano. È da loro
che ho ricevuto tutto quello di cui avevo bisogno per sopravvivere fisicamente,
ma anche tutta l’educazione umana e spirituale. Dopo i miei genitori, questi
parenti (tre sorelle e un fratello), sono le colonne della mia vita. Oltre alla
preparazione intellettuale, mi hanno avviato all’ iniziazione cristiana.
Braga è una città bimillenaria, di cultura romana e cristiana. E questo
ha influito nella mia personalità. I corsi Commerciali, che ho frequentato,
sono stati la base per aprire i miei orizzonti umani e spirituali.
Famiglia Gonçalves Ferreira 1970
La vocazione
Spronata dalla testimonianza di bontà di questa famiglia che mi aveva
accolto, mi sono aperta alle necessità del mondo, concretamente ai più deboli:
i bambini, gli anziani, i lontani da Dio. Cosi, mi ricordo che ero ancora
piccola (5 o 6 anni), quando presi una decisione: “Quando sarò grande, avrò
cura dei bambini abbandonati!”. E le circostanze mi portavano a fare piccoli
servizi a persone anziane e ad ascoltarli, ma anche ascoltare persone che
avevano problemi familiari. E mi dicevo: ”Ma non so che cosa dire loro! Perché
mi raccontano i loro problemi se io sono piccola e non so rispondere
niente?...”. E guardando le immagini dei
santi, mi dicevo: “Voglio essere come loro! Se loro sono diventati santi,
anch’io potrò esserlo!”. E cosi, sono cresciuta sognando progetti. E tutto
quanto studiavo, anche le cose più difficili (Economia Politica, Diritto
Commerciale, Contabilità soprattutto...), era indirizzato a comunicare agli
altri. E così è nato il sogno di essere insegnante per aiutare
i giovani. E mi sono trovata a sognare di vivere questo progetto con un
gruppo di ragazze che pensassero come me, cioè
insegnare e aiutare i giovani.
Allo stesso tempo, sentivo dentro di me il sogno di vivere come le suore
(a Braga c’erano tanti Istituti Religiosi…), ma non volevo vivere chiusa in un
convento e avere un abito come loro; volevo passare sconosciuta nel mondo e che
nessuno sapesse dei miei sogni. E cosi sono cresciuta a Braga fino ai 17
anni.
Dopo avere vissuto due anni a Porto per studiare nell’Istituto Superiore
di Contabilità, mi sono trasferita a Lisbona
per continuarli gli studi. È in questo periodo – 1965/1967 – che ascoltando le
notizie alla radio, soprattutto di omicidi nelle famiglie, che sento gli
appelli alla donazione di me stessa a Dio e ai fratelli. Non era più sufficiente
essere insegnante o fare opere (orfanatrofi, ecc.) per aiutare i più deboli…
Qui è entrato il pensiero dell’ Oblazione a Dio per i fratelli: cosi lo ha
definito il mio confessore, Padre Paolo Riolfo, SCJ. E mi ha presentato la
COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE, che era a Bologna. E cosi per me è
diventato chiaro: essere nel mondo senza essere del mondo. Un Istituto Secolare.
In seguito, Padre Giulio Gritti scj, mi ha confermato: questa è la tua
vocazione. Avevo 20 anni. E mi sono
preparata per andare in Italia, all’inizio del 1967, anche affrontando
l’opinione contraria della mia Famiglia….
La Compagnia Missionaria, invece, ha deciso di venire in Portogallo… È
cosi che, nel 13 ottobre del 1967, la CM dà inizio a un gruppo a Porto e io
sono accolta il 22 dello stesso mese da Padre Albino Elegante, il Fondatore.
Era la Giornata Mondiale delle Missioni.
Ho iniziato la formazione per vivere la consacrazione:
è Teresa Carvalho, come responsabile di gruppo, ad aiutarmi a fare i primi
passi. L’anno seguente (1968) arriva dall’Italia Marta Bartolozzi, come responsabile
di formazione. E cosi, con il suo aiuto e del gruppo e di tutta la CM, rinforzata dallo Spirito Santo, arrivo al momento della emissione dei voti:
29 settembre 1972.
