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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
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Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
 La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto 2024
    Edvige Terenghi, amministratrice centrale, visita i gruppi in Mozambico.... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto de 2024
    Edvige Terenghi, administradora central, visita os grupos em Moçambique.... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto de 2024
    Edvige Terenghi, administradora central, visita los grupos en Mozambique... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    19 ottobre 2024
    Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online... Continua
parola incarnata
 
La meditazione della Parola di Dio fa parte dell’impegno quotidiano di preghiera dei membri della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore. Gesù avverte, nei Vangeli: “Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più” (Mc 4,24), quindi occorre ascoltare con cuore aperto, ampio, grande; e ancora dice: “Ascoltatemi tutti e comprendete bene” (Mc 7,14). Non si tratta di una semplice lettura, ma di un ascolto che fa ardere il cuore e motiva la vita, esperienza vissuta dai discepoli delusi e arrabbiati che incontrano il Risorto sulla via di Emmaus. “La Parola di Dio si è fatta carne e ha posto la sua dimora tra noi” afferma il Vangelo di Giovanni (1,14). Il Concilio Vaticano II, nella costituzione Dei Verbum afferma che Dio “mandò suo Figlio, cioè il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio” (DV 4) e questa “Rivelazione comprende eventi e parole intimamente connessi”(DV 2). Insomma non solo le parole di Gesù sono Parola di Dio, ma tutta la sua vita. Gesù di Nazaret è, appunto, la Parola di Dio per l’umanità. Ed egli stesso, in più occasioni, fa riferimento a vari libri dell’Antico Testamento, dicendo che parlano di lui e che in lui arriva a compimento tutto ciò che è annunciato nelle Scritture. Inoltre, dopo la Risurrezione, Gesù incarica i discepoli di portare l’annuncio della salvezza – la Parola di Dio - a tutte le creature. È ciò che uomini e donne, discepoli del Risorto, fanno dopo la pentecoste. Questo annuncio e la vita che ad esso si conforma e la progressiva comprensione che ne ha la comunità dei credenti sono la Parola di Dio che ci è comunicata nei Vangeli e negli altri libri del Nuovo Testamento. Gli stessi Vangeli non sono la registrazione perfetta delle parole e della vita di Gesù. Sono l’annuncio dell’esperienza vissuta dai discepoli, l’annuncio di ciò che essi hanno compreso alla luce della Risurrezione, sotto l’azione illuminante e sapiente dello Spirito ricevuto a pentecoste. Ma dalla lettura attenta dei Vangeli scopriamo anche che non sono stati redatti – così come li abbiamo - dagli autori a cui sono attribuiti, ma piuttosto dalle comunità cristiane che hanno ascoltato, vissuto e compreso l’annuncio degli apostoli; comunità che a quegli evangelizzatori facevano riferimento. Questo significa che le parole della Sacra Scrittura non si identificano letteralmente con la Parola di Dio, ma la Parola di Dio è contenuta, come nascosta, nelle parole umane. Si tratta sempre del mistero dell’incarnazione. Il Verbo di Dio si è umiliato, svuotato, spogliato, impoverito assumendo il limite, la fragilità, la povertà della carne umana nel seno di Maria, ma anche rivelandosi nella povertà e fragilità e limitatezza delle parole umane. Come l’incarnazione del Verbo nel seno di Maria è opera dello Spirito Santo, così il rivelarsi del Verbo nelle parole umane è opera dello Spirito Santo. L’apostolo Paolo insegna che solo lo Spirito può farci riconoscere Gesù come il Signore (1Cor 12,3: “Nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l'azione dello Spirito Santo”) e solo lo Spirito può farci comprendere la Parola di Dio nelle parole umane della Scrittura (2Cor 3,5-6: “Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio, il quale anche ci ha resi capaci di essere ministri di una nuova alleanza, non della lettera, ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito