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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
Compagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia Missionaria
Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
 La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto 2024
    Edvige Terenghi, amministratrice centrale, visita i gruppi in Mozambico.... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto de 2024
    Edvige Terenghi, administradora central, visita os grupos em Moçambique.... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto de 2024
    Edvige Terenghi, administradora central, visita los grupos en Mozambique... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    19 ottobre 2024
    Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online... Continua
profeti nella storia e voce credibile nella chiesa
 
Dall'Assemblea Nazionale delle Responsabili della CIIS Premessa · Con questa Assemblea apriamo un nuovo triennio della CIIS. · Rinnoviamo quindi impegno e obiettivi: - l’impegno di camminare insieme come Istituti nella Chiesa, cercando tutte le sinergie per aiutarci nel discernimento di come stare nel mondo oggi, in questo grande cambiamento d’epoca, nella modalità specifica della secolarità consacrata. - L’obiettivo di sostenere, rispettando l’autonomia di ciascun Istituto, il cammino, soprattutto in quegli ambiti che sono trasversali a tutti gli Istituti, come ad esempio, la formazione dei formatori, l’età anziana, il tempo della fragilità, la formazione su temi specifici, ecc. - La necessità di esprimere nella Chiesa le istanze del mondo, nell’attenzione ai segni dei tempi, con l’atteggiamento umile di chi ascolta e non presume di sé. · Per dare forma all’impegno e rimettere a tema gli obiettivi, siamo partiti ascoltando quanto emerso nell’assemblea del maggio scorso, a partire: - dalla relazione di fine mandato di Marisa; - dal contributo alla riflessione di Daniela L. - dal dibattito. · Innanzitutto, l’Assemblea ha più volte richiamato l’importanza di continuare nella riflessione circa la modalità tipica della nostra presenza nel mondo, in particolare, “come” essere presenti nella realtà attuale, con la freschezza delle origini e, contemporaneamente, con la necessità di tradurre il carisma nell’oggi, custodendone il nucleo essenziale e rinnovandone i modi per attuarlo, secondo le esigenze del tempo. Programmazione Assemblee o Per rispondere alle sollecitazioni emerse è parso indispensabile prendere seriamente in considerazione quanto Papa Francesco ci ricorda: “Siamo in un cambiamento d’epoca”. o Quindi un primo passaggio (Assemblea novembre 2019) è proprio quello di mettere a tema le ricadute che le caratteristiche di questo cambiamento d’epoca hanno sul vivere collettivo ed individuale. o In questa prospettiva, è fondamentale rimettere all’ordine del giorno il tema del discernimento. Non si tratta di aggiungere ulteriori analisi del contesto, ma di imparare ad attraversare le domande che esso pone, individuando criteri ed atteggiamenti che possano aiutare a discernere come stare e quali scelte compiere nella storia complessa di oggi, a partire dalla nostra vita quotidiana. o Quando si parla di discernimento, si pensa immediatamente all’agire personale, ma, oggi, è indispensabile, prima di tutto, mettere in atto un discernimento storico, cioè cercare di capire i caratteri della situazione, di valutarli alla luce della fede, al fine di cogliere il senso profondo degli avvenimenti. Si tratta, quindi, di operare un discernimento storico che coinvolge, subito dopo, il discernimento comunitario e quello personale: non si tratta, banalmente, di un “prima” e di un “dopo” di carattere cronologico, quanto, piuttosto, di un metodo che deve diventare abituale, proprio per poter assumere in modo autentico e profetico la responsabilità del vivere la nostra consacrazione secolare. o È dalla comprensione/interpretazione della realtà che discende la capacità/libertà di mettersi in gioco. o Un secondo passaggio (assemblea di maggio 2020) potrebbe affrontare, quindi, il tema del discernimento, nelle diverse sue forme, in particolare il discernimento storico e il discernimento comunitario: innanzitutto, vedere e comprendere il contesto, alla luce del cambiamento d’epoca, per cogliere come esso interpella la nostra vocazione e quali priorità indica. o I mutamenti continui (in particolare il continuo mutamento culturale), per essere letti ed interpretati, chiedono una puntuale preparazione. o Il tema della formazione potrebbe costituire un terzo passaggio (autunno 2020): ü Sarebbe importante definire “che cosa è formazione oggi” se: o la formazione è dare/prendere forma; o la formazione non è solo trasmissione di conoscenze; o la formazione è contenuto e insieme relazione (che si instaura nel trasferire il contenuto medesimo), tra chi educa (l’autorità nelle diverse accezioni) e chi accoglie la proposta educativa: o oggi siamo in presenza di un certo indebolimento della figura dell’autorità: quali conseguenze nel rapporto educativo. o Ci troviamo in un contesto in cui la formazione spesso subisce la pretesa psicologica di essere assoluta, rischiando così di rendere marginale la dimensione spirituale della vita cristiana. ü Sarebbe importante comprendere quale formazione offrire in un contesto in cui: o La fede cristiana appare estranea alla società in cui viviamo; o Non sembrano più possibili criteri condivisi circa ciò che è “vita buona”; o Sembrano prevalere criteri unicamente soggettivi che rispondono esclusivamente ad esigenze individuali……benessere; o Viene continuamente rimosso il concetto di bene comune; o Tempo di pluralismo e di relativizzazione; o La nostra esperienza personale di fede è connotata dalla solitudine; o Il contesto ci pone sfide inedite; o La nostra è una fede esposta all’incertezza causata dai continui mutamenti, in una situazione in cui non vi è il sostegno di una comunità “stabile”, nella consapevolezza che ciò, talora, può produrre la tentazione di cercare protezione e riparo in un concetto di comunità diverso da quello di chi vive condizioni di diaspora. ü Quale metodo formativo: o Il metodo deve favorire la lettura critica del vissuto, la quale non si accontenta del “racconto” di quanto accade nella vita quotidiana di ciascuna, ma che, attraverso contenuti adeguati, che