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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
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Come renderò grazie al Signore?
Posted by Irene Ratti
A Bologna il giorno 26 giugno 2011 la Compagnia Missionaria ha celebrato cinquant’anni di consacrazione delle prime otto missionarie. Eravamo presenti soltanto tre. Tra queste c’ero anch’io! Tre hanno già raggiunto la Meta, due erano impedite da problemi di salute. La celebrazione si è svolta nella Chiesa della Madonna dei Poveri di Via Nosadella, una chiesa storica per noi: ci ha visto crescere, perché lì pregavamo, facevamo l’adorazione, prima che tutto fosse pronto nella casa di Via Guidotti, 53. In quel giorno ho provato la stessa serena e gioiosa emozione. Guardavo la Madonna che da lassù posava il suo sguardo materno e accogliente su Cesarina, Bianca e me. L’incontrare lo sguardo di Maria, invocata fin dagli inizi, come Madre, Guida e Custode, è stato come ritrovare il filo delle meraviglie operate in me dal Signore, nei 50 anni della mia consacrazione secolare, portate come offerta all’altare, per benedire il Signore.
La prima meraviglia, che ha provocato in me molta commozione, è stata la presenza di Padre Albino, con il riconoscimento di tutto ciò che lui è stato, nelle mani del Signore, per la Compagnia Missionaria. L’ormai precaria condizione di salute di P. Albino e la sua capacità di lasciare il passo ad altri confratelli nella celebrazione, la sua partecipazione intensa mi hanno fatto pensare al vecchio Simeone. Come lui, in quel momento, ha certamente posto tutta la sua vita sull’altare chiedendo al Signore di essere Pastore e Rifugio della Compagnia Missionaria. E, proprio come all’inizio, ha certamente invocato tutta la protezione di Maria Madonna dei poveri perché continuasse ad essere la Madre, la Guida e la Custode del cammino che l’Istituto deve percorrere. Un cammino da continuare nella maturità, ma anche nella novità data dallo sbocciare di gruppi nuovi soprattutto nelle giovani chiese d’Africa, Asia e America Latina, a cui fa seguito tanta ricchezza, ma anche la precarietà propria di ogni cosa nuova. Anche la presenza di Padre Claudio della Zuanna è stata per me la testimonianza del riconoscimento e della fiducia che fin dall’inizio i Padri Dehoniani hanno posto in P. Elegante e anche nella nostra Famiglia. Padre Claudio è stato diversi anni in Mozambico e questo è stato per me il segno che il dono della missionarietà deve essere coltivato nel cuore delle nuove generazioni, affinché le Chiese giovani e altri popoli possano essere arricchite dall’amore che nasce dal Cuore di Cristo.
Un altro grazie al Signore viene dalla mia storia personale e dall’insieme di circostanze, per cui sento di poter dire che il Cuore di Cristo ha suscitato la Compagnia Missionaria, con la spiritualità del Cuore trafitto e il carisma della consacrazione laicale, per me! Negli anni 50 questa forma di vita era conosciuta da pochi, anche tra i sacerdoti. Infatti il sacerdote che mi orientava mi mise in contatto con vari Istituti e Congregazioni religiose, ma non approdai a nessuna scelta, mentre in me si faceva sempre più chiara la chiamata alla vita missionaria e di consacrata nel mondo.
Finalmente, in una gita organizzata dal movimento Dehoniano “Apostolato della Riparazione” di Monza per il gruppo giovanile “ Volontarie del Sacro Cuore”, un’altra delle iniziative di P. Albino e P. Moro, ebbi la fortuna di conoscerli personalmente. Padre Albino mi parlò del nascente Istituto laicale Compagnia Missionaria. Mi invase subito una gioia profonda e la mia decisione interiore fu immediata. La famiglia accettò con serenità il mio cambiamento di rotta, fidandosi, pur senza capire dove sarei approdata veramente.
Arrivavo a Bologna, appena ventiduenne, il 20 Gennaio del 1958. Nel Natale del 1957, con le prime giovani, P. Albino aveva dato inizio alla Compagnia Missionaria. Pensavo di dover aspettare un anno prima di iniziare il cammino, ma la bontà del Signore volle che venissi ammessa poco dopo all’ anno di Orientamento e così camminai con le altre. Il cammino formativo di base messo in atto da Padre Albino, e che creava in ciascuna una tensione sempre più forte a crescere verso la donazione totale e alla santità, si concluse con la prima consacrazione il 29 settembre del 1961. E fu proprio in questo giorno che in otto ci presentammo all’altare per fare della nostra vita un dono al Signore e al mondo.
Da quel giorno le mie giornate proseguirono con i vari impegni di preghiera, di lavoro, di viaggi pastorali per animare i vari gruppi dell’Apostolato della Riparazione, sparsi in Italia, l’animazione vocazionale. Tutto nella normalità; dentro, però, qualcosa era cambiato: vivevo tutto con quel “cuore di carne” che la consacrazione aveva realizzato e ogni cosa prendeva senso a partire dal Cuore di Cristo. Ogni scelta di bene, di offerta che ero chiamata a vivere prendeva senso da questo Cuore fonte di amore infinito che rendeva anche il mio cuore capace di amare e di guardare alle realtà esistenziali e sociali con gli occhi di Cristo.
