Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La
COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede
centrale a Bologna, ma è diffuso in varie regioni d’Italia, in Portogallo, in
Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
All’istituto
appartengono missionarie e familiares
Le
missionarie sono donne consacrate
mediante i voti di povertà, castità, obbedienza, ma mantengono la loro
condizione di membri laici del popolo di Dio. Vivono in gruppi di vita fraterna
o nella famiglia di origine o da sole.
I
familiares sono donne e uomini,
sposati e non, che condividono la spiritualità e la missione dell’istituto,
senza l’obbligo dei voti.
News
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27 / 05 / 2020
SOLENNITA' DEL SACRO CUORE DI GESU'
Venerdì 19 giugno 2020...

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27 / 05 / 2020
SOLENIDADE DO SAGRADO CORAÇÃO DE JESUS
Sexta-feira 19 de junho de 2020...

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27 / 05 / 2020
SOLEMNIDAD DEL SAGRADO CORAZÓN DE JESÚS
Viernes 19 de junio de 2020...

piccola grande donna
Ricordo di Lucia Di Bonito, familiaris di Bologna
Febbraio 1984: Camilla e io
animiamo la missione popolare a Poggetto di S. Pietro in Casale, “due passi” a
nord-est di Pieve di Cento. In un incontro serale, mi trovo per la prima volta
davanti ai volti sorridenti e comunicativi di due napoletani trapiantati in
terra bolognese, Lucia e Mimmo, e ascolto con piacere gli interventi vivaci e
carichi di fede di lei. È simpatia a prima vista, per me, ma per loro io non
sono nuova. Mi dicono di avermi vista alla missione di Pieve di Cento, l’anno
precedente. Anche in quell’occasione, pur non essendo della parrocchia, hanno
partecipato e hanno conosciuto la missionaria Annamaria.
Scopro due persone innamorate
della vita. Non hanno figli e qualche anno prima hanno scelto di dare famiglia
e amore a due sorelline gemelle che vengono date loro in affido. Nel loro cuore
alberga il desiderio di arrivare all’adozione.
Novembre 1991: nuova missione a
Poggetto e ritrovo Lucia e Mimmo, ma stavolta portano il peso di una
sofferenza. Le due ragazzine sono state loro tolte, per incomprensioni con i
servizi sociali. Condividere con loro questo dolore e la speranza che coltivano
fa crescere e rende sempre più salda la nostra amicizia. Nel 1993, alcuni
amici, incontrati in altre missioni popolari in diocesi di Bologna, chiedono di
fare il percorso formativo per diventare familiares della Compagnia
Missionaria. Mi sembra che sia una proposta adatta anche per Lucia e Mimmo. Ne
parlo con loro che accettano con entusiasmo. L’amicizia si avvia a diventare
appartenenza alla stessa famiglia. Diventano familiares effettivi e cresce la
passione di Lucia per l’annuncio della Parola di Dio, che approfondisce sempre
di più con vari strumenti e corsi. E matura la disponibilità a partecipare alle
missioni popolari. La prima volta a Cittadella (PD), nel 1994. Un’esperienza
che per lei è un dono grande e entusiasmante. E anche per noi. Ormai ci lega
un’amicizia che sa di fraternità, di condivisione di un carisma e della stessa
passione per l’annuncio del Vangelo, di complicità e grande affetto. E
programmiamo anche la sua partecipazione alla missione di Viareggio, nel maggio
1995, invece non ci sarà, perché deve sottoporsi a un intervento per asportare
un tumore al seno. Quando vado a trovarla in ospedale, mi dice con un sorriso,
indicando l’immagine del Crocifisso dal cuore trafitto: “Sai? Adesso assomiglio
un po’ a Lui: ho il costato ferito come il Suo. E sono serena”. La situazione è
grave, ma Lucia affronta serenamente cicli e cicli di terapie con tutto ciò che
comportano… e un anno dopo, con gratitudine straripante, è alla missione di
Olmo e S. Luca (PD). Quindi in settembre è a Maserà (PD), in novembre a
Bologna, nelle parrocchie di S. Paolo Maggiore e di S. Girolamo. E a gennaio
1997 è a S. Antonio Abate, nella parrocchia del Buon Consiglio. Vent’anni fa.
