Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
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19 ottobre 2024
Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
sorgente che rinnova e rivitalizza
Gli Esercizi Spirituali
dal 5 all'11 luglio, con le missionarie del Sacro Cuore di Gesù, al seminario “Bom
Pastor”, a Ermesinde (Porto) mi ha portata a fare un viaggio nel mio mondo
interiore, un'esperienza intima in cui “il cuore parla al cuore”, secondo John
Newman. Tuttavia, riconosco che senza l'amicizia, la comunione fraterna e
l'accompagnamento delle missionarie il mio cammino spirituale, o meglio, la mia
relazione con Dio non sarebbe progredita con tale vitalità e non sarebbe stata
liberante.
Personalmente,
raccolta a casa mia nel mio lavoro e ancora immersa nel dolore a causa della
morte di mia madre, mi sono sentita fuori contatto con Dio e ho sentito la
solitudine. Inoltre, la nostra società, chiamata di comunicazione, è rumorosa e
solitaria, perché i dialoghi e le conversazioni sono più centrati sull'io che
sulla “roccia dell'essere”. Secondo André Rochais, la “roccia dell'essere” è un
luogo dove risiedono le realtà più profonde dell'essere umano. Mentre lavoravo
attraverso le tecnologie di apprendimento a distanza, l'invito fatto dalle missionarie
mi ha permesso di fare gli Esercizi Spirituali. Poco prima di essere invitata, ho trovato una Bibbia e credo non sia
stato un caso, ma un segno della presenza dei passi di Dio nella mia vita.
Così, quando ho
letto il Salmo 62, commentato da sant'Agostino: "L'anima mia ha sete di
Te, mio Dio". Mi si è chiarito che la ricerca di Dio era essenziale per
me, mi sono identificata con il salmista, perché mi sono sentita come terra
arida, assetata, senz’acqua, priva di anima. Pertanto, in questo ritiro,
migliorando la mia capacità di ascoltare la lettura orante della Sacra
Scrittura, precisamente il libro dei salmi, meditando la Parola mi osservavo
interiormente e mi immergevo più a fondo in me e, a poco a poco, si risvegliavano i valori umani e cristiani,
e ricchezze interiori; cioè quello che sono.
D. Manuel Pelino
ha commentato ancora alcuni brani del Nuovo Testamento, che sono sempre fonte
di verità, di bontà e giustizia e soprattutto d'amore. Ha anche narrato episodi
della vita di alcuni santi e, riguardo a questi, Umberto Eco afferma che la
forza di un'etica si giudica dal comportamento dei santi.
In sintesi, ascoltare e meditare la parola
di Dio è stata un'apertura alla mia trasformazione interiore, perché sono
riuscita a rivedere la mia vita e, contemporaneamente, a trovare un modo per
migliorarla nella ricerca della Verità, che è Amore, perché ci porta a credere,
ad avere fede.
Posso quindi dire
che questo incontro spirituale, assieme alle missionarie del Sacro Cuore di
Gesù, mi ha offerto ancora una volta un viaggio nei “prati verdi e sorgente di
acque ristoratrici” della Parola di Dio, dove i miei passi sono stati guidati
verso la via della riconciliazione con Dio, con me stessa, con gli altri e
anche con il creato.
Anche il parco
del “Bom Pastor” dove abbiamo fatto gli Esercizi mi ha aiutata con la
sua bellezza e con la sua varietà di alberi che io, concentrata e silenziosa,
ho ammirato in momenti diversi e mi sono sentita chiamata a dare tempo per contemplare la natura con tutti i
miei sensi come afferma José Tolentino.
Egli dichiara che la mistica dell'istante non può che essere "una
spiritualità che vede i sensi come la via che conduce e la porta che ci apre
all'incontro con Dio".
In conclusione, mi sono sentita rinnovata e
rivitalizzata per continuare il mio viaggio con significato e fermezza.
mi prendo cura di mia mamma per amare, contemplare e donare!
Questa è la mia
missione da alcuni anni ormai: prendermi cura di mia madre ogni giorno, insieme
ai miei fratelli, che collaborano all’assistenza di nostra madre nelle notti e
nei fine settimana.
