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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
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Il mio terzo viaggio in Mozambico
Posted by Lucia Maistro
Erano ben otto anni che non facevo un viaggio in aereo e già mi ero dimenticata i riti che lo precedono: prima cosa scegliere la valigia, grande, piccola, non si sa, dipende dai pacchi e pacchettini che ti arrivano da tutte le parti. Poi c’è da fare i conti con la bilancia che sfreccia subito sopra i 20 Kg. A questo punto intervengono più elementi: la testa, il cuore, il buon senso, l’altruismo per selezionare ciò che deve entrare e ciò che deve rimanere. Alla fine ti affidi allo Spirito Santo che illumini la persona che fa il check-in perché chiuda gli occhi, faccia pulsare il cuore. Ma grazie a Dio l’essenziale è partito.

Verso Lisbona... Johannesburg... e finalmente a Maputo!
Saluto calorosamente Anna Maria ed Edvige che mi hanno accompagnata all’aereoporto e mi affido con un segno di croce all’aereo che mi porterà a Lisbona. Il mio posto è F6 vicino al finestrino così posso vedere bene il panorama sia nel decollo che nell’atterraggio. A Lisbona dovevo incontrare Elvira e Teresa Gonçalves, ma all’ultimo minuto alcuni imprevisti non hanno permesso loro di venire all’aereoporto, così sono rientrata nella zona di transito e per nove ore ho osservato l’andirivieni della gente che, a seconda delle nazioni da cui arrivavano o partivano, cambiava colore della pelle e foggia dei vestiti. Devo dire che il tempo è passato veloce. Ho avuto anche la possibilità di ripassare il portoghese, perché ogni tanto qualcuno mi chiedeva qualcosa.
Finalmente è ora del mio volo per Maputo. Anche questa volta il mio posto è vicino al finestrino e dopo qualche minuto si è seduta vicino a me una signora un po’ formosa, mulatta e dagli ampi vestiti che, per star comoda durante la notte, ha alzato il bracciolo che divideva il mio sedile dal suo, costringendomi a rannicchiarmi contro la parete dell’aereo. Trovata la posizione giusta, ci siamo addormentate per risvegliarci il mattino dopo quando
l’aereo ha fatto scalo a Johannesburg. A detta del comandante, avremmo dovuto ripartire dopo 40 minuti, invece il tempo si è diluito fino a quattro ore per un guasto elettrico alle ruote dell’aereo. Con il motore fermo l’aria condizionata non funzionava e i 44°gradi di calor esterno sono penetrati dalle porte aperte e ci hanno costretti ad un spogliarello collettivo. Risolto il guasto, siamo decollati per Maputo per arrivare cinquanta minuti dopo. Lisetta e Giannina mi aspettavano per abbracciarmi e portarmi a casa. Irene Gina e Martina erano andate a messa , ma mi hanno fatto festa al ritorno.

Preparativi per la festa
A Maputo le Missionarie abitano in una villetta a due piani. Al piano terra vivono tre suore domenicane di S. Caterina da Siena e sopra alloggiamo noi. L’appartamento ha tre stanze da letto, cucina, sala da pranzo e due bagni.
Il momento più significativo di questo mio viaggio è stato il giorno della prima emissione dei voti di Helena e Gabriela. Esso è stato preceduto da due momenti importanti: gli esercizi spirituali e la scelta dei vestiti da indossare. Io avevo portato dall’Italia sei vestiti regalatimi da una signora chic, che ha cambiato il suo guardaroba. I vestiti erano belli: maniche corte, scollati, un po’ scuri e lunghi. Naturalmente c’era solo l’imbarazzo della scelta.. Ma ahimè! Quando ho chiesto un parere alle sorelle sulla scelta del vestito da indossare, mi sono sentita dire che nessuno dei miei vestiti chic andava bene. Uno dopo l’altro li ho indossati tra il caldo, il sudore, la fatica e commenti vari. Finalmente un vestito a sfondo nero con dei gran fiori ciclamino, rosa e bianchi poteva andare bene se abbellito da un po’ di bigiotteria. Ed ecco che Irene arriva con un cestino di collane una più bella dell’altra e ne troviamo una che mi dà un tocco di eleganza. Ma il giorno della festa, a detta di Mariolina, la collana non andava bene e, dal suo scrigno di “gioielli, sfila una collana di graffite che pende a forma di triangolo sul collo e copre la cicatrice della tiroide, però pesa tanto da comprimere le mie emozioni, ma… mi rendeva più femminile e adatta ad accogliere le sorelle che si avvicinavano all’altare per chiedere di essere ammesse alla consacrazione. Ah!… mi dimenticavo! Neanche i sandali erano in sintonia con il vestito e, all’ultimo minuto, ho dovuto calzare i sandali di Irene con un po’ di tacco e una striscia argentata davanti.