invece dà vita”). Se lo Spirito è l’autore vero, che ha ispirato gli autori materiali, della Scrittura, solo lo Spirito può farci comprendere la Parola di Dio in essa contenuta. Ne consegue che ascoltare la Parola di Dio (da qualunque libro della Bibbia) · NON È sentire il racconto di fatti - a volte edificanti, altre volte incomprensibili o fiabeschi o addirittura scandalosi - accaduti molto tempo fa; · NON È ascoltare regole morali più o meno convincenti, ancora adatte ai nostri tempi o antiquate; · NON È ascoltare insegnamenti usciti dalla mente di Dio e quindi anche affascinanti, ma… “lui è Dio e la nostra realtà umana è un’altra cosa”; · NON È cercare di capire intellettualmente gli insegnamenti della Bibbia e poi, se li abbiamo capiti, sforzarci di applicarli alla vita… se non costa troppo; · NON È assolutizzare il significato letterale della Scrittura; · NON È intenderla o interpretarla secondo idee, gusti, emozioni, ideologie o finalità personali. La meditazione della Parola è, allora, non un esercizio intellettuale, ma esperienza di incontro e di comunione con il Signore vivente. È vera preghiera, opera dello Spirito, che va vissuta necessariamente in modo personale e comunitario, per accogliere ciò che la Parola dice alla comunità e alla persona. C’è una verità oggettiva eterna, immutabile, che la Parola rivela all’umanità di tutti i tempi. Ma c’è una luce che emana da quella Parola per guidare e dare forma alla vita della persona, nelle diverse circostanze, e alla vita delle comunità nel corso della storia. Gesù dice che la sua Parola non passerà. È Parola eterna, ma è vivente, quindi non è statica. Non è scritta su pietra morta, ma nei cuori abitati dallo Spirito, capace di illuminare sempre nuovamente la vita nei vari corsi della storia, nei cambiamenti delle culture. S. Gregorio Magno (sec. VI), monaco appassionato della Sacra Scrittura e poi papa, insegna che la Scrittura cresce con la comunità che la ascolta, la medita, la rumina, la comprende vivendola. Sì, non esiste una comprensione intellettuale della Scrittura e quindi un’applicazione obbediente. Solo vivendola, cioè nell’obbedienza, si comprende la Scrittura. E solo dall’ascolto comunitario, ecclesiale, può sgorgare un ascolto personale che può dare illuminazioni diverse ai credenti. La vita dei santi ne è la testimonianza. L’unica verità rivelata nella Scrittura si incarna e si manifesta in forme diverse nella vita di ciascuno. Dice ancora S. Paolo ai Corinzi (2Cor 3,3): “È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma su tavole di cuori umani”. Occorre, dunque, accogliere con fede la comprensione che oggi la Chiesa ha della Parola e che ci offre. È indispensabile alla vita di ciascuno la meditazione e la comprensione personale della Parola e la meditazione fatta in comunità, nei nostri gruppi e nei gruppi ecclesiali. È utile l’aiuto che ci può venire dagli studiosi della Sacra Scrittura. Certamente le comprensioni personali di questi studiosi devono incoraggiarci, aiutarci, spronarci allo studio per una comprensione personale, sempre nell’invocazione e nell’obbedienza allo Spirito, nel confronto con l’insegnamento della Chiesa. Sappiamo che nessuno di noi e nessun biblista o teologo ha la pienezza e l’esclusiva dello Spirito. Poiché la verità della Parola di Dio non si identifica con le parole della Scrittura e la Scrittura non può essere presa alla lettera, tanto meno si può prendere come “verità”, come “Parola di Dio” le varie comprensioni personali, nostre o dei vari studiosi. Credo che sia importante anche per noi, nell’ascolto e nell’annuncio della Parola, usare un accorgimento tipico dei maestri ebrei, che quando spiegano o insegnano la Scrittura dicono: “Se così si può dire…”. Perché, sempre secondo questi maestri, la povertà della Scrittura contiene la Parola viva di Dio e quindi ha… 70 significati… +1! Non possiamo mai assolutizzare un significato colto da una persona. Ci troveremmo nel fondamentalismo e nell’estremismo che rimproveriamo ad altri. Lo Spirito ci dia fame e sete della Parola e un cuore grande per amarla e comprenderla, ascoltandola. Sempre di nuovo.
