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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
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Uno che cerca
Posted by Lucia Capriotti
Aveva sicuramente avuto esperienza profonda dell’amore di sua madre, il profeta Isaia – Dio salva era il suo nome - ; lei non avrebbe mai potuto abbandonarlo e dimenticarlo: anche dopo averlo messo al mondo, continuava a portarlo nella profondità del suo cuore. Era forse questa l’esperienza che gli aveva fatto comprendere l’amore sempre presente, attento e carico di tenerezza di quel Dio d’Israele che aveva conquistato la sua vita e al quale si era consegnato, nella fede. Per questo non poteva accettare la sfiducia, lo sconforto che serpeggiavano in mezzo al popolo, di fronte alle contrarietà, ai pericoli, alle aggressioni dei nemici.


La memoria di Dio

“Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato,
il Signore mi ha dimenticato».
Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se queste donne si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.
Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani” (Is 49, 14-16).
Abbandonare e dimenticare non sono verbi che entrano nel vocabolario di Dio, quel Dio che crea e che cerca per salvare coloro che ha creato per amore.
«Dove sei?»
Fin dal principio il Creatore ha cercato nell’infinita ricchezza della sua fantasia creatrice un volto filiale, che gli somigliasse, come ogni figlio e ogni figlia portano i segni amati di un’appartenenza familiare. Ma presto il frutto del grembo fecondo di Dio-Amore credette, come molti adolescenti, di trovare vita e libertà lontano dall’amore che lo aveva generato. Mistero di gelosia e di sfiducia, di incomprensione e di rifiuto verso un amore non chiesto e gratuitamente offerto.
E Dio cominciò a cercare l’umanità sottrattasi al suo sguardo, in un tragico gioco a nascondino. «L’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio… Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: “Dove sei?”» (Gn 3, 8.9)
«Dove sei?»: la prima domanda, carica dell’amore angosciato di Dio in cerca di ogni figlio fuggito, nascosto, perduto. La domanda dell’innamorato, mai stanco di cercare l’amata... E poiché la creazione tutta è opera e manifestazione dello Spirito di Dio, non c’è luogo dove Egli non possa andare a cercare l’umanità: in Egitto, nel deserto e nel mare, a Babilonia, nelle regge e nei tuguri, nel grembo materno e nei talami nuziali, nelle tende militari e nel tempio, lungo i fiumi e sui monti; non c’è luogo che gli sia precluso per cercare il cuore umano. Ma è proprio nel cuore della carne umana – adescato dalla menzogna, invaghito di se stesso, soffocato dall’odio, prigioniero del rifiuto, rapito dalla morte – l’abisso del peccato, fecondo di dolore e di morte, non creati dallo Spirito di Dio.


Cercare per salvare

Allora, nella debolezza di una carne simile alla nostra, il Figlio di Dio, l’Unigenito eternamente unito al Padre in un abbraccio d’Amore inimmaginabile, è venuto con lo stesso Amore del Padre a cercare e a salvare ciò che era perduto: i fratelli e le sorelle della sua stessa carne, per renderli fratelli e sorelle nel suo stesso Spirito, quello dei figli del Padre.
Venne, e ci è dato di vederlo nell’esperienza dei testimoni che lo annunciano e nella nostra stessa storia personale. Venne e ci raccontò di una pecora, che si era perduta lontano dai recinti della vita, e del pastore che, lasciando al sicuro tutte le altre nell’ovile, era andato a cercarla e, trovatala, aveva fatto una grande festa…
E l’abbiamo visto andare a cercare Simone, Andrea, Giovanni, Giacomo… sulla riva del mare, dentro le barche del loro lavoro quotidiano. Stupiti, l’abbiamo visto cercare e raggiungere Natanaele seduto sotto un fico, compreso nella sua ricerca di verità. Scandalizzati, l’abbiamo visto cercare e chiamare alla vita gli strozzini Matteo e Zaccheo, la straniera di Samaria, l’indemoniata Maria di Magdala, il posseduto dalla legione di demoni… Stanchi e sfiduciati, l’abbiamo visto cercare con dolorosa collera gli idolatri del denaro e del potere, i farisei e gli scribi adoratori della loro stessa scienza, gli stessi ipocriti infine.
Commossi, l’abbiamo visto cercare il riflesso di Dio nel volto e nel cuore dei bambini, la luce santa di Dio nell’umile ascolto obbediente di sua Madre.
L’abbiamo visto piangere, cercando un segno di pentimento nella città santa divenuta tana di serpenti… L’abbiamo visto cercare tutti i nostri peccati nell’abisso dei nostri cuori, per caricarsene e liberare dal peso le nostre spalle.


L’Agnello di Dio

Non era una la pecora che si era perduta: eravamo tutti. L’unico Agnello amante e obbediente del Pastore era Lui, il Figlio, Gesù, Dio sceso nella carne umana, venuto ad abitare nella debolezza della nostra tenda di nomadi perduti. Lui, l’Unico Vivente nell’Amore del Padre, è venuto a cercare tutti noi, mortalmente feriti nell’umiliazione della schiavitù, dall’accusatore che giorno e notte ci rinfaccia disperatamente il peccato di cui ci nutre. L’Agnello è venuto a cercare e salvare il gregge, affrontando una lotta mortale. Ne è uscito trafitto e vittorioso: rivestito del suo stesso sangue, bevanda di vita della quale nutre coloro che ha redento.
Abbiamo sentito la sua stessa voce chiamarci per nome; non ci ha chiesto olocausti e sacrifici che pagassero le nostre colpe; di quelle stesse colpe si è fatto mendicante. Anche quelle di coloro che orgogliosamente vogliono trattenerle ha preso su di sé, davanti al Padre e all’umanità, lui che non aveva commesso peccato.
«Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità». (Is 53, 3-5)


La casa dell’incontro

Era uscito dalla casa del Padre per venire a cercarci nella tenebrosa valle della morte. L’ultima sera con i suoi discepoli, prima di essere arrestato, «…cominciò a sentire paura e angoscia… disse: “L’anima mia è triste fino alla morte”… andato un po’ innanzi si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell’ora. E diceva: “Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu”» (Mc 14, 33-36)
Umiliato fino a confondersi con la stessa polvere della terra - destino dell’umanità peccatrice -, schiacciato nel terrore dell’ingiustizia e della morte, solidale con i peccatori fino a cercarli nell’atroce lontananza da Dio, Gesù diventa l’uomo che cerca la volontà d’amore e di salvezza del Creatore. Egli porta su di sé le spaventose ferite del peccato: il NO dell’umanità a Dio. Egli è l’Uomo nuovo che grida la fame di Dio che abita ogni cuore umano e offre il SÌ dell’amore fiducioso a Colui che solo può dare vita, perché è Amore.
In Gesù, Dio cerca l’uomo e la donna fin nell’abisso della perdizione, dove sono capaci di ogni più orribile rifiuto. In Gesù, ogni uomo e ogni donna, sprofondati in quell’abisso, possono ancora rivolgersi a Dio, cercare il suo volto, la comunione con Lui, il Padre.
«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34). «Padre, nelle tue mani consegno la mia vita» (Lc 23, 46).
Nel suo cuore di uomo, l’amore di Dio per l’umanità e il desiderio irriducibile che l’umanità ha di Dio, finalmente, si sono incontrati e, poiché «forte come la morte è l’amore» (Ct 8,6), quel cuore umano è stato squarciato: si è aperto a rivelare il Cuore di Dio, unico ovile dove ogni “perduto cercato” è ricondotto a vivere nella gioia ineffabile dell’abbraccio del Padre.

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