Concretamente, come vivo la mia Vocazione?
Dopo l’emissione dei voti, ho continuato la formazione con la
riflessione, la preghiera e lo studio. E svolgo anche attività professionali (Insegnamento di Religione e Morale, Segretaria nel
Seminario Maggiore) e di Apostolato (catechismo in parrocchia, incontri per
adolescenti e giovani).
Anche la CM sogna e decide progetti per rispondere agli appelli di Dio
nei fratelli. Dopo il Mozambico, si fanno passi
per l’America Latina: Brasile, Argentina, Cile, e io mi offro per fare parte di
un gruppo. In seguito, mi viene chiesto di fare parte del gruppo CM in
partenza per il Brasile. Dico il mio SI. È un SI nel buio, ma lo dico
consapevole che la cosa più importante che andrei a fare, non sarebbero state
le attività professionali e di apostolato, ma il vivere l’Oblazione in ogni
momento. E cosi siamo arrivate a San Paolo, il 19 settembre 1980! Le prime:
Santina, Edvige e io.
La Parrocchia dei Padre Dehoniani, a San Paolo, dove ci siamo state
inserite, mi ha chiesto subito di entrare nelle attività di apostolato nelle
scuole e nelle Comunità Ecclesiali di Base. Era il 1980! In questo anno, anche
se il Brasile viveva già un certo clima di democrazia, la paura della dittatura
era ancora presente. E i più poveri, oltre all’ estrema povertà materiale,
vivevano nell’ analfabetismo e nell’ oppressione, soprattutto nelle zone
rurali. E cosi le “Favelas”, nelle grandi città come San Paolo, crescevano
sempre più. Di tutte le necessità che mi furono presentate, la più forte era questa: le scuole statali non seguivano i
bambini poveri, li lasciavano da parte e, per questo, non progredivano. Come
conseguire una professione degna senza un diploma scolastico?
Per rispondere a questa domanda, nella Comunità di Base dove mi trovavo
ad aiutare, è quindi nata la decisione di organizzare una Pre-Scuola per i
bambini più poveri della “favela”, aperta anche ad altri che erano nella stessa
situazione. Una Pre-scuola che preparasse i bambini con il minimo per
affrontare la scuola elementare statale: leggere, scrivere, matematica,
conoscenze dell’ambiente, ecc. Con un supplemento alimentare naturale (con
tutte le qualità di nutrienti necessari), per 3 anni, i bambini imparavano bene
e crescevano sani! In seguito, anche i loro genitori chiesero di avere la
stessa preparazione per progredire nel loro lavoro. E cosi, alla sera anche gli
adulti venivano alla scuola.
Oltre a questa attività professionale, mi è stato chiesto un aiuto anche
per il catechismo (bambini e adulti) e incontri di formazione biblica e
vocazionale.
Come CM, la vita di gruppo, missionarie e familiares, ha rinforzato
sempre la mia consacrazione. Anche a livello di Istituti
Secolari, mi è stato chiesto di fare parte del Consiglio della
Conferenza Nazionale, come Segretaria, e poi a livello Regionale di San Paolo,
anche come segretaria. Questi impegni mi hanno permesso di avere una visione
generale della vita consacrata secolare nel Brasile e nel mondo, di essere a
contatto, anche personale, con membri di vari Istituti. Mi sono sentita di fare
parte di una grande Famiglia.
Sono stati 20 anni (19 settembre 1980-18 dicembre 2000) di donazione
nella Oblazione. Intuivo, prima di partire, che la mia vita in Brasile non
sarebbe stata tanto importante nel fare attività, ma vivere ogni momento in
spirito di Amore e Oblazione... E cosi è stato!... Ed è stato cosi per la Compagnia Missionaria in Brasile: ogni membro del gruppo
(io, Santina Pirovano, Edvige Terenghi, Antonia dell’Orto, Giuseppina Martucci,
Luciana Battistello) ha fatto questo cammino
di offerta quotidiana.
