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Rispondere all'amore infinito di Dio
Posted by Compagnia Missionaria

Omelia nella prima emissione dei voti di (Rosy) Anna Pati  

20 settembre 2020

Che cosa stiamo facendo? Che cosa sta facendo Rosy oggi, qui, davanti a tutti? Fa una cosa semplicissima, non straordinaria, una cosa che dovremmo fare tutti: rispondere all’amore infinito di Dio. Che cos’è la vita cristiana se non la risposta a questo amore incredibile smisurato. Non riusciremo mai a comprendere perché Dio ci ami così tanto!

Rosy oggi risponde, dice il suo sì a questo amore. Ma per fare questo bisogna essere persone speciali? Si certo, per chi la conosce, per chi gli vuole bene Rosy è speciale, ma non bisogna avere chissà quali poteri, chissà quali qualità. Anzi, il Signore ci prende così come siamo. La nostra risposta è dire sì con tutta la nostra umanità, con quello che siamo. Innanzitutto, le parti belle di te, ma anche le tue fragilità e le tue debolezze. È bello pensare che il Signore prende tutto di te, non scarta niente di te, non scarta niente della nostra vita. perché tutto di noi ci riporta e ci riconduce al suo amore.

San Paolo, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura, si sente indegno perché c’è qualcosa che lo tormenta. Allora davanti al Signore gli fa una richiesta: togli da me questa debolezza, questa fragilità, questa spina, perché per me è insopportabile, perché mi fa sentire continuamente indegno. Invece il Signore gli risponde: ti basta la mia grazia, come se Dio gli dicesse: io comincio proprio ad amarti da questa parte che tu rifiuti. Questa è la dichiarazione di quanto Dio ci ami. Ti basta la mia grazia per dirci ti basto io, sono sufficiente io, ti basta questo mio immenso amore.

Noi guardiamo invece sempre le cose che non vanno. Dio ha un modo diverso di guardarci. Lasciamoci guardare così e lasciati guardare così, ogni giorno, da questo immenso amore, da questa tenerezza sconfinata. Se tu guardi quel volto che ti ama, quel volto ti restituisce il tuo vero volto, ti dà una nuova identità, quella che spesso noi non vediamo, perché assorbiti solo dalle cose che non vanno dentro di noi o dentro gli altri. Siamo sempre e comunque preziosi ai suoi occhi.

È bello guardarci attraverso gli occhi di Dio. Questo innamorato che ci fa belli. Allora quello che consideriamo debolezza diventa la nostra forza, diventa quel punto dove poter sollevare la nostra esistenza. Il Signore parte da lì, come una leva. In questo modo il Signore ci vuole sempre spiazzare, lo fa anche oggi. Come nella parabola del vangelo il padrone spiazza tutti quegli operai, quelli della prima ora ma anche quelli dell’ultima ora. Li paga tutti allo stesso modo. E noi che ragioniamo con altri criteri, noi che ragioniamo sempre con i criteri della giustizia che spesso s’impantana in percorsi puramente umani. Il Signore ci offre un altro modo di vedere la vita, la vita degli altri, la nostra vita. Dice il vangelo: sei invidioso perché io sono buono?

Oggi ci lasciamo spiazzare da questa scelta di Rosy, ma ci lasciamo anche spiazzare da questa realtà, da questo amore: Dio è buono! Noi oggi vogliamo parlare di questo, constatiamo questo. C’è una spiritualità che tu hai abbracciato, ed è la spiritualità del Sacro Cuore di Gesù, che noi come dehoniani e voi come Compagnia Missionaria condividiamo, abbiamo le stesse radici. Partiamo da lì, da quel cuore. Si manifesta così l’amore di Dio: dal cuore, così come tante volte è il cuore umano che racconta all’altro quanto gli vuole bene.

