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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
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“La tua parola è lampada ai miei passi e luce alla mia strada ” (Sal 118)
Posted by Carmela Tascone

La Parola del Signore raccoglie in sé ogni espressione della nostra vita e sa condurci per mano nell’attraversare ogni sua fase. Anche se il tema dell’anzianità e dell’invecchiare non siano al centro della Parola di Dio, è possibile trovare in essa delle sottolineature interessanti per il nostro cammino spirituale.

Un primo aspetto importante, che troviamo nell’Antico testamento, è il richiamo alla fecondità: Abramo e Sara sono molto avanzati negli anni quando nasce Isacco, il figlio della promessa e della benedizione (Gen21,5). Una lunga vecchiaia è il segno della fedeltà di Dio alle sue promesse: «Poi Abramo morì dopo una felice vecchiaia, vecchio e sazio di giorni e fu riunito ai suoi antenati» (Gen25,8). Così anche Isacco (Gen35,29) e Giuseppe che morì all’età di centodieci anni (Gen50,26). Potremmo dire che in età avanzata Dio si rivela, Mosè riceve la rivelazione del Nome di Dio e la missione di liberare il suo popolo quando è già anziano. Il Signore Dio gli era molto vicino e gli parlava come si parla ad un amico (Es33,11). La Parola dice che Mosè era «molto più mansueto di ogni uomo che è sulla terra» (Nm12,3). Come a confermare che Dio, per operare la salvezza, si serve non dei forti e di coloro che godono di prestigio, ma degli umili e piccoli, di quel popolo umile e povero che lo cerca con fiducia (Sof2,2; 1Co 1,26-31).

Troviamo nei libri sapienziali un altro aspetto quello del tempo della fatica interiore e della tristezza ... gli anni in cui dovrai dire: «Non ci provo alcun gusto» (Qo12,1-8).

Ma più spesso ci offrono il ritratto dell’anziano invecchiato bene, segnato cioè dalla saggezza e dal timore del Signore: «Nella giovinezza non hai raccolto; come potresti procurarti qualcosa nella vecchiaia? Come s'addice il giudicare ai capelli bianchi, e agli anziani intendersi di consigli! Come s'addice la sapienza ai vecchi, il discernimento e il consiglio alle persone eminenti! Corona dei vecchi è un'esperienza molteplice, loro vanto il timore del Signore» (Sir 25,3-6).

Nel nuovo Testamento Gesù, Maestro di sapienza, ci insegna come affrontare le paure e le preoccupazioni che si accentuano col passare degli anni, in particolare la paura del futuro che, insieme alla tentazione pericolosa dell’accumulare ricchezze e cibo, si può curare solo con l’abbandono fiducioso nella Provvidenza (Lc 12, 12-21.22-31; Mt 6,25-34).

Dopo aver affidato la sua Chiesa a Pietro, Gesù gli annuncia che, quando sarà vecchio, sarà condotto ad una morte violenta per il suo Nome: «In verità in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi» (Gv21,18).

Gesù indica come si svilupperà la crescita di Pietro, che è un po’ anche la nostra: si passerà dal tempo della decisione in prima persona alla stagione in cui si dovrà cedere l’iniziativa e «lasciarsi fare».

Arrendersi - accettare - lasciar perdere - abbandonare - distaccarsi sono i verbi che impariamo e/o dovremo imparare a coniugare col passare degli anni. È un cammino impegnativo. È un po’ come una spogliazione progressiva che, se vissuta nella prospettiva dell’amore del Signore che non viene meno, che rimane affidabile sempre, poco per volta porta ad assomigliargli nei suoi passaggi di vita più difficili fino al culmine della crocifissione.

«Egli deve crescere, io diminuire» (Gv3,30) Questa prospettiva pasquale che potrebbe comportare progressiva riduzione dell’attività, con il rischio di disabilità, di crescente solitudine, di paura e di arrabbiature soffocate, a pensarci bene ci ripugna profondamente, perché ci avvicina al mistero della sofferenza, il più arduo della nostra esistenza, che nessuno riesce a comprendere e accettare, se non nella fede e nella contemplazione del mistero di Dio.

Il ruolo fondamentale della preghiera

Non dobbiamo scoraggiarci: esiste un cammino che ci consente, poco alla volta, di vivere la vita quotidiana in un atteggiamento contemplativo. In questo contesto, anche la preghiera segue la dinamica della nostra crescita personale. Partiamo dalla preghiera vocale, passiamo alla preghiera discorsiva, arriviamo a quella affettiva, per approdare alla preghiera contemplativa che viene chiamata anche preghiera del cuore. Essa è come una sosta silenziosa ai piedi del Maestro, nella quale ci esponiamo senza maschere, nella nostra realtà più profonda Ma dobbiamo perseverare nel dedicare al Signore il tempo destinato alla preghiera. La contemplazione non è solo un atteggiamento da agire, diventa stile di vita, diventa una dimensione di essa e ne determina la qualità.

Lo «stare» cambia la qualità della vita e ci dà la possibilità di vivere il presente e nel presente. Produce in noi la capacità di stupirci e di godere delle creature di Dio.

