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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
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Il volto dell'amore
Posted by Lucia Capriotti
C’è uno stupore quasi incredulo e tuttavia inevitabilmente ammirato che percorre tutta l'esperienza religiosa di Israele. Si manifesta ripetutamente in un interrogativo: davvero Dio può prendersi cura dell'uomo? Cos'è mai un figlio d'uomo, perché Dio se ne preoccupi? La risposta Israele la trova nella tangibile esperienza dell'agire di Dio nella sua storia. Anzi, è cosciente che questa storia, quindi la sua stessa vita, ha inizio quando l’Altissimo comincia ad aver cura di lui. E lo stupore, anziché risolversi, può solo accrescersi ed esplodere in lode, benedizione, ringraziamento, in annuncio gioioso: Dio regna, consola il suo popolo e lo salva (cf. Is. 52,7-10). E tuttavia resta uno stupore segnato e ferito dall'incredulità.

Dio ha un cuore

È l'antico Dio dei padri, di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, che ha ancora orecchi per ascoltare i lamenti degli schiavi ebrei in Egitto. È l'Invisibile e l'Inimmaginabile che si nasconde e si manifesta in una fiamma che non consuma, è l'Inaccessibile di fronte al quale bisogna togliersi i sandali, è l'Ineffabile che si sottrae all'empio tentativo umano di dargli un nome. È l'Onnipotente che getterà in mare il faraone e il suo esercito, ma non è impassibile. Egli è il Dio che «conosce» la sofferenza del suo popolo. È il Dio «geloso» che difende la sua eredità, che non permette sia calunniato il suo amico Mosé, con cui parla «bocca a bocca» (Nm. 12,8). Ma quando il suo servo esprime l'appassionato desiderio di contemplarne il volto, come l'amato quello dell'amante, il Dio terribile che sparge terrore attorno all'intangibile monte della rivelazione, non può che mostrare le spalle: a nessuno è dato di guardare il suo volto e rimanere in vita.
Pure, questo Dio che ha il trono nei cieli e di cui la terra è sgabello per i piedi, di cui a nessuno è dato pronunciare il nome né vedere il volto, di questo Dio tre volte santo alla cui luce si rivela l'orribile schiacciante verità del peccato umano, di questo Dio Mosè, come già Abramo, quindi l'Israele del deserto, della terra promessa, dell’esilio, ha conosciuto, attraverso il velo della storia, il cuore.


Fedeltà oltre il tradimento

E tutti i libri sacri di Israele manifestano questo stupore.
Anche quando pecca e si allontana da Dio, sembra quasi che questo popolo lo faccia perché, nonostante l'evidenza di una storia continuamente donata come pegno di amore e di fedeltà, non riesce a convincersi che l'Altissimo sia proprio innamorato di lui. Con un atto di amore assolutamente gratuito, inaspettato perché impensabile, per questo spesso incompreso, addirittura tradito, Colui che abita i cieli scende a cercare un popolo umiliato sofferente perseguitato. Abbandonato insanguinato ansante come una neonata esposta sulla strada, curato allevato impreziosito come fanciulla desiderata dal re, Israele viene sposato da Dio con una alleanza d'amore che non verrà meno in nessun caso. Già al tempo del fidanzamento, dei primi incontri amorosi, nel deserto, la sposa non comprende questo incredibile amore e spesso se ne fa fedifraga. Ma anche quando il re la conduce nelle sue dimore, là dove scorrono latte e miele, ella continua a correre dietro i suoi amanti. Israele non poté mai farsi un'immagine scolpita del suo Dio che era anche il suo sposo: avrebbe dovuto scolpire la storia. Proprio in essa, al di là di ogni desiderio, Egli a lui si rivela ricolmandolo ogni volta di più di rinnovata e accresciuta meraviglia. Si può scolpire l'immagine di un idolo che ha mani inoperose, occhi ciechi, orecchi sordi, narici prive di respiro, ma non di un Dio che si china a guardare dai cieli sulla terra, che ascolta il grido del povero e del sofferente, che distende il suo braccio a difendere l'amato, che ha un cuore che freme ed è colmo di compassione anche per la sposa che lo tradisce.

Il sogno dell’Onnipotente

Un Dio che si rivela come Colui-che-è immancabilmente accanto e dentro la vita del suo popolo, che può instancabilmente innamorarsi di esso, senza lasciarsi sconfiggere dall'infedeltà, è un Dio a cui, nella sua onniscienza e onnipotenza, è dato di sognare. Al di là dei segni vistosi della prostituzione, Egli crede nel cuore della sposa.
«Ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore... E avverrà in quel giorno oracolo del Signore - mi chiamerai: Marito mio, e non mi chiamerai più: mio padrone... Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore» (Os. 2,16.18.21-22). Ma un progetto così appare incredibile alla stessa sposa, che crede possibile solo un amore meritato, in qualche modo comprato, quindi misurato, circoscritto, posseduto. L'amore di un idolo che può essere temuto, obbedito, davanti al quale ci si può solo coprire il volto e sprofondare nella polvere, la cui benevolenza può essere pagata con sacrifici. Mentre Israele è amato dal Dio vivente, per questo capace di un amore geloso eppure gratuito e liberante.
«Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto, nessuno sa sollevare lo sguardo» (Os 11,7). Il suo amore è azione irriducibilmente vitale e creatrice.