alimentano la fede, consenta una rielaborazione dell’esperienza nella prospettiva evangelica. ü Rimettere a tema l’autoformazione: o Premesso che non esiste formazione oggettiva che non diventi anche autoformazione, sarebbe importante chiedersi quali possibilità, oggi, per un’autentica autoformazione. o Tutto questo ci conduce ad una domanda fondamentale: Quale profezia nel cambiamento d’epoca? Che cosa è chiesto agli IS? Quarto passaggio (assemblea maggio 21) o Un quinto passaggio (Assemblea ottobre 2021) potrebbe riguardare l’attualità della nostra vocazione Buone ragioni per proporre la nostra vocazione ai giovani. Come? o Assemblea elettiva maggio 2022 Altri aspetti: v Aggancio con altre realtà ecclesiali per condividere pensieri, interventi, idee; v Prosecuzione del lavoro Osservatorio: coinvolgimento altre realtà, territorio, su proposte culturali e sociali; v Lavoro insieme con CIIS diocesane e regionali: quali modalità? Convegni territoriali in collaborazione? v Congresso e Assemblea CMIS importanza della partecipazione. Carmela Tascone (Rivista Incontro n.1 - 2020)
l'eccomi di rosy
 
Anna Pati – ma tutti la chiamano Rosy – domenica 20 settembre, nella chiesa parrocchiale di Bibano, ha emesso i suoi primi voti nella Compagnia missionaria del Sacro Cuore, un istituto secolare fondato a Bologna dal padre dehoniano Albino Elegante. Quella domenica mattina per le comunità di Bibano, Godega e Pianzano è stata celebrata un’unica messa alle 10: il parroco, don Mattiuz, ha voluto così dare rilievo a questo evento. È stata presieduta da p. Silvano Volpato scj, che è già stato in servizio nella comunità dehoniana di Conegliano ed ha seguito personalmente il percorso di discernimento di Rosy. Di origini pugliesi, da diverso tempo Rosy ha lasciato la sua terra e vive al nord: prima in Lombardia e poi in Veneto. Da settembre si è inserita nel contesto della parrocchia di Bibano, dove dà il suo contributo nella catechesi parrocchiale: la si vede sfrecciare in moto, arrivare per tempo alla messa domenicale e proclamare la Parola di Dio o suonare la chitarra per l’animazione della liturgia. Rosy, che lavoro fai? «Dopo diversi anni di lavoro con i bambini nell’ambito della disabilità e nello sport paralimpico come allenatrice di nuoto, attualmente lavoro come operatrice sociosanitaria in una casa di riposo per anziani del Coneglianese: in un primo tempo, mi sono occupata dell’accompagnamento al “fine vita”, mentre adesso lavoro come operatrice in reparto e mi occupo dei bisogni primari di cui gli anziani necessitano». Perché la scelta della consacrazione? «Mi è difficile spiegare. Mi lascio guidare da un brano del vangelo di Giovanni che, con altri, ha accompagnato questo percorso: “Chi cercate? Rabbì dove abiti? Venite e vedete” (cfr. Gv 1, 35- 42). Sono poche righe, ma mi fanno pensare, soprattutto in questo periodo, al cammino che il Signore ha fatto con me, portandomi attraverso strade davvero impensabili all’incontro con lui. Essere una consacrata non è merito mio e non si regge sulle mie capacità o su doni speciali… È lui che mi attira e mi dona un cuore capace di ascolto». Una scelta maturata nel tempo … «Rileggendo il vangelo di Giovanni, mi rendo conto di come gli incontri con Gesù sono immersi in una realtà – la mia – già cominciata: sono conseguenza di azioni già compiute, di scelte già fatte e non sempre scelte giuste. A volte, come i discepoli, anch’io sono rimasta a debita distanza, guardando ma senza incontrare». Hai conosciuto, anche tu, momenti difficili? «Ho vissuto crisi e sensi di vuoto che non si riescono a riempire semplicemente con ciò che si conosce e si vive. Ma proprio qui Gesù, volgendomi lo sguardo, mi ha rivolto la domanda: “Che cosa cerchi? Qual è il senso della vita che sta vivendo? Queste domande, in un momento difficile della giovinezza, in cui nulla sembrava avere senso, mi hanno aperto il cuore, mi hanno fatto scoprire il desiderio di vivere in pienezza, di conoscere questo Gesù che in quel momento mi sembrava così distante e invece mi stava amando come nessuno aveva fatto mai». E poi ci sono gli incontri, le esperienze della vita … «Guardando al mio cammino sono state tante le esperienze e i cammini che mi hanno aiutato a maturare e a far crescere una vita interiore e spirituale. Penso alla parrocchia, ai gruppi, alla figura del vescovo Tonino Bello, al volontariato con i bambini… Quest’ultima esperienza, in particolare, è stata per me una vera e propria “scuola di vita” dove ho maturato quella spiritualità che ha acceso il desiderio di appartenere a lui con una vita vissuta nella semplicità del quotidiano. Davvero è stata un’esperienza forte che, unita ad altre, mi ha educato alla consapevolezza di essere chiamata a scoprire a cosa serve la vita, a saper discernere a cosa si è chiamati, con uno sguardo ampio e pieno di possibilità vocazionali, a cercare di rispondere con la propria vita e con ciò che si è ... Queste esperienze – ma anche le tante persone che Gesù mi ha messo sulla strada – mi hanno insegnato a pregare la Parola, a pregare con la semplicità delle mie giornate, a trasformare le piccole cose e i piccoli gesti della mia quotidianità in preghiera…». Perché proprio la Compagnia Missionaria del Sacro Cuore? «Ho incontrato la Compagnia Missionaria un po’ per caso, dopo altre esperienze, grazie al mio padre spirituale. Mi ha colpito lo stile di vita, la capacità di vivere le relazioni personali e con il Signore, in una dimensione di attenzione all’altro, chiunque sia, ma anche dentro alla realtà parrocchiale, nella Chiesa. Posso dire che quel “vieni e vedi” del vangelo di Giovanni, cioè quell’incontro che Gesù aveva fissato e che mi è restato impresso, è stato per me capire con chiarezza ciò che avrei voluto nella mia vita e che oggi significa entrare nella Compagnia Missionaria, accogliendo quello stile di vita che mi permette di vivere una relazione con lui, in un’ottica di servizio, di gratuità e di appartenenza». E dopo il 20 settembre, che cosa succede? «Cambia il modo di vedere le cose. Accetto la sfida della vita dietro a Lui e questo per me significa che non sono sola, ma ogni momento del mio vivere, ogni cosa che accade nella mia giornata, diviene per me una scuola per imparare ad ascoltare, ad amare ed agire come Lui. Non solo quando le cose vanno bene, ma soprattutto nella fatica. Ciò significa accogliere quel “ti basta la mia grazia… la mia forza è nella tua debolezza” di cui parla san Paolo. Guardando avanti, scopri che stai camminando dietro a un Maestro di nome Gesù, che ti ripete, fissando su di te il suo sguardo pieno di amore: “Vieni e seguimi”. Sono convinta che il Signore quando chiama non toglie nulla ma dona davvero tutto…». Intervista a cura di Alessio Magoga
