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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
Compagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia Missionaria
Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
 La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto 2024
    Edvige Terenghi, amministratrice centrale, visita i gruppi in Mozambico.... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto de 2024
    Edvige Terenghi, administradora central, visita os grupos em Moçambique.... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto de 2024
    Edvige Terenghi, administradora central, visita los grupos en Mozambique... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    19 ottobre 2024
    Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online... Continua
sint unum
 
Vivere la comunione e farsi comunione “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi…” (Gv. 17,11b). “Io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi…” (Gv.17,12a). “E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità…” (Gv. 17,22-23a). Queste parole vengono pronunciate in un contesto di grande solennità, di altissima comunione Trinitaria e di intenso “pathos”. Non ci sorprende che queste stesse parole abbiano toccato il cuore attento e sensibile di P. Dehon fino al punto da trasformarsi in una delle leve più stimolanti della sua vita ed in uno dei motti del suo messaggio. Non sorprende che le stesse continuino a toccare il cuore di quelli e di quelle che si sono messi alla sequela di Cristo, secondo lo stile dehoniano. La comunione come realtà e come appello Per noi, della Compagnia Missionaria, la realtà e l’appello contenuti in queste parole, sono al centro della nostra vita e della nostra missione. Come missionarie del Sacro Cuore, “siamo chiamate a vivere la vita di amore sino a farci comunione con Dio e con i fratelli…” (St. nº6). Mi pare importante intendere la comunione, prima di tutto, come l’inserimento gratuito, da parte di Dio, nel dinamismo della Sua vita Trinitaria. Prima di essere un impegno, una risposta mia, è un dono e una realtà già presente nel mio essere e nel tessuto della mia esistenza. Questa certezza è stata e continua ad essere decisiva sia per la mia crescita che per quella di coloro che sono stata chiamata ad accompagnare nel cammino di formazione. Intendere la comunione alla luce della sua matrice Trinitaria, comporta anche altre conseguenze importanti. Quando facciamo autentica esperienza di Dio comunione di persone, nella misura in cui entriamo nella Sua intimità, sperimentiamo proprio che l’intimità non si oppone alla differenza, anzi cresce insieme a questa. La distanza e l’alterità assolute non significano separazione. Questo ha delle implicazioni nel nostro modo di intendere le relazioni con gli altri: anche qui la distanza significa la dualità che permette il riconoscimento, lo spazio dell’incrocio di sguardi che fa progredire la comunione, il luogo dell’altro come colui che non è per niente la proiezioni di me o un semplice doppio. Accettazione della differenza, riconoscimento del mistero dell’altro, salto per una libertà che non è caduta nell’isolamento e nella solitudine ma l’inaugurarsi di un regno dove pluralismo e solidarietà di uomini e donne, sono atteggiamenti che si possono sviluppare nella misura in cui ci esponiamo al calore della vita Trinitaria, nella misura in cui ci lasciamo liberamente condurre nel dinamismo della sua VITA. Coscienza delle rotture… Ho detto e dico molte volte, a me stessa e alle altre missionarie più giovani che sono stata e sono chiamata ad accompagnare, che avendo la comunione un luogo così centrale e così decisivo nella nostra vita e nella nostra missione, tutte le rotture, anche quelle che sembrano insignificanti, sono da noi avvertite e sentite come qualcosa di grave. Ricevere un carisma è, in un certo modo, diventare esperte di un determinato dono. È come se fossimo chiamate ad essere nella Chiesa e nel mondo artigiane di comunione… e, nel frattempo, verifichiamo che anche noi siamo capaci di creare dinamismi che non favoriscono o che provocano proprio la rottura della stessa comunione. A questo proposito evocherò quello che è successo un Giovedì Santo, in uno dei nostri gruppi. Era un giorno molto bello di una Primavera che già si annunciava. La casa dove abitavamo era una bella casa antica dove abbondava il legno. Avevamo fatto pulizie, il pavimento passato a cera scintillava, c’erano cascate di camelie cosparse qua e là … una grande dolcezza sembrava impregnare tutto e anche i nostri gesti. Avevamo programmato un pomeriggio di adorazione, sarebbe poi seguita la cena in clima di festa e poi la Cena del Signore… Però, prima dell’ora del pranzo, sorge un alterco tra due missionarie del gruppo. Volano parole insensate e smisurate che spazzano via la dolcezza e l’armonia fino ad allora esistente e che rimangono lì come un pungente contrasto con il