C’è ancora chi la ricorda. Ed è naturale: non si dimentica uno scricciolo di
donna che avvicina le persone con un sorriso semplice e disarmante e parla di
Dio con un entusiasmo coinvolgente. Facilmente viene scambiata per una
ragazzina.
È l’ultima missione, perché poi
si inserisce nella scuola, per l’insegnamento della religione. Ancora di più in
questo lavoro Lucia esprime tutte le sue qualità, anche quelle inaspettate.
Colleghi, bambini, genitori, sono conquistati. E anche in curia diocesana
imparano a stimare la sua competenza, la sua passione, la sua fede, le sue
capacità didattiche. Si lancia a scrivere libri per la scuola… ed esplode anche
la sua vena poetica: nella poesia fiorisce tutta la profondità del cuore e
della mente, della vita di questa piccola grande donna.
Intanto le bambine, che
considerano sempre “figlie”, crescono e a diciotto anni decidono di tornare a
incontrare “mamma e papà”. Ormai sono grandi, autonome e non vanno a vivere con
loro, ma riprendono i rapporti, si incontrano spesso. Trovano lavoro, si
fidanzano, formano le loro famiglie e “mamma e papà” vivono lo gioie e le
preoccupazioni di tutti i genitori.
Ci sentiamo di tanto in tanto.
Da quando vivo a s. Antonio Abate le occasioni per incontrarci diminuiscono, ma
quando vado a Bologna qualche volta riusciamo a vederci, oppure ci troviamo a
qualche incontro di familiares. Nel 2007 viviamo insieme un indimenticabile
pellegrinaggio in Terra Santa.
Gennaio 2015. Mentre sono in
viaggio, in auto, ricevo una telefonata di Lucia: è fuori di sé dalla gioia. Il
31 dicembre, dopo aver partecipato con Mimmo alla celebrazione dei vespri con
Papa Francesco, in piazza S. Pietro riesce ad avvicinarsi alle transenne del
corridoio dove passa il Papa. Lei ha in mano un libretto delle sue poesie
rilegato artigianalmente e riesce, naturalmente, a farsi notare dal Papa. Lui
si avvicina, le pone la mano sulla testa, la benedice e lei le regala il suo
libro, che lui accetta sorpreso. “Sono sicura, mi dice, che mi abbia scambiato
per una bambina: avevo una giacca bianca e cuffia di lana bianca”. Piccola e
vivacissima: una bambina a sessant’anni… passati. E sogna di poterlo incontrare
ancora. Poi sento Mimmo: tanto è stato l’entusiasmo di lei di poter incontrare
il Papa che è fuggita via di corsa per infilarsi verso le transenne e lui l’ha
persa di vista. Si sono ritrovati in albergo. Anche lui è entusiasta di questa
esperienza.
Ci sentiamo ancora e sempre
ricorda con gioia questo incontro sorprendente, poi un giorno ricevo un suo sms
che è come un pugno nello stomaco: Lucia mi comunica che ha la leucemia, mentre
sta vivendo con gratitudine il ventesimo anniversario dalla sconfitta del
tumore. Le telefono: mi chiede di pregare, è preoccupata, ma fiduciosa, pronta
a ricominciare la lotta. Siamo in tanti ad accompagnarla e sostenerla con la
preghiera. Tutta la Compagnia Missionaria prega con lei e per lei e per Mimmo.