La consacrazione di Helena e Graciela
Sistemato il problema del vestito a Maputo, il giorno dopo ci siamo trasferite a Matola presso le Suore Vincenziane per gli esercizi spirituali. Il posto era ricco di fiori e di piante gigantesche di mangos e mafura. Le camere erano piccole e dentro si moriva di caldo. Meno male che nella sala degli incontri e nella cappella si respirava per le ampie porte e finestre spalancate. Il sacerdote che ci ha tenuto gli esercizi era mozambicano, magro e sobrio nell’esposizione. Ci ha presentato le beatitudini in maniera stringata, lasciando alla nostra iniziativa l’approfondimento e l’applicazione.
Abbiamo sempre pranzato e celebrato l’eucaristia con le suore Vincenziane, davvero accoglienti. Per la festa di consacrazione delle sorelle ci siamo trasferite al seminario diocesano di Maputo. E’ un Seminario di tipo spartano, disadorno, ma per la circostanza la chiesetta era stata abbellita da capulane e fiori e la sala da pranzo dai manifesti del quarantesimo della C.M.. Ha presieduto la celebrazione il Vescovo di Maputo, Dom Francesco Chimoio, francescano, che nell’insieme della cerimonia ha saputo dare la giusta collocazione alla vita consacrata. Irene faceva da speaker e il gruppo della parrocchia della Vittoria ha animato con i canti e le danze che hanno dato un tono di mistero e di solennità alla celebrazione, soprattutto nell’azione di grazia. Helena e Gabriela sembravano due reginette. Ben vestite, sorridenti e compunte si sono avvicinate all’altare tra i flash delle macchine fotografiche e passando in mezzo a due file di adolescenti che danzavano. Il tutto si è svolto in un clima gioioso, che invitava alla riflessione e alla preghiera.
Alla fine uno scroscio di applausi ha concluso la Messa e ha dato il via al pranzo, dove c’erano più di duecento persone. Nel tavolo principale hanno preso posto il Vescovo, il Rettore del Seminario, le due festeggiate con i loro parenti. Alla fine del pranzo è incominciata la sfilata di amici e parenti con i loro doni. Ogni gruppo o persona singola presentava il proprio regalo, avvicinandosi alle festeggiate cantando e danzando.
Io pensavo di dover solo assistere allo spettacolo, quando Martina mi si è avvicinata con un bel cesto ben confezionato, contenente i vari doni che avevo portato dall’Italia per le festeggiate. Per la circostanza ho dovuto improvvisarmi danzatrice, un po’ goffa e anchilosata, ma sostenuta dal canto del gruppo della parrocchia. Vi devo dire che le danze e l’aria di festa hanno sgranchito le mie articolazioni e mi hanno fatto respirare un clima gioioso e familiare.


Al centro culturale di Nampula
Qualche giorno dopo sono andata a Nampula, città molto più povera di Maputo, ma ricca di bambini che ti salutano per strada e ti chiedono un passaggio in macchina. A Nampula le Missionarie hanno due casette una di qua e l’altra di là della strada, confinanti con l’Università di Pedagogia. Una casa funge da abitazione delle Missionarie, l’altro edificio ospita il “Centro Napipine” dove c’è la biblioteca, la saletta dei computer, tre camerette e una cucina. Questa seconda casa ospita attualmente due ragazze che stanno studiando e, allo stesso tempo, sono alla ricerca del loro futuro. Si avverte in casa la presenza giovanile. Al momento comunitario della preghiera di lodi e vespri, c’è più movimento, vivacità e perfino le piante e i fiori del giardino dimostrano di essere curati e di partecipare al calore di tutta la famiglia.
Che altro devo dire di questo viaggio? Sono contenta che il Consiglio mi abbia offerto questa occasione. Personalmente non mi sentivo preparata a rappresentare la Presidente e il suo Consiglio, ma dentro di me è prevalso l’atteggiamento della semplicità e della fraternità. Mi sono così messa accanto alle sorelle giorno dopo giorno, come una che si sente membro di quel gruppo e in una maniera fluida e spontanea ci siamo comunicate molte cose. Posso dire che le sorelle lavorano molto e con serenità.
Hanno a cuore il problema vocazionale e per questo sono disposte anche a dei faticosi spostamenti per incontrare le giovani segnalate dai vari sacerdoti. Direi che tutte hanno una spiccata sensibilità per il sociale e le persone che hanno bisogno di aiuto sembrano non finire mai. Attualmente la maggior parte dei giovani chiede di studiare e le famiglie vorrebbero avere una casa in muratura, il loro attuale “status-symbol”. Ma oltre a questi due tipi di richieste ci sono tante altre necessità urgenti come quella della sanità, di avere un lavoro, di poter avere accesso ai mezzi di trasporto, di avere un aiuto per le famiglie numerose, ecc.. Vi assicuro che davanti a persone bisognose che implorano il nostro aiuto, mi sento impotente e questo travaglio non ti lascia dormire sonni tranquilli. Ringrazio il Signore e voi tutte per avermi permesso questa bella esperienza. Chiedo con insistenza nelle mie preghiere che il Signore sciolga il mio e il vostro cuore da ciò che ostacola la carità. Il nostro essere Missionarie fa sì che la nostra vita sia spesa per gli altri, senza tenere nulla per sé. Dio vuole attraverso di noi rimanere tra gli uomini e diffondere l suo regno di amore.
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