È una missione
delicata, perché mia madre è paralizzata, costretta a letto e fragile. Si nutre
attraverso un sondino nasogastrico, con pasti vari, preparati da me a casa. Usa
l’ossigeno ventiquattro ore al giorno attraverso occhiali nasali. Tuttavia,
nonostante le difficoltà, sto facendo del mio meglio, confidando sempre nel
Signore della Vita, e che la sua volontà sia fatta ogni giorno! Quindi vivo il
mio essere una missionaria consacrata, curando mia madre come se fosse Gesù
Cristo nostro Salvatore. Cerco di vivere i momenti di preghiera come richiesto
dal nostro Statuto e Regolamento di vita, recitando Lodi, Vespri e il Rosario.
Però è anche un programma che non sempre riesco a corrispondervi, perché se mia
madre ha bisogno, non esito a lasciare tutto e prendermi cura di lei.. Per
partecipare all'Eucaristia, spesso devo accontentarmi della televisione.
Mi sento molto
serena e tranquilla, perché in questo momento sento che la missione che devo
portare a termine è: prendermi cura con tanto amore di chi mi ha dato la vita,
mi ha aiutato a crescere e mi ha insegnato ad amare Gesù!
Contemplando e
adorando Gesù in mia madre in cui Lui è presente e lei ha bisogno di essere amata e curata, con grande affetto e
tenerezza, sento che sto anche con Gesù.
Questa è la mia
missione di badante: garantire che mia madre completi i giorni che il Signore
Gesù le concederà!
vivere comunione e missione con cuore accogliente e misericordioso
rispondere all'amore infinito di dio
Omelia nella prima emissione
dei voti di (Rosy) Anna Pati
20 settembre 2020
Che cosa stiamo facendo? Che cosa sta
facendo Rosy oggi, qui, davanti a tutti? Fa una cosa semplicissima, non straordinaria, una cosa che dovremmo fare
tutti: rispondere all’amore infinito di Dio. Che cos’è la vita cristiana se non
la risposta a questo amore incredibile smisurato. Non riusciremo mai a
comprendere perché Dio ci ami così tanto!
Rosy oggi risponde, dice il suo sì a questo
amore. Ma per fare questo bisogna essere persone speciali? Si certo, per chi la
conosce, per chi gli vuole bene Rosy è speciale, ma non bisogna avere chissà
quali poteri, chissà quali qualità. Anzi, il Signore ci prende così come siamo.
La nostra risposta è dire sì con tutta la nostra umanità, con quello che siamo.
Innanzitutto, le parti belle di te, ma anche le tue fragilità e le tue
debolezze. È bello pensare che il Signore prende tutto di te, non scarta niente
di te, non scarta niente della nostra vita. perché tutto di noi ci riporta e ci
riconduce al suo amore.
San Paolo, come abbiamo ascoltato nella
seconda lettura, si sente indegno perché c’è qualcosa che lo tormenta. Allora
davanti al Signore gli fa una richiesta: togli da me questa debolezza, questa
fragilità, questa spina, perché per me è insopportabile, perché mi fa sentire
continuamente indegno. Invece il Signore gli risponde: ti basta la mia
grazia, come se Dio gli dicesse: io comincio proprio ad amarti da questa
parte che tu rifiuti. Questa è la dichiarazione di quanto Dio ci ami. Ti basta
la mia grazia per dirci ti basto io, sono sufficiente io, ti basta questo mio
immenso amore.
Noi guardiamo invece sempre le cose che non
vanno. Dio ha un modo diverso di guardarci. Lasciamoci guardare così e lasciati
guardare così, ogni giorno, da questo immenso amore, da questa tenerezza
sconfinata. Se tu guardi quel volto che
ti ama, quel volto ti restituisce il tuo vero volto, ti dà una nuova identità,
quella che spesso noi non vediamo, perché assorbiti solo dalle cose che non
vanno dentro di noi o dentro gli altri. Siamo sempre e comunque preziosi ai suoi occhi.
