Il predicatore é Dom João Carlos
Nuñes, giovane vicario arcivescovile della diocesi di Maputo. É una persona
molto interessante, semplice, dai tratti gentili. Ci mette a nostro agio
raccontandoci qualcosa di sé, per farci comprendere che la vita può riservare
tante sorprese, che siamo tutti molto diversi proprio per le nostre origini e
culture familiari. Suo padre era un portoghese con la famiglia in Portogallo
ma, dovendo vivere in Mozambico, si è preso come compagna una cinese, sua
madre.
Fino a 17 anni, ha vissuto come
tutti gli adolescenti birboni, rubacchiando, facendo marachelle; lo ricorda
sempre che ha anche rubato una moto. “Era um bandido, eu!” dice, a significare
che la sua vita non è trascorsa sulla falsariga di quei ragazzini tutti casa e
chiesa, anzi, lui proveniva da un’educazione senza Dio. Racconta che si è
sempre sentito diverso dagli altri ragazzi cristiani, che conoscevano tutte le
preghiere a memoria, che sapevano come ci si doveva comportare in chiesa. Lo
fermavano in tempo quando lui voleva andare a fare la comunione come gli altri,
mentre non era ancora battezzato. Quindi anche lui si chiede spesso come ha
avuto inizio la sua conversione che, a suo parere, è dipesa molto dalle
relazioni che aveva con i ragazzi cristiani della sua età, che lo conducevano
nel percorso cristiano spiegandogli passo passo cosa stava vivendo con loro.
Ci è molto piaciuto il suo modo
di essere compagno nostro in quei
giorni, con il suo bagaglio di storia personale vissuta anche nella sofferenza
per la sua provenienza, per la diversa cultura e per il colore della pelle.
Ciononostante non porta giudizi o recriminazioni verso le persone, piuttosto
riconosce che il Signore si è servito di ciascuno di loro per portarlo al
grande passo del sacerdozio e per questo nutre profonda gratitudine.
La sua meditazione sulla “comunicazione” è supportata da esempi concreti vissuti nella ricerca continua di farcela a creare una “rete” di relazioni interpersonali positive con i vicini e i meno vicini. Per vivere in profondità la comunione che esprimiamo nel “Noi C.M.”, ha lavorato su parole-chiave come “accogliere, comprendere, accettare” gli altri, dove le diversità aprono ad orizzonti nuovi, rendono capaci di scoprire altre dinamiche di condivisione, di vita, di relazione. Non temiamo di “metterci in discussione”: “chi sono io? Chi sei tu?...l’altro? chi siamo noi?”. Cogliamo la forza dei talenti personali!, ai quali aggiungere sentimenti, emozioni, desideri... io ho dei talenti, l’altro non ha i miei, ma ne ha di suoi e mi completano... la stima delle diversità, nonché la chiara convinzione che ciascuno di noi ha in sé la “grazia” e il “peccato”. Fuggono veloci gli esempi di vita e la mente, che sta traducendo in italiano, non memorizza tutto e molto si perde. Peccato!
Ho vissuto bene ogni giorno di questo ritiro, nella gioia di ritrovare sottolineature conosciute ma proposte in modo nuovo, vivo, concreto, con quegli esempi personali che a volte possono costare perché evidenziano povertà, bisogno di aiuto, eppure tanto efficaci. Mi sono riconosciuta povera e peccatrice ma nella gioia di appartenere ad un Dio tanto sublime, misericordioso, ricco di bene e “rivolto” alla mia persona nella benevolenza, nell’amore che solo Lui può donare. La gioia di sapersi amati fa esplodere nel bene tutta l’energia di cui siamo capaci. Voglio portarmela a lungo nel quotidiano. Infine abbiamo vissuto due momenti importanti: venerdì 8 gennaio, Dalaina ha rinnovati i voti temporanei nelle mani della sua responsabile Mariolina Lambo, durante la celebrazione eucaristica vespertina nella Cappella del Seminario. Abbiamo fatto festa naturalmente, con canti in lingua e applausi di gioia, concludendo il tempo del silenzio con una buona cena. Sabato 9 gennaio dalle 10,30 in poi abbiamo preso parte alla santa Messa per la rinnovazione dei voti di incorporazione perpetua di tre nostre sorelle mozambicane: Julieta Carlos Mendez, Helena Enoque Matine e Amélia Gabriela Sitoe.
In quei momenti io personalmente vivo una
maternità felice, vedo la C.M. andare avanti verso il futuro con volti nuovi,
lodo il Signore perché il seme che ha posto nel cuore di Padre Albino, quel 25
dicembre 1957, ha fatto germogliare altre piante di buon grano. Che il Signore
le conservi e le faccia crescere in questa giovane Chiesa africana. La santa
Messa è stata ben preparata da Anna Maria Berta con formulari curati e precisi,
ma anche con la guida di Avelino, valente maestro di musica e danza, nonché
amico da anni, che è capace di far danzare le giovani addette, durante la
liturgia, con una grazia unica, adatta alla sacralità del momento. La celebrazione
ha avuto il suo momento forte nell’offerta di sé, a Dio e alla Chiesa, di
ciascuna missionaria con la formulazione del proprio impegno di vita a servizio
del Vangelo. C’erano presenti amici e giovani delle parrocchie di provenienza
delle missionarie, i parenti con le loro famiglie e, a celebrare, i relativi
parroci, con Dom João Carlos Nuñes a presiedere. Egli ha rivolto alle
missionarie festeggiate parole di forte presa di coscienza della propria
condizione di laiche consacrate nel mondo, di incoraggiamento a vivere nella
semplicità evangelica l’appartenenza a Dio e alla C.M.; ha ricordato passo
passo quale impegno esse offrano alla Chiesa e all’uomo di oggi in nome del
Vangelo, nelle scelte dell’Istituto e nella linea della spiritualità che ha la sua
radice profonda nell’incarnazione di Gesú: “Ecce venio...ecce ancilla...”.
Concludo così, con alcune tracce,
alcuni pensieri, momenti intensi di condivisione e appartenenza... non è il
tutto di una settimana speciale, ma è il desiderio di dirvi che è stata un
tempo di grazia. Anche se rimane il “molto” da comunicare, spero che la parte
migliore vi giunga in seguito, ad opera delle altre missionarie.
In comunione.