messaggio e l’appello di un giorno come quello. Nonostante quell’incidente, o proprio a causa di esso, il messaggio di Amore e Comunione di quel Giovedì Santo, è rimasto per sempre scolpito dentro di me. Accogliere la fragilità e il peccato, rispettare il tempo psicologico necessario per riallacciare una relazione spezzata, accettare la misteriosa solidarietà che ci lega agli altri, aprirsi alla Parola e alla Presenza sanante e rigenerante del Signore della Vita – sono stati aspetti che ho capito più profondamente e che sono passati nel patrimonio della mia esperienza spirituale. È sempre una cosa grave attentare contro la comunione; le nostre rotture dovrebbero arrecarci sofferenza come se si realizzassero sempre il Giovedì Santo; ma è anche importante non dimenticare che la garanzia della comunione che ci viene offerta dal dinamismo della vita teologale è decisivamente maggiore e più determinante di tutto quello che può essere provocato dalla precarietà del nostro equilibrio psicologico o dalla cattiveria del nostro cuore. “Custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato” Penso sia successo, a coloro che sono stati incaricati di una missione di servizio (soprattutto formativo) all’interno di una comunità o di un gruppo, di trovarsi frequentemente a pregare con queste parole di Gesù. Personalmente le trovo straordinariamente espressive, con una notevole capacità di stimolare e rappacificare. Ritengo che la parola custodire è molto bella ed evoca un atteggiamento tipicamente femminile e materno. Vigilanza di un amore che protegge, difende e cautela. “Custodiscili”, custodiscile perché non si perdano, perché non si allontanino dalla fonte della vita piena, perché non vengono disintegrate e frammentate ma “siano uno, come noi”. Non perderle di vista, Signore, guarda a loro… Ricevile nel silenzio del Tuo amore, come in un seno fecondo, dove si possano creare e ricreare. “Ho custodito coloro che Mi hai dato…”. Alle volte anch’io, Signore, ho custodito quelle che mi hai dato. Le ho custodite con la mia sollecitudine, con il mio servizio disinteressato, con la tenacia della mia presenza discreta, le ho custodite nel silenzio del mio amore, nell’accoglienza rispettosa del mistero di ciascuna, nell’attesa paziente del loro sbocciare. Ma alcune volte mi sono distratta, altre volte ho rifiutato di allargare la mia tenda perché trovassero lì un riparo, non sempre sono stata capace dell’austera vigilanza del pastore… mi sono addormentata, mi sono chiusa nella fortezza dei miei gusti, dei miei interessi e dei miei diritti… e le ho perse di vista, ho lasciato che si disperdessero. Proprio per questo, custodiscile, Tu, Signore. Nascondile nel Cuore del Tuo Figlio, tuffale nelle acque abbondanti del Tuo Spirito, piantale stabilmente nell’alveo della Tua volontà e del Tuo disegno di Amore. Fa che comprendano quanto è rilevante per loro stesse e per il mondo, dove le invii, la spiritualità di comunione di cui sono ereditiere e portatrici. Fa che siano capaci di grandi desideri, come quelli che hanno modellato il Cuore di Tuo Figlio – il sint unum è uno di questi desideri – e dona a loro il realismo dell’umiltà che le renderà capaci di concretizzarli nelle pieghe nascoste della storia complessa del nostro tempo.
l'adultera perdonata
 
Entro nel silenzio: del corpo (cerco una posizione in cui stare comoda, ma concentrata e ferma), della mente, del cuore, della bocca. Prendo consapevolezza della presenza di Dio, che vuole parlarmi e invoco lo Spirito Santo. Leggo attentamente il brano. Se siamo in gruppo una persona proclama la Parola: Gv 8, 1-11 In silenzio rileggo, cercando di cogliere, anche sottolineando, le parole o frasi che attirano la mia attenzione, che suscitano un sentimento di commozione, di gioia, di timore, che provocano perplessità, incomprensione… Per cogliere il significato di alcune frasi o parole, è utile andare a leggere ciò che precede il brano che voglio meditare, o cercare in altri brani frasi simili. Si tratta di leggere la Bibbia con la Bibbia. È molto utile entrare nell’episodio descritto, fare la composizione del luogo: immaginare il posto, al situazione, le persone, l’avvenimento che viene narrato, e porre me stessa all’interno del racconto, trovare il mio ruolo; posso identificarmi con uno dei personaggi presenti, comunque è importante coinvolgermi in ciò che leggo. Medito. Se siamo in gruppo, una persona può suggerire alcuni spunti di meditazione. vv. 1-2: … si recò di nuovo nel tempio…. e si mise a insegnare loro. Nel tempio di pietra, Gesù che è il vero tempio in cui Dio si rivela, insegna. Lui stesso, Parola fatta carne, è l’insegnamento: la sua persona, le sue parole, i suoi genti. vv. 3-4: … una donna sorpresa in adulterio… L’adulterio era punito con la morte, perché considerato come un omicidio. Tradire l’amore significa uccidere. Il Dio della Bibbia considera adulterio il peccato di idolatria, perché Egli si considera e si