venite a me
 
Ti rendiamo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché resti nascosto a chi si ritiene più sapiente degli altri, e ti sveli a chi si sa più ingenuo. Ti rendiamo lode, o nostro Padre, perché ti neghi ai furbi che credono di saperne più di te, e ti manifesti grande a chi si sa piccolo e intimorito dal saperne sempre meno degli altri. Ti rendiamo lode, Padre dei poveri, perché sorridi aspettando il tuo giorno su coloro che pensano di potersi comperare anche il tuo paradiso solo perché si sono potuti comperare il paradiso in terra; e già mostri un sorriso accogliente a coloro talvolta sono costretti a mendicare perfino i loro diritti. Ti rendiamo lode, Padre dei piccoli, perché consegni a se stessi coloro che da soli si ungono salvatori del mondo e delle patrie e ti consegni invece a coloro che si sentono unti solo dello sporco delle loro colpe. Ti rendiamo lode, Padre degli affamati di giustizia, perché lasci ai potenti la giustizia che si fanno da soli e sazi invece della tua giustizia le loro vittime. Ti rendiamo lode, Padre dei miti, perché lasci cullare nella loro illusione coloro che si fanno forti del tuo nome, e culli con la tua tenerezza coloro che si sentono perfino indegni di pronunciare il tuo nome nella preghiera. Ti rendiamo lode, Padre di misericordia, perché lasci la loro ricompensa a coloro che si ritengono migliori degli altri e li giudicano, e invece compensi secondo la tua misura pigiata, scossa e traboccante coloro che hanno usato misericordia. Ti rendiamo lode, Padre della pace, perché lasci alla spada di colpire chi ha steso la spada contro il fratello e ha acceso guerre per difendere soltanto se stesso, mentre tu stendi la tua mano per rialzare l’umile. Ti rendiamo lode, Padre sapiente, perché vedi più in là di coloro che fanno progetti di grandezza e pensano di cavarsela sempre, e il tuo sguardo benevolo cade su coloro che non ce la fanno più, che non sanno cavarsela, che si accontentano di svegliarsi il giorno dopo. Siamo stanchi, o Padre di noi tutti, stanchi di provare e non riuscire, di cercarti senza trovarti, stanchi di provare a cambiare per trovarci a confessare sempre i nostri meschini egoismi. Siamo oppressi, o Padre di noi tutti, sotto il peso dei telegiornali, oppressi dalle notizie di tanto male che ancora gira per il nostro mondo, dove noi ci viviamo, tante volte col dubbio che tu viva in un altro mondo. Siamo stanchi del ricco, che mangia nel piatto del povero; stanchi del potente che schiaccia chi è già a terra per la sua debolezza. Sono oppresso, sotto il peso della mia meschinità, che mi fa desiderare di essere come il ricco e il potente, e appena ho l’occasione di trovarmi un centimetro più su di qualcun altro divento idiota e colpisco anch’io dall’alto! Sono stanco e oppresso, Signore, per quest’oggi vengo a te con le mie mani vuote, con i miei pensieri vuoti di te e pieni di me stesso, con il mio cuore pieno di pii desideri e amori in soffitta e vuoto dell’amore che disseta e fa vivere. Fammi venire a te Signore, per trovare in te ristoro. Senza la tua forza, nulla è nell’uomo. Bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina, addolcisci ciò che è rigido, raddrizza ciò che è storto. Dona ai tuoi fedeli, che solo in te confidano, i tuoi santi doni. Poni su di noi il giogo del tuo Cristo, perché impariamo da lui umiltà e mitezza di cuore, e trovare ristoro per le nostre vite.