In novembre le sue condizioni diventano gravissime a causa di una polmonite, ma
pian piano riesce a riprendersi e si susseguono le terapie… Intanto nasce il
bambino di una delle “figlie” e questa gioia infinita, la festa del battesimo
le danno una forza straordinaria per continuare a combattere contro il male. In maggio sono a Bologna e con Luisa andiamo
a trovarla a casa. Un incontro bellissimo: sono tutti e due felici di essere a
casa, strafelici di essere nonni e contempliamo le foto del bambino. Ci
comunicano la loro carica di attesa e di speranza perché si prevede la
possibilità di un trapianto di midollo. Lucia ha intatta tutta la sua carica di
vitalità, racconta le tribolazioni vissute e parla delle terapie e fatiche che
dovrà ancora affrontare, ma sempre con il suo sorriso, manifesta tutta la sua
fede e la sua consapevolezza di essere nel Cuore di Dio, insieme con Mimmo, le
ragazze e le loro famiglie. È stata dal parrucchiere e ha proprio un aspetto
“ragazzino”. Ci lasciamo con un lungo abbraccio. Non sappiamo che è l’ultimo.
Continuiamo a sentirci al telefono fino a pochi giorni prima del trapianto… poi
all’improvviso mi giunge la notizia che è in coma, poi viene comunque praticato
il trapianto… ma non ci saranno più segnali di miglioramento.
Alla fine di settembre sono di
nuovo a Bologna e vado a trovarla in ospedale, in terapia intensiva, con Mimmo.
Intubata, respira a fatica. Incosciente? Chissà? Mimmo la chiama e le parla con
tenerezza, la accarezza, e lei socchiude gli occhi e quando lui si sposta
dall’altra parte del letto e le parla ancora, lei gira gli occhi da quella
parte. La chiamo e la accarezzo anch’io e lei socchiude ancora con fatica gli
occhi. Quando fu operata al seno mi disse che si sentiva somigliante al Signore
crocifisso. Ora ho in cuore le parole del profeta Isaia: “era come agnello condotto
al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua
bocca”. Ha vissuto d’amore, per amore e ora davvero è assimilata al sacrificio
di Cristo e credo che, pur in questo stato di semicoscienza, ne sia
consapevole. Io da una parte e Mimmo dall’altra, la prendiamo per le mani e
iniziamo a pregare il Padre nostro e lei ha un sussulto, come un forte rantolo
e quasi solleva la testa, con gli occhi semiaperti. Così quando iniziamo a
recitare l’Ave Maria. L’infermiere presente dice che forse è una reazione
inconscia al fastidio del tubo che ha in gola. Però, per tutto il tempo che
stiamo con lei, non ha più queste reazioni. A me sembra che sia come un
tentativo di parlare… per pregare con noi.
Porto in cuore questa immagine
di Lucia trasformata in olocausto.
Il 18 ottobre è entrata nella
vita, là dove non ci sono più né lutto né lacrime, ma solo gioia e luce. E,
secondo la sua volontà, nella sua chiesa di Poggetto, per il saluto finale la
sua famiglia e i tanti amici hanno partecipato a una celebrazione pasquale e
l’hanno salutata con il suono delle campane a festa, come il mattino della
risurrezione.
Con te, Lucia carissima,
ringraziamo il Signore per il dono della tua vita e della tua luminosa e
crocifissa fede.
____________________
Getzemani
So di dover affrontare
il trapianto
so già di dover soffrire.
Mi ritrovo a vivere
il tuo Getzemani,
combattere la paura
la difficoltà di non farcela,
mi ricordo di te e del tuo
profondo dolore,
quel dolore con il quale mi hai salvato.
Hai detto a tutti noi piccole
creature,
che ci sarai vicino
compagno delle nostre
sofferenze.
Così mio grande e amato Signore
ho te
e come te chiedo nel mio cuore di non dover bere il calice,
ma Signore non la mia volontà ,
ma la tua.
