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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
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Cammino di libertà
Posted by Lucia Capriotti
Tutta la Scrittura è testimonianza di un lungo cammino educativo, che la Chiesa ripropone nel corso dell’anno liturgico, con particolare intensità nella quaresima che culmina con il Triduo Pasquale. Ogni anno, perché il cammino educativo dura quanto dura la vita, per culminare nella pienezza di vita e libertà che sarà la pasqua eterna. E perché sia veramente un cammino di crescita, deve essere saldamente attaccato alla radice che è il battesimo. Il dono fondamentale, dal quale non si può prescindere, senza il quale non si è cristiani, è purtroppo spesso emarginato dalla nostra coscienza.
Il tempo di Natale si conclude con la festa del battesimo di Gesù, ricevuto al Giordano, mentre il Padre lo proclama Figlio amato, sua gioia (cf Mc 1,7-11).
La prima domenica di quaresima ci fa contemplare Gesù nel deserto, che lotta con il tentatore, dopo il battesimo (Cf Mc 1,12-15). La seconda domenica ci conduce con Gesù sul monte della trasfigurazione, profezia di quel battesimo che si compirà nella sua morte e risurrezione (cf Mc 9,2-10).
Gesù, il Figlio a immagine del quale l’umanità è stata creata, l’Unigenito di Dio fatto figlio dell’uomo, percorre la via che fu del primogenito Israele. La via che l’umanità di ogni tempo deve percorrere: la via della libertà e della vita.


L’inevitabile e necessario deserto…
Liberato dalla schiavitù a cui era sottomesso da altri, attraverso il battesimo nel Mar Rosso, Israele nel deserto è chiamato ad assumere la dignità di un popolo libero, per questo deve confrontarsi con la sua schiavitù interiore, con il suo cuore idolatra che non si fida di quel Dio che lo ha scelto come figlio, che si prende cura di lui in ogni cosa e che vuole condurlo su ali d’aquila a un’alleanza sponsale.
Nel deserto, Dio educa gli schiavi - che credono di dover sfuggire unicamente ad una schiavitù materiale esteriore - a diventare, in mezzo alle paure, alle fatiche e alle tentazioni di ogni giorno, un popolo capace di credere nella forza della sua libertà, capace di relazione libera e amante con il suo Dio, che vuole essere il suo sposo; capace di crescere in un rapporto tra persone improntato alla verità, alla dignità, al rispetto, alla giustizia e alla pace.
È il cammino nel quale la Chiesa ci chiama ad impegnarci con la pratica della quaresima, un percorso educativo attraverso l’ascolto della Parola di Dio e l’esercizio del digiuno e della carità. Un cammino di liberazione e di illuminazione, un cammino che faccia crescere nella consapevolezza di essere battezzati e quindi morti e risorti con Cristo, testimoni di vita eterna nel mondo e nella storia.


…per una scelta di libera fedeltà
Come nel libro dell’Esodo, anche nel Vangelo, il deserto è luogo ambivalente, immagine della vita umana. Là il Figlio di Dio fatto uomo viene condotto da quello stesso Spirito che ha reso possibile la sua entrata nella carne umana e che lo ha consacrato Messia nel Giordano. Il deserto, luogo del nulla, della fame e della sete, costringe a riconoscere il proprio limite e il desiderio insopprimibile di Colui che solo può sfamare di amore e dissetare di vita. Ma nel deserto, dove lo Spirito è compagno di vita e guida, Gesù, come Israele e come ogni persona, deve fare i conti con la perfidia del nemico che della stessa fame di amore e sete di vita si serve per infondere il sospetto su Dio Padre: guai ignorare o sottovalutare questo pericolo, sarebbe il modo più semplice per restarne vittima, per precipitare nel deserto della morte. La fedeltà del Figlio al Padre, la consegna docile e fiduciosa al suo progetto di vita e di salvezza, trasforma il deserto in segno e profezia della fedeltà del Padre ai suoi figli. Come nel primo Eden, gli angeli che riconoscevano nel volto umano l’immagine del Creatore, servono nell’uomo Gesù il Figlio di Dio; le bestie selvatiche, che tanti volti e nomi assumono in ogni cuore umano, si convertono in opportune compagne e nuove energie di vita.
Il silenzio e il digiuno – non solo dal cibo, ma soprattutto dall’egoismo, dal vizio e dalle abitudini negative – permettono al cristiano di sperimentare quel deserto che fa riscoprire la verità di se stesso e di Dio, apre il cuore all’ascolto della Parola che salva, rinnova la fedeltà all’alleanza d’amore, rinvigorisce la testimonianza di vita che il mondo attende.