Questa è stata la nostra risposta all’appello del popolo brasiliano, in tanti
modi diversi secondo le attitudini di ciascuna… E continua ancora dopo quarant’anni, perché le relazioni che
si sono costruite continuano vive tramite i mezzi informatici.
Quest’anno, la CM ringrazia il Signore perché, quaranta anni fa, ha iniziato a
dare vita alla missione con il Popolo del Brasile.
E noi, di questo gruppo, ringraziamo il Signore che ci ha chiamato a
vivere questa missione! Missione sempre viva nel nostro cuore perché gli
appelli continuano, anche se non siamo più presenti fisicamente!
La mia vocazione oggi
Ora, dal 1 febbraio 2004, io sono a Lisbona
inserita nella pastorale della Chiesa Locale, ma il mio cuore è del mondo e nel
mondo: “Si cerca cuori uguali al Suo…”,
diceva Padre Leon Dehon, cuori come il Cuore di Cristo che è stato trafitto per
tutta l’umanità! Faccio questo cammino con il mio gruppo CM di Porto e il gruppo
familiares CM di Lisbona.
E ringrazio il Signore che, tramite la mia famiglia, la Chiesa, la CM,
il mondo, continua a scrivere in me questa STORIA
DI AMORE, per vivere l’Oblazione a Dio per i fratelli, secondo lo Statuto
della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore.
il nuovo
Il
nuovo della vita!
S. Paolo afferma che: c'è una misura, quando l'uomo si
guasta, lo Spirito lo rinnova! Nel tempo pasquale, viviamo e annunciamo un
nuovo mondo, il nuovo Uomo Gesù Cristo. L'Apocalisse ci indica un nuovo cielo e
una nuova terra ... Tutto è stato rinnovato! Sento che lo Spirito Santo continuamente mi rinnova.
Mi vedo con uno sguardo risorto. Ogni giorno è un giorno
nuovo! Una nuova opportunità per risorgere con Cristo. Una nuova creatura, la
prima nel resto della mia vita! Il passato è passato non torna! In questa nuova
visione, che tutto ha il suo tempo, tutto è fugace, niente è sicuro e
irremovibile. Ho notato che tante volte i miei occhi erano miopi, guardando il
nuovo che sembrava così lontano, ma era così vicino.
Il
nuovo dell’altro
Nessuno cambia nessuno. I miei occhi nuovi videro l'altro
con gioia, è mio fratello e anche quello con cui non simpatizzo. Questo nuovo
che mi ha fatto mettere in comunione con ogni fratello con tutto ciò che è ed
ha, e allo stesso tempo mi ha messo in comunione con tutto ciò che ho e che
sono.
Il
nuovo della mia famiglia
È solo che la mia famiglia è come tutte le famiglie del
mondo. Nuove sfide, nuove situazioni, nuovi modi di vivere. Questa novità porta
con sé uno sguardo limpido al reale che a volte non ha soluzione, però il nuovo
è viverlo come un cuore accogliente e misericordioso. Essere presenti e
approfittare di questa opportunità che si può trovare solo nell'unione con il
Signore Risorto, che vive per sempre nella sua Chiesa e nel mondo.
Il
nuovo nella professione
Nessuno cambia nessuno! Per quanto quello che devo
cambiare è il mio aspetto, vedere nella persona che condivide lo stesso lavoro
che è il figlio preferito di Dio. Ha una storia che solo Dio conosce, di cui
vedo solo una piccola parte del suo essere. Ciò che si fa in silenzio è
contribuire al bene comune così spesso invisibile. Amare senza parole, ma a
gesti, nel confortante silenzio di Dio.
Il
nuovo della mia consacrazione
«Non sei stato tu a scegliere me, sono stato io a
scegliere te» … «Fai quello che ti dice» …
La vita di consacrazione di castità, povertà e obbedienza
è sempre vecchia e sempre nuova. «Il Saggio sa trovare le cose dal cuore, nuove
e vecchie».