battezzati e inviati: la chiesa di cristo in missione nel mondo
 
Questo è stato il titolo del messaggio di Papa Francesco per la giornata missionaria del 2019. “Celebrare questo mese ci aiuterà in primo luogo a ritrovare il senso missionario della nostra adesione di fede a Gesù Cristo, fede gratuitamente ricevuta come dono nel Battesimo. La nostra appartenenza filiale a Dio non è mai un atto individuale ma sempre ecclesiale: dalla comunione con Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo nasce una vita nuova insieme a tanti altri fratelli e sorelle. E questa vita divina non è un prodotto da vendere – noi non facciamo proselitismo – ma una ricchezza da donare, da comunicare, da annunciare: ecco il senso della missione. Gratuitamente abbiamo ricevuto questo dono e gratuitamente lo condividiamo (cfr Mt 10,8), senza escludere nessuno. Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi arrivando alla conoscenza della verità e all’esperienza della sua misericordia grazie alla Chiesa, sacramento universale della salvezza (cfr 1 Tm 2,4; 3,15; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 48)…. …È un mandato che ci tocca da vicino: io sono sempre una missione; tu sei sempre una missione; ogni battezzata e battezzato è una missione. Chi ama si mette in movimento, è spinto fuori da sé stesso, è attratto e attrae, si dona all’altro e tesse relazioni che generano vita. Nessuno è inutile e insignificante per l’amore di Dio. Ciascuno di noi è una missione nel mondo perché frutto dell’amore di Dio. Anche se mio padre e mia madre tradissero l’amore con la menzogna, l’odio e l’infedeltà, Dio non si sottrae mai al dono della vita, destinando ogni suo figlio, da sempre, alla sua vita divina ed eterna (cfr Ef 1,3-6).” La prima volta sono andata in Mozambico anche perché in quel periodo si parlava molto della responsabilità sociale. C’era chi in quel periodo s’identificava col proletariato e lottava e ammazzava per l’uguaglianza delle classi sociali. C’era chi gridava e manifestava per l’indipendenza e l’autonomia dei popoli. Il concilio come cristiani ci aveva sensibilizzati alla salvaguardia delle culture locali e al rispetto dei nostri fratelli che erano stati e ancora venivano defraudati di tutto, anche della propria identità culturale, da regimi coloniali. Ed io che ero nata nel Nord del mondo sono cresciuta nella coscienza cristiana che non serviva manifestare e attizzare odio, ma era necessario mettersi dalla parte dei fratelli del Sud del mondo per collaborare con loro allo sviluppo, alla presa di coscienza della propria identità e fianco a fianco risalire la china insieme. Era il vento del concilio che ci aveva sensibilizzati al rispetto delle persone, delle culture, delle loro identità, anche se molto diverse dal “nostro mondo”. Così appena laureata sono partita con la mia coscienza di battezzata, cristiana sessantottina, che voleva contestare mettendosi dal lato degli oppressi, scegliendo la missionarietà come scelta di vita e vocazione. In questi anni ho fatto di tutto dall’alfabetizzazione al lavoro pastorale, dal formatore di giustizia e pace a responsabile di progetti a livello diocesano, da organizzatrice e insegnante di università a capo cantiere e quasi muratore; sempre tra poveri e meno poveri, tra giovani e meno giovani ma sempre al fianco e questa è sempre stata la caratteristica che ha creato perplessità e meraviglia, reazioni e accoglienza. Molte volte ho trovato espressioni di meraviglia quando dichiaravo la mia nazionalità italiana. E qualcuno, cadendo dal pero, è arrivato a chiedermi come mai non avessi la nazionalità mozambicana. C’è stato addirittura una volta un giovane sacerdote mozambicano che mi ha dichiarato di non avere complessi con me e che si sentiva trattato veramente come persona senza distinzione di razza. Sembra strano, ma questo mi ha colpito profondamente facendomi pensare a quante volte noi inviamo messaggi negativi inconfutabili, senza volerlo, se non crediamo profondamente nell’uguaglianza e nel rispetto della persona umana. Dopo quasi trent’anni di questa immersione totale a pieni polmoni ho dovuto fare un cambiamento rapido, non programmato ma obbligato, per salute dal Mozambico all’Italia. Ho cambiato il luogo, ma non l’essere. Sono missionaria perché battezzata. Sono missionaria anche come scelta di vita. In Mozambico mi occupavo di giovani, di “giustizia e pace” a livello diocesano per cui anche o soprattutto di prigioni, di università; venuta in Italia mi sono subito affiancata al cappellano della Dozza di Bologna, (il grande carcere che comprende il settore penitenziario, il giudiziario che ospita quelli che sono in attesa di giudizio e i definitivi, e in una struttura totalmente a parte ma dentro lo stesso alto recinto, c’è anche il carcere femminile), e per ora vado tre volte a settimana. La domenica si va per l’animazione delle messe: vengono celebrate ogni domenica 5 messe ognuna in un settore differente. Io ho scelto di andare nella chiesa grande dove molti volontari preferiscono non andare in quanto è molto dispersiva, a volte impersonale e non aiuta la partecipazione anche perché molti detenuti vengono per incontrarsi con altri conoscenti o parenti che sono detenuti in altri bracci e lì possono incontrarsi e scambiare due chiacchiere. Mi sono messa nella posizione di catechista che, stando in mezzo a loro, insegna, facendo e mostrando, come si partecipa e come si risponde. Essendo la mia presenza costante, ho finito con l’essere uno dei punti di riferimento. E proprio l’altro giorno mi è capitata una cosa inaspettata: la messa non era ancora cominciata ed io stavo studiando quale poteva essere, strategicamente, il posto più conveniente per sedermi. I miei criteri di scelta sono: individuare il gruppo più squinternato magari di musulmani venuto lì solo per fare due chiacchiere o di stranieri che non conoscono la lingua e non riescono neanche a seguire dal foglietto, mentre facevo queste osservazioni