Sono certa che non sarò sola
a sostenermi
non ci sarà solo il Padre
ma anche Te mio Signore amato,
Solo affidandomi a te
riuscirò ad unire il mio
Getzemani al tuo
per i peccatori e per il bene di questo mondo
Lucia Di Bonito

preparazione all'assemblea 2015 (1)
Relazione è soddisfare il
bisogno essenziale della persona
LA SAMARITANA (prima parte) Gv 4,5-15
Ascolto della parola (Lectio)
Giunse pertanto ad una città della Samarìa chiamata Sicàr vicina
al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era il pozzo di
Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo.Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samarìa ad
attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli infatti eranoandati in città a far provvista di cibi.Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi
da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non mantengono
buone relazioni con i Samaritani. Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di
Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere! “, tu stessa gliene avresti
chiestoed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli disse la donna: «Signore,
tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque
quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci
diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?» Rispose
Gesù: “chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua
che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi l’acqua che io gli darò diventerà in
lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore, gli disse la
donna, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire
qui ad attingere acqua».
Riflessioni
sulla Parola (Meditatio)
I personaggi principali in questo passo del Vangelo di Giovanni sono
Gesù e la donna Samaritana. Il vero dialogo avviene tra loro. II resto (i
discepoli, i compaesani...) ...
L’incontro sembra casuale; è l’incontro di due bisogni
elementari: la sete e l’acqua.
Per la donna l’acqua del pozzo. Per Gesù l’acqua della
rivelazione di Dio, che si fa dono nello Spirito. II Salvatore del mondo si fa
bisognoso come gli altri uomini, per avere la possibilità di incontrarli nelle
loro stesse necessità e dar loro il dono della Grazia. È la meraviglia di un
Dio che chiede per dare.
Le domande della Samaritana e le risposte di Gesù, sembrano
andare ciascuna per conto proprio: l’acqua del pozzo e l’acqua “che zampilla
per la vita eterna”. Gesù ci dona, ci comunica la vita stessa di Dio, la Grazia
santificante, dono soprannaturale, che ci rende figli del Padre, partecipi della
sua stessa natura e fratelli tra noi. II Padre che è la vita, il figlio che è
la Verità, lo Spirito che è l’Amore abitano in noi. I sacramenti, la preghiera,
il mistero della Chiesa, corpo mistico di Cristo, la comunione fraterna.., sono
realtà che sgorgano da queste “acque di vita eterna”: la Grazia.
Forse abbiamo perso un poco questa dimensione fondamentale, essenziale
della vita cristiana e della Chiesa. Siamo più preoccupati dell’acqua del
pozzo: le nostre efficienze, le nostre strutture, il consenso, cose che
possediamo, che costruiamo, la concorrenza con gli altri, il prestigio...
C’è il rischio di svuotare il Messaggio cristiano
dell’essenziale. Se curassimo di più la nostra spiritualità, la vita interiore,
come si diceva una volta, diventeremmo anche per i fratelli una fonte di speranza
e di luce.
Verifica
e confronto
Siamo più preoccupati dell’acqua del pozzo o dell’acqua che diventa fonte zampillante?
La
Parola si fa preghiera (Contemplatio)
Salmo 62
O Dio, tu sei il mio Dio,all’aurora Ti cerco,di Te ha sete l’anima miaa Te anela la mia carnecome terra deserta, arida, senz’acqua.Così nel Santuario Ti ho cercato,per contemplare la Tua potenza e la Tua gloria.Poiché la tua grazia vale più della vita,le mia labbra diranno la Tua lode.Ti benedirò finché io viva,nel Tuo nome alzerò le mie mani,mi sazierò
come a lauto convito,e con voci di gioia Ti loderà la mia bocca.Nel mio giaciglio di Te mi ricordopenso a Te nelle veglie notturne,Tu sei stato il mio aiuto,esulto di gioia all’ombra delle Tue ali.A Te si stringe l’anima mia.La forza della Tua destra mi sostiene.

preparazione all'assemblea 2015 (2)
Relazione è la verità da scoprire
LA SAMARITANA (seconda parte) Gv 4,16-26
Ascolto della parola (Lectio)
Le disse: « Va’ a chiamare tuo marito
e poi ritorna qui». Rispose la donna: «Non ho
marito». Le disse Gesù: «Hai detto bene “non ho marito”; infatti hai avuto
cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replicò la
donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio
sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna
adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo
monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non
conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai
Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in
spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli
che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So
che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà
ogni cosa». Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo».
