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Una realtà difficile
Posted by Luigi Villani

Non avrei mai immaginato il percorso che mi ha portato oggi a raccontare l'avventura dell'Albania, iniziata quasi per caso e cresciuta col tempo, fino a riconoscerla come avventura di Dio.
Tutto è iniziato quando la nostra cara missionaria Lucia ha ricevuto la proposta di padre Giuseppe e padre Gianni, due giovani dehoniani, a far partecipare un gruppo di suoi giovani ad un'esperienza estiva in Albania, nei dintorni della città di Scutari. Il gruppo ha accettato con entusiasmo la sfida, ed ha accolto questa come una chiamata a... servire la pace, perché questo significa incontrare e conoscere popoli diversi, condividendo un’esperienza di vita. Si trattava in fondo di sacrificare un po’ delle nostre vacanze per una 'nobile causa'. O almeno, questo era il presupposto da cui io partivo....
Tuttavia credo di non aver mai sperimentato meglio in vita mia le parole di Gesù che assicurano che"c'è più gioia nel dare che nel ricevere".
L'esperienza in Albania è stata infatti per me un susseguirsi di accadimenti, di doni, di emozioni......Cioè, altro che dare! Io non ho smesso un istante di ricevere! Innanzitutto l'affetto dei bambini, che ci hanno atteso (ed ogni mattina ci attendevano ansiosi davanti al pullmino che ci portava al villaggio!) e che ci hanno amato! Abbiamo vissuto con loro e con alcuni giovani incontri di catechesi, una serie di laboratori divertenti che metteva in moto la creatività di tutti . Abbiamo danzato, recitato, impasticciato con il gesso, giocato con la carta e con i palloncini....
Tirando le somme, oltre l'affetto dei bimbi, una delle cose più belle che mi sono portato a casa è stata la stima per il popolo albanese, verso cui a volte noi Italiani nutriamo tanti pregiudizi. E' un popolo che ha conservato una grande fede, nonostante il comunismo avesse messo al bando la religione e avesse condannato la professione di qualsiasi credo. Si tratta di un popolo che ha sofferto grandi dolori, e che tuttavia vive con impareggiabile dignità una condizione di povertà e di precarietà. Eppure solo ora mi accorgo che sono davvero tanti gli albanesi in Italia, che vengono qui spinti dal mito di un paese ricco e libero, e che accettano i lavori più umili, con delle sotto-paghe ridicole, perché con quei pochi soldi messi da parte, rimpatriati, loro riescono poi a costruirsi una casa, ad aiutare i genitori, a sostenere la famiglia, i figli. Certo, si tratta a volte di persone emarginate e che hanno anche commesso reati e creato disordini. Ma forse ci fa ancora comodo pensarli così: emarginati, diversi, fragili, inadeguati, per non dover ammettere il nostro fallimento, quindi la nostra responsabilità.
Può infatti anche sbalordire il fatto che in Albania esista, e sia ancora molto radicata, la tradizionale legge del taglione secondo la quale, se una famiglia subisce un omicidio, tutti i maschi di quella famiglia sono tenuti a vendicarsi sulla famiglia del colpevole. Se gli albanesi son arrivati a questo, è perché non hanno visto un'alternativa, non hanno trovato punti di riferimento (lo stato è praticamente assente, e una polizia fantasma corrotta e degradata), luoghi precisi dove poter gustare valori diversi. Non li hanno trovati neppure nella Chiesa, frequentata, come in Italia, solo dalle donne.
Eppure, una delle testimonianze più forti è proprio quella dei padri missionari, Mario e Antonio, che hanno investito la propria vita in una missione difficile, quella in Albania. Sono arrivati negli anni bui, quando si usciva dalla guerra e quando quella terra devastata soffriva di tanti, troppi disagi: non c'era nessun servizio, non c'era elettricità, non c'era acqua. E soprattutto, c'era la diffidenza e la paura della gente.
Ancora oggi la sanità è fatiscente in Albania. In teoria, gli ospedali dovrebbero essere gratuiti e aperti a tutti, ma siccome i medici e gli infermieri percepiscono stipendi troppo bassi (che oscillano tra i 100 e i 150 euro al mese), c'è da pagare una sorta di tangente. Risultato: solo chi ha forza economica si cura, e questo ancora una volta a discapito dei poveri. Tutto questo è inconcepibile, se si pensa solo per un istante che l'Albania non si trova in Africa....ma in Europa!!

So di essermi soffermato troppo su questi aspetti sociali e poco sull'esperienza in sè, ma per me è stato importante l'approccio con la realtà albanese. E soprattutto so che i miei piedi sono, (ringraziando Dio, dico ora), su questo suolo italiano, e che l'impegno non può e non deve fermarsi all'esperienza dell'estate. C'è tanto da fare per gli albanesi in Italia, e spero di poter intraprendere qualche attività in questo senso con il mio gruppo; c'è da aiutare chi continua a impegnarsi e a sporcarsi le mani sul campo, e soprattutto a pregare per la missione in Albania. Non dimentichiamo infatti che Santa Teresa di Lisieux è la santa delle missioni, lei che non si è mai mossa dal suo piccolo convento, ma che con la sua preghiera e con la sua vita contemplativa ha offerto tutto e sostenuto più di tutti i missionari.

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