mi sono seduta dietro tre signori italiani avanti in età che mi rivolgono subito la parola salutandomi e chiedendomi come mai non fossi andata la domenica precedente e dichiarandomi che si era notata la mia assenza. Primo colpo inaspettato, poi così, quasi d’improvviso, mi chiedono: «Noi non abbiamo la faccia da criminali vero?». Sembrava che volessero leggere nel mio cuore, poi quasi facendo un loro profondo esame di coscienza continuano dicendo letteralmente: «A volte sono le circostanze della vita che ti pongono in certe situazioni», quasi ammettendo a se stessi di essere diventati criminali. Ho visto in loro una ricerca di dignità perduta e un tentativo di capire se io li consideravo criminali o no. Mi sono trovata a farfugliare: chi sono io per giudicare? Sì, sì, capisco e conosco bene certe situazioni… e ancora una volta mi sono sentita profondamente turbata pensando alla fatica che fa la nostra società ad accogliere gli altri come persone. Un altro servizio che svolgo nel carcere è quello di incontrare quelli che chiedono al cappellano il battesimo, la cresima o la preparazione al matrimonio e facendo un primo colloquio cerco di capire le vere motivazioni. Poi, dipendendo dalle disponibilità o dalle esigenze linguistiche, il cappellano affida all’uno o all’altro catechista, la preparazione. Anche io ho avuto modo di accompagnare vari al battesimo fino alla cresima. Faccio questo servizio anche per gli agenti di polizia. Attualmente vivo in una fraternità costituita da un nucleo di residenti e altri che vivono nelle proprie case e vengono molto spesso per incontri, scambio di esperienze e condivisione di vita. I residenti sono due padri dehoniani, due di noi che apparteniamo alla Compagnia Missionaria del Sacro Cuore e un signore che, lavorando da mattina a sera, molte volte condivide con noi solo la cena. Noi residenti facciamo anche il servizio di accoglienza di detenuti in permessi ad horas, che, per poterne usufruire, devono avere un riferimento in città che si responsabilizzi. Ho visto in questi incontri gli occhi lucidi e timidi di uomini che dopo tredici o quindici anni di detenzione trovavano qualcuno che li accoglieva in modo semplice, spontaneo e piano piano si scioglievano sentendosi in famiglia, qualcuno lasciandosi andare a raccontare il suo passato fatto di errori e di grandi cadute. Dopo si instaura un rapporto tale che diventa veramente familiare fatto anche di scherzi e di condivisione di servizi. Oggi, in modo particolare, la nostra società è chiamata a superare la stigmatizzazione di chi ha commesso un errore poiché, invece di offrire l’aiuto e le risorse adeguate per vivere una vita degna, ci si è abituati a scartare piuttosto che a considerare gli sforzi che la persona compie per ricambiare l’amore di Dio nella sua vita. Molte volte, uscita dal carcere, la persona si deve confrontare con un mondo che le è estraneo, e che inoltre non la riconosce degna di fiducia, giungendo persino a escluderla dalla possibilità di lavorare per ottenere un sostentamento dignitoso. Impedendo alle persone di recuperare il pieno esercizio della loro dignità, queste restano nuovamente esposte ai pericoli che accompagnano la mancanza di opportunità di sviluppo, in mezzo alla violenza e all’insicurezza. In questo momento però col virus, tutto è stato sospeso, rimane solo il rapporto epistolare. Fino a quando? Non lo sappiamo.
una storia d'amore
 
Questa storia è iniziata a Chorense-Terras de Bouro-Braga-Portugal, quando António Ferreira ha chiesto a Maria Angelina Gonçalves di sposarlo. Lei, anche se aveva in cuore il sogno di farsi suora, ha capito che il piano di Dio era un altro e ha accettato. E cosi sono diventati i miei genitori! Sono nata in una notte fredda del 24 gennaio del 1946, nel piccolo paese di Saim – Chorense, la prima di otto figli. Una “bella bambina”, come mi diceva chi mi ha conosciuta da piccolina, che nel pomeriggio del 10 gennaio di 1948, ha preso l’iniziativa di giocare con le ceneri del focolare e,….svegliate le braci, ha preso fuoco al vestitino… E cosi, la storia ha cambiato direzione: accolta da parenti di mia mamma (cugini ), che hanno voluto curarmi, la mia crescita si è svolta a Braga, dove loro abitavano. È da loro che ho ricevuto tutto quello di cui avevo bisogno per sopravvivere fisicamente, ma anche tutta l’educazione umana e spirituale. Dopo i miei genitori, questi parenti (tre sorelle e un fratello), sono le colonne della mia vita. Oltre alla preparazione intellettuale, mi hanno avviato all’ iniziazione cristiana. Braga è una città bimillenaria, di cultura romana e cristiana. E questo ha influito nella mia personalità. I corsi Commerciali, che ho frequentato, sono stati la base per aprire i miei orizzonti umani e spirituali. Famiglia Gonçalves Ferreira 1970 La vocazione Spronata dalla testimonianza di bontà di questa famiglia che mi aveva accolto, mi sono aperta alle necessità del mondo, concretamente ai più deboli: i bambini, gli anziani, i lontani da Dio. Cosi, mi ricordo che ero ancora piccola (5 o 6 anni), quando presi una decisione: “Quando sarò grande, avrò cura dei bambini abbandonati!”. E le circostanze mi portavano a fare piccoli servizi a persone anziane e ad ascoltarli, ma anche ascoltare persone che avevano problemi familiari. E mi dicevo: ”Ma non so che cosa dire loro! Perché mi raccontano i loro problemi se io sono piccola e non so rispondere niente?...”. E guardando le immagini dei santi, mi dicevo: “Voglio essere come loro! Se loro sono diventati santi, anch’io potrò esserlo!”