Riflessioni sulla Parola (Meditatio)
“Vedo che sei un profeta”.
È un vedere sorpreso, stupito, che fa pensare. Gesù è entrato,
con delicatezza e rispetto, nella esperienza personale della donna. E la
Samaritana ne approfitta per chiarirsi un problema: “dove incontrare Dio”. È la
domanda essenziale per ogni uomo. Il luogo dell’adorazione, dell’incontro è lo
spazio dello Spirito e della Verità. Adorare significa il modo di porsi davanti
a Dio nella preghiera e nella vita. È l’atteggiamento di chi riconosce il
primato di Dio, Padre, in tutto. E il Padre “cerca” cioè desidera con passione,
quasi lottando, tali adoratori. Come intendere “in Spirito e Verità”, che è
certamente una delle più alte rivelazioni del quarto evangelo? Lo Spirito è la
forza attiva, è l’Amore, è lo Spirito Santo, che solleva l’uomo dalla sua impotenza, per collocarlo nello spazio
dell’incontro con il Padre. Questo spazio è la Verità.
E la verità è il progetto di salvezza di Dio, che si è svelato
nella “Parola fatta carne”. La Verità è Gesù. Lui è il Tempio in cui Dio
incontra l’uomo e in cui l’uomo si immerge in Dio, Padre, Figlio e Spirito.
“Credimi, donna”. “Sono io che ti parlo”. Forse ci siamo troppo
abituati a Gesù, da non considerarlo più come attuale, contemporaneo. II
rapporto con Lui, spesso diventa una pratica da compiere, un affare da
sbrigare, un dovere, un rito, una cerimonia.
La Verità è Qualcuno: Gesù.
Allora è una novità da scoprire e da
incontrare sempre; è dono, ricerca, attesa, luce, ombra, comunione,
vita, speranza, perdono, gioia.
Verifica e confronto
La nostra vita cristiana è una
pratica, un dovere, una ritualità o una novità - Gesù - da scoprire e da incontrare sempre?
La Parola si fa preghiera (Contemplatio)
O Cristo,in Te, uomo perfetto,ricevono una rispostai nostri molti problemi ed aspirazioni,ma Tu accogli le nostre attese.Perché sei Figlio di Dio.In te, o Cristo, inviato dal Padre,il Dio che cerchiamo a tentoni,è il Dio che ci viene incontro.Tu sei la rivelazionepiena, perfetta e definitiva di Dio per noi,Dio in persona.In Te il Dio lontanodiventa il Dio vicino,il Dio con noi, il Dio uno di noi,compagno di viaggio.O Cristo noi ti ripetiamo con fede:Tu sei il Messia,il Figlio del Dio vivente.

noi familiares
Il giorno 14 del mese di marzo, io Emilio Elefante unitamente a mia moglie Rosa Russo, dopo tre anni di cammino per la formazione spirituale nella contemplazione di Cristo nel mistero del suo Cuore Trafitto, siamo diventati Familiares effettivi della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore. Con noi altre due coppie: Benedetto Afeltra e Lucia Muoio, Aniello Catapano e Consiglia D’Antuono.
Sinceramente ci sentivamo emozionati nell’aver raggiunto un traguardo così importante della nostra vita cristiana.
In mattinata c’è stato l’incontro di preghiera con i Familiares di Sant’Antonio Abate e quelli di San Giorgio a Cremano: padre Antonio Carapellese ci ha illustrato la riconciliazione con Dio.
Il pranzo si è consumato nei locali messi a disposizione delle Suore dei Sacri Cuori, con noi nuovi Familiares c’era buona parte dei Familiares di Sant’Antonio Abate, nonché con le missionarie Bianca e Luisa.
Nel pomeriggio, nella Parrocchia del Buon Buonconsiglio, è stata celebrata da padre Antonio la Santa Messa.