È bello guardarci attraverso gli occhi di
Dio. Questo innamorato che ci fa belli. Allora quello che consideriamo
debolezza diventa la nostra forza, diventa quel punto dove poter sollevare la
nostra esistenza. Il Signore parte da lì,
come una leva. In questo modo il Signore ci vuole sempre spiazzare, lo fa anche
oggi. Come nella parabola del vangelo il padrone spiazza tutti quegli operai,
quelli della prima ora ma anche quelli dell’ultima ora. Li paga tutti allo
stesso modo. E noi che ragioniamo con altri criteri, noi che ragioniamo sempre
con i criteri della giustizia che spesso s’impantana in percorsi puramente
umani. Il Signore ci offre un altro modo di vedere la vita, la vita degli
altri, la nostra vita. Dice il vangelo: sei invidioso perché io sono buono?
Oggi ci lasciamo spiazzare da questa scelta
di Rosy, ma ci lasciamo anche spiazzare da questa
realtà, da questo amore: Dio è buono! Noi oggi vogliamo parlare di questo, constatiamo questo. C’è una
spiritualità che tu hai abbracciato, ed è la spiritualità del Sacro Cuore di
Gesù, che noi come dehoniani e voi come Compagnia Missionaria condividiamo,
abbiamo le stesse radici. Partiamo da lì, da quel cuore. Si manifesta così
l’amore di Dio: dal cuore, così come tante volte è il cuore umano che racconta
all’altro quanto gli vuole bene.
Tutto il vangelo, come
questa pagina, ci racconta l’amore del Padre che è stato reso visibile,
concreto, tangibile attraverso Gesù. Ma c’è un’immagine ancora più concreta che
ci racconta questo amore. Un’immagine cara alla nostra spiritualità: è il cuore di Gesù trafitto dalla lancia proprio lì sulla
croce. Gesù viene trafitto da uno strumento di guerra e da quel cuore esce
sangue e acqua, sgorga continuamente amore, anche qui, oggi. Riversa su ognuno
di noi ciò di cui abbiamo veramente bisogno: Lui! È un cuore che rimane
trafitto, cioè amante, che riversa su ognuno di noi ciò di cui abbiamo
bisogno. Un cuore trafitto che si prende
a carico tutti i trafitti, tutte le persone che anche in questo momento stanno
soffrendo. È un cuore che vuole guarire. C’è una parola dentro la nostra
spiritualità che a volte è incomprensibile perché nella lingua italiana ha altri significati. Questa
parola è riparazione. Qual è il lavoro di Dio? È proprio questo: riparare il
cuore di tante persone. Allora riparare vuol dire unire, dare speranza, dare
futuro, dare vita, dare perdono. Riparare è annunciare che non c’è la parola fine, è
dare speranza, come succede
nel vangelo a quell’operaio dell’ultima ora che oramai non aspettava più
nessuno per prenderlo a lavorare nella vigna. Invece il Signore dice a
quell’uomo: vieni anche tu, c’è posto anche per te, c’è sempre una possibilità.
Stupendo questo Dio, ben diverso dal considerare solo un Dio giusto. Il nostro Dio va oltre la nostra giustizia.
E noi cosa siamo chiamati a fare, noi
dehoniani e voi della Compagnia Missionaria? Ricordare questo cuore trafitto,
questo cuore che ama, questo cuore che ripara. Lo fa riparando innanzitutto
noi. Per poter riparare un cuore ferito dobbiamo sentire che anche noi
siamo stati riparati, che abbiamo continuo bisogno di essere riparati. Anche
noi siamo feriti e siamo stati feriti nel cuore… e anche nei polmoni, come ci
insegni tu Rosy.