Con
la sana crescita dell'età vedo nella castità la bellezza dell'essere di Dio in
tutte le circostanze della vita. Nei giorni gioiosi e meno gioiosi, vivere il
presente con uno sguardo di tenerezza, facendo quello che si deve fare, se non
si può fare, non lasciarlo diventare un peso.
Obbedienza a Dio, nella Compagnia Missionaria, nella
Chiesa, nel mondo; è un dono ineffabile. Ho imparato che chi obbedisce è perché
si fida, anche nelle giornate più fredde, o più calde e grigie della vita!
Obbedire è essere disponibili a Dio, agli altri e a sé stessi, essere in
equilibrio tra l'essere e il fare nella gioia che viene dallo Spirito Santo.
Questa è la mia forza, lo Spirito Santo che mi aiuta ad obbedire anche senza
capire, così è stato il Sì di Maria, il Sì di Gesù, così è ciò che cerco di
vivere.
Povertà, il nuovo modo di vivere con il necessario, prudenza
in quello che sto acquistando, se ho bisogno compro, se non ho bisogno non
comprerò. Saper dare saper ricevere, sia materialmente che spiritualmente. Ho
imparato a ricevere una critica che non mi piace, ma da essa prendo ciò che mi
fa crescere e lascio da parte il resto. Ho imparato a vivere in modo diverso
con maggior sobrietà.
Il
nuovo della preghiera
Pregate incessantemente, dice Gesù ai suoi discepoli.
Fedeltà alla preghiera e credo che lo Spirito Santo prega in me e con me nella
Chiesa. Ripetizione dell'uno o dell'altro salmo, affidando le preoccupazioni
alle gioie. Io vivo nel presente. Nella preghiera ho vissuto il presente, mi
sono disconnesso dal passato, ho tagliato le mie paure, guardo con delicatezza
al futuro senza grandi allarmismi.
Il
nuovo del gruppo comunitario
Ognuno di noi è unico, amato da Dio, redento da Gesù,
sostenuto dallo Spirito Santo. Sento sempre più che il mio gruppo sperimenta la
debolezza della vita! Anche questo ha la sua bellezza; questo mi fa pensare
alla brevità della vita, e che sono entrata nel tempo del decadimento e,
contemporaneamente, dell'ascensione della vita a Dio. Il nuovo: vivere ogni
momento come l'ultimo della mia vita ed assaporare il momento presente con la
sua luce e colore e con le sue ombre.
Il
nuovo da Internet:
Ho vissuto nell'apprendimento di questi beni preziosi, se
usati per il bene comune. Il lontano che è diventato vicino. A questo
proposito, ho visto il valore della comunicazione a distanza.
Con Maria, Madre, Guida e Custode della Compagnia
Missionaria del Cuore di Gesù, dico: Ecco la serva del Signore, avvenga di me
secondo la sua Parola.
Tutto è stato rinnovato! Il nuovo della mia storia, della
storia dell’umanità, della Chiesa e della Compagnia Missionaria ... lo sappia accogliere con misericordia.
la via delle beatitudini
Sintesi degli Esercizi Spirituali
della Compagnia Missionaria di Funchal - Madeira
Si sono svolti dal 13 al 17 luglio 2020,
orientati da Don Juan Noite SCJ. L'atmosfera era di assoluto silenzio. C'è
stato tempo per il Sacramento della Riconciliazione. Ogni giorno un missionario
guidava la liturgia. Teresa Freitas ha animato i canti liturgici. Conceição
Silva si è occupata della sacrestia e si collegava con le sorelle di servizio
in cucina.