comporta come lo Sposo del suo popolo, ma il popolo amato tradisce Dio/Sposo seguendo i propri idoli. Storia che si ripete sempre, anche nella nostra vita. Il peccato, ogni peccato è adulterio, perché ogni peccato è idolatria. Come Israele, noi cristiani e tutta la Chiesa siamo adulteri. Meritevoli di morte. vv. 6: … Gesù si chinò e si mise a scrivere con il dito per terra. Per due volte, in questo brano, l’evangelista nota che Gesù, in silenzio, si china a scrivere per terra, cioè sulle pietre del pavimento del tempio. Gesto misterioso. Proprio per questo ci interpella. Quando una parola della Scrittura ci sembra incomprensibile, troppo misteriosa… è su quella che dobbiamo fermarci, ascoltarla dentro… riascoltarla… Non inventarci delle spiegazioni, ma cercare nella stessa Scrittura una luce. Sono presente a questa scena e osservo Gesù e coloro che lo interpellano, e la donna là in mezzo… e Gesù che scrive sul pavimento… Che cosa mi dice questa scena, questo gesto di Gesù? Quando Dio dà la legge a Mosè, scrive con il suo dito sulle pietre. Scrive una legge che è atto di amore perché il popolo viva; è alleanza di amore con il suo popolo. I profeti, constatando l’adulterio del popolo, avevano annunciato un tempo in cui Dio avrebbe scritto la legge non più sulle pietre, ma nel cuore di carne dell’umanità. Il cuore di carne su cui è incisa perfettamente la Parola del Padre è il Cuore di Gesù. Se non siamo uniti a Lui dallo Spirito, i nostri cuori restano di pietra. Possiamo immaginare che forse Gesù, sulle pietre del tempio, scrivesse il pieno compimento della legge: l’amore. vv. 7-9: Chi di voi è senza peccato… Ci poniamo una domanda: se la donna era adultera, con quale adultero aveva commesso adulterio? Se era stata sorpresa in adulterio, dunque era stata sorpresa con un uomo. Ma era più facile condannare solo lei. E sono solo uomini quelli che la accusano. Non si parla di marito, eppure era il marito che decideva la morte della moglie. Ciò che è in ballo, ciò che interessa a scribi e farisei – esperti e osservanti della legge – è mettere alle strette Gesù, coglierlo in fallo, dimostrare ai presenti che è un impostore. Se dice di applicare la legge, che prevede la morte violenta, allora smentisce tutti i suoi insegnamenti sulla misericordia. Se dice di non ucciderla si mette contro la Legge di Mosè, è un bestemmiatore. Osservando la scena, non è possibile riconoscere il marito della donna, ma vediamo Gesù, il vero Sposo di Israele, della Chiesa, dell’umanità. E vediamo la donna, immagine di Israele, della Chiesa, dell’umanità, che ignora, dimentica, tradisce l’amore dello Sposo. È Gesù lo sposo, il giusto senza peccato, che può condannare l’adultera. E può condannare anche coloro che la accusano, perché nessuno è giusto davanti a Dio e il giusto pecca sette volte al giorno: così dice la Scrittura. Ma Gesù non è venuto a condannare; è venuto a salvare l’una e gli altri. Ciò che gli sta a cuore, perché si salvino, è che prendano coscienza di essere peccatori e dunque tutti bisognosi della sua salvezza, del suo amore. E infatti uno per uno se ne vanno. Nessuno è senza peccato. E resta Gesù solo con la donna, là in mezzo. “La misera e la misericordia” scrive Agostino di Ippona. Prima era in mezzo al cerchio degli accusatori. Ora è in mezzo al cuore misericordioso di Cristo: al centro della sua attenzione amorosa. Gesù ha rivendicato e manifesta in modo sublime la sua identità e la sua missione di Sposo. vv. 10-11: Gesù si alzò…. “Neanch’io ti condanno. Va’ e d’ora in poi non peccare più”. Sorprende e commuove questo gesto di Gesù, che si alza in piedi davanti a questa donna, disprezzata perché adultera. E la chiama “donna”, come chiama sua Madre, la samaritana e Maria di Magdala. “Donna” cioè icona di Israele e dell’umanità, sposa amata da Dio. Alzarsi in piedi davanti a qualcuno significa onorarlo, rispettarlo. È ciò che fa Gesù davanti a ogni peccatore: non ci disprezza, non ci umilia. A volte, anche quando facciamo il bene siamo capaci di umiliare la persona che pure aiutiamo. Gesù, invece, ci rispetta, ci onora, perché in ogni peccatore egli riconosce l’immagine e somiglianza del Creatore, l’impronta del Padre nei figli, il volto sfigurato della Sposa. Davanti al peccatore, davanti all’adultera, Gesù non ignora la gravità del peccato, non la sminuisce, non dice: In fondo che male c’è? Passiamoci sopra, tanto lo fanno tutti… Il peccato ferisce, umilia la sposa di Dio, deforma, uccide i figli del Padre, quindi umilia e ferisce il Cuore del Padre e il Cuore del Figlio Unigenito. Ma Gesù è venuto proprio, con la sua morte e risurrezione, a risuscitare il peccatore dal male, a salvarlo, a vincere il peccato. E allora “Nessuno ha potuto condannarti, Donna. Neanch’io, il Giusto, ti condanno, perché la mia giustizia è salvezza. Accogli il perdono, rinunciando d’ora in poi al tuo peccato”. L’adultera è rigenerata sposa. Icona della speranza di Dio sui peccatori.