Accostandoci all’altare, abbiamo provato la stessa sensazione come quella avvenuta nella stessa Parrocchia nel giorno del nostro matrimonio, nel lontano 12.06.1980, dove sentivamo in mezzo a noi la presenza di Dio.
Il momento forte lo abbiamo sentito quando il sacerdote ci ha fatto la domanda “ Che cosa desiderate?” E noi abbiamo subito dato la risposta che tanto desideravamo: “”diventare Familiares effettivi della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore! ! !”
Subito dopo la cerimonia, ci siamo recati nuovamente nei locali delle Suore per festeggiare l’evento e gioire insieme agli altri Familiares di S. Antonio Abate con il taglio della torta gentilmente offerto da Pia Del Sorbo e con i dolci amorevolmente fatti con le proprie mani e offerti da Lucia Santarpia.
Un grazie di cuore a chi ci ha fatto incamminare in questa esperienza e particolarmente a Pia Del Sorbo, quale responsabile del gruppo, che con il suo insegnamento ci ha illustrato il cammino da intraprendere nella formazione umana e cristiana.
Un grazie ancora a Clemente Stazu e sua moglie Rosa De Conte; a Giuseppe De Gregorio con la moglie Anna Amabile; a Gennaro Mercurio con la moglie Lucia Santarpia e a Domenico De Riso; anche loro hanno dato il loro contributo ai nostri incontri di preghiera e di formazione per illustrarci la spiritualità della Compagnia Missionaria del S. Cuore di Gesù.

i familiares
La Compagnia Missionaria del S. Cuore ha appena fatto i primi passi del suo cammino, quando lo Spirito di Dio le suggerisce di aprire le porte per accogliere quanti desiderano condividerne l'indirizzo spirituale, anche se non possono donarsi alla vita di consacrazione, nel senso tradizionale inteso dalla Chiesa. A fianco delle Missionarie, nascono i Familiares (inizio 1966). Il nome sta a significare che sono parte della stessa Famiglia: la Compagnia Missionaria del S. Cuore. Anche se la volontà di Dio li ha posti a vivere la propria esistenza su strada diversa, essi sentono di potere, come le Missionarie, fare del Cuore di Gesù il centro della propria attenzione di fede, per viverne i sentimenti di amore e farsi collaboratori e testimoni del suo Regno.
"Chi può diventare Familiaris della Compagnia Missionaria?" - si domandava p. Albino Elegante guardando al nuovo germoglio che stava per sbocciare - e rispondeva: "chiunque abbia la volontà di stringersi in comunione di aspirazioni, di spiritualità, di lavoro . . . con la Compagnia Missionaria. Non vi é dunque alcuna difficoltà di età, di condizioni di vita, di lavoro. A casa propria, nel proprio impiego, sposati o no, uomini o donne
. . . tutti possono essere Familiares della Compagnia Missionaria. Si tratta, in definitiva, di una cosa semplice: darci la mano per camminare insieme, per aiutarci a salire e conquistare il mondo al Cuore di Gesù".
Nelle file della Famiglia Dehoniana
Nei giorni 3-9 settembre 1990 i rappresentanti dei gruppi che vivono la spiritualità dei Sacerdoti del S. Cuore, si sono riuniti a Roma, per celebrare il 1° Convegno Internazionale "Laici Dehoniani". Erano presenti, per l'occasione, i Sacerdoti del S. Cuore, la Compagnia Missionaria, i Gruppi e i Movimenti laicali che si ispirano nella loro struttura, nel loro stile di vita e di attività, al pensiero di P. Dehon, alle modalità specifiche con cui egli ha servito il proprio ideale di fede.
I partecipanti hanno voluto raggrupparsi sotto una denominazione comune:"La Famiglia Dehoniana", dove, nella piena autonomia di organizzazione e di opere, si propongono di aiutarsi reciprocamente per mantenere viva e rendere sempre più efficace di santità e di salvezza il dono della loro vocazione.
Narrano i biografi che sul letto di morte, stendono la mano verso un'immagine del S. Cuore, con voce chiara P. Dehon disse: "Per Lui sono vissuto e per Lui muoio".
