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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
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Mozambico Italia
Posted by Mariolina Lambo

“Noi missionarie, scelte da Dio, vogliamo scegliere Dio come pienezza delle aspirazioni della nostra vita”(Est. Nº 2).

Cosa vuol dire scegliere Dio come pieneza delle propria vita?

Essere di Dio per me ha voluto dire accettare di fare le esperienze più impensate nei momenti meno previsti – Dare nella propria vita delle sterzate improvvise per entrare in strade sterrate o in autostrada a secondo del momento.

Vi racconto la penultima sterzata per giungere a quest’ultima.

Nel 2010 ero in piena attività progettuale della commissione di giustizia e pace dell’Archidiocesi di Nampula – Progetto di formazione per i giudici dei Tribunali Comunitari e monitoraggio del rispetto minimo dei diritti umani nei carceri situati nel territorio della archidiocesi, ma un grave incidente stradale che mi lasciava schiacciata tra l’automobile e la parete, fece in modo che rimanessi immobile in un letto a Nampula e di li continuare a lavorare facendo riunioni con i miei collaboratori e poi altri tre mesi in Italia per la riabilitazione . Tornata in Mozambico con difficoltà di deambulazione riprendo il progetto e il lavoro della commissione giustizia e pace a livello diocesano, intanto a livello di gruppo va avanti la riflessione di aprire un’altra casa a causa dello sviluppo che la CM sta avendo nel centro-nord. Andare Martina con un gruppo a Quelimane? E’ l’ipotesi più viabile già che abbiamo una casa vuota di nostra proprietà in questa città; ma, guidate da Dio, la riflessione del gruppo prende un’altra piega. Sollecitate dal vescovo e da alcuni sacerdoti diocesani del Gurue, il gruppo sceglie di costruire una casa ad hoc a Invinha e a questo punto già non è Martina, ma è Mariolina che deve andare... La strada si spiana improvvisamente. Compriamo il terreno dalla Diocesi, Mariolina lascia Nampula e va al Gurue dove a causa del terreno disconnesso deve chiedere l’ausilio ad un bastone già che camminando ancora come un robot, le è facile prendere delle cadute. Undici ragazze sono pronte prima che la casa sia pronta. Cosa facciamo? Proposta: per quest’anno aspettate nelle vostre case. Risposta: Mariolina noi siamo abituate – anche nelle nostre case viviamo come possiamo – vogliamo vivere con te comunque sia – e allora via, poche chiacchiere, si comincia. Ospiti in una casetta della diocesi, ammassate in due stanze ci prendiamo in giro dicendo che stiamo facendo il servizio militare. Le ragazze si alzano alle tre di notte per fare la doccia a turno nell’unico bagno della casetta. Sarebbe da scrivere un libro ma tutte insieme ci diamo forza e in quei mesi abbiamo fatto un’unica assenza a scuola a causa della batteria del fuoristrada che di colpo una mattina ha deciso di salutarci. Normalmente alle sei del mattino senza fiatare eravamo tutte pronte per partire per Invinha, situata a 18 chilometri, loro per la scuola ed io per dirigere i lavori di costruzione.