il nuovo
 
Il nuovo della vita! S. Paolo afferma che: c'è una misura, quando l'uomo si guasta, lo Spirito lo rinnova! Nel tempo pasquale, viviamo e annunciamo un nuovo mondo, il nuovo Uomo Gesù Cristo. L'Apocalisse ci indica un nuovo cielo e una nuova terra ... Tutto è stato rinnovato! Sento che lo Spirito Santo continuamente mi rinnova. Mi vedo con uno sguardo risorto. Ogni giorno è un giorno nuovo! Una nuova opportunità per risorgere con Cristo. Una nuova creatura, la prima nel resto della mia vita! Il passato è passato non torna! In questa nuova visione, che tutto ha il suo tempo, tutto è fugace, niente è sicuro e irremovibile. Ho notato che tante volte i miei occhi erano miopi, guardando il nuovo che sembrava così lontano, ma era così vicino. Il nuovo dell’altro Nessuno cambia nessuno. I miei occhi nuovi videro l'altro con gioia, è mio fratello e anche quello con cui non simpatizzo. Questo nuovo che mi ha fatto mettere in comunione con ogni fratello con tutto ciò che è ed ha, e allo stesso tempo mi ha messo in comunione con tutto ciò che ho e che sono. Il nuovo della mia famiglia È solo che la mia famiglia è come tutte le famiglie del mondo. Nuove sfide, nuove situazioni, nuovi modi di vivere. Questa novità porta con sé uno sguardo limpido al reale che a volte non ha soluzione, però il nuovo è viverlo come un cuore accogliente e misericordioso. Essere presenti e approfittare di questa opportunità che si può trovare solo nell'unione con il Signore Risorto, che vive per sempre nella sua Chiesa e nel mondo. Il nuovo nella professione Nessuno cambia nessuno! Per quanto quello che devo cambiare è il mio aspetto, vedere nella persona che condivide lo stesso lavoro che è il figlio preferito di Dio. Ha una storia che solo Dio conosce, di cui vedo solo una piccola parte del suo essere. Ciò che si fa in silenzio è contribuire al bene comune così spesso invisibile. Amare senza parole, ma a gesti, nel confortante silenzio di Dio. Il nuovo della mia consacrazione «Non sei stato tu a scegliere me, sono stato io a scegliere te» … «Fai quello che ti dice» … La vita di consacrazione di castità, povertà e obbedienza è sempre vecchia e sempre nuova. «Il Saggio sa trovare le cose dal cuore, nuove e vecchie». Con la sana crescita dell'età vedo nella castità la bellezza dell'essere di Dio in tutte le circostanze della vita. Nei giorni gioiosi e meno gioiosi, vivere il presente con uno sguardo di tenerezza, facendo quello che si deve fare, se non si può fare, non lasciarlo diventare un peso. Obbedienza a Dio, nella Compagnia Missionaria, nella Chiesa, nel mondo; è un dono ineffabile. Ho imparato che chi obbedisce è perché si fida, anche nelle giornate più fredde, o più calde e grigie della vita! Obbedire è essere disponibili a Dio, agli altri e a sé stessi, essere in equilibrio tra l'essere e il fare nella gioia che viene dallo Spirito Santo. Questa è la mia forza, lo Spirito Santo che mi aiuta ad obbedire anche senza capire, così è stato il Sì di Maria, il Sì di Gesù, così è ciò che cerco di vivere. Povertà, il nuovo modo di vivere con il necessario, prudenza in quello che sto acquistando, se ho bisogno compro, se non ho bisogno non comprerò. Saper dare saper ricevere, sia materialmente che spiritualmente. Ho imparato a ricevere una critica che non mi piace, ma da essa prendo ciò che mi fa crescere e lascio da parte il resto. Ho imparato a vivere in modo diverso con maggior sobrietà. Il nuovo della preghiera Pregate incessantemente, dice Gesù ai suoi discepoli. Fedeltà alla preghiera e credo che lo Spirito Santo prega in me e con me nella Chiesa. Ripetizione dell'uno o dell'altro salmo, affidando le preoccupazioni alle gioie. Io vivo nel presente. Nella preghiera ho vissuto il presente, mi sono disconnesso dal passato, ho tagliato le mie paure, guardo con delicatezza al futuro senza grandi allarmismi. Il nuovo del gruppo comunitario Ognuno di noi è unico, amato da Dio, redento da Gesù, sostenuto dallo Spirito Santo. Sento sempre più che il mio gruppo sperimenta la debolezza della vita! Anche questo ha la sua bellezza; questo mi fa pensare alla brevità della vita, e che sono entrata nel tempo del decadimento e, contemporaneamente, dell'ascensione della vita a Dio. Il nuovo: vivere ogni momento come l'ultimo della mia vita ed assaporare il momento presente con la sua luce e colore e con le sue ombre. Il nuovo da Internet: Ho vissuto nell'apprendimento di questi beni preziosi, se usati per il bene comune. Il lontano che è diventato vicino. A questo proposito, ho visto il valore della comunicazione a distanza. Con Maria, Madre, Guida e Custode della Compagnia Missionaria del Cuore di Gesù, dico: Ecco la serva del Signore, avvenga di me secondo la sua Parola. Tutto è stato rinnovato! Il nuovo della mia storia, della storia dell’umanità, della Chiesa e della Compagnia Missionaria ... lo sappia accogliere con misericordia.