In una prima presentazione generale, il
ritiro è stato eccezionale non solo per il tema, ma anche per il suo sviluppo
avuto perché orientato con competenza e fede da parte del Sacerdote che ci ha
accompagnate. Si iniziava con la preghiera allo Spirito Santo seguita da canti
appropriati e accompagnata da strumenti musicali. Ci sono state nove conferenze
e nella prima conferenza l'oratore ha fatto riferimento ai "ritiri"
che Gesù ha fatto e proposto ai discepoli prima di ogni missione.
Prima di iniziare la sua vita pubblica Gesù
si abbandona a un ritiro di quaranta giorni nel deserto dove prega, digiuna ed
è tentato da satana. In più occasioni
Gesù si ritira e prega.
L'evangelista Marco 6,30-32 parla della
necessità di un ritiro prima di scegliere gli apostoli e Matteo riferisce che è
dopo un ritiro che Gesù ha scelto gli apostoli, Luca (9: 1-10) parla anche
della sosta dei Dodici e nel cap.10
racconta l’invio dei 72 discepoli. Nell'Antico Testamento: il riposo sabbatico
è una norma data da Dio il quale nel settimo giorno della creazione si riposò,
perciò il sabato è considerato un giorno santo di preghiera e di riposo nel
Signore e per il Signore. Così Il diluvio è una pausa di purificazione. Mosè
lasciando l'Egitto va nel deserto e lì
riceve le tavole della Legge da Dio. Elia camminò 40 giorni e 40 notti per
raggiungere il monte di Dio l’Oreb e lì il Signore si manifesta nella brezza
leggera. Il silenzio è importante sia dentro che fuori.
BEATO ANGELICO, Discorso della montagna, 1438-40
Seguire Cristo
Ci siamo ritirati per incontrare Dio. Il
deserto nel linguaggio biblico è fecondo e positivo perché è il luogo
dell'incontro con Dio. Alla luce della fede abbiamo una vocazione e una
missione e un fine da raggiungere: seguire Cristo che significa imitare Cristo.
Cerchiamo di riascoltare la chiamata del Signore e di seguire la via delle
beatitudini, che è la “Magna Carta”, la Legge fondamentale del cristianesimo.
Le beatitudini le troviamo In Matteo e in Luca con differenze redazionali.
Lucas menziona 4 beatitudini: povertà, fame, pianto, persecuzione. In Matteo ce
ne sono otto comprese le 4 citate da Lucas. Matteo aggiunge: mitezza,
misericordia, purezza e pace.
Le beatitudini sono leggi e comportamenti
obbligatori per chi vuole seguire Gesù: via, verità e vita. Le beatitudini
sono tutte massime piene di saggezza umana e spirituale - purificano l'uomo e
lo aiutano a vivere nella realtà presente.
Beati i poveri (Lu 6.20); Mt aggiunge “in
spirito” (Mt 5.3). È la prima beatitudine perché solo una dose di spirito
di povertà ci fa sentire creature. La povertà è essenziale, la cosa reale è
nello spirito. Gesù ha vissuto la vera povertà perché non aveva nemmeno una
pietra su cui posare il capo (Mt 8,20). Nell'Antico Testamento si alzano le
voci dei profeti: Isaia, Geremia, Michea e Amos contro le ingiustizie sociali.
Nei Salmi 69,6; 26,1. 21 conta la fiducia nel Signore, immagine del Messia,
come esseri del Signore fedeli al Signore. Gesù è la rivelazione incarnata
apparso povero e identificato con i poveri. L'Anawim (il povero di Dio) mite e
umile di cuore. La vita religiosa è stata una proposta per la povertà. La
povertà libera dona pace e gioia. Felice era S. Francisco de Assisi, S.ta
Teresa la grande cioè, Teresa D'Avila, San Giovanni della Croce, S. Pietro di Alcântara
sono esempi di gioia perché libera da
beni ingannatori che impediscono di volare.
Beati i miti perché possederanno la terra (Mt 5,5). Se la povertà ha a che fare con
le cose, la mitezza con le persone. Non c'è dubbio che i miti sereni, calmi, pazienti
ci conquistano. È la beatitudine prediletta del Cuore di Gesù "Imparate da
me che sono mite e umile di cuore" (Mt 11,29). La mitezza e l'umiltà sono
la chiave per seguire Cristo. Il Salmo 36, dove Gesù proclamò questa
beatitudine: "I mansueti possederanno la terra e godranno di grande pace”.