il roveto
 
Quando vedi un roveto che arde ma non brucia, togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo. Quando una donna appena sposata si trova improvvisamente sopraffatta dalla passione per un altro e reagisce moltiplicando le attenzioni e l’affetto per il suo uomo, togliti i sandali dai piedi, perché quella coppia è abitazione del santo. Quando conosci un giovane o una giovane che ha lasciato il posto di lavoro per andare a portare le sue competenze a chi non avrà di che pagarli, togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo. Quando incontri una coppia di genitori che ha accumulato innumerevoli notti in bianco per il pianto del loro bimbo appena nato, e trovano non si sa dove, ogni giorno, la forza per recarsi al lavoro, togliti i sandali dai piedi, perché sei alla presenza del santo. Quando vai a trovare una famiglia che ha organizzato la propria vita attorno alle necessità della sorella sempre a letto, togliti i sandali dai piedi, perché quella casa è luogo santo. Quando questa ragazza, dal corpo immobile ma dal cuore in velocità, ti sorride e ti fa coraggio, togliti i sandali dai piedi, perché quel letto è luogo santo. Quando una madre ti domanda in lacrime dove abbia sbagliato, per aver adottato un figlio, averlo cresciuto da sola dopo la morte prematura del marito e sentirsi rinfacciare dal ragazzo “tu non sei mia madre”, togliti i sandali dai piedi, perché quelle lacrime rendono santo il suolo che bagnano. Quando incontri un uomo che ha accettato una condanna ingiusta per salvare il figlio, devastato dalla droga, togliti i sandali dai piedi, perché quel carcere è suolo santo. Quando una madre ha consumato occhi e ginocchi a invocare la guarigione del proprio figlio, e, quando lui muore, continua a pregare con altrettanta forza, togliti i sandali dai piedi, perché sei al cospetto del santo. Quando una donna, abbandonata dal padre dei suoi figli, a quanti le suggeriscono di lasciar perdere suo marito risponde decisa: «Se mi dicesse “vorrei tornare con te” lo riprenderei subito», togliti i sandali dai piedi, perché quello spazio che li separa è luogo santo. Quando ami e ti fa male, e tuttavia continui ad amare. Quando fai del bene e non ricevi neanche un grazie, e tuttavia continui a fare del bene. Quando un altro si prende i meriti di quello che hai fatto tu, ma sei contento di averlo fatto. Quando porgi l’altra guancia e ti dicono “sciocco”. Quando perdoni e ti dicono “idiota”. Quando dai anche il mantello a chi pretende da te la tunica e ti dicono “ingenuo”. Togliti i sandali dai piedi, perché sei arrivato nella terra santa promessa. Quando una vergine partorisce, togliti i sandali dai piedi, perché il mondo intero è divenuto dimora di Dio.
essere di dio, essere donne
 
15 agosto 2014 In questo periodo in Cile possiamo respirare un poco perché abbiamo due settimane di vacanze invernali, anche se è soprattutto per le scuole e gli studenti. Tuttavia alcuni di noi possono approfittare di questo periodo per la formazione. Si organizzano le “scuole della fede” e giustamente la diocesi di san Bernardo ha scelto, tra gli altri, il tema dell’amore umano. Condivido con voi alcuni aspetti che hanno destato la mia attenzione in riferimento al nostro modo di essere nel mondo. La domanda cosa significa essere uomo o donna ci rimanda ai primi capitoli della Genesi per riflettere sulle parole creatrici del testo biblico: “e Dio disse…” e “Dio vide che era cosa buona”. E più avanti la Scrittura dice: Dio disse facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza…(Gn 1,26). Nella parola facciamo Dio si rivela a noi come unità di persone, cioè l’unità trinitaria. Ed è questo Dio trinitario colui che crea, plasma il suo Essere come uomo e donna. Con che delicatezza è stato capace di imprimerci il suo essere divino che ci rende a somiglianza di Dio.! Ma in che cosa consiste l’essere immagine di Dio? Quando Dio stava creando disponeva la natura e gli esseri viventi in modo da godere il più bel giardino abitabile…e Dio vide che era cosa buona. Tuttavia