la via delle beatitudini
 
Sintesi degli Esercizi Spirituali della Compagnia Missionaria di Funchal - Madeira Si sono svolti dal 13 al 17 luglio 2020, orientati da Don Juan Noite SCJ. L'atmosfera era di assoluto silenzio. C'è stato tempo per il Sacramento della Riconciliazione. Ogni giorno un missionario guidava la liturgia. Teresa Freitas ha animato i canti liturgici. Conceição Silva si è occupata della sacrestia e si collegava con le sorelle di servizio in cucina. In una prima presentazione generale, il ritiro è stato eccezionale non solo per il tema, ma anche per il suo sviluppo avuto perché orientato con competenza e fede da parte del Sacerdote che ci ha accompagnate. Si iniziava con la preghiera allo Spirito Santo seguita da canti appropriati e accompagnata da strumenti musicali. Ci sono state nove conferenze e nella prima conferenza l'oratore ha fatto riferimento ai "ritiri" che Gesù ha fatto e proposto ai discepoli prima di ogni missione. Prima di iniziare la sua vita pubblica Gesù si abbandona a un ritiro di quaranta giorni nel deserto dove prega, digiuna ed è tentato da satana. In più occasioni Gesù si ritira e prega. L'evangelista Marco 6,30-32 parla della necessità di un ritiro prima di scegliere gli apostoli e Matteo riferisce che è dopo un ritiro che Gesù ha scelto gli apostoli, Luca (9: 1-10) parla anche della sosta dei Dodici e nel cap.10 racconta l’invio dei 72 discepoli. Nell'Antico Testamento: il riposo sabbatico è una norma data da Dio il quale nel settimo giorno della creazione si riposò, perciò il sabato è considerato un giorno santo di preghiera e di riposo nel Signore e per il Signore. Così Il diluvio è una pausa di purificazione. Mosè lasciando l'Egitto va nel deserto e lì riceve le tavole della Legge da Dio. Elia camminò 40 giorni e 40 notti per raggiungere il monte di Dio l’Oreb e lì il Signore si manifesta nella brezza leggera. Il silenzio è importante sia dentro che fuori. Seguire Cristo Ci siamo ritirati per incontrare Dio. Il deserto nel linguaggio biblico è fecondo e positivo perché è il luogo dell'incontro con Dio. Alla luce della fede abbiamo una vocazione e una missione e un fine da raggiungere: seguire Cristo che significa imitare Cristo. Cerchiamo di riascoltare la chiamata del Signore e di seguire la via delle beatitudini, che è la “Magna Carta”, la Legge fondamentale del cristianesimo. Le beatitudini le troviamo In Matteo e in Luca con differenze redazionali. Lucas menziona 4 beatitudini: povertà, fame, pianto, persecuzione. In Matteo ce ne sono otto comprese le 4 citate da Lucas. Matteo aggiunge: mitezza, misericordia, purezza e pace. Le beatitudini sono leggi e comportamenti obbligatori per chi vuole seguire Gesù: via, verità e vita. Le beatitudini sono tutte massime piene di saggezza umana e spirituale - purificano l'uomo e lo aiutano a vivere nella realtà presente. Beati i poveri (Lu 6.20); Mt aggiunge “in spirito” (Mt 5.3). È la prima beatitudine perché solo una dose di spirito di povertà ci fa sentire creature. La povertà è essenziale, la cosa reale è nello spirito. Gesù ha vissuto la vera povertà perché non aveva nemmeno una pietra su cui posare il capo (Mt 8,20). Nell'Antico Testamento si alzano le voci dei profeti: Isaia, Geremia, Michea e Amos contro le ingiustizie sociali. Nei Salmi 69,6; 26,1. 21 conta la fiducia nel Signore, immagine del Messia, come esseri del Signore fedeli al Signore. Gesù è la rivelazione incarnata apparso povero e identificato con i poveri. L'Anawim (il povero di Dio) mite e umile di cuore. La vita religiosa è stata una proposta per la povertà. La povertà libera dona pace e gioia. Felice era S. Francisco de Assisi, S.ta Teresa la grande cioè, Teresa D'Avila, San Giovanni della Croce, S. Pietro di Alcântara sono esempi di gioia perché libera da beni ingannatori che impediscono di volare. Beati i miti perché possederanno la terra (Mt 5,5). Se la povertà ha a che fare con le cose, la mitezza con le persone. Non c'è dubbio che i miti sereni, calmi, pazienti ci conquistano. È la beatitudine prediletta del Cuore di Gesù "Imparate da me che sono mite e umile di cuore" (Mt 11,29). La mitezza e l'umiltà sono la chiave per seguire Cristo. Il Salmo 36, dove Gesù proclamò questa beatitudine: "I mansueti possederanno la terra e godranno di grande pace”. L'Antico Testamento apprezzava la mitezza. Sofonia scrive: "Cercate il Signore, voi tutti i mansueti della terra ... Cercate giustizia e mansuetudine" (Sofonia 2,3). Isaia descrive il Messia come un uomo mansueto (42, 1-3). Zaccaria profetizza che il Messia verrà con mansuetudine. Isaia presenta il Messia come un uomo sofferente nei 4 canti del Servo sofferente. E la passione di Gesù fu una grande lezione di mansuetudine. La mitezza, oltre ad essere una virtù dei forti, è fonte di pace. Beati quelli che piangono. Piangono perché saranno consolati (Mt 5,4). Beati voi che ora piangete perché riderete (LC 6, 21,25). Piangere e soffrire è il nostro pane quotidiano. L'Antico Testamento legge la sofferenza (Adamo ed Eva). Il libro di Giobbe è una riflessione sulla sofferenza. In Isaia la sofferenza appare come mezzo di redenzione, mistero di salvezza. Gesù adempì la profezia di Isaia dando la chiave di lettura alla sofferenza che va considerata nel suo valore salvifico. Da qui la saggezza del segno della croce, simbolo distintivo dei cristiani. La sapienza della croce deve essere accolta come programma cristiano "chi vuole essere mio discepolo rinnega se stesso, prendi la sua croce e mi segua (Mt 16,24). Beati i puri di cuore perché vedranno Dio (Mt 5,8). Il premio per la beatitudine dei puri di cuore è la visione di Dio, cioè, per vedere Dio, bisogna avere un cuore puro e limpido. Oggi parlare di purezza è parlare di castità e ci fa pensare a S. Luigi Gonzaga, S. Maria Goretti, martire della purezza. Consacrandoci a Dio, facciamo il voto di castità. C'è purezza nel senso di limpidezza, trasparenza, integrità e verità. Nell'Antico Testamento, la purezza esteriore rituale, era molto importante, ma i profeti richiamavano alla purezza del cuore e condannavano il formalismo. Nostro Signore è severo contro la mancanza di autenticità, coerenza, limpidezza, per mostrare la facciata. Beati i puri di cuore, i chiari, trasparenti, veri e senza inganni. La purezza del cuore è l'effetto e il segno di una nuova creatura e assicura la visione di Dio. Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia (Mt 5,7). La misericordia è uno degli atteggiamenti di Dio che la Bibbia sottolinea maggiormente. L'Antico Testamento rivela un Dio misericordioso, anche quando punisce (Es. 34,6-7); (Ezechiele 33,11), (Neemia 9,17, 31) (Giona 4,2, Salmo 135). Il Nuovo Testamento parla del Verbo di Dio incarnato venuto tra noi per farsi solidale con noi diventando uno noi, eccetto il peccato (Ebrei 4,15). Gesù insiste sul perdono perché è misericordioso. Le parabole che l'evangelista Luca ricorda: la pecora smarrita, la dracma perduta, il figliol prodigo mostrano la misericordia del Signore. "Beati i pacifici perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9). Shalom - Pace - è un termine molto comune nella Bibbia. Beati i pacifici non i pacifisti. San Giovanni Paolo II ha detto "Sì, pacifico, no pacifista". Beati gli operatori di pace, i costruttori di pace, perché saranno chiamati "figli di Dio". Dio è pace, Gesù è pace, i figli di Dio sono operatori di pace. In concreto la prima pace che dobbiamo fare è con noi stessi con la nostra natura. Vivi in pace con la tua coscienza, in pace con Dio. Costruisci la pace intorno a noi, sii costruttori di pace. Fare la pace, perdonare è dei forti. È un impegno serio costruire la pace: pace con la natura, con la nostra coscienza, nelle nostre comunità, nei nostri ambienti. Beata Vergine Maria a) La Madonna è l'Immacolata Concezione b) È vergine e madre! c) Lei è la Madonna d) Lei è la Madonna Assunta. La Madonna è un modello perfetto di come vivere le beatitudini. 1. Era povera. 2. Era un modello di mitezza. 3.Beata perché ha saputo soffrire e Beati coloro che sanno soffrire. 4. La Madonna è benedetta perché è misericordiosa. 5. La Madonna è beata perché pura. 6. La Madonna è beata perché portatrice di pace. È la regina delle beatitudini: via della santità La parola "felice" o "beato" diventa sinonimo di "Santo" perché esprime che la persona fedele a Dio e che vive la sua parola fino al dono di sé, vera felicità. 1- “Felici sono i poveri in spirito perché di loro è il Regno dei Cieli”. Luca parla dell'essere poveri (Lc 6,20) invitandoci a una vita sobria ed essenziale. Essere poveri di cuore, questa è santità. 2- “Felici i miti perché possiedono la terra”. Gesù ha detto "Impara da me perché sono mite e umile di cuore e trovo riposo per il tuo spirito (Mt 11:29). S. Teresa di Lisieux ha detto che "la carità perfetta consiste nel sopportare le colpe degli altri, nel non scandalizzarsi dalle loro debolezze". Reagire con umile mitezza, questa è santità. 3- "Felici quelli che piangono perché saranno consolati”. La vita ha un significato nell'aiutare gli altri, nella loro angoscia, comprendere l'angoscia degli altri e alleviare gli altri. "Saper piangere con gli altri è santità". 4- "Felici coloro che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati". La giustizia nella vita di ogni persona è diventare giusti nelle proprie decisioni e poi manifestarsi nella ricerca della giustizia per i poveri e i vulnerabili. Cercare giustizia con fame e sete è santità. 5- "Felici sono i misericordiosi perché raggiungeranno misericordia". Dare e perdonare è cercare di riprodurre nella nostra vita un piccolo riflesso della perfezione di Dio. Guardare e agire con misericordia è santità. 6- "Felici i puri di cuore perché vedranno Dio". Quando il cuore ama Dio e il prossimo (Mt 22,36-40), può vedere Dio. Mantenere il cuore pulito da tutto ciò che macchia l'amore è santità. 7- "Felici sono gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio". I pacifici sono fonte di pace, costruiscono pace e amicizia sociale. Loro "saranno chiamati figli di Dio" (M 5,9). Seminare pace intorno a noi è santità. 8- "Felici coloro che subiscono persecuzioni per amore della giustizia, perché di loro è il regno dei cieli". La croce, soprattutto le fatiche e le sofferenze che sopportiamo per vivere il comandamento dell'amore e la via della giustizia, è fonte di maturità e santificazione. Ci sono ideologie che paralizzano il cuore del Vangelo quando i cristiani separano le esigenze della loro relazione personale con il Salvatore. Santi come San Francesco d'Assisi, San Vincenzo de 'Paoli, Santa Teresa di Calcutta; né la preghiera, né l'amore per Dio, né la lettura del Vangelo, hanno diminuito in loro la passione e la dedizione agli altri perché questa ha in Dio il proprio fondamento. In relazione ai migranti, S. Benedetto ha detto ai confratelli di accoglierli "come Cristo". San Tommaso d'Aquino diceva che le opere di misericordia per gli altri sono il sacrificio che piace di più a Dio. S. Teresa di Calcutta dice anche che Dio si china e ci usa per essere il suo amore e compassione nel mondo. Il punto di forza della Testimonianza dei Santi è vivere le beatitudini e la regola di comportamento del giorno del giudizio.