L'Antico Testamento apprezzava la mitezza. Sofonia scrive: "Cercate il
Signore, voi tutti i mansueti della terra ... Cercate giustizia e
mansuetudine" (Sofonia 2,3). Isaia descrive il Messia come un uomo
mansueto (42, 1-3). Zaccaria profetizza che il Messia verrà con mansuetudine.
Isaia presenta il Messia come un uomo sofferente nei 4 canti del Servo
sofferente. E la passione di Gesù fu una grande lezione di mansuetudine. La
mitezza, oltre ad essere una virtù dei forti, è fonte di pace.
Beati quelli che piangono. Piangono
perché saranno consolati (Mt 5,4). Beati voi che ora piangete perché riderete
(LC 6, 21,25). Piangere e soffrire è il nostro pane quotidiano. L'Antico
Testamento legge la sofferenza (Adamo ed Eva). Il libro di Giobbe è una
riflessione sulla sofferenza. In Isaia la sofferenza appare come mezzo di
redenzione, mistero di salvezza. Gesù adempì la profezia di Isaia dando la
chiave di lettura alla sofferenza che va considerata nel suo valore salvifico. Da
qui la saggezza del segno della croce, simbolo distintivo dei cristiani. La
sapienza della croce deve essere accolta come programma cristiano "chi
vuole essere mio discepolo rinnega se stesso, prendi la sua croce e mi segua
(Mt 16,24).
Beati i puri di cuore perché vedranno Dio (Mt 5,8). Il premio per la beatitudine dei puri di
cuore è la visione di Dio, cioè, per vedere Dio, bisogna avere un cuore puro e
limpido.
Oggi parlare di purezza è parlare di castità e ci fa pensare a S. Luigi
Gonzaga, S. Maria Goretti, martire della purezza. Consacrandoci a Dio, facciamo
il voto di castità. C'è purezza nel senso di limpidezza, trasparenza, integrità
e verità. Nell'Antico Testamento, la purezza esteriore rituale, era molto
importante, ma i profeti richiamavano alla purezza del cuore e condannavano il
formalismo. Nostro Signore è severo contro la mancanza di autenticità,
coerenza, limpidezza, per mostrare la facciata. Beati i puri di cuore, i
chiari, trasparenti, veri e senza inganni. La purezza del cuore è l'effetto e
il segno di una nuova creatura e assicura la visione di Dio.
Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia (Mt 5,7). La misericordia è uno degli atteggiamenti di
Dio che la Bibbia sottolinea maggiormente. L'Antico Testamento rivela un Dio misericordioso, anche quando punisce (Es.
34,6-7); (Ezechiele 33,11), (Neemia 9,17, 31) (Giona 4,2, Salmo 135). Il Nuovo
Testamento parla del Verbo di Dio incarnato venuto tra noi per farsi solidale
con noi diventando uno noi, eccetto il peccato (Ebrei 4,15). Gesù insiste sul
perdono perché è misericordioso. Le parabole che l'evangelista Luca ricorda: la
pecora smarrita, la dracma perduta, il figliol prodigo mostrano la misericordia
del Signore.
"Beati i pacifici perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9). Shalom - Pace - è un termine molto comune
nella Bibbia. Beati i pacifici non i
pacifisti. San Giovanni Paolo II ha detto "Sì, pacifico, no
pacifista". Beati gli operatori
di pace, i costruttori di pace, perché saranno chiamati "figli di
Dio". Dio è pace, Gesù è pace,
i figli di Dio sono operatori di pace. In
concreto la prima pace che dobbiamo fare è con noi stessi con la nostra natura. Vivi in pace con la tua coscienza, in
pace con Dio. Costruisci la pace
intorno a noi, sii costruttori di pace. Fare
la pace, perdonare è dei forti. È un
impegno serio costruire la pace: pace con la natura, con la nostra coscienza,
nelle nostre comunità, nei nostri ambienti.
