TRE RIFLESSIONI DI DON TONINO BELLO
VOGLIO RINGRAZIARTI, SIGNORE, PER IL DONO DELLA VITA
Ho letto da qualche parte che gli uomini hanno un’ala soltanto:
possono volare solo rimanendo abbracciati.
A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare,
Signore, che tu abbia un’ala soltanto, l’altra la tieni nascosta,
forse per farmi capire che tu non vuoi volare senza di me.
Per questo mi hai dato la vita:
perché io fossi tuo compagno di volo.
Insegnami allora, a librarmi con Te.
Perché vivere non è trascinare la vita,
non è strapparla, non è rosicchiarla,
vivere è abbandonarsi, come un gabbiano, all’ebbrezza del vento.
Vivere è assaporare l’avventura della libertà.
Vivere è stendere l’ala, con la fiducia
Di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te.
Ma non basta saper volare con Te, Signore.
Tu mi hai dato il compito
Di abbracciare anche il fratello e aiutarlo a volare.
Ti chiedo perdono, perciò per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi.
Non farmi più passare indifferente vicino al fratello che è rimasto con l’ala,
con l’unica ala inesorabilmente impigliata
nella rete della miseria e della solitudine
e si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con Te.
Soprattutto per questo fratello sfortunato,
dammi, o Signore, un ala di riserva.
Voglio sfogare con qualcuno…
la tristezza che mi devasta l’anima in questi giorni,
alla vista di tanti stranieri
che hanno invaso l’Italia,
e verso i quali la nostra civiltà,
che a parole si proclama multirazziale,
multiculturale, multietnica,
e multireligiosa,
non riesce ancora a dare accoglienze
che abbiano sapore di umanità.
So bene che il problema dell’immigrazione
Richiede molta avvedutezza
E merita risposte meno ingenue
Di quelle fornite da un romantico altruismo.
Capisco anche le buone ragioni
dei miei concittadini
che temono chi sa quali destabilizzazioni
negli assetti consolidati del loro sistema di vita.
Ma mi lascia soprappensiero
Il fatto che si stentino a capire
le buone ragioni dei poveri allo sbando,
e che, in questa’esodo biblico,
non si riesca ancora
a scorgere l’inquietante malessere
di un mondo oppresso dall’ingiustizia e dalla miseria…
È necessario vincere
gli istinti xenofobici
che ci dormono dentro.
Che si ammantano di ragioni patriottiche.
che scatenano, all’interno delle nostre raffinatissime città,
inqualificabili atteggiamenti di rifiuto,
di discriminazione, di violenza, di razzismo.
E che implorano dalle istituzioni,
con martellante coralità,
rigorosi provvedimenti di forza.
Siamo vittime di una insopportabile prudenza,
e scorgiamo sempre angoscianti minaccie dietro l’angolo.
Perché lo straniero
Mette in crisi sostanzialmente due cose:
la nostra sicurezza e la nostra identità.
(don Tonino Bello)
PAROLE DI SPERANZA E DI PACE
«Coraggio, fratelli profeti! Diciamo che ogni guerra è iniqua.
Promuoviamo una cultura di pace...
denunciamo a chiare lettere l'ingiustizia della corsa alle armi.
Insorgiamo quando vengono violati i più elementari diritti umani
in ogni angolo del mondo.
Aiutiamo la gente distratta a rendersi conto che lo sterminio per fame di milioni di persone
pesa sulla coscienza di tutti...
Preserviamo i nostri ragazzi, che hanno sempre più come principale referente lo schermo televisivo, dalle trasfusioni di violenza che essi metabolizzano paurosamente...
smettiamola di tacere!
Ricordiamo che delle nostre parole dobbiamo rendere conto agli uomini, ma dei nostri silenzi dobbiamo rendere conto a Dio»
[don Tonino Bello da «LESSICO DI COMUNIONE», Ed. Insieme, 1991]
VITA NOSTRA
FESTA IN FAMIGLIA
Auguri cordiali per il Compleanno e il Battesimo a
P. ALBINO ELEGANTE - ROSA CONCEIÇAO PEREIRA FREITAS - LUCIA SANTARPIA - ANNARITA FANTI - EMILIA SERRA - ROBERTO CAETANO
CECILIA DA CONCEIÇAO TEIXEIRA FIDALGO -
ERMELINDA SOARES DA COSTA
Facciamo memoria
Novembre mese dei defunti
«Karamazov! – gridò Kolja –. È vero quello che dice la religione, che risusciteremo dai morti, e tornati in vita ci vedremo di nuovo tutti, anche Iliuscia?». «Risusciteremo senz’altro, e ci vedremo e ci racconteremo l’un l’altro allegramente e gioiosamente tutto quello che è stato», rispose Alioscia a metà tra il riso e l’entusiasmo. «Ma che bello sarà», sfuggì a Kolja.
A volte ci si chiede quanto rimanga nei discorsi dei cristiani della prospettiva dirompente, rivoluzionaria, della resurrezione cristiana che il grande romanziere russo, Fedor Dostoevskij, tradusse nei Fratelli Karamazov. Quando c’era ancora, Sergio Quinzio amava stigmatizzare il cattolicesimo perché – secondo lui – era troppo «proiettato sul sociale e incapace di porre le domande ultime all’uomo di oggi, quelle antiche basilari verità che hanno costituito per secoli l’essenza del suo messaggio, una specie di nocciolo duro: i cosiddetti Novissimi» (Roberto Righetto, Aldilà & dintorni). Anche oggi fior di laici attenti alla vicenda cristiana – come Natoli, Cacciari – lamentano la latitanza (o il silenzio), nella predicazione dei credenti, proprio del cuore della «buona notizia»: la resurrezione, la speranza dopo la morte. Che la cultura moderna si affacci con qualche imbarazzo sull’aldilà non fa notizia. È emblematico però il debole fraseggiare della Chiesa quando cerca di dare un senso alla morte, e annunciare la bellezza che si schiude per l’uomo della fede dopo la morte. Ne parliamo in questo numero di novembre, mese tradizionalmente dedicato al ricordo dei defunti. Ne parliamo perché il Dio dei cristiani non è un Dio dei morti. Ma dei vivi. E che promette vita. Per sempre.
(Da “La nostra Domenica” n. 39, 2 novembre 2003)