. E cosi, sono cresciuta sognando progetti. E tutto quanto studiavo, anche le cose più difficili (Economia Politica, Diritto Commerciale, Contabilità soprattutto...), era indirizzato a comunicare agli altri. E così è nato il sogno di essere insegnante per aiutare i giovani. E mi sono trovata a sognare di vivere questo progetto con un gruppo di ragazze che pensassero come me, cioè insegnare e aiutare i giovani. Allo stesso tempo, sentivo dentro di me il sogno di vivere come le suore (a Braga c’erano tanti Istituti Religiosi…), ma non volevo vivere chiusa in un convento e avere un abito come loro; volevo passare sconosciuta nel mondo e che nessuno sapesse dei miei sogni. E cosi sono cresciuta a Braga fino ai 17 anni. Dopo avere vissuto due anni a Porto per studiare nell’Istituto Superiore di Contabilità, mi sono trasferita a Lisbona per continuarli gli studi. È in questo periodo – 1965/1967 – che ascoltando le notizie alla radio, soprattutto di omicidi nelle famiglie, che sento gli appelli alla donazione di me stessa a Dio e ai fratelli. Non era più sufficiente essere insegnante o fare opere (orfanatrofi, ecc.) per aiutare i più deboli… Qui è entrato il pensiero dell’ Oblazione a Dio per i fratelli: cosi lo ha definito il mio confessore, Padre Paolo Riolfo, SCJ. E mi ha presentato la COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE, che era a Bologna. E cosi per me è diventato chiaro: essere nel mondo senza essere del mondo. Un Istituto Secolare. In seguito, Padre Giulio Gritti scj, mi ha confermato: questa è la tua vocazione. Avevo 20 anni. E mi sono preparata per andare in Italia, all’inizio del 1967, anche affrontando l’opinione contraria della mia Famiglia…. La Compagnia Missionaria, invece, ha deciso di venire in Portogallo… È cosi che, nel 13 ottobre del 1967, la CM dà inizio a un gruppo a Porto e io sono accolta il 22 dello stesso mese da Padre Albino Elegante, il Fondatore. Era la Giornata Mondiale delle Missioni. Ho iniziato la formazione per vivere la consacrazione: è Teresa Carvalho, come responsabile di gruppo, ad aiutarmi a fare i primi passi. L’anno seguente (1968) arriva dall’Italia Marta Bartolozzi, come responsabile di formazione. E cosi, con il suo aiuto e del gruppo e di tutta la CM, rinforzata dallo Spirito Santo, arrivo al momento della emissione dei voti: 29 settembre 1972. Concretamente, come vivo la mia Vocazione? Dopo l’emissione dei voti, ho continuato la formazione con la riflessione, la preghiera e lo studio. E svolgo anche attività professionali (Insegnamento di Religione e Morale, Segretaria nel Seminario Maggiore) e di Apostolato (catechismo in parrocchia, incontri per adolescenti e giovani). Anche la CM sogna e decide progetti per rispondere agli appelli di Dio nei fratelli. Dopo il Mozambico, si fanno passi per l’America Latina: Brasile, Argentina, Cile, e io mi offro per fare parte di un gruppo. In seguito, mi viene chiesto di fare parte del gruppo CM in partenza per il Brasile. Dico il mio SI. È un SI nel buio, ma lo dico consapevole che la cosa più importante che andrei a fare, non sarebbero state le attività professionali e di apostolato, ma il vivere l’Oblazione in ogni momento. E cosi siamo arrivate a San Paolo, il 19 settembre 1980! Le prime: Santina, Edvige e io. La Parrocchia dei Padre Dehoniani, a San Paolo, dove ci siamo state inserite, mi ha chiesto subito di entrare nelle attività di apostolato nelle scuole e nelle Comunità Ecclesiali di Base. Era il 1980! In questo anno, anche se il Brasile viveva già un certo clima di democrazia, la paura della dittatura era ancora presente. E i più poveri, oltre all’ estrema povertà materiale, vivevano nell’ analfabetismo e nell’ oppressione, soprattutto nelle zone rurali. E cosi le “Favelas”, nelle grandi città come San Paolo, crescevano sempre più. Di tutte le necessità che mi furono presentate, la più forte era questa: le scuole statali non seguivano i bambini poveri, li lasciavano da parte e, per questo, non progredivano. Come conseguire una professione degna senza un diploma scolastico? Per rispondere a questa domanda, nella Comunità di Base dove mi trovavo ad aiutare, è quindi nata la decisione di organizzare una Pre-Scuola per i bambini più poveri della “favela”, aperta anche ad altri che erano nella stessa situazione. Una Pre-scuola che preparasse i bambini con il minimo per affrontare la scuola elementare statale: leggere, scrivere, matematica, conoscenze dell’ambiente, ecc. Con un supplemento alimentare naturale (con tutte le qualità di nutrienti necessari), per 3 anni, i bambini imparavano bene e crescevano sani! In seguito, anche i loro genitori chiesero di avere la stessa preparazione per progredire nel loro lavoro. E cosi, alla sera anche gli adulti venivano alla scuola. Oltre a questa attività professionale, mi è stato chiesto un aiuto anche per il catechismo (bambini e adulti) e incontri di formazione biblica e vocazionale. Come CM, la vita di gruppo, missionarie e familiares, ha rinforzato sempre la mia consacrazione. Anche a livello di Istituti Secolari, mi è stato chiesto di fare parte del Consiglio della Conferenza Nazionale, come Segretaria, e poi a livello Regionale di San Paolo, anche come segretaria. Questi impegni mi hanno permesso di avere una visione generale della vita consacrata secolare nel Brasile e nel mondo, di essere a contatto, anche personale, con membri di vari Istituti. Mi sono sentita di fare parte di una grande Famiglia. Sono stati 20 anni (19 settembre 1980-18 dicembre 2000) di donazione nella Oblazione. Intuivo, prima di partire, che la mia vita in Brasile non sarebbe stata tanto importante nel fare attività, ma vivere ogni momento in spirito di Amore e Oblazione... E cosi è stato!... Ed è stato cosi per la Compagnia Missionaria in Brasile: ogni membro del gruppo (io, Santina Pirovano, Edvige Terenghi, Antonia dell’Orto, Giuseppina Martucci, Luciana Battistello) ha fatto questo cammino di offerta quotidiana. Questa è stata la nostra risposta all’appello del popolo brasiliano, in tanti modi diversi secondo le attitudini di ciascuna… E continua ancora dopo quarant’anni, perché le relazioni che si sono costruite continuano vive tramite i mezzi informatici. Quest’anno, la CM ringrazia il Signore perché, quaranta anni fa, ha iniziato a dare vita alla missione con il Popolo del Brasile. E noi, di questo gruppo, ringraziamo il Signore che ci ha chiamato a vivere questa missione! Missione sempre viva nel nostro cuore perché gli appelli continuano, anche se non siamo più presenti fisicamente! La mia vocazione oggi Ora, dal 1 febbraio 2004, io sono a Lisbona inserita nella pastorale della Chiesa Locale, ma il mio cuore è del mondo e nel mondo: “Si cerca cuori uguali al Suo…”, diceva Padre Leon Dehon, cuori come il Cuore di Cristo che è stato trafitto per tutta l’umanità! Faccio questo cammino con il mio gruppo CM di Porto e il gruppo familiares CM di Lisbona. E ringrazio il Signore che, tramite la mia famiglia, la Chiesa, la CM, il mondo, continua a scrivere in me questa STORIA DI AMORE, per vivere l’Oblazione a Dio per i fratelli, secondo lo Statuto della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore. 