Bene andiamo avanti, a Pasqua ci trasferiamo nella casa che è ancora un rustico, ma per lo meno ha le pareti, il tetto, le finestre con le sole grate di ferro e le uscite con le porte per così, poter dormire tranquille. Continua il servizio militare, ma con tante risate e tanta gioia. Personalmente comincio a notare nel mio corpo un segnale chiaro negativo... comunico tutto al gruppo delle consacrate ma, riempiendomi di limone vado avanti. Assemblea CM: viene scelta Martina... Momento di panico, di confusione, non capisco più nulla. Ci siamo stirate moltissimo, molte ragazze tra Nampula e Gurue poche missionarie ed ora anche Martina viene meno. Io devo venire in Italia, sono cosciente della mia autodiagnosi: Tumore al seno che poi si rivela non dei migliori – operazione, terapia, permanenza in Italia per un anno. Non voglio fare solo questo: chiedo a P. Marcello se posso andare con lui a conoscere la realtà carceraria italiana. Chiusa questa fase sono di ritorno al Gurue. Anche l’Università Cattolica del Mozambico vuole la mia collaborazione. Mi inserisco anche lì come insegnante e come membro amministratrice e dell’equipe di direzione. La vita continua. Unico problema ogni anno devo tornare in Italia per controllare se il tumore accetta di chiudere la porta e andarsene completamente. Settembre 2017 ritorno in Italia con la valigia vuota, programmata a riempirla al ritorno – Ci servono molte cose. I controlli vanno bene a luglio 2018 dovrò tornare per l’ultimo controllo e chiudere il processo sanitario. Sto preparando il rientro, ma dico al medico di base di sentire della fitte alle spalle, cose che mi porto già dal Mozambico. Radiografia urgente... Stoppata – Macchie ai polmoni. Per qualcuno è già chiaro ma i medici chiedono di conoscere esattamente la natura di questo macchie – noduli – vogliono conoscere il nome, il cognome e anche il codice fiscale dei miei noduli polmonari... Biopsie, radiografie, tac, pet… chi più ne ha più ne metta… dopo sette mesi arriviamo all’intervento chirurgico che tanto ho temuto e tentato di evitare: con la taglia e cuci mi prendono il pezzo del polmone col nodulo da analizzare. Ora è chiaro, in gergo popolare sono metastasi partite dal seno e passate ai polmoni. Niente di tragico, la scienza oggi ha terapie sperimentali che danno dei grandi risultati – Unico problema: bisogna trattarla come malattia cronica. Per me è chiarissimo, devo girare pagina. In Mozambico non sono convinti, continuano a pregare, mi vogliono di ritorno all’Università. Per me c’è già qualcosa che brucia nel cuore. Personalmente stavo già accompagnando il sogno della fraternità con i vari intoppi e peripezie e mi ero detta; se non riesco a tornare in Mozambico mi piacerebbe inserirmi in questo progetto. Così quando la situazione per me è stata chiara ho chiesto al Consiglio di aderire come elemento CM a questa proposta che come CC stava già accompagnando dall’inizio.

Ora sto vivendo un’esperienza di rinnovamento. Sento che il Signore mi aspettava all’angolo. Era il momento di riprendere a vivere in profondità dando più peso all’essere che al fare. Vivere nella novità di vita mostrando l’allegria di vivere la fraternità nella nuova forma qual è la mia consacrazione – Vivere tra fratelli che non hanno problemi a mostrarsi per quello che si è: fragilità alla ricerca di autenticità. Vivo una condivisione attenta e sincera, nell’ accoglienza per quello che si è, ma provocandoci a migliorare ogni giorno, a vivere nell’accoglienza di Dio, nella novità dell’essere.

E’ possibile vivere da fratelli? Si. E’ possibile vivere volendo il vero bene dell’altro? Si. Ciascuno mette in comune le capacità che ha, le forze che ha, il tempo che ha, la sensibilità che ha mettendosi allo scoperto sicuri comunque di essere accolti con amore e comprensione prolungamento dell’amore di Dio, tanto da poter dire noi e gli altri, come è bello che i fratelli stiano insieme.

Comunque anche qui non sto con le mani in mano; oltre la vita normale di fraternità mi sono inserita nel carcere e cerco di essere presente in ogni momento importante nel carcere e nell’accoglienza dei detenuti in casa. Nella parrocchia sta aumentando sempre più l’inserimento e oltre le liturgie quotidiane mi è stato affidato un gruppetto di 7 giovani donne del Bangladesh perché apprendano l’italiano. E’ un’esperienza bella, mi fa sentire ancora cittadina del mondo; per cui per tre volte la settimana immersione totale nel gruppo di gioventù internazionale che gradatamente sta apprendendo ad aver fiducia in se stessa e nel frattempo si apre alla relazione interpersonale e alla conoscenza reciproca. Rimaniamo aperte alle novità di Dio e accogliamo quello che viene dalle sue mani.

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