Beata Vergine Maria
a) La Madonna è l'Immacolata Concezione
b) È vergine e madre!
c) Lei è la Madonna
d) Lei è la Madonna Assunta.
La Madonna è un modello perfetto di come vivere le beatitudini.
1. Era povera.
2. Era un modello di mitezza.
3.Beata perché ha saputo soffrire e Beati coloro che sanno soffrire.
4. La Madonna è benedetta perché è misericordiosa.
5. La Madonna è beata perché pura.
6. La Madonna è beata perché portatrice di pace.
È la regina delle beatitudini: via della santità
La parola "felice" o "beato" diventa sinonimo di
"Santo" perché esprime che la persona fedele a Dio e che vive la sua
parola fino al dono di sé, vera felicità.
1- “Felici sono i
poveri in spirito perché di loro è il Regno dei Cieli”. Luca parla dell'essere poveri (Lc 6,20)
invitandoci a una vita sobria ed essenziale.
Essere poveri di cuore, questa è santità.
2- “Felici i miti
perché possiedono la terra”. Gesù ha detto "Impara da me perché sono mite e umile di cuore e
trovo riposo per il tuo spirito (Mt 11:29).
S. Teresa di Lisieux ha detto che "la carità perfetta consiste nel
sopportare le colpe degli altri, nel non scandalizzarsi dalle loro
debolezze". Reagire con umile
mitezza, questa è santità.
3- "Felici
quelli che piangono perché saranno consolati”. La vita ha un significato nell'aiutare gli altri, nella loro angoscia,
comprendere l'angoscia degli altri e alleviare gli altri. "Saper piangere
con gli altri è santità".
4- "Felici
coloro che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati". La giustizia nella vita di ogni persona è
diventare giusti nelle proprie decisioni e poi manifestarsi nella ricerca della
giustizia per i poveri e i vulnerabili. Cercare giustizia con fame e sete è
santità.
5- "Felici sono
i misericordiosi perché raggiungeranno misericordia". Dare e perdonare è cercare di riprodurre
nella nostra vita un piccolo riflesso della perfezione di Dio. Guardare e agire con misericordia è
santità.
6- "Felici i
puri di cuore perché vedranno Dio". Quando il cuore ama Dio e il prossimo (Mt 22,36-40), può vedere Dio. Mantenere il cuore pulito da tutto ciò
che macchia l'amore è santità.
7- "Felici sono
gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio". I pacifici sono fonte di pace, costruiscono
pace e amicizia sociale. Loro "saranno chiamati figli di Dio" (M
5,9).
Seminare pace intorno a noi è santità.
8- "Felici
coloro che subiscono persecuzioni per amore della giustizia, perché di loro è
il regno dei cieli". La croce, soprattutto le fatiche e le sofferenze che sopportiamo per
vivere il comandamento dell'amore e la via della giustizia, è fonte di maturità
e santificazione. Ci sono ideologie
che paralizzano il cuore del Vangelo quando i cristiani separano le esigenze
della loro relazione personale con il Salvatore. Santi come San Francesco d'Assisi, San Vincenzo de 'Paoli, Santa
Teresa di Calcutta; né la preghiera, né l'amore per Dio, né la lettura del
Vangelo, hanno diminuito in loro la passione e la dedizione agli altri perché
questa ha in Dio il proprio fondamento. In
relazione ai migranti, S. Benedetto ha detto ai confratelli di accoglierli
"come Cristo". San Tommaso
d'Aquino diceva che le opere di misericordia per gli altri sono il sacrificio
che piace di più a Dio. S. Teresa di
Calcutta dice anche che Dio si china e ci usa per essere il suo amore e
compassione nel mondo. Il punto di
forza della Testimonianza dei Santi è vivere le beatitudini e la regola di
comportamento del giorno del giudizio.