C’è una frase di padre Dehon, nostro
fondatore, che tu Rosy mi hai ricordato e che mi era sfuggita: “più che
riparatore io mi sono sentito sempre da riparare!”. Noi rimaniamo sempre
uomini e donne da riparare. È questo che ci mette in movimento, è questo che ci
fa camminare: sentire che abbiamo sempre bisogno di essere riparati e che c’è
sempre un di più dove muoversi. Grazie a questo Gesù che ci spinge sempre di
più verso l’alto, l’altro. Come possiamo guarire, come possiamo andare incontro
alle persone, sentire le loro ferite se non ci sentiamo anche noi bisognosi di
questo. La nostra ferita diventa grazia, diventa dono, diventa risorsa, diventa
opportunità. Questo è ciò che fa il nostro Dio.
Il
tuo sì oggi fa bene a tutti, fa bene a me, a quelli che hanno fatto una scelta
di vita, a noi dehoniani a voi della Compagnia Missionaria, ma anche a tutti
qui dentro che sono sposati. A chi sta chiedendo solo di vivere, perché la vita
è già una scelta enorme e stupenda. Il tuo sì ci dice di amare la nostra
scelta, la rinnova, perché ci aiuta a capire il motivo di quel sì detto a una
persona, a quell’Istituto, a quella Congregazione, alla Chiesa. Perché può
succedere, anche se non è scritto nel Vangelo, che seppure chiamati a lavorare
nella vigna poi ci assopiamo, diamo tutto per scontato, persone comprese. Oggi
anche noi, con il tuo sì, rinnoviamo il nostro sì.
Essere qui oggi ci
fa bene. Fa bene alla Compagnia missionaria, fa bene a noi dehoniani, fa bene a
questa comunità dove tu ti sei inserita, fa bene alla Chiesa, a questa diocesi,
come ci ha ricordato all’inizio della celebrazione il nostro vescovo.
E ora parti,
sentiti rassicurata dal fatto che ti ricorderemo. Ci prendiamo il compito di
portarti nelle nostre preghiere, come spero ci ricordiamo sempre degli altri.
Anche noi abbiano bisogno della tua presenza. Porterai il tuo carisma, il tuo
modo di essere dentro questa comunità.
Questo nostro mondo
ha bisogno che tu racconti attraverso il tuo amore il Suo amore.
P. Silvano
Volpato scj
la solidarietà in cile oggi
Associare il mese di agosto con la figura di p. Alberto Hurtado
s.j. non è difficile, non solo per il mondo cattolico ma anche per la società
cilena. Da quando è stato istituito il “giorno della Solidarietà”, questo
concetto e i gesti di solidarietà si sono fatti più familiari e concreti.
In questo tempo di emergenza e
di grande necessità che stiamo vivendo sono sorte diverse iniziative di
solidarietà: a livello sanitario, di solitudine, di assembramento, la
difficoltà per mancanza di lavoro, la possibilità di usare internet per gli
studenti, la violenza ecc. Tutto questo ha anche reso più evidente nella
società la disuguaglianza sociale e l’ingiustizia.
Sicuramente
questa stessa esperienza, ha interpellato p. Alberto, nell’epoca da lui
vissuta. Perché anche se la sua vita è conosciuta e si è svolta in diversi ambienti
poveri, ha coinvolto tutte le sue forze nella lotta alla miseria estrema. Tutto
questo, in accordo secondo quanto diceva la Dottrina sociale della chiesa, e
tenendo presente l’esperienza forte di Cristo povero. Ha camminato su queste
orme, cercando di incarnare la presenza di Dio, come ci viene presentata nel
Vangelo di Matteo 25,37 - 40: “Signore,
quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato… In
verità vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli
più piccoli, l’avete fatto a me”.
Mi soffermo su alcuni suoi pensieri e cerco di fare un
confronto con la situazione attuale che stiamo vivendo:
“Far
sparire la miseria è impossibile, però lottare contro di essa, è un dovere
sacro”
“In questa epoca di pandemia i lavoratori irregolari per paura di
perdere la retribuzione che ricevono per il loro sostentamento continuano a
lavorare esposti al pericolo di prendere il coronavirus. Lo stesso avviene con
il 50% della popolazione che si trova vicino alla soglia della povertà. Nello
stesso tempo le famiglie cilene, in questa situazione precaria si trovano
aumentato il loro debito e le altre che hanno possibilità di accedere
all’educazione privata, perché più valida dell’educazione pubblica, stanno
approfondendo e perpetuando il divario economico. (Studio su Familia y Pobreza relacional/ pucv.c.
nel tempo del corona virus).
