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Noi Familiares Novembre 2008
Posted by Clemente Statzu
TRE RIFLESSIONI DI DON TONINO BELLO



VOGLIO RINGRAZIARTI, SIGNORE, PER IL DONO DELLA VITA



Ho letto da qualche parte che gli uomini hanno un’ala soltanto:

possono volare solo rimanendo abbracciati.

A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare,

Signore, che tu abbia un’ala soltanto, l’altra la tieni nascosta,

forse per farmi capire che tu non vuoi volare senza di me.

Per questo mi hai dato la vita:

perché io fossi tuo compagno di volo.

Insegnami allora, a librarmi con Te.

Perché vivere non è trascinare la vita,

non è strapparla, non è rosicchiarla,

vivere è abbandonarsi, come un gabbiano, all’ebbrezza del vento.

Vivere è assaporare l’avventura della libertà.

Vivere è stendere l’ala, con la fiducia

Di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te.

Ma non basta saper volare con Te, Signore.

Tu mi hai dato il compito

Di abbracciare anche il fratello e aiutarlo a volare.

Ti chiedo perdono, perciò per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi.

Non farmi più passare indifferente vicino al fratello che è rimasto con l’ala,

con l’unica ala inesorabilmente impigliata

nella rete della miseria e della solitudine

e si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con Te.

Soprattutto per questo fratello sfortunato,

dammi, o Signore, un ala di riserva.

Voglio sfogare con qualcuno…

la tristezza che mi devasta l’anima in questi giorni,

alla vista di tanti stranieri

che hanno invaso l’Italia,

e verso i quali la nostra civiltà,

che a parole si proclama multirazziale,

multiculturale, multietnica,

e multireligiosa,

non riesce ancora a dare accoglienze

che abbiano sapore di umanità.

So bene che il problema dell’immigrazione

Richiede molta avvedutezza

E merita risposte meno ingenue

Di quelle fornite da un romantico altruismo.

Capisco anche le buone ragioni

dei miei concittadini

che temono chi sa quali destabilizzazioni

negli assetti consolidati del loro sistema di vita.

Ma mi lascia soprappensiero

Il fatto che si stentino a capire

le buone ragioni dei poveri allo sbando,

e che, in questa’esodo biblico,

non si riesca ancora

a scorgere l’inquietante malessere

di un mondo oppresso dall’ingiustizia e dalla miseria…

È necessario vincere

gli istinti xenofobici

che ci dormono dentro.

Che si ammantano di ragioni patriottiche.

che scatenano, all’interno delle nostre raffinatissime città,

inqualificabili atteggiamenti di rifiuto,

di discriminazione, di violenza, di razzismo.

E che implorano dalle istituzioni,

con martellante coralità,

rigorosi provvedimenti di forza.

Siamo vittime di una insopportabile prudenza,

e scorgiamo sempre angoscianti minaccie dietro l’angolo.

Perché lo straniero

Mette in crisi sostanzialmente due cose:

la nostra sicurezza e la nostra identità.

(don Tonino Bello)







PAROLE DI SPERANZA E DI PACE



«Coraggio, fratelli profeti! Diciamo che ogni guerra è iniqua.

Promuoviamo una cultura di pace...

denunciamo a chiare lettere l'ingiustizia della corsa alle armi.

Insorgiamo quando vengono violati i più elementari diritti umani

in ogni angolo del mondo.

Aiutiamo la gente distratta a rendersi conto che lo sterminio per fame di milioni di persone

pesa sulla coscienza di tutti...

Preserviamo i nostri ragazzi, che hanno sempre più come principale referente lo schermo televisivo, dalle trasfusioni di violenza che essi metabolizzano paurosamente...

smettiamola di tacere!

Ricordiamo che delle nostre parole dobbiamo rendere conto agli uomini, ma dei nostri silenzi dobbiamo rendere conto a Dio»



[don Tonino Bello da «LESSICO DI COMUNIONE», Ed. Insieme, 1991]







VITA NOSTRA





FESTA IN FAMIGLIA



Auguri cordiali per il Compleanno e il Battesimo a



P. ALBINO ELEGANTE - ROSA CONCEIÇAO PEREIRA FREITAS - LUCIA SANTARPIA - ANNARITA FANTI - EMILIA SERRA - ROBERTO CAETANO

CECILIA DA CONCEIÇAO TEIXEIRA FIDALGO -

ERMELINDA SOARES DA COSTA













Facciamo memoria

Novembre mese dei defunti



«Karamazov! – gridò Kolja –. È vero quello che dice la religione, che risusciteremo dai morti, e tornati in vita ci vedremo di nuovo tutti, anche Iliuscia?». «Risusciteremo senz’altro, e ci vedremo e ci racconteremo l’un l’altro allegramente e gioiosamente tutto quello che è stato», rispose Alioscia a metà tra il riso e l’entusiasmo. «Ma che bello sarà», sfuggì a Kolja.

A volte ci si chiede quanto rimanga nei discorsi dei cristiani della prospettiva dirompente, rivoluzionaria, della resurrezione cristiana che il grande romanziere russo, Fedor Dostoevskij, tradusse nei Fratelli Karamazov. Quando c’era ancora, Sergio Quinzio amava stigmatizzare il cattolicesimo perché – secondo lui – era troppo «proiettato sul sociale e incapace di porre le domande ultime all’uomo di oggi, quelle antiche basilari verità che hanno costituito per secoli l’essenza del suo messaggio, una specie di nocciolo duro: i cosiddetti Novissimi» (Roberto Righetto, Aldilà & dintorni). Anche oggi fior di laici attenti alla vicenda cristiana – come Natoli, Cacciari – lamentano la latitanza (o il silenzio), nella predicazione dei credenti, proprio del cuore della «buona notizia»: la resurrezione, la speranza dopo la morte. Che la cultura moderna si affacci con qualche imbarazzo sull’aldilà non fa notizia. È emblematico però il debole fraseggiare della Chiesa quando cerca di dare un senso alla morte, e annunciare la bellezza che si schiude per l’uomo della fede dopo la morte. Ne parliamo in questo numero di novembre, mese tradizionalmente dedicato al ricordo dei defunti. Ne parliamo perché il Dio dei cristiani non è un Dio dei morti. Ma dei vivi. E che promette vita. Per sempre.



(Da “La nostra Domenica” n. 39, 2 novembre 2003)
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