Queste furono le sue ultime parole, il testamento spirtuale che egli porge a noi, perché anche noi realizziamo, nell'amore e nell'offerta, lo stesso atteggiamento di fede e di grazia.

preparazione all'assemblea 2015 (3)
Relazione è lasciare, andare e dire
LA SAMARITANA (terza parte) Gv 4, 27-42
Ascolto della Parola (Lectio)
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si
meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse «Che
desideri?», o: «Perché parli con lei?». La donna intanto lasciò la brocca, andò
in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto
quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». Uscirono allora dalla città e
andavano da lui.Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose: «Ho da
mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un
l’altro: «Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Mio
cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Non
dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi
dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la
mietitura. E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna,
perché ne goda insieme chi semina e chi miete. Qui infatti si realizza il
detto: uno semina e uno miete. Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete
lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro». Molti
Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che
dichiarava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto».E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed
egli rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla
donna: «Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi
abbiamo udito e sappiamo che questi è veramenteil salvatore del mondo».
Riflessioni sulla Parola (Meditatio)
Quella donna Samaritana, è figura della Chiesa, “lasciò la brocca, andò in
città, disse alla gente...”. In questi tre verbi (lasciare, andare, dire) si
compendia la missione della Chiesa.
Lasciò la brocca: dimenticare tante cose superflue, tanti falsi valori, tante nostre
parole, che hanno oscurato quelle di Gesù e la trasparenza del Vangelo.
Recuperare il valore del silenzio e della preghiera. Lasciare o rivedere tante
impalcature di un folklore o di un ritualismo, che rassomigliano ad un
recipiente vuoto. Lasciare la brocca dell’isolamento per vivere uno stile di
comunione con Dio (vita interiore) e con i fratelli (vita ecclesiale e
pastorale).
Andò in città: significa abbandonare l’oasi tranquilla delle nostre comodità, delle
nostre certezze e conquiste per condividere, amare il nostro tempo con i suoi
problemi, attese, gioie ed inquietudini. Significa intraprendere la fatica del
viaggio del pomeriggio, per incontrare
gli altri, non per conquistarli, ma per servirli. Significa scegliere gli
ultimi, vincere la paura di parlare con i poveri, con quelli che non contano
niente e sono la speranza della storia. Significa non tenersi solo per sé il
perdono di Dio, ma trasferirlo ai fratelli. Andare a riconciliarci, lasciando
l’offerta sull’altare.
E disse alla gente: “Venite a vedere...”. È l’annuncio fatto con la vita, è
la testimonianza umile e coerente, è una esperienza di fede, comunicata. È una
proposta che fa sorgere una domanda: “Che non sia forse il Messia?”. È non
avere vergogna di Gesù e del Suo messaggio, di fronte ad
una mentalità superficiale, razionalistica e materialistica È non avere
paura di riconoscerci peccatori come persone e come Chiesa, bisognosi sempre
del perdono di Dio. È l’esperienza gioiosa di annunciare sempre meno noi stessi
ed indicare, con amore, Gesù, Maestro e Signore.
Verifica e confronto
Siamo veramente disposti a lasciare le nostre sicurezze... andare e annunciare
la misericordia del Padre all’uomo di oggi?
Alla luce del nostro statuto, siamo consapevoli che solo con la nostra vita
possiamo essere testimoni credibili?
La Parola si fa preghiera (Contemplatio)
O Signore,fa’ di me uno strumento della tua pace.Dov’è odio, che io porti l’amore,dov’è offesa, che io porti il perdono,dov’è discordia, che porti l’unione,dov’è l’errore, che io porti la verità.Dov’è la disperazione, che io porti la speranza,dov’è la tristezza, che io porti la gioia,dove sono le tenebre, che io porti la luce.Signore,fa’ che non cerchi tanto di essere consolato,quanto di consolare,di essere amato, quanto di amare.Perché è donando, che si riceveè perdonando che si è perdonati;è morendo che si risuscita a vita eterna.