Purtroppo, la povertà è un tema
che emerge ancora più gravemente in questi tempi di pandemia. P. Hurtado, in
questa situazione assumerebbe la posizione di stare nel mezzo del problema,
presente tra la gente per organizzare catene di solidarietà. Nello stesso tempo
si unirebbe a coloro che denunciano le politiche di una struttura di mercato
ingiuste e contro chi non capisce nulla di protezione sociale o di solidarietà.
P. Hurtado, per le sue caratteristiche di pastore e di leader credibile della
chiesa, sicuramente starebbe dalla loro parte, cercando in questo momento di
crisi, di ampliare il concetto di solidarietà, in una ricerca comune che
coinvolga, con l’impegno a compromettersi in tutti i settori sociali.
“Che
farebbe Cristo se fosse al mio posto”
“Pochi giorni fa, in un giorno piovoso di primavera, ho
incontrato un povero uomo con tonsillite acuta, tremava per la febbre, era in
maniche di camicia e non aveva dove rifugiarsi… (Dal quotidiano: “El
Mercurio”, dicembre 1944).
Questo fatto è stato uno tra i
tanti che colpì P. Hurtado, prendendo chiara coscienza che l’altro è Cristo,
quello che soffre. In questa stessa maniera, chissà quante persone e
istituzioni in questa situazione di pandemia si sono fatte la stessa domanda e
si sono rese presenti per aiutare. Pensiamo agli emigranti che sono rimasti
senza lavoro e che avrebbero necessità di ritornare al loro paese. Gli anziani
sempre più soli e senza appoggi … le tante persone che stanno vivendo il dolore
per la morte di un familiare. E così la lista continua, però l’importante è che
rimanga sempre questo desiderio nel cuore per poter rispondere alle necessità
di altri “Cristi” che incontriamo sul nostro cammino.
“Dare
sempre…dare fino a quando le braccia cadono per la stanchezza”
Lottatore
instancabile contro la povertà, trasformatore di un sistema, di una società più
equa e giusta sono aspetti che hanno motivato da sempre p. Hurtado. Donarsi,
darsi, stare presente in diversi ambiti, politico, sociale, educativo,
sanitario, ecclesiale ecc. Anche noi siamo chiamati a non impegnarci solamente nella parte assistenzialistica,
ma stare dentro le varie realtà per ridare dignità all’uomo e alla donna anche
in questi tempi di pandemia. Queste “altre persone” sono anche loro mio
fratello e mia sorella. In questi giorni ha fatto notizia la testimonianza di
“Batman solidale”, un commerciante che, dopo essersi camuffato, è uscito per le
strade di notte per offrire e condividere un piatto di cibo alla gente di
strada. Nell’intervista che ha rilasciato ha detto:” Esco in questi tempi di pandemia cercando di applicare tutte le
necessarie precauzioni per non prendere il virus e sento che il Signore mi è
vicino. Molte persone che avvicino mi dicono che non avrebbero mai pensato di
arrivare a questo punto. E si sentono umiliate per questa situazione. Io
rispondo di non avere vergogna perché questo cibo che offro loro, è già pagato,
è per te. Sono convinto che Dio a me, ha già anticipato in una maniera o
nell’altra, tante benedizioni che adesso io sto donandole ad altri… perché né
il governo, né la politica di destra o di sinistra risolve tutto questo. Questo
lo risolviamo noi e questo paese lo dobbiamo sollevare noi stessi”
(19-08-20)
“La
speranza mantiene la ragione per vivere”
Alberto Hurtado pieno di
speranza in Gesù della Vita ha lavorato per rendere possibile il Regno di Dio
in tutte le situazioni in cui si è impegnato. Era necessario in quel tempo
trasmettere ai suoi “Patrocitos” (venivano chiamati così i padroni delle
fattorie… qui usato da p. Hurtado in termine affettuoso) che era possibile
un’altra condizione di vita. E cercava anche di far smuovere quei settori più
ricchi alla carità, a dare quello che, giustamente spettava ai più poveri. Se
non fosse per questa virtù, la situazione che stiamo vivendo si farebbe più
insostenibile, con tutte le varie sofferenze che sono emerse sia a livello
nazionale che mondiale. Dobbiamo riconoscere che, siamo anche capaci di
guardare alle cose buone e positive che si stanno gestendo: vedere le necessità
degli altri come fossimo una sola famiglia, la dedicazione del personale
ospedaliero, i contagiati che si stanno recuperando, la solidarietà del
vicinato, il tempo per riflettere e pregare, l’aria e l’ambiente più puro, meno
contaminato. Anche questi sono segnali della vita che continua e ci invita a
costruirla.