il nuovo
 
Il nuovo della vita! S. Paolo afferma che: c'è una misura, quando l'uomo si guasta, lo Spirito lo rinnova! Nel tempo pasquale, viviamo e annunciamo un nuovo mondo, il nuovo Uomo Gesù Cristo. L'Apocalisse ci indica un nuovo cielo e una nuova terra ... Tutto è stato rinnovato! Sento che lo Spirito Santo continuamente mi rinnova. Mi vedo con uno sguardo risorto. Ogni giorno è un giorno nuovo! Una nuova opportunità per risorgere con Cristo. Una nuova creatura, la prima nel resto della mia vita! Il passato è passato non torna! In questa nuova visione, che tutto ha il suo tempo, tutto è fugace, niente è sicuro e irremovibile. Ho notato che tante volte i miei occhi erano miopi, guardando il nuovo che sembrava così lontano, ma era così vicino. Il nuovo dell’altro Nessuno cambia nessuno. I miei occhi nuovi videro l'altro con gioia, è mio fratello e anche quello con cui non simpatizzo. Questo nuovo che mi ha fatto mettere in comunione con ogni fratello con tutto ciò che è ed ha, e allo stesso tempo mi ha messo in comunione con tutto ciò che ho e che sono. Il nuovo della mia famiglia È solo che la mia famiglia è come tutte le famiglie del mondo. Nuove sfide, nuove situazioni, nuovi modi di vivere. Questa novità porta con sé uno sguardo limpido al reale che a volte non ha soluzione, però il nuovo è viverlo come un cuore accogliente e misericordioso. Essere presenti e approfittare di questa opportunità che si può trovare solo nell'unione con il Signore Risorto, che vive per sempre nella sua Chiesa e nel mondo. Il nuovo nella professione Nessuno cambia nessuno! Per quanto quello che devo cambiare è il mio aspetto, vedere nella persona che condivide lo stesso lavoro che è il figlio preferito di Dio. Ha una storia che solo Dio conosce, di cui vedo solo una piccola parte del suo essere. Ciò che si fa in silenzio è contribuire al bene comune così spesso invisibile. Amare senza parole, ma a gesti, nel confortante silenzio di Dio. Il nuovo della mia consacrazione «Non sei stato tu a scegliere me, sono stato io a scegliere te» … «Fai quello che ti dice» … La vita di consacrazione di castità, povertà e obbedienza è sempre vecchia e sempre nuova. «Il Saggio sa trovare le cose dal cuore, nuove e vecchie». Con la sana crescita dell'età vedo nella castità la bellezza dell'essere di Dio in tutte le circostanze della vita. Nei giorni gioiosi e meno gioiosi, vivere il presente con uno sguardo di tenerezza, facendo quello che si deve fare, se non si può fare, non lasciarlo diventare un peso. Obbedienza a Dio, nella Compagnia Missionaria, nella Chiesa, nel mondo; è un dono ineffabile. Ho imparato che chi obbedisce è perché si fida, anche nelle giornate più fredde, o più calde e grigie della vita! Obbedire è essere disponibili a Dio, agli altri e a sé stessi, essere in equilibrio tra l'essere e il fare nella gioia che viene dallo Spirito Santo. Questa è la mia forza, lo Spirito Santo che mi aiuta ad obbedire anche senza capire, così è stato il Sì di Maria, il Sì di Gesù, così è ciò che cerco di vivere. Povertà, il nuovo modo di vivere con il necessario, prudenza in quello che sto acquistando, se ho bisogno compro, se non ho bisogno non comprerò. Saper dare saper ricevere, sia materialmente che spiritualmente. Ho imparato a ricevere una critica che non mi piace, ma da essa prendo ciò che mi fa crescere e lascio da parte il resto. Ho imparato a vivere in modo diverso con maggior sobrietà. Il nuovo della preghiera Pregate incessantemente, dice Gesù ai suoi discepoli. Fedeltà alla preghiera e credo che lo Spirito Santo prega in me e con me nella Chiesa. Ripetizione dell'uno o dell'altro salmo, affidando le preoccupazioni alle gioie. Io vivo nel presente. Nella preghiera ho vissuto il presente, mi sono disconnesso dal passato, ho tagliato le mie paure, guardo con delicatezza al futuro senza grandi allarmismi. Il nuovo del gruppo comunitario Ognuno di noi è unico, amato da Dio, redento da Gesù, sostenuto dallo Spirito Santo. Sento sempre più che il mio gruppo sperimenta la debolezza della vita! Anche questo ha la sua bellezza; questo mi fa pensare alla brevità della vita, e che sono entrata nel tempo del decadimento e, contemporaneamente, dell'ascensione della vita a Dio. Il nuovo: vivere ogni momento come l'ultimo della mia vita ed assaporare il momento presente con la sua luce e colore e con le sue ombre. Il nuovo da Internet: Ho vissuto nell'apprendimento di questi beni preziosi, se usati per il bene comune. Il lontano che è diventato vicino. A questo proposito, ho visto il valore della comunicazione a distanza. Con Maria, Madre, Guida e Custode della Compagnia Missionaria del Cuore di Gesù, dico: Ecco la serva del Signore, avvenga di me secondo la sua Parola. Tutto è stato rinnovato! Il nuovo della mia storia, della storia dell’umanità, della Chiesa e della Compagnia Missionaria ... lo sappia accogliere con misericordia.