spigolando il fascino della vita consacrata
 
Ciao carissima CM e amici! Prima di tutto, inizio augurandovi un grande bene per la bella iniziativa di scrivere il primo libro in portoghese sulla vita della Compagnia Missionaria con il bellissimo titolo: "60 anni di storia sulle strade del mondo". A dire il vero, parlando della nostra vocazione in un Istituto Secolare (e per noi specificamente nella Compagnia Missionaria del Cuore di Gesù), la cui missione è il vasto mondo con tutti i problemi inerenti ad esso ed è lì che la mia / nostra missione deve essere esercitata con molto amore, sorrisi e gioia nonostante i momenti bui che possono sorgere. Tuttavia, i momenti meno buoni di una vita consacrata non sono esenti dall'essere lievito, luce e sale. Non appena ho iniziato a leggere il libro, sono rimasta affascinata da tutto ciò che comporta l'inizio della fondazione di un Istituto e da tutto il percorso che deve essere fatto per arrivarci. Ho lodato e continuo a lodare il Signore per il grande privilegio di tornare alle Origini (grazie a tutte le missionarie che si sono impegnate perché questo tesoro potesse arrivare a ogni missionaria) per gustare il vero Fascino della nostra storia e allo stesso tempo essere in grado di trarre profitto da questo grande tesoro è sentire dentro di me passo dopo passo ciò che il Fondatore e le prime missionarie hanno vissuto e combattuto con grande determinazione e grande convinzione nella certezza che l'Amore del Cuore di Gesù e il Suo Spirito li hanno sempre guidati in avanti, nonostante alcune indecisioni, paure, progressi e battute d'arresto. Inoltre, ho scoperto che il nostro Fondatore ancor prima di fondare la CM, ha vissuto intensamente in preghiera permanente e senza cessare. Dovremmo fare un po’ come Padre Albino, invece di leggere qualche fatto o notizia, ha tenuto gli occhi fissi sul Signore vivo e presente. Nell'Enciclica: “Lo splendore della verità”, Papa Giovanni Paolo II affermava che: la migliore diagnosi in questo mondo è "mantenere gli occhi fissi sul Signore Gesù". “È il segreto formativo per salvare il mondo”.  L'adorazione e l'Eucaristia sono i pilastri fondamentali nel cammino di una missionaria che ha optato per una consacrazione nel mondo in un Istituto Secolare. Senza questi grandi pilastri non sarà in grado di percorrere le strade della vita. P. Albino e le prime missionarie hanno pregato molto per poter superare i momenti meno luminosi fino a quando dal movimento dell’Apostolato della Riparazione è nata la CM - Istituto Secolare. Ancora oggi L’EUCARISTIA, l’Adorazione e la preghiera, personale o di gruppo, rimangono i pilastri fondamentali per continuare il progetto che Dio ha scelto o sognato per ognuna di noi. Attraverso la fede e la grande speranza nello Spirito Santo, che il nostro Fondatore ha implorato moltissimo, è arrivato il grande momento … e Dio ha ascoltato la sua richiesta. Dobbiamo essere donne di Preghiera contemplativa e attiva. La vita continua ... E’ necessario scoprire oggi questo vero fascino della nostra vocazione, la nostra società continua a aver molto bisogno del nostro tempo o meglio, del tempo che solo Dio può fornirci, perché il tempo non è nostro è suo e la nostra vita dipende solamente da Dio e del suo Spirito. Sempre in comunione
la roccia della sorgente
 
Entro nel silenzio: del corpo (cerco una posizione in cui stare comoda, ma concentrata e ferma), della mente, del cuore, della bocca.Prendo consapevolezza della presenza di Dio, che vuole parlarmi e invoco lo Spirito Santo.Leggo attentamente il brano. Gv 7, 37-39 Alcuni spunti per meditare. Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa - Quando Israele, dopo 40 anni nel deserto, giunge alla Terra Promessa, cessa il dono quotidiano della manna e il popolo comincia a mangiare i frutti della terra. Ogni anno, in settembre, al termine della stagione dei frutti, Israele celebra la festa delle Capanne: una settimana di festa per ricordare il viaggio nel deserto, culminato nella Terra dove scorre latte e miele, e il miracolo dell’acqua che Dio fece scaturire dalla roccia: l’acqua, elemento fondamentale per la vita dell’umanità e di tutta la creazione. E proprio perché essenziale alla vita, nella Scrittura l’acqua è simbolo dello Spirito di Dio. «Ogni giorno della settimana delle Capanne si riempiva una coppa d’oro, attingendo dalla piscina di Siloe, e la si portava in processione cantando “Attingete con gioia acqua alle sorgenti della salvezza” (Is 12,3). La folla in festa agitava il lulab (un mazzetto di rami di palma, salice e mirto e un frutto di cedro) e entrava per la porta della fonte, cantando l’Hallel a ricordo della liberazione d’Egitto (Salmi 113-118). Entrati nel tempio, il sacerdote saliva all’altare e spargeva l’acqua al