Il monte, luogo della rivelazione e dell’alleanza
Se il deserto è il luogo in cui ci si manifesta la verità di noi stessi, il monte è il luogo in cui Dio si manifesta e si rivela nostro interlocutore amante e sposo, unico salvatore. Come Mosè ed Elia, chiamati a salire il Sinai, per un incontro faccia a faccia, bocca a bocca con Dio, così Gesù sale il Tabor per rivelare a tre discepoli la sua relazione di Figlio dell’uomo con il Padre. Come al momento del battesimo, il cuore del Padre esplode in una sublime e tenerissima dichiarazione d’amore verso il Figlio, che diventa solenne parola rivolta ai discepoli (cf Mc 9,2-10).
Per loro questo incontro rivelazione è talmente ineffabile che, per trasformarlo in Vangelo, devono usare poveri segni umani che osano indicare il divino. Anzitutto la luce di cui è vestito il Signore: nessun lavandaio potrebbe rendere una veste così bianca! In mezzo a questa luce, Mosè -amico di Dio, legislatore liberatore e mediatore dell’alleanza- ed Elia –profeta di fuoco, solo fedelissimo adoratore del Dio vivente in mezzo agli idolatri- conversano con Gesù: in lui trovano senso e pieno compimento la Legge, le Profezie e tutto ciò che Dio, attraverso di loro, ha operato nei secoli per il suo popolo Israele e per l’umanità. Lo stupore e lo spavento si mescolano nel cuore dei discepoli ebbri di bellezza, mentre la nube – che sembra contraddire la luce - li copre con la sua ombra, come copriva il Santuario e come aveva coperto la piccolezza di Maria di Nazaret. Alla debolezza e povertà umana dei discepoli amati, ma peccatori, è dato di entrare in una ineffabile intimità con lo Splendore accecante e con il Silenzio che si fa Parola: “Questi è il Figlio mio, l’amato. Ascoltatelo!”. Il Padre prepara la fragile fede dei discepoli alla definitiva alleanza d’amore che si compirà in modo assolutamente inatteso e paradossale su un altro monte. Là il Figlio dell’uomo sarà innalzato – sulla croce – per la salvezza di quanti, morsi dal peccato e destinati alla morte, volgeranno a lui lo sguardo della fede; come il serpente era stato profeticamente innalzato e offerto da Mosè allo sguardo pentito e fiducioso di coloro che erano stati avvelenati dall’incredulità e dalla nostalgia della schiavitù.


La purificazione del tempio
Il cammino nel deserto era stato per Israele esperienza di purificazione e di educazione all’amore, ma la fragilità umana richiede continuamente l’impegno educativo e l’esperienza della purificazione, resi necessari dalle esigenze dell’amore. La misericordia di Dio non può assomigliare alle nostre ipocrite scusanti, che vogliono solo coprire e nascondere il male. La Misericordia fa venire alla luce il male e lo purifica e dona la forza di percorre le via del bene, oltre i nostri effimeri desideri e i nostri poveri sforzi.
Il comportamento di Gesù che caccia i venditori dal tempio, la violenza dei suoi gesti e il suo grido, ci sbalordiscono e forse ci scandalizzano, come scandalizzarono i suoi connazionali e i responsabili del tempio. Ma è l’amore per il Padre e per il popolo che il Padre ama, a guidarlo. Il tempio è casa dove il Padre rivela e offre il suo amore, che non è in vendita e non c’è moneta che possa acquistarlo. Non si fa mercato della casa di Dio! Egli stesso, Gesù, è il Tempio di Dio, di cui gli uomini faranno mercato, Tempio che sarà distrutto dall’odio, ma che l’amore del Padre farà risorgere, perché il suo sangue versato per amore sia purificazione e sigillo di un’alleanza eterna.


Fecondità del chicco di grano sepolto
“Vogliamo vedere Gesù”: desiderio di incontro, bisogno di aiuto, sete di luce o semplice curiosità. Dai giorni in cui Gesù di Nazaret percorreva le strade della sua terra, nel corso dei secoli, fino ad oggi, uomini e donne di ogni popolo e di ogni religione, a cominciare dai cristiani, hanno espresso ed esprimono questa richiesta, come fecero a Gerusalemme alcuni greci, rivolgendosi ad Andrea.
E la risposta di Gesù sembra un enigma. Vedere solo la sua figura fisica è inutile, non serve a conoscerlo, a vederlo per ciò che realmente è. Occorre vederlo e conoscerlo glorificato, vederlo e conoscerlo come lo vede e conosce il Padre. Con la gloria che gli viene dal Padre. Altrimenti è un vedere vuoto, senza valore e senza peso.
Occorre vederlo come chicco di grano che muore, viene sepolto e per questo produce molto frutto, che è la vita nuova ed eterna di una moltitudine di fratelli. Occorre vederlo quando viene innalzato sulla croce, perché con la forza di un amore inaudito attragga a sé tutti coloro che “volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19, 37). A costoro sarà dato di riconoscere nell’ora della croce l’ora della glorificazione del Figlio, che a sua volta glorifica il Padre: ai credenti è dato di vedere nel Crocifisso il “peso” dell’amore di Dio per l’umanità, è dato di riconoscere nel Condannato il sigillo della Verità di Dio, nell’Abbandonato la luce del Figlio.
L’ora della Pasqua di Gesù diventa l’ora della Pasqua di ogni discepolo credente che, al culmine di un cammino di purificazione, liberazione e educazione all’amore, può passare dalla morte alla vita, imparando a perdere con Gesù la vita per produrre con Lui un frutto di vita eterna.
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