Un’altra grande meraviglia è stato l’amore della mia famiglia che mi ha accompagnata e mi accompagna in questo progetto di consacrazione da vivere nella realtà normale di tutti i giorni, accogliendo - pur senza talvolta capire - questo impegno mio e della Compagnia Missionaria di fare del Cuore di Cristo il cuore della società e del mondo.
Ora come non gioire nel pensare alla dinamicità dello spirito missionario che ci animava e che, fin dagli inizi appare come elemento costitutivo della Compagnia Missionaria? Appena sette anni dopo la consacrazione della prime missionarie, un primo gruppo parte per il Portogallo e pochi mesi dopo già è operante nel seminario dei Padri dehoniani, a Milevane - Mozambico, nella formazione dei seminaristi dehoniani. Altre, me compresa, partono un anno dopo. La destinazione è la missione di Namarroi. È un tuffo in un mondo aspettato con entusiasmo, ma impreparate ad affrontarlo. Tuttavia la formazione voluta da Padre Albino fu lungimirante. Lui ci voleva capaci di affrontare ambienti diversi per questo ci ha preparate con una formazione spirituale solida. Poco sapevamo dell’Africa se non quanto ci veniva raccontato dai missionari che tornavano, frequentavamo però i movimenti giovanili di ispirazione missionaria; dal 1959 abbiamo seguito corsi di filosofia e teologia per laici e questo ci ha permesso di metterci a fianco dei padri dehoniani, collaborando nell’evangelizzazione e nella promozione umana.
È a Namarroi e, non solo, che ci cimentiamo con le prime esperienze di promozione della donna e della famiglia; puntiamo alle mogli e famiglie dei catechisti perché possano essere testimoni dell’amore cristiano in mezzo al loro popolo. Il nostro è appena un balbettare, non possediamo la lingua, sarà l’amore che portiamo nel cuore a far comprendere la nostra vocazione di comunicare il Vangelo a “tempo, opportuno e inopportuno” – come dice S. Paolo - perche questa porzione di terra chiamata Namarroi, possa fare esperienza positiva della Parola che libera. A Namaroi ci apriamo a un stile di annuncio, fatto di prossimità con le persone, di accoglienza, di ospitalità, di comunicazione dell’allegria che ci invade il cuore. In visita alle comunità cristiane, accettiamo di vivere cioè, mangiare, dormire come loro; uno stile di povertà che ci rende prossime alla gente. Lo sperimentare cose nuove come mangiare con le mani, dormire sulla stuoia, o su letto di bambù magari con la chioccia che scalda i suoi pulcini, con i topi che scorribandano ai piedi del letto o tra una trave e l’altra del tetto, trascorrere la notte danzando con le mamme, cercando di legarci i bimbi sulla schiena, ci da una gioia impagabile. Mi scorrono negli occhi e nel cuore i volti e il ricordo di tante persone che la guerra ha strappato prematuramente a questa vita e che sono state maestre nel nostro essere missionarie.
Pochi anni dopo rileggiamo tutto questo come inculturazione del nostro carisma. Sopraggiunge la diaspora: io a Cabo Delgado, Teresa al Gurué e il resto del gruppo a Namarroi. Questi atteggiamenti di accoglienza, di ospitalità, di apertura gioiosa verso gli altri, sono il nostro vademecum per l’inserimento nella nuova realtà politica, sociale ed ecclesiale. A tutto questo si aggiunge il dono di veder maturare e crescere le comunità secondo il modello della comunità apostolica: Chiesa famiglia, adulta, responsabile, Chiesa ministeriale dove ognuno si pone al servizio della comunità per il bene di tutti.
La Chiesa ministeriale ha dato frutti di vitalità anche per la Compagnia Missionaria. Oggi vediamo maturare alcune giovani che comprendono la consacrazione da vivere nel mondo come un valore da accogliere e da perseguire. Sono cinque le missionarie mozambicane consacrate, ma abbiamo un discreto numero di giovani che a Nampula stanno seguendo un periodo di discernimento. Sono la nostra speranza per la Compagnia Missionaria in Mozambico ma anche per la vitalità dell’ Istituto chiamato ad essere presente nelle più svariate situazioni della vita, dove la gente comune spera, gioisce e soffre, condividendo le comuni fatiche: è la nostra via per comunicare il vangelo agli uomini e alle donne nei tempi della globalizzazione.

Alla festa del nostro 50° ho sentito la mancanza di alcuni fratelli e sacerdoti dehoniani, che mi hanno accolto e ascoltata, donandomi amicizia e che non hanno potuto essere presenti; a tutti loro dico il mio grazie. A quelli che sono in cielo chiedo di dare ancora ascolto alle mie richieste per il dono della pace in Mozambico e per la crescita della Compagnia Missionaria mozambicana.
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