suolo […] L’ultimo giorno della settimana il sommo sacerdote la versava oltre le mura di Gerusalemme, come segno della benedizione che da Israele si riversava su tutti i popoli, secondo la promessa fatta ad Abramo (Gen 12,3). […] Durante la festa si leggeva Ez 47, che parla della sorgente che esce dal tempio e diventa un grande fiume di acqua vivificante […] Il tempio era visto in relazione alla roccia che Dio spaccò, facendo scaturire acque come dall’abisso […] si leggeva pure Zc 13, con la promessa che in Gerusalemme sarebbe zampillata una sorgente per lavare peccato e impurità» (FAUSTI S., Una comunità legge il Vangelo di Giovanni I, pp. 183-184) La sete – C’è una sete della gola e del corpo, una sete di acqua che, se non soddisfatta, uccide. C’è una sete della mente e del cuore: sete di vita, di conoscenza, di senso, di amore, di gioia, di pace. Anche questa sete chiede assolutamente di essere soddisfatta, pena l’inaridimento della vita, la disperazione, la morte interiore… che può condurre anche alla morte fisica, per tante strade. Per la sete del corpo, il Creatore fa sgorgare acqua dalle rocce montuose e fa scorrere fiumi e fa piovere acqua dal cielo. Per la sete del cuore ci offre un’altra acqua, più preziosa. Divina. Che mai asciuga, ma che diventa sorgente gorgogliante nella vita stessa di chi se ne disseta. Dal suo grembo sgorgheranno fiumi - Nel giorno della grande festa, mentre il popolo va al Tempio a ricevere l’acqua, perché secondo la profezia di Ezechiele, l’acqua sgorga dal Tempio di Dio che è in Gerusalemme, Gesù si rivela come il nuovo Tempio. Già alla donna di Samaria aveva detto che ormai non è più il tempio di Gerusalemme o il monte Garizim il luogo dove adorare Dio, perché Dio vuole essere adorato in Spirito e Verità. Gesù è la Verità. Lui è il vero, unico e indistruttibile Tempio, non costruito in 46 anni, ma distrutto dagli uomini e risorto il terzo giorno. La condizione per riconoscere il vero tempio, la vera roccia da cui sgorga l’acqua che disseta in eterno è la fede. Chi crede è chiamato e invitato da Gesù a bere da lui, dal suo grembo, dal suo Cuore. Sulla croce quel Cuore sarà aperto dalla lancia del soldato e ne sgorgheranno sangue e acqua. La nuova roccia da cui sgorgherà la sorgente della vita è il Cuore di Cristo Crocifisso. Ma, ascoltando attentamente ciò che Gesù grida, ci accorgiamo che, forse, il grembo-cuore di cui Egli parla non è solo il suo Cuore. Forse ci sta gridando che il cuore stesso di chi crede e beve da Lui diventa sorgente da cui sgorgano fiumi di acqua viva. Aveva detto la stessa cosa alla donna di Samaria. Gesù, ritto in piedi, grida. Ci fa davvero sussultare questo grido. È il grido dell’Amore. Il grido di chi conosce la nostra sete e la facilità con cui ci lasciamo distrarre e incantare da false fontane o da cisterne screpolate da cui raccogliere solo un po’ di fango. L’Amore grida, perché lui ha ciò di cui abbiamo disperato bisogno per non morire… di nulla. Grida perché vuole assolutamente che quei fiumi che sgorgano dal suo Cuore, anche attraverso chi crede e beve, si moltiplichino e diffondano a dissetare e salvare il mondo intero. Lo Spirito Santo – Cristo è la roccia. Lo Spirito è l’acqua. I discepoli che ascoltano il grido di Gesù nel giorno della festa, non possono ancora comprenderlo a pieno. Lo comprenderanno quando Egli sarà glorificato, cioè quando si rivelerà pienamente sulla Croce. Cristo Crocifisso è la gloria di Dio. È la rivelazione piena e insuperabile di Dio che è Amore. È la rivelazione piena e insuperabile del senso e della sete della vita umana. Da Lui sgorgherà la vera acqua, quella che sola può dissetarci, che può rigenerarci alla vita piena, la vita divina. Lo Spirito Santo. Il Dono. Per offrirci questo Dono, questa Acqua, Gesù sacrifica se stesso sulla croce. Lo Spirito che lo ha generato come uomo nel grembo di Maria, lo Spirito che riposa su di Lui dal momento del battesimo al Giordano, lo Spirito che lo unisce indissolubilmente al Padre per l’eternità, lo Spirito che respira nel suo Cuore e che dà potenza di vita alla sua Parola e gli ha fatto operare meraviglie, quello Spirito sgorga dal suo grembo. Quello Spirito ci dona per sempre, perché tutto ciò che l’Amore ha operato in Lui, avvenga anche in noi. E come Gesù, anche noi possiamo diventare fontane che dissetano l’umanità assetata di vita. Ma solo se ci avvicineremo al Crocifisso, l’Umiliato, l’Assetato, dal Cuore trafitto, e lo contempleremo con gli occhi e il cuore colmi di fede, potremo “riconoscerlo” come Dio Amore, unica sorgente di vita. E saremo dissetati di Spirito Santo.
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COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE
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