Creatura nuova rigenerata

Alla fine, al compiersi del poema d'amore scritto nella storia, la sposa conoscerà il suo sposo e potrà cantare: «Le grandi acque non possono spegnere l'amore, né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio» (Ct 8,7).
Questa sposa finalmente docile, capace di essere amata e di rispondere all'amore, è creatura nuova, rigenerata, nata essa stessa dall'amore dello sposo. La prima sposa, genitrice di un popolo irrimediabilmente infedele, era nata dalla carne e dalle ossa, dalla costola del suo sposo. Pure desiderosa di incontrare l’azione potente e salvatrice del suo Dio, l'umanità nata da essa è stata incapace di comprenderne e quindi di accoglierne l'amore. Avrebbe accolto di più un Dio esterno alla sua vita, capace di cacciarla dai guai, di liberarla dalla schiavitù ogniqualvolta non avesse potuto farlo da sola o con la potente alleanza di qualche re della terra. Non ha compreso come solo l'amore di Lui avrebbe potuto renderle la vita, la gioia, la libertà feconda.


La croce talamo nuziale

È mai possibile che la gioia di Dio sia stare con i figli degli uomini, che l'umanità in un ineffabile rapporto sponsale, diventi consanguinea di Dio, una sola carne con Lui, ammesso che Egli abbia carne e sangue?
Lo stupore incredulo di secoli ha dovuto entrare, denudato di ogni pensiero, desiderio, attesa, ornamento di prostituzione anche inconsapevole, nel tunnel dell'ora delle tenebre, per poter contemplare l'assurdo e unicamente possibile talamo nuziale su cui si compie l'incontro eternamente sponsale tra Dio e l'umanità: la croce. Il mistero di un amore incredibile si è finalmente manifestato non più attraverso teofanie terribili, pallidi preludi della sua inaccessibile luce, ma in tutto il suo accecante splendore... e «si fece buio su tutta la terra» (Mc 15,33).

Consegnato al Padre e all’umanità

La Parola eterna che in principio era presso Dio ed era Dio, si è fatta carne ed ha preso dimora in mezzo a noi. Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio in una carne di peccato, perché ogni carne schiava del peccato fosse liberata, rigenerata, in un incontro sponsale finalmente definitivo con Colui che ha amato l'umanità di un amore eterno. Quel volto di Dio che neppure Mosè, né alcuno dei profeti ha potuto vedere, «noi lo abbiamo contemplato, veduto, toccato», testimonia la comunità dei primi credenti. La Vita si è fatta visibile. Dio è sceso tra i suoi. Egli ha il volto umano di Gesù di Nazaret, il Figlio nel quale il Padre si compiace e a immagine del quale siamo stati creati. E abbiamo finalmente compreso la prima rivelazione: «Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò» (Gn. 1,27). «...a immagine del suo Figlio diletto secondo il corpo e a sua similitudine secondo lo spirito», commenta Francesco di Assisi (Ammonizione V).
Ora che Dio ha carne e sangue, l'umanità non può più evitare l'incontro con Lui, ma l'appuntamento definitivo del più grande amore, tra il più perfetto Amante e il più indegno amato, avviene nel segno del più grande dolore. L'ultimo e più tragico «no» dell'umanità al suo Dio si esprime in una croce piantata sul Golgota, nel più buio venerdì della storia, sotto Ponzio Pilato. Il definitivo «sì» dell'Amore di Dio ai peccatori si rivela ineffabilmente e inequivocabilmente nell'Uomo di Nazaret crocifisso, Figlio dal Padre eternamente amato, che al Padre si consegna in un eterno «eccomi» confidente e totale, per essere da Lui consegnato, unica fonte di vita e di salvezza, all'umanità-sposa rigenerata nel sangue, finalmente accogliente dell'Amore.
«Chinato il capo, rese lo Spirito... Venuti da Gesù... uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua» (Gv 19,30.33-34).
Il velo del tempio si è squarciato (cf Mt 27,51), come il velo della storia ed è vinta la penombra delle profezie. La nuova umanità, pur sempre peccatrice, stando ai piedi della croce, può volgere lo sguardo a Colui che hanno trafitto e contemplare non solo il volto, ma il cuore di Dio.


Dalla contemplazione all’annuncio,
dalla fede alla comunione


«Noi abbiamo contemplato la sua gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14). Il Cristo crocifisso, dal cuore trafitto sgorgante sangue ed acqua, rigenerazione della sua sposa, è la vera gloria del Padre, icona unica ed insuperabile di Lui, fonte dell'Amore.
Lo Spirito, aleggiante sulle acque nella prima creazione, è il Dono che sgorga con l'acqua, dal cuore del Figlio; è l'Amore rigenerante che finalmente celebra le nozze dell'Agnello con la sua sposa rigenerata, vivificata, lavata e fecondata dal sangue di Lui.
Indissolubilmente legata al suo Sposo, con Lui la comunità dei credenti può rispondere all'amore del Padre, consegnando il suo «sì», nella certezza di vincere il «no» di un mondo che sulla croce è già stato vinto, mentre una folla innumerevole di uomini e donne attende ancora salvezza, quella salvezza che viene dalla fede.
La comunità credente che ha contemplato il volto e il cuore di Dio nel volto e nel cuore trafitto del Crocifisso, non potrà mai più tacere la sua testimonianza, il suo sconvolgente e gioioso annuncio: «Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera ed egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate» (Gv 19,35); «Lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo» (lGv 1,3).
Ed è una comunione eterna, perché il Crocifisso è il Risorto, il Vivente, il Testimone fedele di un Amore che ha vinto la morte.


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