“La
fede che non illumina e non irradia, non ha lo spirito di Cristo”
L’essere e il fare di p.
Hurtado riflette una spiritualità che non si ferma in un misticismo etereo,
spirituale, ma è nell’azione e contemplazione che sperimenta questo vivere di
Dio che ci viene incontro. La spiritualità di p. Hurtado si fonde tra il Cristo
che siamo e il Cristo che incontriamo negli altri. Il prossimo è Cristo
commentava Jorge Costadoat s.j. (teologo cileno). Allora come non sentirsi
invitati a incarnarci in queste realtà che tra luce e ombre dei tempi di p.
Hurtado e quelle che viviamo oggi, mi invitano ad essere solidale e mi
stimolano a riflettere sulla mia relazione con Dio e con la comunità.
Valorizzare la comunità, come famiglia umana che contagiata per la pandemia, ci
rende più sensibili e bisognosi gli uni
degli altri. Bisognosi di consolazione e di speranza.
Perché è nella Comunità e sentendomi parte di essa che
imparo la Solidarietà, quella che ci viene presentata dalla maniera di procedere
dal Cuore di Gesù e dal suo Vangelo.
rallegrati, maria, piena di grazia....
... noi tutti ci rallegriamo in te
Condivido
una breve riflessione per continuare ad approfondirla nel nostro cammino
quotidiano.
Il
saluto dell’Angelo Gabriele a Maria riprende e attualizza la profezia di
Sofonia 3, 14 -17 che dice:” Rallegrati,
figlia di Sion, grida di gioia, Israele, …Il Signore, tuo Dio è in mezzo a te”
... Nella scena dell’Annunciazione, Luca 1, 26 – 28 ripete lo stesso
saluto: “Rallegrati, piena di grazia il
Signore è con te”. Questa realtà
della connessione tra l’allegria e la grazia risalta e merita una profonda
riflessione. In greco, le due parole, allegria e grazia (charà e chàris) si formano
a partire dalla stessa radice. Allegria e grazia vanno sempre insieme.
L’allegria
è un dono proprio dello Spirito Santo, come il vero dono del Cuore di Gesù.
Così il saluto dell’Angelo continuerà a risuonare tutto il tempo, attraverso la
Chiesa e i cristiani, continuerà a risuonare nella vita e nella disponibilità
al Vangelo, nella Buona Notizia nella nostra vita missionaria giorno dopo
giorno,
L’allegria
e la grazia, risuona profondamente leggendo e rileggendo il nostro Statuto al
n. 9… “aiutate efficacemente dallo
Spirito Santo…” accogliendo la grazia con il Sì di Maria come garanzia…per
il dono della consacrazione nella CM… l’amore
dominerà tutte le espressioni della nostra vita e apparirà evidente nella
testimonianza espressa mediante la vivacità della donazione, il sorriso, la
semplicità…”.
Abbiamo
una missione stupenda, bella: vivere la comunione dentro questa realtà di
essere portatrici della grazia e della gioia in mezzo ai fratelli.
Continuiamo
ad approfondire dentro di noi questo regalo del Cuore di Gesù e del Cuore
Immacolato di Maria. Apriamo sempre il
nostro cuore alla grazia per vivere la gioia della consacrazione.