Tutto il vangelo, come questa pagina, ci racconta l’amore del Padre che è stato reso visibile, concreto, tangibile attraverso Gesù. Ma c’è un’immagine ancora più concreta che ci racconta questo amore. Un’immagine cara alla nostra spiritualità: è il cuore di Gesù trafitto dalla lancia proprio lì sulla croce. Gesù viene trafitto da uno strumento di guerra e da quel cuore esce sangue e acqua, sgorga continuamente amore, anche qui, oggi. Riversa su ognuno di noi ciò di cui abbiamo veramente bisogno: Lui! È un cuore che rimane trafitto, cioè amante, che riversa su ognuno di noi ciò di cui abbiamo bisogno. Un cuore trafitto che si prende a carico tutti i trafitti, tutte le persone che anche in questo momento stanno soffrendo. È un cuore che vuole guarire. C’è una parola dentro la nostra spiritualità che a volte è incomprensibile perché nella lingua italiana ha altri significati. Questa parola è riparazione. Qual è il lavoro di Dio? È proprio questo: riparare il cuore di tante persone. Allora riparare vuol dire unire, dare speranza, dare futuro, dare vita, dare perdono. Riparare è annunciare che non c’è la parola fine, è dare speranza, come succede nel vangelo a quell’operaio dell’ultima ora che oramai non aspettava più nessuno per prenderlo a lavorare nella vigna. Invece il Signore dice a quell’uomo: vieni anche tu, c’è posto anche per te, c’è sempre una possibilità. Stupendo questo Dio, ben diverso dal considerare solo un Dio giusto. Il nostro Dio va oltre la nostra giustizia.

E noi cosa siamo chiamati a fare, noi dehoniani e voi della Compagnia Missionaria? Ricordare questo cuore trafitto, questo cuore che ama, questo cuore che ripara. Lo fa riparando innanzitutto noi. Per poter riparare un cuore ferito dobbiamo sentire che anche noi siamo stati riparati, che abbiamo continuo bisogno di essere riparati. Anche noi siamo feriti e siamo stati feriti nel cuore… e anche nei polmoni, come ci insegni tu Rosy.

C’è una frase di padre Dehon, nostro fondatore, che tu Rosy mi hai ricordato e che mi era sfuggita: più che riparatore io mi sono sentito sempre da riparare!”. Noi rimaniamo sempre uomini e donne da riparare. È questo che ci mette in movimento, è questo che ci fa camminare: sentire che abbiamo sempre bisogno di essere riparati e che c’è sempre un di più dove muoversi. Grazie a questo Gesù che ci spinge sempre di più verso l’alto, l’altro. Come possiamo guarire, come possiamo andare incontro alle persone, sentire le loro ferite se non ci sentiamo anche noi bisognosi di questo. La nostra ferita diventa grazia, diventa dono, diventa risorsa, diventa opportunità. Questo è ciò che fa il nostro Dio.

Il tuo sì oggi fa bene a tutti, fa bene a me, a quelli che hanno fatto una scelta di vita, a noi dehoniani a voi della Compagnia Missionaria, ma anche a tutti qui dentro che sono sposati. A chi sta chiedendo solo di vivere, perché la vita è già una scelta enorme e stupenda. Il tuo sì ci dice di amare la nostra scelta, la rinnova, perché ci aiuta a capire il motivo di quel sì detto a una persona, a quell’Istituto, a quella Congregazione, alla Chiesa. Perché può succedere, anche se non è scritto nel Vangelo, che seppure chiamati a lavorare nella vigna poi ci assopiamo, diamo tutto per scontato, persone comprese. Oggi anche noi, con il tuo sì, rinnoviamo il nostro sì.

Essere qui oggi ci fa bene. Fa bene alla Compagnia missionaria, fa bene a noi dehoniani, fa bene a questa comunità dove tu ti sei inserita, fa bene alla Chiesa, a questa diocesi, come ci ha ricordato all’inizio della celebrazione il nostro vescovo.

E ora parti, sentiti rassicurata dal fatto che ti ricorderemo. Ci prendiamo il compito di portarti nelle nostre preghiere, come spero ci ricordiamo sempre degli altri. Anche noi abbiano bisogno della tua presenza. Porterai il tuo carisma, il tuo modo di essere dentro questa comunità.

Questo nostro mondo ha bisogno che tu racconti attraverso il tuo amore il Suo amore.

P. Silvano Volpato scj

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