La dimensione contemplativa, in questo nuovo tempo della vita, dove diminuiscono gli impegni, in particolare quello lavorativo, ci può portare ad un nuovo «agire», caratteristico di questa età, più pacato e più profondo, più attento alle persone, più disponibile ad offrire una compagnia. Ci aiuta a perseverare nell’attesa vigilante del ritorno del Signore. La preghiera contemplativa si consolida nel corso degli anni, ricordiamo qui la famosa espressione del santo Curato d’Ars che descriveva la sua preghiera come un incontro silenzioso con Dio: «Io lo guardo ed Egli mi guarda» Nella contemplazione scopriamo di essere preziose agli occhi del Signore, così come possiamo pregare nel salmo 131: «Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l'anima mia».

Certamente siamo poco abituate ad usare la parola «contemplazione», ci sembra molto impegnativa, quasi una dimensione non raggiungibile, ma non dobbiamo lasciarci intimorire. Essa è un obiettivo per tutti i cristiani, purtroppo non è favorita dalla cultura attuale, centrata sull’efficienza e assopita nella distrazione.

Nella nuova situazione, il tempo per la preghiera non manca, ma potrebbe essere carente il metodo e la costanza, potremmo correre il rischio della mediocrità se durante lo scorrere degli anni non avremo curato la nostra vita spirituale con l’ascolto della Parola, la vita dei sacramenti (penso che dovremmo riprendere la valenza, ad esempio, del sacramento della riconciliazione), la riflessione e un’offerta al Signore delle nostre fatiche. Le prove dell’anzianità possono richiamarci alla necessità di crescere nel nostro abbandono nel Signore.

La centralità della formazione

“Nella vecchiaia - dice un proverbio africano - ci si riscalda con la legna che si è raccolta durante la giovinezza”. Per questo possiamo dire che la riflessione di oggi è davvero per tutte.

Infatti, se nel momento dell’invecchiamento non riusciamo ad accettare questa nuova situazione con le sue implicazioni, forse non siamo mai state richiamate da giovani a riconoscere ed accogliere i nostri limiti, a sentire che non tutto è possibile, che non ha senso coltivare dei complessi, o meglio dei deliri di onnipotenza. Forse, non siamo state educate a camminare secondo le possibilità, a spendere del tempo gratuitamente, a contemplare la bellezza senza volerla possedere, a voler bene a sé e agli altri. Forse abbiamo sempre vissuto con l’acceleratore al massimo per riuscire a percorrere in fretta tutte le strade, con l’unico obiettivo di poter governare e possedere il controllo di tutto.

Ma tutto non si può possedere e/o governare. Gli atteggiamenti che ci portano alla fiducia, a credere in noi e negli altri, sono, da una parte, iscritti nel carattere della persona e, dall’altra, possono essere il frutto di una formazione iniziale e, sicuramente, di una formazione permanente che faccia leva sulla gratuità e sulla dimensione contemplativa dell’esistenza, grazie alle quali la persona continua a crescere.

Dovremmo continuare ad essere sollecitate, dalla formazione permanente, a sviluppare curiosità intellettuale e cura della nostra preparazione professionale. Chi arriva alla stagione dell’invecchiamento senza aver coltivato l’abitudine alla lettura e allo studio e senza interessi culturali, senza un’attenzione ai bisogni del contesto e senza un hobby costruttivo, farà molta fatica a far passare il tempo e a riempire le lunghe giornate non più ritmate dagli orari lavorativi.

La lettura di qualche testo di teologia, o di esegesi biblica, di qualche buon romanzo, di qualche bel giallo, di qualche buona rivista di aggiornamento, potrà non solo renderci umanamente vive e all’altezza dei nostri nuovi impegni, ma anche tenere viva ed esercitata la nostra mente in un momento di notevole cambiamento, dove il fermarsi potrebbe significare non solo perdere irrimediabilmente i neuroni necessari per il buon funzionamento del cervello, ma anche spegnere la lampada della saggezza, rendere vana l’esperienza e ridurre la conoscenza di sé.

La comunità è il luogo privilegiato della formazione

Vorrei che non dessimo per scontata questa cosa, cioè l’importanza di essere, per tutta la vita, formate dalla comunità. Non vi è un periodo temporalmente definito nel quale ci si forma, ma abbiamo la prima formazione e la formazione permanente, cioè formazione per sempre.

Sappiamo che la formazione è importante per ogni età della vita. Allora la questione è non solo riaffermare questo principio fondamentale, ma anche cercare «come» poter fare questo. Come tradurre nella vita di ciascuna e della comunità questa consapevolezza, oggi, nelle diverse situazioni.

Piccola conclusione

Tutto questo ci colloca nella prospettiva che fa ritenere, appunto, che anche la stagione dell’invecchiamento può continuare ad essere feconda e, con il salmista, sapere che «anche nella vecchiaia porteremo frutti e saremo ancora rigogliose», capaci ancora di «fiorire negli atri del nostro Dio», sempre pronte ad «annunziare quanto è retto il Signore» (Salmo 92,14-16).

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