l’essere umano non rimane in questo ordine di cose, in questo ambito abitabile, anche se è qualcuno con una sua singolarità, con una sua libertà, capace di stabilire una relazione con il suo simile. E’ immagine di Dio e questa impresa è nelle mani del suo creatore, è immagine di Dio in quanto è persona. A partire da questa condizione di essere umano, è una persona con una sua interiorità, è capace di leggersi dentro come uomo e come donna, con una corporeità diversificata e quindi diversa in tutto il creato. La Genesi dice che l’uomo esclama, esulta:”Questa volta è osso delle mie ossa, carne della mia carne”(v. 23). Quando arriva la donna cambia tutto, l’uomo si riempie di gioia. Ora non è più solo e nella donna è capace di vedere se stesso, è capace di riconoscere in lei la sua compagnia, il suo aiuto perfetto. E’ proprio come uomo e donna, che portano impressa nei loro corpi l’immagine di Dio, unica e irrepetibile. A partire da queste verità, che molte volte abbiamo studiato, mi viene spontaneo ringraziare il nostro Dio per quanto ci ha dato: per la nostra condizione di persone con tutta la nostra capacità di amare, di pensare, di interiorità, con un mondo di sentimenti, con la nostra capacità di relazione, di incontrarci gli uni gli altri, con l’anelito al Trascendente, con la nostra necessità di Dio. Ringrazio soprattutto per il nostro essere donne, con tutto quello che significa: per come viviamo la nostra più profonda sensibilità, la tenerezza, il potere di generare, la delicatezza, la bellezza, tutta la dimensione dei significati che portiamo nel nostro corpo. In questo corpo che è capace di amare fino a dare la vita per un’altra vita che si ama profondamente più che la vita propria. Per questo Dio non ha avuto dubbio nello scegliere una così degna abitazione, nel grembo di una donna. Una donna bella, forte, piena di amore per accoglierlo. E, con lei, un uomo, un compagno, un padre. E in questa dimensione la nostra condizione di uomini e donne è elevata al massimo nel mistero dell’Incarnazione. Allora, come non aver cura della dignità dell’essere donna e riflettere un poco la divinità del nostro creatore nelle nostre relazioni personali, nel modo come noi comunichiamo, quando preghiamo, quando insegniamo e quando lavoriamo per il Regno di Dio. E siamo donne consacrate nella CM quando guardiamo alla vita con lo sguardo che ha avuto Gesù, o meglio con gli occhi di Maria di cui condividiamo la stessa condizione, essere donne. Riconoscerci donne e ricche dei tanti doni che Dio ha voluto condividere con noi. Mi dà gioia il pensarci così: figlie, madri, nonne, singole, sposate o consacrate. Ognuna è chiamata a comunicare la vita. E, cercando e ricercando, mi sono imbattuta in questa preghiera di mons. Carlos Oviedo Cavada che mi pare esprima bene quello che sentiamo. Vi invito a fare nostra questa preghiera: Padre buono, mediante il tuo amato Figlio Nostro Signor Gesù Cristo, noi abbiamo sperimentato l’amore immenso che tu nutri per noi. Tramite Lui sappiamo Elizabeth (a destra) con Teresa e Margarita che tu ci nutri con più affetto che agli uccelli e che ci vedi più belli dei fiori. Ti lodiamo per la dignità del nostro corpo, perché è la migliore opera delle tue mani, uno strumento per trasmettere la vita e per esprimere il nostro amore impegnato. Ti benediciamo per il Corpo e il Sangue di Gesù da cui riceviamo la forza e l’amore. Ti rendiamo grazie perché a contatto con il suo corpo i ciechi recuperano la vista, i lebbrosi sono guariti, i paralitici si rialzano in piedi, i peccatori ricevono il perdono. Chiediamo il tuo aiuto e la tua compagnia perché sappiamo vivere nel nostro corpo con la maestosa dignità di figli tuoi, fratelli di Gesù Cristo e tempio dello Spirito Santo. Fa che l’amore abiti nei nostri cuori, che ci sia trasparenza nel nostro sguardo, purezza nelle nostre parole e azioni e rispetto per ogni essere umano. Maria, madre del bell’amore, aiutaci a dare testimonianza del vangelo nel nostro mondo. Amen
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