la via delle beatitudini
 
Sintesi degli Esercizi Spirituali della Compagnia Missionaria di Funchal - Madeira Si sono svolti dal 13 al 17 luglio 2020, orientati da Don Juan Noite SCJ. L'atmosfera era di assoluto silenzio. C'è stato tempo per il Sacramento della Riconciliazione. Ogni giorno un missionario guidava la liturgia. Teresa Freitas ha animato i canti liturgici. Conceição Silva si è occupata della sacrestia e si collegava con le sorelle di servizio in cucina. In una prima presentazione generale, il ritiro è stato eccezionale non solo per il tema, ma anche per il suo sviluppo avuto perché orientato con competenza e fede da parte del Sacerdote che ci ha accompagnate. Si iniziava con la preghiera allo Spirito Santo seguita da canti appropriati e accompagnata da strumenti musicali. Ci sono state nove conferenze e nella prima conferenza l'oratore ha fatto riferimento ai "ritiri" che Gesù ha fatto e proposto ai discepoli prima di ogni missione. Prima di iniziare la sua vita pubblica Gesù si abbandona a un ritiro di quaranta giorni nel deserto dove prega, digiuna ed è tentato da satana. In più occasioni Gesù si ritira e prega. L'evangelista Marco 6,30-32 parla della necessità di un ritiro prima di scegliere gli apostoli e Matteo riferisce che è dopo un ritiro che Gesù ha scelto gli apostoli, Luca (9: 1-10) parla anche della sosta dei Dodici e nel cap.10 racconta l’invio dei 72 discepoli. Nell'Antico Testamento: il riposo sabbatico è una norma data da Dio il quale nel settimo giorno della creazione si riposò, perciò il sabato è considerato un giorno santo di preghiera e di riposo nel Signore e per il Signore. Così Il diluvio è una pausa di purificazione. Mosè lasciando l'Egitto va nel deserto e lì riceve le tavole della Legge da Dio. Elia camminò 40 giorni e 40 notti per raggiungere il monte di Dio l’Oreb e lì il Signore si manifesta nella brezza leggera. Il silenzio è importante sia dentro che fuori. BEATO ANGELICO, Discorso della montagna, 1438-40 Seguire Cristo Ci siamo ritirati per incontrare Dio. Il deserto nel linguaggio biblico è fecondo e positivo perché è il luogo dell'incontro con Dio. Alla luce della fede abbiamo una vocazione e una missione e un fine da raggiungere: seguire Cristo che significa imitare Cristo. Cerchiamo di riascoltare la chiamata del Signore e di seguire la via delle beatitudini, che è la “Magna Carta”, la Legge fondamentale del cristianesimo. Le beatitudini le troviamo In Matteo e in Luca con differenze redazionali. Lucas menziona 4 beatitudini: povertà, fame, pianto, persecuzione. In Matteo ce ne sono otto comprese le 4 citate da Lucas. Matteo aggiunge: mitezza, misericordia, purezza e pace. Le beatitudini sono leggi e comportamenti obbligatori per chi vuole seguire Gesù: via, verità e vita. Le beatitudini sono tutte massime piene di saggezza umana e spirituale - purificano l'uomo e lo aiutano a vivere nella realtà presente. Beati i poveri (Lu 6.20); Mt aggiunge “in spirito” (Mt 5.3). È la prima beatitudine perché solo una dose di spirito di povertà ci fa sentire creature. La povertà è essenziale, la cosa reale è nello spirito. Gesù ha vissuto la vera povertà perché non aveva nemmeno una pietra su cui posare il capo (Mt 8,20). Nell'Antico Testamento si alzano le voci dei profeti: Isaia, Geremia, Michea e Amos contro le ingiustizie sociali. Nei Salmi 69,6; 26,1. 21 conta la fiducia nel Signore, immagine del Messia, come esseri del Signore fedeli al Signore. Gesù è la rivelazione incarnata apparso povero e identificato con i poveri. L'Anawim (il povero di Dio) mite e umile di cuore. La vita religiosa è stata una proposta per la povertà. La povertà libera dona pace e gioia. Felice era S. Francisco de Assisi, S.ta Teresa la grande cioè, Teresa D'Avila, San Giovanni della Croce, S. Pietro di Alcântara sono esempi di gioia perché libera da beni ingannatori che impediscono di volare. Beati i miti perché possederanno la terra (Mt 5,5). Se la povertà ha a che fare con le cose, la mitezza con le persone. Non c'è dubbio che i miti sereni, calmi, pazienti ci conquistano. È la beatitudine prediletta del Cuore di Gesù "Imparate da me che sono mite e umile di cuore" (Mt 11,29). La mitezza e l'umiltà sono la chiave per seguire Cristo. Il Salmo 36, dove Gesù proclamò questa beatitudine: "I mansueti possederanno la terra e godranno di grande pace”. L'Antico Testamento apprezzava la mitezza. Sofonia scrive: "Cercate il Signore, voi tutti i mansueti della terra ... Cercate giustizia e mansuetudine" (Sofonia 2,3). Isaia descrive il Messia come un uomo mansueto (42, 1-3). Zaccaria profetizza che il Messia verrà con mansuetudine. Isaia presenta il Messia come un uomo sofferente nei 4 canti del Servo sofferente. E la passione di Gesù fu una grande lezione di mansuetudine. La mitezza, oltre ad essere una virtù dei forti, è fonte di pace. Beati quelli che piangono. Piangono perché saranno consolati (Mt 5,4). Beati voi che ora piangete perché riderete (LC 6, 21,25). Piangere e soffrire è il nostro pane quotidiano. L'Antico Testamento legge la sofferenza (Adamo ed Eva). Il libro di Giobbe è una riflessione sulla sofferenza. In Isaia la sofferenza appare come mezzo di redenzione, mistero di salvezza. Gesù adempì la profezia di Isaia dando la chiave di lettura alla sofferenza che va considerata nel suo valore salvifico. Da qui la saggezza del segno della croce, simbolo distintivo dei cristiani. La sapienza della croce deve essere accolta come programma cristiano "chi vuole essere mio discepolo rinnega se stesso, prendi la sua croce e mi segua (Mt 16,24). Beati i puri di cuore perché vedranno Dio (Mt 5,8). Il premio per la beatitudine dei puri di cuore è la visione di Dio, cioè, per vedere Dio, bisogna avere un cuore puro e limpido. Oggi parlare di purezza è parlare di castità e ci fa pensare a S. Luigi Gonzaga, S. Maria Goretti, martire della purezza. Consacrandoci a Dio, facciamo il voto di castità. C'è purezza nel senso di limpidezza, trasparenza, integrità e verità. Nell'Antico Testamento, la purezza esteriore rituale, era molto importante, ma i profeti richiamavano alla purezza del cuore e condannavano il formalismo. Nostro Signore è severo contro la mancanza di autenticità, coerenza, limpidezza, per mostrare la facciata. Beati i puri di cuore, i chiari, trasparenti, veri e senza inganni. La purezza del cuore è l'effetto e il segno di una nuova creatura e assicura la visione di Dio. Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia (Mt 5,7). La misericordia è uno degli atteggiamenti di Dio che la Bibbia sottolinea maggiormente. L'Antico Testamento rivela un Dio misericordioso, anche quando punisce (Es. 34,6-7); (Ezechiele 33,11), (Neemia 9,17, 31) (Giona 4,2, Salmo 135). Il Nuovo Testamento parla del Verbo di Dio incarnato venuto tra noi per farsi solidale con noi diventando uno noi, eccetto il peccato (Ebrei 4,15). Gesù insiste sul perdono perché è misericordioso. Le parabole che l'evangelista Luca ricorda: la pecora smarrita, la dracma perduta, il figliol prodigo mostrano la misericordia del Signore. "Beati i pacifici perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9). Shalom - Pace - è un termine molto comune nella Bibbia. Beati i pacifici non i pacifisti. San Giovanni Paolo II ha detto "Sì, pacifico, no pacifista". Beati gli operatori di pace, i costruttori di pace, perché saranno chiamati "figli di Dio". Dio è pace, Gesù è pace, i figli di Dio sono operatori di pace. In concreto la prima pace che dobbiamo fare è con noi stessi con la nostra natura. Vivi in pace con la tua coscienza, in pace con Dio. Costruisci la pace intorno a noi, sii costruttori di pace. Fare la pace, perdonare è dei forti. È un impegno serio costruire la pace: pace con la natura, con la nostra coscienza, nelle nostre comunità, nei nostri ambienti. Beata Vergine Maria a) La Madonna è l'Immacolata Concezione b) È vergine e madre! c) Lei è la Madonna d) Lei è la Madonna Assunta. La Madonna è un modello perfetto di come vivere le beatitudini. 1. Era povera. 2. Era un modello di mitezza. 3.Beata perché ha saputo soffrire e Beati coloro che sanno soffrire. 4. La Madonna è benedetta perché è misericordiosa. 5. La Madonna è beata perché pura. 6. La Madonna è beata perché portatrice di pace. È la regina delle beatitudini: via della santità La parola "felice" o "beato" diventa sinonimo di "Santo" perché esprime che la persona fedele a Dio e che vive la sua parola fino al dono di sé, vera felicità. 1- “Felici sono i poveri in spirito perché di loro è il Regno dei Cieli”. Luca parla dell'essere poveri (Lc 6,20) invitandoci a una vita sobria ed essenziale. Essere poveri di cuore, questa è santità. 2- “Felici i miti perché possiedono la terra”. Gesù ha detto "Impara da me perché sono mite e umile di cuore e trovo riposo per il tuo spirito (Mt 11:29). S. Teresa di Lisieux ha detto che "la carità perfetta consiste nel sopportare le colpe degli altri, nel non scandalizzarsi dalle loro debolezze". Reagire con umile mitezza, questa è santità. 3- "Felici quelli che piangono perché saranno consolati”. La vita ha un significato nell'aiutare gli altri, nella loro angoscia, comprendere l'angoscia degli altri e alleviare gli altri. "Saper piangere con gli altri è santità". 4- "Felici coloro che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati". La giustizia nella vita di ogni persona è diventare giusti nelle proprie decisioni e poi manifestarsi nella ricerca della giustizia per i poveri e i vulnerabili. Cercare giustizia con fame e sete è santità. 5- "Felici sono i misericordiosi perché raggiungeranno misericordia". Dare e perdonare è cercare di riprodurre nella nostra vita un piccolo riflesso della perfezione di Dio. Guardare e agire con misericordia è santità. 6- "Felici i puri di cuore perché vedranno Dio". Quando il cuore ama Dio e il prossimo (Mt 22,36-40), può vedere Dio. Mantenere il cuore pulito da tutto ciò che macchia l'amore è santità. 7- "Felici sono gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio". I pacifici sono fonte di pace, costruiscono pace e amicizia sociale. Loro "saranno chiamati figli di Dio" (M 5,9). Seminare pace intorno a noi è santità. 8- "Felici coloro che subiscono persecuzioni per amore della giustizia, perché di loro è il regno dei cieli". La croce, soprattutto le fatiche e le sofferenze che sopportiamo per vivere il comandamento dell'amore e la via della giustizia, è fonte di maturità e santificazione. Ci sono ideologie che paralizzano il cuore del Vangelo quando i cristiani separano le esigenze della loro relazione personale con il Salvatore. Santi come San Francesco d'Assisi, San Vincenzo de 'Paoli, Santa Teresa di Calcutta; né la preghiera, né l'amore per Dio, né la lettura del Vangelo, hanno diminuito in loro la passione e la dedizione agli altri perché questa ha in Dio il proprio fondamento. In relazione ai migranti, S. Benedetto ha detto ai confratelli di accoglierli "come Cristo". San Tommaso d'Aquino diceva che le opere di misericordia per gli altri sono il sacrificio che piace di più a Dio. S. Teresa di Calcutta dice anche che Dio si china e ci usa per essere il suo amore e compassione nel mondo. Il punto di forza della Testimonianza dei Santi è vivere le beatitudini e la regola di comportamento del giorno del giudizio.
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